Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|9 marzo 2022| n. 7634.
L’inammissibilità dell’impugnazione derivante dall’inosservanza dei termini stabiliti a pena di decadenza è correlata alla tutela d’interessi indisponibili e, come tale, è rilevabile d’ufficio e non sanabile per effetto della costituzione dell’appellato.
Ordinanza|9 marzo 2022| n. 7634. Inammissibilità dell’impugnazione derivante dall’inosservanza dei termini
Data udienza 19 ottobre 2021
Integrale
Tag/parola chiave: SOMMINISTRAZIONE
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GRAZIOSI Chiara – Presidente
Dott. SCRIMA Antonietta – rel. Consigliere
Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere
Dott. VALLE Cristiano – Consigliere
Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 21102-2020 proposto da:
(OMISSIS) SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende;
– controricorrenti –
contro
REGIONE LAZIO, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1393/2019 del TRIBUNALE di VITERBO, depositata il 27/11/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 19/10/2021 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIETTA SCRIMA.
Inammissibilità dell’impugnazione derivante dall’inosservanza dei termini
FATTI DI CAUSA
Con sentenza n. 279/16 (OMISSIS) S.p.a. venne condannata dal Giudice di pace di Viterbo al pagamento di importi risarcitori (pari rispettivamente ad Euro 300,00, Euro 200,00 ed Euro 600,00), in favore di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), tre utenti dei servizi idrici forniti dalla predetta societa’ nell’ambito della zona di competenza dell'(OMISSIS), per eccessivo quantitativo di arsenico nell’acqua, mentre venne rigettata la domanda di restituzione del 50% dei canoni di acqua formulata dagli attori e venne, altresi’, rigettata la domanda di manleva formulata dalla convenuta nei confronti della Regione Lazio, chiamata in causa unitamente all’Autorita’ d’Ambito 1 Lazio Nord Viterbo dalla (OMISSIS) S.p.a..
Va precisato che, nelle more del giudizio di primo grado, la convenuta aveva rinunciato alla domanda di manleva proposta pure nei confronti della (OMISSIS), che aveva accettato la rinuncia ed era stata estromessa dal giudizio.
La decisione di primo grado venne appellata dalla (OMISSIS) S.p.a. che chiese, in riforma della sentenza di primo grado, il rigetto delle domande degli attori e, in caso di accoglimento comunque di tali domande, la condanna della Regione Lazio a manlevare e garantire la (OMISSIS) S.p.a. di ogni eventuale conseguenza dannosa dovesse derivarle in relazione ai fatti di causa e, in ogni caso, a restituire, in favore di (OMISSIS) S.p.a., tutte le somme corrisposte nelle more del giudizio dall’appellante agli appellati, in esecuzione della sentenza di primo grado, con vittoria di spese del doppio grado del giudizio di merito.
Si costitui’ la Regione Lazio chiedendo il rigetto dell’appello.
Si costituirono altresi’ (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) chiedendo il rigetto del gravame.
Con sentenza n. 1393/2019, pubblicata il 27 novembre 2019, il Tribunale di Viterbo dichiaro’ l’inammissibilita’ dell’appello per essere stato il gravame proposto oltre il termine di cui all’articolo 327 c.p.c. e condanno’ l’appellante alle spese di quel grado, da distrarsi, per gli appellanti attori in primo grado, in favore dei procuratori dichiaratisi antistatari.
Avverso la sentenza di appello (OMISSIS) S.p.a. ha proposto ricorso per cassazione articolato in quattro motivi.
Hanno resistito con separati controricorsi la Regione Lazio nonche’ (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS).
La proposta del relatore e’ stata ritualmente comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio, ai sensi dell’articolo 380-bis c.p.c..
Inammissibilità dell’impugnazione derivante dall’inosservanza dei termini
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Va preliminarmente dichiarata l’inammissibilita’ del controricorso della Regione Lazio, atteso che la procura rilasciata su foglio allegato allo stesso risulta sottoscritta dal conferente la procura e dal difensore con firma digitale e che al momento del deposito di tale atto non risulta essere stato ancora esteso il processo telematico in cassazione.
2. Con il primo motivo, rubricato “Violazione degli articoli 115 e 133 c.p.c., dell’articolo 2719 c.c. in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3″, la ricorrente censura la sentenza impugnata in questa sede laddove il Tribunale ha ritenuto fondata l’eccezione di inammissibilita’ dell’appello, risultando la sentenza di primo grado depositata in cancelleria il 22 dicembre 2015 ed essendo stato l’appello notificato in data 13 luglio 2016, quindi, oltre il termine di sei mesi dal deposito, restando irrilevante che la comunicazione alle parti sia stata effettuata il 15 febbraio 2016.
La ricorrente sostiene che gli appellati ” (OMISSIS) + altri” non avevano eccepito nella comparsa di risposta la tardivita’ dell’appello ed eccepisce che in data “21 dicembre 2015” era stata semplicemente depositata la minuta della sentenza di primo grado e non gia’ “la sentenza definitiva”, evidenziando che dalla certificazione rilasciata dall’Ufficio del Giudice di pace risultava che la sentenza 279/2016 era stata pubblicata il 15 febbraio 2016, sicche’ l’appello era stato tempestivamente proposto. Assume la ricorrente di aver anche documentato “la prassi (dell’Ufficio) del Giudice di pace di Viterbo” di utilizzare quale primo timbro quello del deposito della minuta mentre un diverso timbro per il deposito della sentenza definitiva.
Ad avviso della ricorrente, la data in cui il procedimento di pubblicazione si e’ completato con l’inserimento della sentenza nell’elenco cronologico delle sentenze esistente presso la Cancelleria, con l’assegnazione del numero identificativo, e’ soltanto il 15 febbraio 2016, sicche’ la notifica dell’appello, avvenuta in data 13 luglio 2016, sarebbe tempestiva.
3. Con il secondo motivo, rubricato “Violazione dell’articolo 101 c.p.c., violazione del diritto di difesa – omesso contraddittorio e termini a difesa su di una questione non sollevata formalmente dalle parti e rilevata d’ufficio”, la ricorrente deduce che, non essendo stata sollevata alcuna formale eccezione in merito alla tardivita’ dell’appello da parte degli appellati ” (OMISSIS) + altri” e Regione Lazio, il Tribunale avrebbe rilevato d’ufficio la questione senza concedere alle parti alcun termine per poter prendere posizione sul punto, con conseguente violazione del suo diritto di difesa.
4. Con il terzo motivo, rubricato “Violazione degli articoli 115, 116, 133 c.p.c., dell’articolo 2719 c.c., del Decreto Legislativo 7 marzo 2005, n. 82, articolo 2712 e articolo 23, comma 2, e articolo 23 quarter (C.a.d.) in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3”, la ricorrente sostiene che: 1) tutti i predetti appellati, in sede di costituzione in secondo grado, non avrebbero proposto eccezione di tardivita’ del gravame; 2) i medesimi non avrebbero mai contestato, nelle successive difese, la corrispondenza all’originale della “copia fotografica” della certificazione relativa alla data di pubblicazione della sentenza risultante da un sito internet; 3) gli stessi non avrebbero mai contestato il fatto allegato dalla (OMISSIS) S.p.a., e cioe’ che “il procedimento di pubblicazione, con l’inserimento dell’atto oggetto del deposito nell’elenco cronologico esistente presso la suddetta cancelleria e con assegnazione del numero identificativo, si sia completato solo in data 15.02.2016”. Tutto cio’ comporterebbe, ad avviso della ricorrente, che quel fatto dovrebbe ritenersi ormai definitivamente provato ai sensi dell’articolo 2719 c.c..
5. Con il quarto motivo, rubricato “omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5”, la ricorrente lamenta che quanto rappresentato nei precedenti motivi avrebbe “impedito al Tribunale di Viterbo di valutare in concreto la rilevanza di un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti, quale e’ il mancato inserimento dell’atto oggetto di deposito nell’elenco cronologico delle sentenze esistente presso la suddetta cancelleria, con assegnazione del numero identificativo, non alla data del 2122.12.2015 ma, invece, l’inserimento di quell’atto solo alla data del 15.02.2016. Fatto certamente decisivo per il giudizio, in quanto da esso dipende l’individuazione del momento in cui e’ avvenuta pubblicazione e dal quale percio’ inizia a decorrere il termine per l’impugnazione della sentenza di primo grado”.
Inammissibilità dell’impugnazione derivante dall’inosservanza dei termini
6. Il ricorso – articolato nei motivi sopra riportati, che, essendo strettamente connessi, ben possono essere congiuntamente esaminati – e’ infondato nella parte in cui in esso si deduce che l’inammissibilita’ del gravame per tardivita’ non sarebbe stata eccepita dalle controparti in sede di costituzione in appello e che il Tribunale avrebbe rilevato tale inammissibilita’ d’ufficio senza assegnare un termine alle parti per poter controdedurre al riguardo, con conseguente violazione del diritto di difesa della ricorrente.
Secondo l’orientamento consolidato della giurisprudenza di questa Corte, l’inammissibilita’ dell’impugnazione derivante dall’inosservanza dei termini all’uopo stabiliti a pena di decadenza e’ correlata alla tutela di interessi di carattere generale e, come tale, e’ insanabile per effetto della costituzione della parte appellata, oltre che rilevabile d’ufficio (Cass., sez. un., 5/04/2005, n. 6983; Cass. 22/06/2007, n. 14591, Cass. 5/06/2015, n. 11666).
Inoltre, a prescindere dalla circostanza che nel costituirsi in appello il (OMISSIS), la (OMISSIS) e il (OMISSIS), come dai medesimi pure rappresentato nel controricorso, hanno eccepito l’inammissibilita’ dell’appello ai sensi degli articoli 325, 326 e 327 c.p.c. in combinato disposto con l’articolo 133 c.p.c., si osserva comunque che la giurisprudenza di questa Corte interpreta l’articolo 101 c.p.c., comma 2, come riferibile solamente alla rilevazione d’ufficio di circostanze che, modificando il quadro fattuale, comportino nuovi sviluppi della lite non presi in considerazione dalle parti (Cass. 27/04/2010, n. 10062; Cass. 13/07/2012, n. 11928; Cass. 23/05/2014, n. 11453).
Come precisato da questa Corte (Cass., ord., 18/11/2019, n. 29803, non massimata), la tardivita’ dell’impugnazione, che costituisce una circostanza obiettiva che emerge dalla documentazione gia’ in possesso delle parti e che le stesse possono agevolmente rilevare, non configura quello “sviluppo inatteso” per il quale si renda necessaria l’instaurazione del contraddittorio mediante l’assegnazione di uno specifico termine per memorie difensive. In particolare, il divieto della decisione sulla base di argomenti non sottoposti al previo contraddittorio delle parti non si applica alle questioni di rito relative a requisiti di ammissibilita’ della domanda previsti da norme la cui violazione e’ rilevabile in ogni stato e grado del processo, senza che tale esito processuale integri una violazione dell’articolo 6, paragrafo 1, della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, il quale – nell’interpretazione data dalla Corte Europea ammette che il contraddittorio non venga previamente suscitato quando si tratti di questioni di rito che la parte, dotata di una minima diligenza processuale, avrebbe potuto e dovuto attendersi o prefigurarsi (Cass. 21/07/2016, n. 15019). Alla luce delle considerazioni che precedono, va dunque ribadito il principio di diritto secondo cui “Non soggiace al divieto posto dall’articolo 101 c.p.c. di porre a fondamento della decisione una questione rilevata d’ufficio e non sottoposta al contraddittorio delle parti, il rilievo della tardivita’ dell’impugnazione o dell’intervenuta decadenza dall’opposizione. Cio’ in quanto l’osservanza dei termini perentori entro cui devono… essere proposte le impugnazioni (articoli 325 e 327 c.p.c.) o avviate le cause di contenuto oppositivo (articoli 617 o 641 c.p.c.) costituisce un parametro di ammissibilita’ della domanda alla quale la parte che sia dotata di una minima diligenza processuale non puo’ non prestare attenzione, cosi’ da dover considerare gia’ ex ante come possibile sviluppo della lite la rilevazione d’ufficio dell’eventuale violazione di siffatti termini” (Cass., ord., 29803/2019, gia’ richiamata).
Va pure rilevato che nel resto le censure proposte sono inammissibili, per difetto di autosufficienza, in quanto non e’ stata riportata, alla lettera, nel ricorso, la parte della sentenza di primo grado relativa alla data del deposito della stessa e alla data del deposito della minuta, date che, secondo la tesi della societa’ ricorrente, sarebbero difformi e tale questione risulta sottesa e permea, in sostanza, ogni motivo del ricorso; inoltre, neppure risulta specificato nel ricorso quando la documentazione cui si fa riferimento a p. 9 del ricorso sia stata depositata in secondo grado, non risultando al riguardo sufficiente la generica indicazione “tutti i documenti gia’ in atti nel grado di appello” ivi riportata, evidenziandosi che la mancanza anche di una sola di tali indicazioni rende il ricorso inammissibile (Cass., sez. un., 19/04/2016, n. 7701; Cass., sez. un., 27/12/2019, n. 34469).
A quanto precede va comunque aggiunto che nella copia in atti della sentenza 279/16, richiesta dallo stesso difensore della ricorrente in data 8 giugno 2016, risulta indicata, con riferimento al deposito della stessa, la sola data del 22 dicembre 2015 mentre per gli avvisi alle parti e’ indicata la data 15 febbraio 2016, irrilevante ai fini che qui interessano.
Ne consegue che il riferimento alla giurisprudenza in tema di scissione tra data di deposito e data di pubblicazione della sentenza si appalesa inconferente dal momento che, come pure risulta dalla sentenza impugnata in questa sede, nel caso di specie si e’ in presenza di un’unica data di deposito della sentenza di primo grado, attestata in calce al provvedimento medesimo e fidefaciente fino a querela di falso.
Inammissibilità dell’impugnazione derivante dall’inosservanza dei termini
Va infatti rimarcato che il principio affermato nell’arresto, piu’ volte richiamato in ricorso, di Cass., sez. un., 22/09/2016, n. 18569
viene in rilievo solo nell’ipotesi in cui in calce alla sentenza siano apposte due diverse date: una di “deposito” della sentenza, l’altra di “pubblicazione”. Le Sezioni Unite, nella motivazione del provvedimento appena richiamato, dopo aver evidenziato in premessa che “le ripetute pronunce sulla questione riguardano tutte ipotesi in cui in calce alla sentenza sono state apposte dal cancelliere due date (individuate rispettivamente come di deposito e di pubblicazione)” (pag. 5 della sentenza), hanno sottolineato esplicitamente che “se… l’apposizione da parte del cancelliere di un’unica data impone di ritenere fino a querela di falso che la sentenza e’ “venuta ad esistenza” in quella data, con ogni relativo presupposto e conseguenza, l’apposizione di due date comporta la necessita’ di individuare il momento nel quale e’ effettivamente intervenuto il deposito/pubblicazione della sentenza…” (par. 4 della motivazione, pag. 14).
Di tale limitato ambito applicativo vi e’, infine, chiara indicazione anche nel principio di diritto enunciato dalle Sezioni Unite, evidenziandosi in esso che l’accertamento in ordine al momento in cui la sentenza e’ divenuta conoscibile attraverso il deposito ufficiale in cancelleria comportante l’inserimento di essa nell’elenco cronologico delle sentenze e l’attribuzione del relativo numero identificativo, diviene necessario (solo) “nel caso in cui risulti realizzata una impropria scissione tra i momenti di deposito e pubblicazione attraverso l’apposizione in calce alla sentenza di due diverse date”.
Non e’ pertanto, nella specie, rilevante il riferimento in ricorso alla certificazione attestante la data di inserimento della sentenza nel registro cronologico (v., in senso conforme, Cass., ord., 30/06/2020, nn. 12978 e 12979).
7. Il ricorso va, pertanto, rigettato.
8. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo in favore dei soli controricorrenti (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), stante l’inammissibilita’ del ricorso della Regione Lazio.
9. Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, se dovuto, da parte della ricorrente, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello eventualmente dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis (Cass., sez. un., 20/02/2020, n. 4315).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), delle spese del presente giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 1.600,00 per compensi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge; ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, se dovuto, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello eventualmente dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.
Inammissibilità dell’impugnazione derivante dall’inosservanza dei termini
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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