Corte di Cassazione, sezione terza penale, Sentenza 24 ottobre 2018, n. 48370.
La massima estrapolata:
In tema di inquinamento acustico, l’esercizio di una attività o di un mestiere rumoroso può integrare: a) l’illecito amministrativo di cui all’art. 10, comma secondo, della legge 26 ottobre 1995, n. 447, qualora si verifichi esclusivamente il mero superamento dei limiti di emissione del rumore fissati dalle disposizioni normative in materia; b) il reato di cui al comma primo dell’art. 659, cod. pen., qualora il mestiere o la attività vengano svolti eccedendo dalle normali modalità di esercizio, ponendo così in essere una condotta idonea a turbare la pubblica quiete; c) il reato di cui al comma secondo dell’art. 659 cod. pen., qualora siano violate specifiche disposizioni di legge o prescrizioni della Autorità che regolano l’esercizio del mestiere o della attività, diverse da quelle relative ai valori limite di emissione sonore stabiliti in applicazione dei criteri di cui alla legge n. 447 del 1995 (Sez. 3, n. 5735 del 21/01/2015, Giuffrè). Inoltre, il mancato rispetto dei limiti di emissione del rumore stabiliti dal D.P.C.M. 1 marzo 1991 può integrare la fattispecie di reato prevista dall’art. 659, comma secondo, cod. pen., allorquando l’inquinamento acustico è concretamente idoneo a recare disturbo al riposo e alle occupazioni di una pluralità indeterminata di persone, non essendo in tal caso applicabile il principio di specialità di cui all’art. 9 della legge n. 689 del 1981 in relazione all’illecito amministrativo previsto dall’art. 10, comma secondo, della legge n. 447 del 1995
Sentenza 24 ottobre 2018, n. 48370
Data udienza 5 luglio 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SAVANI Piero – Presidente
Dott. CERRONI Claudio – rel. Consigliere
Dott. DI STASI Antonella – Consigliere
Dott. SEMERARO Luca – Consigliere
Dott. SCARCELLA Alessio – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nata a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 29/11/2017 del Tribunale di Napoli;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Claudio Cerroni;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. MOLINO Pietro, che ha concluso per l’annullamento con rinvio della sentenza;
udito per la parte civile (OMISSIS) l’avv. (OMISSIS), che ha concluso chiedendo l’inammissibilita’ del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 29 novembre 2017 il Tribunale di Napoli ha condannato (OMISSIS) alla pena di Euro 250 di ammenda per il reato di cui all’articolo 659 c.p., comma 2, nonche’ al risarcimento del danno in favore della costituita parte civile.
2. Avverso la predetta decisione e’ stato proposto ricorso per cassazione articolato su un complesso motivo di impugnazione.
2.1. In particolare, atteso che la responsabilita’ penale dell’imputata, nella qualita’ di amministratrice dell’attivita’ commerciale “(OMISSIS)”, corrente in (OMISSIS) ed adibita altresi’ a discobar e karaoke, era stata ravvisata nell’accertato superamento del limite previsto in materia di rumore, doveva ritenersi che era stato integrato il presupposto applicativo dell’illecito amministrativo di cui alla L. 26 ottobre 1995, n. 447, articolo 10, comma 2. In ragione di cio’, era erronea l’applicazione della norma di cui all’articolo 659 c.p., comma 2, dal momento che non poteva essere integrata la fattispecie in caso di violazione della sola normativa sull’inquinamento acustico.
3. Il Procuratore generale ha concluso nel senso dell’annullamento con rinvio del provvedimento.
4. La parte civile ha insistito per l’inammissibilita’ del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
5. Il ricorso e’ inammissibile.
5.1. Vero e’, infatti, che, quanto all’esercizio di una attivita’ o di un mestiere rumoroso, e’ stato osservato che esso integra: a) l’illecito amministrativo di cui alla L. 26 ottobre 1995, n. 447, articolo 10, comma 2, qualora si verifichi esclusivamente il mero superamento dei limiti di emissione del rumore fissati dalle disposizioni normative in materia; b) il reato di cui al comma primo dell’articolo 659, cod. pen., qualora il mestiere o la attivita’ vengano svolti eccedendo dalle normali modalita’ di esercizio, ponendo cosi’ in essere una condotta idonea a turbare la pubblica quiete; c) il reato di cui all’articolo 659 c.p., comma 2, qualora siano violate specifiche disposizioni di legge o prescrizioni della Autorita’ che regolano l’esercizio del mestiere o della attivita’, diverse da quelle relative ai valori limite di emissione sonore stabiliti in applicazione dei criteri di cui alla L. n. 447 del 1995 (Sez. 3, n. 5735 del 21/01/2015, Giuffre’, Rv. 261885).
In proposito, peraltro, e’ stato altresi’ ritenuto che il mancato rispetto dei limiti di emissione del rumore stabiliti dal D.P.C.M. 1 marzo 1991 puo’ integrare la fattispecie di reato prevista dall’articolo 659 c.p., comma 2, allorquando l’inquinamento acustico e’ concretamente idoneo a recare disturbo al riposo e alle occupazioni di una pluralita’ indeterminata di persone, non essendo in tal caso applicabile il principio di specialita’ di cui alla L. n. 689 del 1981, articolo 9, in relazione all’illecito amministrativo previsto dalla L. n. 447 del 1995, articolo 10, comma 2, (Sez. 3, n. 15919 del 08/04/2015, dep. 2016, Varagnolo, Rv. 266627).
5.1.1. Al riguardo, questa Corte non ignora l’ampio dibattito giurisprudenziale esistente in proposito, del quale ne hanno dato atto tanto la difesa della ricorrente quanto lo stesso provvedimento impugnato.
Cio’ posto, in ogni caso, e con riferimento ai rapporti intercorrenti tra l’ipotesi contravvenzionale delineata all’articolo 659 c.p., comma 2, e l’ipotesi di cui alla L. n. 447 del 1995, articolo 10, comma 2, (legge quadro sull’inquinamento acustico), e’ stato affermato con plurime pronunce che nel caso di esercizio di professione o mestiere rumoroso in spregio alle disposizioni della legge ovvero alle prescrizioni dell’Autorita’, la lesione del bene giuridico protetto (quiete e tranquillita’ pubblica) comune all’articolo 659 c.p., comma 2, ed alla L. n. 447 del 1995, articolo 10, e’ presunta ope legis ed “e’ racchiusa, per intero, nel precetto della disposizione codicistica, che tuttavia cede, di fronte alla configurazione dello speciale illecito amministrativo previsto dall’articolo 10, suddetto, qualora l’inquinamento acustico si concretizzi nel mero superamento dei limiti massimi o differenziali di rumore fissati dalle leggi e dai decreti presidenziali in materia” (cosi’ Sez. 3, n. 42026 del 18/09/2014, Claudino, Rv. 260658).
Va da se’, peraltro, che il Tribunale ha dato conto non solo del semplice superamento dei limiti delle emissione sonore nell’ambito di una attivita’ intrinsecamente rumorosa, ma soprattutto della lesione e/o messa in pericolo della quiete pubblica, come tale pregiudizievole della salute collettiva costituzionalmente protetta dall’articolo 32 Cost., tutto cio’ in modo reiterato e non semplicemente occasionale, al punto da mettere a repentaglio la salute e la tranquillita’ delle persone. Non puo’ dunque parlarsi di sovrapponibilita’ tra le due diverse fattispecie, rispettivamente regolate dalla legge penale e da quella amministrativa, ma di una vera e propria lesione di rilievo penale del bene protetto (la salute pubblica) (cfr. altresi’, in motivazione, Sez. 3, n. 15919 cit.).
Ne’ in questa sede puo’ discutersi sull’identita’ dei firmatari delle note di protesta, sollevando una questione di fatto mai entrata nel dibattito processuale.
5.2. In definitiva, quindi, il provvedimento impugnato va esente da censura, al mero superamento dei limiti di emissione essendosi aggiunto, nei termini richiamati, anche la lesione della salute collettiva.
6. Il ricorso, che ha colto solamente in parte la ratio della decisione tra l’altro sollevando in questa sede aspetti di mero fatto, va quindi dichiarato inammissibile.
Tenuto altresi’ conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che “la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’”, alla declaratoria dell’inammissibilita’ medesima consegue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., l’onere delle spese del procedimento nonche’ quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in Euro 2.000,00.
6.1. La ricorrente e’ altresi’ condannata alla rifusione delle spese del grado in favore della costituita parte civile (OMISSIS), nella misura liquidata in dispositivo, oltre agli accessori come per legge.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende, nonche’ alla rifusione delle spese del grado in favore della costituita parte civile (OMISSIS), che liquida in Euro 3000, oltre alle spese generali nella misura del 15%, CPA ed IVA come per legge.
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