Corte di Cassazione, sezione terza civile, Ordinanza 18 febbraio 2020, n. 3997.
La massima estrapolata:
In tema di sport amatoriale, pur implicante attività agonistica, la consapevolezza del rischio di chi vi partecipa volontariamente riduce la soglia di responsabilità dei custodi del bene sul quale viene svolta la competizione, i quali sono tenuti ad attenersi alle normali cautele idonee a contenere il rischio nei limiti confacenti alla specifica attività sportiva, ove esso, per le sue intrinseche caratteristiche, non sia più elevato che nella media.
Ordinanza 18 febbraio 2020, n. 3997
Data udienza 10 ottobre 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente
Dott. DI FLORIO Antonella – rel. Consigliere
Dott. VALE Cristiano – Consigliere
Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere
Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 20307-2018 proposto da:
(OMISSIS), in persona dell’amministratore di sostegno (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
nonche’ contro
(OMISSIS), FEDERAZIO (OMISSIS), (OMISSIS) SPA, COMUNE DI MILANO;
– intimati –
avverso la sentenza n. 2084/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 28/04/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/10/2019 dal Consigliere Dott. DI FLORIO ANTONELLA.
RITENUTO IN FATTO
che:
1. (OMISSIS), rappresentato dalla madre (OMISSIS) in qualita’ di amministratore di sostegno, ricorre, affidandosi a sette motivi illustrati anche da memoria, per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Milano che aveva confermato la pronuncia del Tribunale con la quale era stata respinta la domanda da lui avanzata nei confronti della Polisportiva SMOG (in persona del Presidente (OMISSIS)) e della (OMISSIS) – che avevano chiamato in causa la (OMISSIS), il Comune di Milano e l’ (OMISSIS) Spa – per il risarcimento dei gravissimi danni subiti a seguito di un incidente avvenuto sul campo di calcetto durante una partita dilettantistica.
2. Hanno resistito (OMISSIS) in proprio ed il Comune di Milano.
CONSIDERATO IN DIRITTO
che:
1. Con il primo motivo, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli articoli 345 e 113 c.p.c.: assume che la Corte d’Appello aveva erroneamente ritenuto che le deduzioni difensive relative alle dimensioni del campo di calcio, irregolari e contrastanti con i regolamenti disciplinanti le norme di sicurezza per la costruzione e la gestione degli impianti sportivi, fossero nuove.
1.1. Assume al riguardo che le disposizioni invocate avevano valore normativo e dovevano pertanto essere applicate d’ufficio dal giudice in relazione ai rilievi sollevati nell’atto di citazione sulle distanze fra il confine del campo ed il muretto di perimetrazione contro il quale egli era andato a sbattere violentemente, a seguito di scivolata, riportando gravissime ed invalidanti lesioni.
1.2. Il motivo e’ in parte inammissibile ed in parte infondato.
Premesso che la censura manca di autosufficienza in quanto non viene affatto riportato il passaggio motivazionale o l’argomentazione introdotto la quale il ricorrente riconduceva la domanda risarcitoria alle irregolari dimensioni del campo di calcio e che, pertanto, sotto tale profilo risulta inammissibile in quanto non consente di apprezzare il denunciato errore della Corte che ha qualificato come nova sia le allegazioni che i documenti prodotti, si osserva che la critica risulta infondata rispetto alla statuizione dei giudici d’appello che hanno correttamente inquadrato la natura solo argomentativa del rilievo e che, in relazione agli atti prodotti, hanno correttamente affermato che, essendo atti volti a disciplinare le attivita’ sportive di associazioni private, ispirati alla Regolamentazione del CONI, essi dovevano essere considerati meri atti amministrativi, privi di valore normativo e qualificabili come documenti da assoggettare al regime di cui all’articolo 345 c.p.c..
1.2. Al riguardo, questa Corte ha affermato che “l’obbligo del giudice di ricercare le fonti del diritto applicabili alla fattispecie dedotta in giudizio non opera con riferimento alle norme giuridiche secondarie ed agli atti amministrativi che devono essere depositati tempestivamente dalla parte che intende avvalersene” (cfr. Cass. 16089/2007; Cass. 2737/2015).
1.3. I giudici d’appello hanno applicato correttamente tale principio assumendo che, a prescindere dalla loro rilevanza, i documenti contenenti la regolamentazione dei campi di gioco erano assoggettati alle preclusioni di legge e risultavano dunque tardivi, ex articolo 345 c.p.c., in quanto prodotti per la prima volta nel grado d’appello.
2. Con il secondo motivo, il ricorrente, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, deduce la violazione degli articoli 115 e 116 c.p.c. e degli articoli 2051 e 2043 c.c.: assume che la presenza del muretto a soli mt. 2,16, inferiore a quella prescritta nei regolamenti sportivi, non garantiva la sicurezza necessaria e che la Corte aveva erroneamente ritenuto il contrario, omettendo di valutare l’assenza di schermature idonee ad evitare una situazione di pericolo per i giocatori.
2.1. Il motivo e’ inammissibile.
2.2. La censura, infatti, ripropone questioni di merito gia’ esaustivamente esaminate dalla Corte territoriale che, con motivazione al di sopra della sufficienza costituzionale (cfr. pag. 9 u. cpv e 10 primo cpv della sentenza impugnata) ha valorizzato che l’incidente si era verificato in un campo di gioco realizzato nel rispetto della normativa vigente, visto che la distanza di sicurezza osservata con il muretto contro il quale il ricorrente si era andato ad imbattere, era ben superiore a quella minima in essa prevista, con la conseguenza che, esclusa una condizione obiettiva di pericolosita’, non poteva predicarsi che ricorresse la responsabilita’ per danni ex articolo 2051 c.c.: la critica postula, pertanto, un non consentito terzo grado di merito (cfr. Cass. 8758/2017; Cass. 13721/2018).
3. Con il terzo ed il quarto motivo, da esaminare congiuntamente per l’intrinseca connessione logica, il ricorrente deduce, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione degli articoli 115 e 116 c.p.c., del Decreto Ministeriale 18 marzo 1996, come integrato dal Decreto Ministeriale 6 giugno 2005, in riferimento ai Regolamenti degli impianti sportivi emanati dalla (OMISSIS) e dalla Lega Nazionale Dilettanti (LND): assume che l’incidente si era verificato su un campo realizzato contro la normativa vigente.
3.1. La censura che reitera, nella sostanza, le argomentazioni prospettate in quella precedente e’ inammissibile in quanto ripropone questioni di mero fatto: la Corte territoriale, infatti, ha esaminato la normativa vigente ed ha statuito che le dimensioni erano conformi a quelle previste per i campi di calcetto visto che le disposizioni invocate disciplinavano la piu’ ampia struttura dei campi di calcio che prevedono la presenza di undici giocatori, situazione differente da quella in esame in cui l’incidente si e’ verificato durante una partita di calcetto che prevede squadre con composizione piu’ che dimezzata e terreni di gioco per i quali e’ prevista una misura ridotta.
3.2. Il ricorrente insiste nella equiparazione delle regole che sovraintendono la sicurezza delle due tipologie di gioco (e la conseguente equiparazione delle dimensioni dei rispettivi campi), ma prospetta, a tal fine, argomenti di fatto che sono estranei al vizio di violazione di legge e che non sono ammissibili in sede di legittimita’.
4. Con il quinto, il sesto ed il settimo motivo, ancora, si deduce: a. ex articolo 360, nn. 3 e 5, l’omesso esame degli anelli di metallo presenti sul bordo del campo di gioco del terreno. Il ricorrente, al riguardo, insiste nel prospettare una situazione di pericolosita’ che la Corte aveva omesso di valutare (quinto motivo).
b. ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione degli articoli 115 e 116 c.p.c. e degli articoli 2051, 2043 e 1227 c.c.: il ricorrente reitera circostanze di fatto in punto di pericolosita’ derivante dall’assenza di schermature del muro di perimetrazione del campetto (sesto motivo).
c. ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli articoli 115 e 116 c.p.c. e degli articoli 2051 e 2043 c.c. (settimo motivo). Contesta la statuizione secondo cui era stata valorizzata l’accettazione del rischio da parte del giocatore (cfr. pag. 10 sentenza, dove la Corte afferma la ricorrenza del c.d.” rischio elettivo”) ed assume che proprio la natura amatoriale della partita doveva ridurre al minimo la possibilita’ di incorrere in incidenti.
4.1. Si osserva al riguardo, quanto segue.
4.2. Premesso che il profilo di censura ricondotto, nel quinto motivo, all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, e’ inammissibile, ex articolo 348 ter c.p.c. ratione temporis vigente, in quanto la sentenza impugnata e’ conforme a quella di primo grado, i rilievi ascritti all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, incorrono nella medesima preclusione rilevata nelle due precedenti censure, in quanto prospettano questioni di merito gia’ specificamente affrontate dalla Corte che, con motivazione certamente al di sopra della sufficienza costituzionale, ha escluso sia l’influenza degli anelli di metallo sulla dinamica del sinistro (cfr. pag. 10 quarto cpv sentenza), sia la pericolosita’ del campo di gioco derivante dalla mancanza di schermature, non previste dalla normativa vigente (cfr. pag. 10 cpv. secondo e terzo), affermando correttamente che nell’ipotesi di sport amatoriale, pur implicante attivita’ agonistica, la consapevolezza del rischio di chi vi partecipa volontariamente riduce la soglia di responsabilita’ dei custodi del bene sul quale la competizione viene svolta, i quali sono tenuti ad attenersi alle normali cautele idonee a contenere il rischio nei limiti confacenti alla specifica attivita’ sportiva, ove esso, per le sue intrinseche caratteristiche, non sia piu’ elevato che nella media (cfr. Cass. 20908/2005; Cass. 4018/2013; Cass. 18903/2017).
4.3. L’accertamento del rispetto delle necessarie cautele e’ demandato alla valutazione del giudice del merito, ed e’ insindacabile in sede di legittimita’ se, come nel caso in esame, e’ congruamente e logicamente motivato: a cio’ consegue che le censure esaminate sono tutte inammissibili.
5. Le spese del giudizio di legittimita’ seguono la soccombenza.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello cui e’ tenuto per il ricorso proposto, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte, dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna il ricorrente alle spese del giudizio di legittimita’ che liquida in 4000,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori e rimborso forfettario spese generali nella misura di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello cui e’ tenuto per il ricorso proposto, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis, se dovuto.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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