Consiglio di Stato, sezione quarta, Sentenza 16 aprile 2019, n. 2465.
La massima estrapolata:
L’ipotesi di revocazione di cui all’art. 395 comma 1 n. 3, c.p.c., presuppone che il documento preesistente alla decisione impugnata, che la parte non abbia potuto produrre a suo tempo per causa di forza maggiore o per fatto dell’avversario, sia stato recuperato solo successivamente a tale decisione.
Sentenza 16 aprile 2019, n. 2465
Data udienza 13 dicembre 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello numero di registro generale 42 del 2017, proposto dalla signora
Gi. Ma., rappresentata e difesa dall’avvocato Ca. De Do., domiciliato presso la Segreteria del Consiglio di Stato in Roma, piazza (…);
contro
Ministero dell’Economia e delle Finanze, Agenzia del Demanio, Filiale di Napoli, Capitaneria di Porto di Napoli, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata ex lege in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del T.a.r. per la Campania, sede di Napoli, sezione settima, n. 2616 del 19 maggio 2016, resa tra le parti, concernente la revocazione della sentenza della stessa sezione n. 2280 del 23 febbraio 2006.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Economia e delle Finanze e dell’Agenzia del Demanio;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 13 dicembre 2018 il consigliere Nicola D’Angelo e uditi per l’appellante, l’avvocato Me., su delega dell’avvocato De Do. e, per le Amministrazioni appellate, l’avvocato dello Stato Fr. De Lu.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. La signora Gi. Ma. ha chiesto al Tar di Napoli la revocazione della sentenza n. 2280 del 23 febbraio 2006 dello stesso Tribunale con la quale era stato respinto un suo precedente ricorso avverso l’avviso di liquidazione n. 9016 del 23 agosto 2001 relativo al pagamento della somma di lire 18.673.442 a titolo di indennità per l’occupazione abusiva di un suolo demaniale marittimo negli anni 1991-1999 nel comune di (omissis).
2. In particolare, il Tar di Napoli con la sentenza n. 2280/2006 aveva respinto il ricorso rilevando che la ricorrente era stata assolta in sede penale dal Pretore di Ischia per difetto dell’elemento psicologico dal reato di occupazione abusiva, mentre non sembrava smentito il fatto oggettivo della occupazione dell’area demaniale dal 1991 in assenza di un titolo idoneo.
3. Contro la suddetta sentenza, la signora Ma. proponeva appello al Consiglio di Stato, poi dichiarato perento con decreto del Presidente della sesta sezione n. 609 del 23 maggio 2013.
4. Con successivo ricorso, la ricorrente ha quindi chiesto la revocazione della citata sentenza in ragione del rinvenimento, dopo il passaggio in giudicato, di due nuovi documenti non conosciuti, decisivi per il loro contenuto:
– il verbale/comunicazione del Comando di Polizia Municipale del Comune di (omissis) indirizzato al Sindaco recante il prot. n. 1130 del 24 dicembre 1991 dal quale si trae che “… Da informazioni assunte è emerso che i locali incustoditi sarebbero stati liberati dai sigg. ri Ba. An. e Ma. Gi. a seguito di intervento del (omissis). Al che abbiamo ritenuto opportuno provvedere alla chiusura dei locali abbandonati con appositi lucchetti..”;
– la comunicazione prot. n. 9134 del 28 dicembre 1991 indirizzata dal comune di (omissis) all’Ufficio (omissis) per il cui tramite si conferma l’avvenuta chiusura con lucchetti dei locali rinvenuti in stato di abbandono da parte di Ba. An. e Ma. Gi. e si precisa che gli stessi “restano a disposizione del Comune in attesa che abbia a definirsi nei modi di legge ogni controversia in ordine all’appartenenza dei beni”.
5. Con la sentenza indicata in epigrafe il Tar di Napoli ha respinto il ricorso per revocazione, ritenendo insussistenti le condizioni per riconoscere l’errore di fatto revocatorio per le seguenti ragioni:
“- in quanto l’eventuale errore di percezione in cui la pronuncia di cui si chiede la revocazione sarebbe incorsa si ricaverebbe -inammissibilmente- da atti prodotti per la prima volta in questa sede di revocazione, ancorchè, come da condivisibile replica della difesa erariale, del tutto agevolmente acquisibili in corso di causa mediante quell’accesso cui si è invece ritenuto di far luogo soltanto in presenza del formarsi del giudicato: imputabile, per come a trarsi dai contenuti della pronuncia giurisdizionale (in questa sede non contestabile) all’inerzia della parte;
– poiché la prospettazione/denuncia sulla quale si fonda(va) il ricorso originario era imperniata sull’incompetenza dell’amministrazione statale a chiedere l’indennità di occupazione, posto che “il Comune di (omissis) era usuario perpetuo del cespite e, pertanto, titolare di un diritto reale di godimento perpetuo”, nonché (era imperniata) sulle conclusioni raggiunte nella sede penale, dalla quale, fra l’altro, si sarebbe ricavato anche che ella Ma. sarebbe “stata autorizzata dall’Ente comunale, usuario del bene, all’utilizzo gratuito dello stesso”.
Il che a dire che i rapporti intercorrenti fra la Ma. ed il Comune, il suo eventuale definitivo abbandono dei locali ad una certa data non costituiscono un quid novi che, per causa di forza maggiore, non poteva esser fatto valere nella sede del giudizio ordinario ed il che, quindi, a concludere, che non possono costituire utile presupposto per la richiesta revocazione straordinaria”.
6. La signora Ma. ha impugnato la predetta sentenza, prospettando i seguenti profili di appello.
6.1. Il Tar erroneamente si sarebbe soffermato sulla dichiarazione di perenzione del ricorso di appello avverso la sentenza n. 2280/2006 e sulla conseguente formazione del giudicato. A prescindere dalla mancata ricezione dell’avviso di perenzione, l’appellante evidenzia che tale circostanza non può avere rilievo sul giudizio revocatorio, posto che i documenti richiamati sono stati rintracciati successivamente (così come risulta dalla data di attestazione di conformità degli stessi – 3 agosto 2015)
6.2. Nel caso di specie, secondo l’appellante, non si tratterebbe, come affermato dal Tar, di valutare un errore di percezione del giudice, ma di considerare la scoperta di documenti che non si sono potuti produrre in precedenza in giudizio. Tali documenti infatti solo a seguito di defaticanti ricerche presso il comune di (omissis), usuario del bene, si sono potuti acquisire, mentre gli stessi con evidenza erano a conoscenza delle Amministrazioni che li avevano formati.
6.3. I documenti prodotti dimostrano l’inesattezza della tesi del Tar in odine al protrarsi della occupazione dal 1991 al 1999 e soprattutto che la non conoscenza degli stessi non è stata dovuta ad un’inerzia dell’appellante, ma a circostanze addebitabili in primo luogo all’Amministrazione erariale. Il comune di (omissis), presso cui sono stati rinvenuti, non è stato peraltro parte del giudizio relativo alla sentenza oggetto di revocazione.
7. L’Agenzia del demanio e il Ministero dell’economia e delle finanze si sono costituiti in giudizio l’8 febbraio 2017, chiedendo il rigetto dell’appello, ed hanno depositato una memoria il 27 febbraio 2017.
8. Con ordinanza cautelare n. 901 del 3 marzo 2017, questa Sezione ha accolto l’istanza di sospensione degli effetti della sentenza impugnata con riferimento al pagamento dell’indennizzo richiesto per l’occupazione abusiva.
9. Con successiva ordinanza collegiale n. 3127 del 24 maggio 2018 questa Sezione ha ritenuto di acquisire dal Tar per la Campania, sede di Napoli, i fascicoli di causa relativi al ricorso originario n. 1524/2002 e al ricorso per revocazione n. 4485/2015 proposti dall’appellante.
9.1. I fascicoli richiesti sono stati depositati agli atti del giudizio il 6 giugno 2018.
10. La causa è stata trattenuta in decisione all’udienza pubblica del 13 dicembre 2018.
11. L’appello è fondato.
12. La signora Gi. Ma. ha chiesto al Tar per la Campania, sede di Napoli, la revocazione della sentenza n. 2280 del 2006 emessa dallo stesso Tribunale con la quale è stato respinto il suo ricorso contro l’avviso di liquidazione n. 9016 del 23 agosto 2001 di somme dovute per l’occupazione abusiva di suolo demaniale marittimo negli anni 1991 – 1999.
13. In particolare, dopo la perenzione dell’appello, la signora Ma. ha proposto ricorso per revocazione, sostenendo di aver rinvenuto agli atti del comune di (omissis), successivamente al passaggio in giudicato della stessa sentenza, due documenti dai quali sarebbe emerso che già dal 1991 l’area demaniale di cui è causa era stata abbandonata (verbale Polizia Municipale n. 1130 del 24 dicembre 1991 e comunicazione n. 9134 del 28 dicembre 2001).
14. Il Tar ha tuttavia respinto il ricorso per revocazione e di conseguenza la signora Ma. ha proposto appello, formulando diversi profili di gravame in ordine all’erroneità della motivazione della sentenza impugnata.
15. Ciò premesso, dai documenti rinvenuti dall’appellante successivamente al passaggio in giudicato della sentenza del Tar di Napoli n. 2280 del 2006 emerge che quantomeno dal 24 dicembre 1991 i locali demaniali oggetto dell’ingiunzione impugnata sarebbero stati liberati dalla signora Ma. a seguito dell’intervento del (omissis) e che gli stessi sono stati poi chiusi con “appositi lucchetti” (cfr. verbale del Comando di Polizia Municipale del comune di (omissis) comunicato al Sindaco recante il prot. n. 1130 del 24 dicembre 1991). Inoltre, con la comunicazione prot. n. 9134 del 28 dicembre 1991, indirizzata dal comune di (omissis) all’Ufficio (omissis), si confermava l’avvenuta chiusura con lucchetti e si precisava che gli stessi “restano a disposizione del Comune in attesa che abbia a definirsi nei modi di legge ogni controversia in ordine all’appartenenza dei beni”.
16. In sostanza, dai predetti documenti emerge che l’appellante, almeno a partire dal 24 dicembre 1991, non occupava più l’area demaniale e che pertanto l’ordinanza ingiunzione impugnata ha avuto ad oggetto una circostanza in parte infondata.
17. Va poi evidenziato che a seguito dell’istruttoria disposta da questa Sezione con ordinanza n. 3127/2018 è risultato che nell’originario ricorso di primo grado i predetti documenti non sono stati menzionati e dunque che è del tutto verosimile che il loro rinvenimento sia avvenuto, come dichiarato dall’appellante, successivamente al passaggio in giudicato della sentenza di cui si chiede la revocazione.
18. In relazione a tale circostanza va quindi valutato se il loro rinvenimento possa costituire motivo per accedere alla straordinario strumento revocatorio di cui all’art. 395, comma 1, c.p.c..
18.1. La risposta non può che essere affermativa. L’ipotesi di revocazione di cui all’art. 395, comma primo, n. 3, c.p.c., presuppone infatti che il documento preesistente alla decisione impugnata, che la parte non abbia potuto produrre a suo tempo per causa di forza maggiore o per fatto dell’avversario, sia stato recuperato solo successivamente a tale decisione (cfr. Cons. Stato sez. III, 29 novembre 2018, n. 6800).
18.2. Le suddette circostanze ricorrono nel caso di specie, laddove i documenti rinvenuti, senz’altro decisivi, sono di epoca anteriore alla decisione e sono stati rintracciati con difficoltà presso un’Amministrazione, il comune di (omissis), che non ha preso parte al giudizio interessato dalla revocazione.
18.3. Contrariamente a quanto affermato dal Tar, va dunque considerato ammissibile il rimedio rescindente.
19. Quanto agli aspetti rescissori, va rilevato che, come si evince della predetta documentazione, a partire dalla data del 24 dicembre 1991 i locali demaniali oggetto dell’ingiunzione impugnata sono stati liberati dalla signora Ma..
19.1. Pertanto, quantomeno per il periodo in cui non è stata più in essere l’occupazione abusiva delle stesse aree, l’ordinanza ingiunzione impugnata andava annullata.
20. Per le suddette ragioni, l’appello va quindi accolto e per l’effetto va riformata la sentenza impugnata, dichiarando ammissibile il rimedio rescindente e accogliendo, sotto il profilo rescissorio, il ricorso per revocazione della sentenza del Tar di Napoli n. 2280 del 2006, limitatamente alla parte in cui non ha considerato l’infondatezza dell’ordinanza ingiunzione impugnata per il periodo in cui l’occupazione abusiva era cessata.
21. In considerazione della complessità della controversia, le spese del doppio grado di giudizio possono essere compensate.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi di cui in motivazione.
Spese del doppio grado compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 dicembre 2018 con l’intervento dei magistrati:
Paolo Troiano – Presidente
Leonardo Spagnoletti – Consigliere
Luca Lamberti – Consigliere
Nicola D’Angelo – Consigliere, Estensore
Giovanni Sabbato – Consigliere
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