Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|8 novembre 2022| n. 32887.
Intervento in appello quando è ammissibile
L’intervento in appello è ammissibile soltanto quando l’interventore faccia valere una situazione soggettiva che lo legittima a proporre opposizione di terzo, ai sensi dell’articolo 404 c.p.c., ossia nel caso in cui egli rivendichi, nei confronti di entrambe le parti, la titolarità di un diritto autonomo la cui tutela sia incompatibile con la situazione accertata o costituita dalla sentenza di primo grado, e non anche quando l’intervento stesso sia qualificabile come adesivo, perchè volto a sostenere l’impugnazione di una delle parti, al fine di porsi al riparo da un pregiudizio mediato e dipendente dai rapporti che lo legano ad una di esse. (Principio affermato in un caso in cui il giudice del gravame, in violazione dell’articolo 344 c.p.c., aveva ammesso l’intervento adesivo della nuova concessionaria dei lavori di esproprio finalizzati alla realizzazione di un’opera ferroviaria, quale avente causa della precedente concessionaria, ancorché nel giudizio di merito si fosse verificata l’improcedibilità della domanda di risarcimento avanzata nei confronti della dante causa che, nelle more del giudizio di merito, era stata posta in amministrazione straordinaria).
Ordinanza|8 novembre 2022| n. 32887. Intervento in appello quando è ammissibile
Data udienza 14 ottobre 2022
Integrale
Tag/parola chiave: ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILITA’ O PUBBLICO INTERESSE – OCCUPAZIONE ILLEGITTIMA
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Presidente
Dott. PARISE Clotilde – Consigliere
Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere
Dott. CAIAZZO Luigi – Consigliere
Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 14200/2017 proposto da:
(OMISSIS) a r.l., elettivamente domiciliata in Roma presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) s.p.a. elettivamente domiciliata in Roma presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente e ricorrente incidentale –
nonche’ contro
(OMISSIS) a r.l., elettivamente domiciliata in Roma presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente a ricorso incidentale –
e contro
(OMISSIS);
– intimato –
avverso la sentenza n. 664/2016 della CORTE D’APPELLO di MESSINA depositata il 14/11/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/10/2022 dal Cons. Dott. Marulli Marco.
Intervento in appello quando è ammissibile
FATTI DI CAUSA
1.1. L’epigrafata sentenza 664/2016 del 14.11.2016, con la quale la Corte d’Appello di Messina ha condannato in solido (OMISSIS) s.p.a. ed il (OMISSIS) a r.l. al risarcimento del danno patito da (OMISSIS) quale conseguenza della illegittima apprensione di un fondo di sua proprieta’ ricadente nell’ambito dei lavori destinati al raddoppio della linea ferroviaria Palermo-Messina, e’ fatta qui oggetto di contrapposti ricorsi da parte di entrambi i soccombenti che ne lamentano l’erroneita’ e ne chiedono pertanto la cassazione, l’uno (il Consorzio) in via principale sulla base di tre motivi, l’altro ( (OMISSIS)), in via incidentale sulla base di due motivi.
1.2. La vicenda in giudizio aveva preso avvio a seguito dell’occupazione del fondo (OMISSIS) per gli scopi di cui sopra, a cui aveva proceduto, nella sua veste di concessionario per la realizzazione dell’opera per conto di (OMISSIS), in forza della convenzione n. 90 del 30.11.1984, l’ATI capeggiato dall’Impresa F.lli Costanzo s.p.a. A fronte dell’irreversibile trasformazione di detto fondo, il (OMISSIS) aveva quindi instato al Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto per il risarcimento del danno conseguente alla perdita del bene. Nel giudizio, contumace (OMISSIS), si era costituita, in luogo del capogruppo della convenuta ATI, l’amministrazione straordinaria di essa, sicche’ il Tribunale, pronunciando in via non definitiva con sentenza 159/2007 aveva dichiarato la domanda improcedibile nei confronti dell’Impresa (OMISSIS), accogliendola, invece, nei confronti di (OMISSIS) e percio’ pronunciandone la condanna e disponendo la rimessione della causa sul ruolo al fine di procedere all’integrazione della CTU gia’ espletata.
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1.3. Nelle more, detta sentenza non definitiva era gravata di appello da parte di (OMISSIS) nella parte in cui, pronunciandone la condanna, aveva riconosciuto sussistente la giurisdizione del giudice ordinario e la legittimazione passiva di essa appellante. Nel giudizio cosi’ introdotto (RG 285/2008) interveniva volontariamente, dichiarando di aderire al gravame principale e formalizzando appello incidentale in merito all’estensione del fondo interessato, il Consorzio Stabile Infrastrutture nella sua veste di nuovo concessionario dell’opera avente causa dall’Ing. (OMISSIS) (OMISSIS) s.r.l. resasi a sua volta acquirente presso l’amministrazione straordinaria dell’Impresa (OMISSIS) del ramo di azienda corrispondente ai lavori interessanti il fondo del (OMISSIS).
1.4. Pronunciando nel frattempo in via definitiva, il Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto con sentenza 420/2008, all’esito delle integrazioni depositate dal CTU, procedeva alla liquidazione del risarcimento reclamato dal (OMISSIS), che determinava in Euro 12.498,26, oltre accessori e poneva a carico di (OMISSIS).
Anche questa sentenza era fatta oggetto di gravame (RG 549/09) su iniziativa del danneggiato, che si doleva della liquidazione operata dal primo giudice e ne chiedeva percio’ la riforma sul duplice rilievo che non si era tenuto conto del fabbricato presente sul fondo e del danno riflesso cagionato alla residua porzione del fondo rimasto di sua proprieta’.
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1.5. Riuniti entrambi i giudizi cosi’ introdotti – con appello iscritto al RG 285/2008 avverso la sentenza non definitiva 159/2007 e con appello iscritto al RG 549/2009 avverso la sentenza definitiva 420/2008 – la Corte d’Appello pronunciava quindi la sentenza 664/2016 per la cui cassazione ricorrono ora entrambi i soccombenti.
Per quanto qui ancora rileva, con essa il giudice distrettuale ha inteso primamente tacitare le riserve di (OMISSIS) in ordine alla propria legittimazione passiva – da questa eccepite considerando che la convenzione attribuiva ogni onere e potere al concessionario, in tal modo costituito quale unico soggetto obbligato – osservando al contrario che “con la citata convenzione alla societa’ concessionaria era stato conferito il potere di occupare in via d’urgenza per un tempo non superiore a due anni il terreno per cui e’ causa e di provvedere a detta acquisizione in nome e per conto delle Ferrovie mediante espropriazione o asservimento o mediante atti di acquisto, svolgendo gli adempimenti, le attivita’ e le operazioni e procedure necessari con conseguente legittimazione attiva e passiva, senza che la convenzione valesse come delega escludente della solidale e concorrente responsabilita’ del concedente per i danni arrecati al privato”.
Quanto poi alla pure pronunciata condanna del Consorzio in solido con (OMISSIS), richiamati i principi regolanti in materia la responsabilita’ solidale dell’ente beneficiario dell’apprensione e dell’ente che vi da’ luogo con la propria condotta e liquidato il danno alla stregua delle riportate risultanze della CTU, la sentenza ha inteso motivarne le ragioni osservando, a margine dell’improcedibilita’ della relativa domanda dichiarata dal primo giudice, stante al riguardo la riserva in favore del foro della procedura concorsuale, che pur in assenza dell’esplicita impugnazione del relativo capo della sentenza parziale, “la costituzione del Consorzio Stabile Infrastrutture, che e’ subentrato a tutti gli effetti di legge nei rapporti nascenti dalla convenzione n. 90/1984 e successivi atti addizionali, integrativi e modificativi in essere con (OMISSIS) relativamente ai lavori di raddoppio della linea ferroviaria PA-ME e, come tale, delegato all’espletamento delle procedure finalizzate alla acquisizione dei beni necessari per la realizzazione dell’opera, in un certo senso supera la statuizione di improcedibilita’ consentendo alla Corte di entrare nel merito della vicenda e di scrutinare la domanda proposta dal (OMISSIS) nei confronti di entrambi i soggetti legittimati passivi”.
1.6. Ai proposti ricorsi sono seguite memorie di entrambe le parti ex articolo 380-bisl c.p.c..
Non ha svolto attivita’ difensiva l’intimato (OMISSIS).
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RAGIONI DELLA DECISIONE
2.1. Con il primo motivo del ricorso principale il Consorzio Stabile Infrastrutture, censurando le determinazioni con essa adottate a proprio danno, denuncia la nullita’ dell’impugnata sentenza per violazione degli articoli 112 e 345 c.p.c., per violazione dell’articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e dell’articolo 118 disp. att. c.p.c. e per violazione dell’articolo 324 c.p.c. e dell’articolo 2909 c.c..
Si sostiene, nell’ordine, che la sentenza sarebbe infatti infirmata da nullita’ per aver violato il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato e quello del tantum devolutum quantum appellatum: “e cio’, perche’, diversamente da quanto erroneamente rilevato dall’estensore secondo cui, attesa la costituzione in giudizio del Consorzio… sarebbe stato possibile ad essa Corte scrutinare la domanda proposta dal (OMISSIS) nei confronti di entrambi i soggetti legittimati passivi, in realta’ nessuna domanda di condanna era stata avanzata o riproposta in sede di gravame dall’appellante Bortolami contro (OMISSIS) s.p.a. in AS, ne’ tantomeno nei confronti del Consorzio Stabile Infrastrutture”; per aver violato l’obbligo motivazionale rendendo al riguardo una motivazione del tutto apparente ovvero quanto meno incomprensibile: e cio’ perche’, affermando in particolare che la costituzione del Consorzio nel giudizio d’appello “in un certo senso supera la statuizione di improcedibilita’”, ove rimane oscuro in quale “senso” cio’ possa avvenire, “non e’ dato comunque comprendere sulla base di quale ragionamento la Corte d’Appello di Messina sia potuta pervenire alla decisione di condannare, anche l’odierno ricorrente rimasto estraneo – cosi come il proprio preteso dante causa – al giudizio di appello iscritto al n. 549/09 r.g. introdotto dal (OMISSIS)” citando solo (OMISSIS); per aver violato il giudicato conseguente alla declaratoria di improcedibilita’ della domanda nei confronti dell’originaria convenuta: e cio’ perche’ “la mancata impugnazione della declaratoria di improcedibilita’, pur dando luogo eventualmente al solo giudicato formale attinente una questione di rito, spiega pur sempre i suoi effetti preclusivi nel rapporto processuale nel cui ambito e emanata… con la conseguenza che la decisione qui impugnata, avendo investito esplicitamente un capo non impugnato della sentenza (non definitiva) di primo grado, ha prodotto la violazione del giudicato interno”.
2.2. Come visto il motivo declina tre ordini di censure che il ricorrente si da’ cura di svolgere adottando uno schema logico che pospone l’esame della terza di esse all’esame delle prime due.
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In tal modo pero’ risulta implicitamente disconosciuta la portata preclusiva propria dell’eccezione di giudicato, illustrata appunto a mezzo della terza di dette censure, che, al di la’ del suo spettro di efficacia, si risolve, se fondata, nell’imporre al giudice di prendere previamente atto, per di piu’ ex officio, che la res ha gia’ formato oggetto di un giudizio e che in tale guisa essa si oppone ad una nuova pronuncia da parte sua, che non potra’ percio’ estendere il proprio sindacato alle ulteriori questioni sollevate nel giudizio, il cui esame presuppone, al contrario, proprio che il giudice possa conoscere della res e possa statuire su di essa. La preclusione pro iudicato ha, dunque, un’efficacia totalmente assorbente rispetto agli ipotetici sviluppi del giudizio idealizzati dalle contrapposte attivita’ delle parti ed opera in modo che la potestas iudicandi, di cui il giudice e’ ordinariamente investito, si eserciti nei soli limiti in cui se ne e’ consentito il rilievo e, di riflesso, l’accertamento.
Questo induce il collegio ad invertire l’ordine di disamina delle censure contenute nel motivo e di muovere, appunto, dalla terza di essa, posto che solo se la censura in punto di giudicato non risulti fondata sara’ possibile procedere all’esame delle ulteriori viste di censura.
2.3. Ora cosi’ impostata la doglianza e’ certo meritevole di adesione e la sua riconosciuta fondatezza, comportando la cassazione senza rinvio della sentenza qui impugnata nella parte in cui ha ritenuto di pronunciare la solidale e concorrente condanna anche del Consorzio ricorrente a tenere indenne il (OMISSIS) dal danno sofferto per l’illecita apprensione del fondo gia’ di sua proprieta’, solleva dall’esame delle ulteriori doglianze sviluppate dal motivo ed anche degli altri motivi di ricorso, che restano tutti conseguentemente assorbiti.
E’ invero un fatto processuale del tutto pacifico che il Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, adito per le note causali dal (OMISSIS), che a questo titolo aveva vocato in giudizio sia (OMISSIS) che l’Impresa (OMISSIS) quali corresponsabili del torto subito, a fronte della costituzione in giudizio dell’amministrazione straordinaria di quest’ultima, abbia con la propria sentenza non definitiva 159/2007 dichiarato improcedibile la domanda del (OMISSIS) nei confronti dell’Impresa (OMISSIS) in amministrazione straordinaria a mente della L. n. 95 del 1979, articolo 1 e L.F. articolo 195 e segg.. Ed e’ un fatto processuale, altrettanto incontrovertibile, che la predetta declaratoria, in conseguenza della quale – e’ la stessa sentenza qui in disamina a darne atto – il credito risarcitorio del (OMISSIS) nei confronti della concessionaria avrebbe potuto trovare soddisfazione solo in moneta concorsuale previa ammissione al passivo della procedura, non abbia formato oggetto, da parte di nessuno dei legittimi contradditori partecipanti al giudizio di primo grado, di gravame avanti al giudice d’appello, ne’ da (OMISSIS) che pure la predetta sentenza aveva impugnato, ancorche’ per i capi di essa afferenti solo alla sua posizione, ne’ tantomeno dal (OMISSIS), che neppure figurava quale appellante nel giudizio cosi’ incardinato, ove infatti si era limitato a resistere all’appello di (OMISSIS) chiedendone il rigetto.
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E’ dunque evidente, alla luce di questi elementari rilievi, che la statuizione adottata dalla detta sentenza 159/2007 del Tribunale circa l’1’mprocedibilita’ della domanda attorea nei confronti della procedura concorsuale per l’assorbenza del foro speciale imposto dalle citate norme di legge, non essendo stata impugnata da alcuno, e’ divenuta irrevocabile, essendosi prodotta riguardo ad essa l’efficacia propria del giudicato e, piu’ esattamente, l’efficacia propria del giudicato formale di cui all’articolo 324 c.p.c..
2.4. Ora e’ largamente noto – e lo hanno da ultimo ancora ricordato le SS.UU. con sentenza 35110 del 17/11/2021 – che la statuizione su una questione di rito, quale indubbiamente e’ quella adottata dal Tribunale con la sentenza dianzi citata, laddove non sia stata impugnata da alcuna delle parti, da’ luogo al giudicato formale limitatamente al rapporto processuale nel cui ambito e’ emanata, con effetto preclusivo del riesame della medesima questione. In cio’ si scolpisce la differenza caratteristica del giudicato formale dell’articolo 324 c.p.c., rispetto al giudicato sostanziale dell’articolo 2909 c.c., perche’ mentre questo, essendo indirizzato ad assicurare la certezza delle situazioni giuridiche, ha una portata che va oltre i limiti del processo essendo destinato a far stato tra le parti ed i loro aventi causa in ogni futura evenienza in cui venga in gioco la res iudicata, il giudicato formale produce i suoi effetti solo nei limiti del processo, nel senso cioe’ che esso, non essendo idonea a produrre gli effetti del giudicato in senso sostanziale, non preclude la riproposizione della domanda in altro nuovo e diverso giudizio (Cass., Sez. I, 22/10/2020, n. 23130).
2.5. Regolando la specie in esame sulla scorta di queste considerazioni e’ chiaro, pertanto, l’errore processuale che inficia la sentenza impugnata, posto che la Corte d’Appello non avrebbe potuto statuire su alcuna domanda del (OMISSIS) nei confronti dell’Impresa (OMISSIS), poiche’ sulla pregressa declaratoria di improcedibilita’ di essa, decretata dal primo giudice, era scesa l’efficacia preclusiva del giudicato e la domanda e’ per questo uscita definitivamente dalla scena di questo processo.
2.6. Ne’ per vero l’ineluttabilita’ di questo approdo e’ messo in crisi dall’intervento volontario posto in essere dall’odierno ricorrente nel giudizio d’appello (RG 258/2008) incardinato da (OMISSIS), che a giudizio del decidente si mostrerebbe in grado “in un certo senso” di superare la statuizione di improcedibilita’.
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In disparte dalle riserve che puo’ ingenerare l’uso di una locuzione dai tratti cosi’ sfumati – che svilisce e vanifica la funzione della sentenza, che e’ di assicurare certezza alle proprie affermazioni – l’effetto salvifico che la Corte d’Appello pretenderebbe di trarre da questo evento e le conseguenze che ne sarebbero scaturite riguardo alla domanda del (OMISSIS) urtano, certo, frontalmente in modo irreparabile contro il fatto che, per effetto del giudicato sull’improcedibilita’, quella domanda era definitivamente uscita dal processo e non poteva essere percio’ decisa, ma evidenziano anche, in pari tempo, un ulteriore errore processuale in cui la Corte d’Appello e’ venuta a cadere, dando ingresso all’intervento avanti a se’ dell’odierno ricorrente. Nel far cio’ essa non si e’ infatti avveduta della previsione recata dall’articolo 344 c.p.c., che consente l’intervento in appello solo a coloro che potrebbero proporre l’opposizione di terzo; e siccome l’opposizione di terzo e’ proponibile solo da coloro che siano pregiudicati nei loro diritti dalla sentenza pronunciata in un giudizio al quale siano rimasti estranei se n’e’ ricavata la massima che l’intervento consentito al terzo nel giudizio di appello e’ solo l’intervento principale di cui all’articolo 105 c.p.c., comma 1, con conseguente esclusione dell’intervento adesivo dipendente, quale e’ stato nella specie quello dispiegato dal ricorrente Consorzio (Cass., Sez. III, 23/05/2006, n. 12114).
2.7. La conseguenza processuale riguardo al capo della sentenza impugnata concernente la condanna anche del Consorzio a risarcire il danno in solidale concorso con (OMISSIS) sofferto dal (OMISSIS) e’, percio’, la sua cassazione senza rinvio ex articolo 382, comma 3, ultimo inciso, posto che per effetto dell’intervenuto giudicato, il processo non poteva essere proseguito.
Le relative spese di giudizio possono essere integralmente compensate, avendo il Consorzio dato causa con il proprio intervento nel giudizio d’appello alla sentenza qui impugnata.
3.1. Cio’ detto riguardo al ricorso principale, venendo al ricorso incidentale, il primo motivo di esso lamenta l’erroneita’ dell’impugnata pronuncia nella parte in cui essa ha ritenuto di respingere il difetto di legittimazione passiva eccepito da (OMISSIS) sul presupposto che nella specie ne andrebbe, al contrario, riconosciuta l’estraneita’ alla vicenda acquisitiva, dal momento che, alla stregua delle pattuizione inserite nella convenzione regolanti il rapporto, si rende riconoscibile la figura della c.d. concessione traslativa, con ogni riflessa conseguenza circa l’esclusiva legittimazione e responsabilita’ dell’impresa concessionaria.
3.2. Il motivo e’ affetto da pregiudiziale inammissibilita’ sostanziando un’istanza di contenuto prettamente meritale.
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Osservato per vero che la Corte d’Appello, come si e’ detto, nel respingere il gravame sul punto, ha fatto rimarcare che “con la citata convenzione alla societa’ concessionaria era stato conferito il potere di occupare in via d’urgenza per un tempo non superiore a due anni il terreno per cui e’ causa e di provvedere a detta acquisizione in nome e per conto delle Ferrovie mediante espropriazione o asservimento o mediante atti di acquisto, svolgendo gli adempimenti, le attivita’ e le operazioni e procedure necessari con conseguente legittimazione attiva e passiva, senza che la convenzione valesse come delega escludente della solidale e concorrente responsabilita’ del concedente per i danni arrecati al privato”, la censura espressa con il motivo intende sindacare – peraltro manifestamente al di fuori dei canoni di censurabilita’ per cassazione dell’errore ermeneutico l’interpretazione del negozio di concessione operata dal decidente, sollecitando questa Corte all’espletamento di un compito che e’ del tutto estraneo al proprio ufficio istituzionale, dato che l’attivita’ interpretativa e’, come noto, attivita’ riservata al giudice di merito che si risolve in un accertamento di fatto incensurabile in sede di legittimita’.
4.1. Con il secondo motivo del ricorso incidentale (OMISSIS) si duole, nell’ordine, della violazione dell’articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4, poiche’ la Corte d’Appello nel motivare l’entita’ del ristoro riconosciuto al (OMISSIS) e liquidando il danno sul presupposto che il terreno fosse in parte edificabile e che il valore di esso fosse di 45.000 Lire al mq., aveva adottato una motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dato che alla stregua delle risultanze peritali il terreno era stato inizialmente ritenuto che ricadesse in zona E, ancorche’ ne fosse poi stata confermata la potenzialita’ edificatoria, ed il valore era stato quantificato in Lire 25.000 al mq; dell’omesso esame di un fatto decisivo poiche’ la Corte d’Appello, benche’ la circostanza fosse stata oggetto di discussione tra le parti, aveva liquidato il ristoro senza considerare che il fabbricato ed il pozzo insistenti sul fondo, come riferito dal CTU, erano stati realizzati abusivamente; della violazione della L. 22 ottobre 1971, n. 865, articolo 9, della L. 28 febbraio 1985, n. 47, articolo 17 e del Decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, articolo 46, poiche’ la Corte d’Appello, determinandosi nei modi riferiti, avrebbe accordato il ristoro richiesto anche in relazione ai manufatti abusivi, sebbene le norme richiamate ne escludessero l’indennizzabilita’.
4.2. L’ordine logico impresso dal ricorrente alle declinate censure impone di esaminare la prima di esse, che e’ fondata e che, caducando alla radice il ragionamento decisorio nella parte in cui ha motivato la liquidazione del danno sulla base di una incerta destinazione urbanistica del bene, nonche’ sulla scorta di un valore non risultante dalla CTU, solleva dal prendere posizione riguardo alle altre doglianze che restano di conseguenza assorbite.
Com’e’ noto nella nomenclatura dei vizi motivazionali che comportano la nullita’ della sentenza per violazione dell’obbligo costituzionale della motivazione il vizio di motivazione perplessa e, non dissimilmente, il vizio di motivazione apparente, si rendono rilevabili allorche’ lo sviluppo argomentativo del ragionamento decisorio svolto dalla sentenza impugnata non consenta di percepirne le ragioni, in quanto si compone di argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’iter logico seguito dal giudice per dar corpo al proprio convincimento, di talche’ risulta conseguentemente precluso l’esercizio di qualsiasi controllo, sull’esattezza e sulla logicita’ di esso ragionamento (Cass., Sez. III, 8/10/2021, n. 27411).
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Non dubita il collegio che anche in relazione alle affermazioni operate dal decidente per addivenire alla quantificazione del ristoro nella misura conclusivamente liquidata di Euro 54.656,63 la motivazione sviluppata si mostri effettivamente priva di senso logico compiuto giacche’ non si comprende 1) l’esatta natura attribuita al terreno in conformita’ alla sua destinazione urbanistica, dato che esso sarebbe stato inizialmente destinato in parte ad uso agricolo ed in parte ad uso edificabile e l’uso agricolo si sarebbe convertito (“diventa”, recita laconicamente la sentenza) in uso idoneo ad ospitare attrezzature sportive; 2) quale sia stata la base di calcolo adottata per determinare il valore del terreno, posto che mentre il primo CTU aveva indicato il valore venale di Lire 25.000 al mq e questo valore era stato confermato dal secondo CTU, la sentenza riporta a questo riguardo il ben diverso valore di Lire 45.000 al mq; 3) quale sia e come sia stato determinato il valore dell’area di sedime per determinare in Lire 47.970.000 il valore di risulta del fabbricato; 4) come si sia ottenuta la stima finale di Euro 54.656,63 pari a Lire 105.729.993 utilizzando i dati di base indicati in sentenza non essendo spiegato attraverso quale procedimento logico-aritmetico questi ultimi potessero condurre al predetto valore finale.
Ne discende, dunque, che la sentenza viene manifestamente meno in parte qua dall’offrire una giustificazione razionalmente comprensibile delle proprie conclusive determinazioni e si rende pertanto suscettibile di doveroso ripensamento.
4.3. In detti limiti il secondo motivo del ricorso incidentale va dunque accolto e previa cassazione, in detti limiti, della sentenza qui impugnata, la causa va rimessa al giudice a quo per un nuovo giudizio.
P.Q.M.
Accoglie, nei limiti di cui in motivazione, il primo motivo del ricorso principale e dichiara assorbiti i restanti motivi; cassa l’impugnata sentenza senza rinvio e compensa integralmente le spese del giudizio relativo a detto ricorso.
Dichiara inammissibile il primo motivo del ricorso incidentale, accoglie, nei limiti di cui in motivazione, il secondo motivo del ricorso incidentale, cassa l’impugnata sentenza nei limiti del motivo accolto e rinvia la causa avanti alla Corte d’Appello di Messina che, in altra composizione, provvedera’ pure alla liquidazione delle spese del giudizio relativo a detto ricorso.
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In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
Le sentenze sono di pubblico dominio.
La diffusione dei provvedimenti giurisdizionali “costituisce fonte preziosa per lo studio e l’accrescimento della cultura giuridica e strumento indispensabile di controllo da parte dei cittadini dell’esercizio del potere giurisdizionale”.
Benchè le linee guida in materia di trattamento di dati personali nella riproduzione di provvedimenti giurisdizionali per finalità di informazione giuridica non richiedano espressamente l’anonimizzazione sistematica di tutti i provvedimenti, e solo quando espressamente le sentenze lo prevedono, si possono segnalare anomalie, richiedere oscuramenti e rimozioni, suggerire nuove funzionalità tramite l’indirizzo e-mail info@studiodisa.it, e, si provvederà immediatamente alla rimozione dei dati sensibili se per mero errore non sono stati automaticamente oscurati.
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