Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|| n. 17710.
In tema di risoluzione del contratto di appalto
In tema di risoluzione del contratto di appalto, trova applicazione la regola generale, dettata dall’art. 1458 Cc, circa l’efficacia retroattiva della relativa statuizione, sicché, pronunciata la risoluzione, i crediti e i debiti derivanti da quel contratto si considerano come mai entrati nella sfera giuridica dei contraenti, per ciascuno dei quali si verifica, a prescindere dall’imputabilità dell’inadempimento, rilevante ad altri fini, una totale restitutio in integrum.
Ordinanza|| n. 17710. In tema di risoluzione del contratto di appalto
Data udienza 23 maggio 2023
Integrale
Tag/parola chiave: Appalto – Appaltatore – Richiesta di risoluzione in corso d’opera – Inadempimento del committente – Pagamento del prezzo dei lavori già eseguiti – Giudice di merito – Accoglimento della domanda – Violazione dell’art. 112 cpc – Accertamento – Art. 1458 cc – Retroattività degli effetti della risoluzione
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI VIRGILIO Rosa M. – Presidente
Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere
Dott. CARRATO Aldo – Consigliere
Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere
Dott. Guida Riccardo – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 26580/2018 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS) (TEL. (OMISSIS)), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) ( (OMISSIS)) rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS) ( (OMISSIS)).
– Ricorrente –
Contro
(OMISSIS) SNC, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) ( (OMISSIS)) che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) ( (OMISSIS)).
– Controricorrente –
Avverso la sentenza della Corte d’appello di Venezia n. 2084/2018 depositata il 20/07/2018.
Udita la relazione svolta dal Consigliere Riccardo Guida nella camera
di consiglio del 23 maggio 2023.
In tema di risoluzione del contratto di appalto
Rilevato che
1. con citazione notificata il 2/02/2007, (OMISSIS) S.n.c. (d’ora in poi, “(OMISSIS)”) convenne in giudizio dinanzi al Tribunale di Venezia, sezione distaccata di (OMISSIS), (OMISSIS) e chiese che venisse dichiarato risolto, ai sensi dell’articolo 1454, c.c., o dell’articolo 1453, c.c., il contratto di appalto (avente ad oggetto la ristrutturazione di un fabbricato del convenuto) intercorso tra le parti per inadempimento del committente, con condanna di controparte al pagamento del corrispettivo previsto per i lavori eseguiti fino al mese di aprile 2006 (compresi quelli extracapitolato), per un ammontare di Euro 37.000,00, oltre al risarcimento dei danni. In comparsa di costituzione e risposta (OMISSIS) affermo’ che, nel corso del 2006, aveva contestato alla (OMISSIS) numerosi e rilevanti vizi di costruzione (documentati da una perizia stragiudiziale) e, quindi, oltre a insistere per il rigetto della domanda attorea, chiese, in riconvenzionale, la risoluzione del contratto d’appalto, ex articolo 1662, comma 2, c.c., e la condanna dell’appaltatrice al risarcimento dei danni, quantificati in Euro 81.394,97;
2. il primo giudice, istruita la causa con prove orali e documentali e con l’acquisizione della c.t.u. redatta nel parallelo giudizio per a.t.p., con sentenza n. 184/2011, dichiaro’ risolto, ai sensi dell’articolo 1453, c.c., il contratto di appalto intercorso tra le parti, avente ad oggetto opere edi’li in (OMISSIS), a causa di una serie di vizi costruttivi dell’opera realizzata da (OMISSIS), e condanno’ l’impresa appaltatrice a corrispondere al sig. (OMISSIS) Euro 13.130,00, a titolo di spese occorrenti per l’eliminazione dei vizi;
3. la Corte d’appello di Venezia, pronunciando sull’appello principale dell’appaltatrice e su quello incidentale del committente, in parziale riforma della decisione di primo grado, ha confermato la statuizione in punto di risoluzione del contratto di appalto per inadempimento di (OMISSIS); ha condannato il sig. (OMISSIS) a pagare all’appaltatrice Euro 18.870,00, oltre interessi; ha respinto l’appello incidentale, ha compensato le spese dei gradi di merito ed ha posto per meta’ a carico di ciascuna parte le spese di a.t.p. e di c.t.u. liquidate nel corso del giudizio;
4. questi, in sintesi, i punti salienti della sentenza: (i) vanno respinti i primi due motivi di appello principale, con i quali (OMISSIS) deduceva, da un lato, l’erroneo rigetto, da parte del Tribunale, della domanda dell’appaltatrice di risoluzione del contratto ex articolo 1454, c.c., per inadempimento del committente che non aveva pagato il saldo prezzo di Euro 37.000,00; dall’altro, l’errore di giudizio del Tribunale che, al contrario, aveva accolto la domanda riconvenzionale del convenuto di risoluzione del contratto ex articolo 1453, c.c., per inadempimento dell’appaltatrice; (ii) e’ fondato il terzo motivo con il quale (OMISSIS) lamenta che il Tribunale, dichiarata la risoluzione del contratto per inadempimento dell’appaltatrice, non ha riconosciuto all’appellante Euro 26.666,64 per i lavori eseguiti e rimasti al committente. A tale motivo, osserva la Corte territoriale, si contrappone quello dell’appello incidentale, con il quale (OMISSIS) sostiene che, dato che (OMISSIS), nel primo giudizio, aveva chiesto sia la risoluzione sia il pagamento del corrispettivo per i lavori eseguiti, il Tribunale avrebbe dovuto respingere la domanda, ai sensi dell’articolo 1453, c.c., per incompatibilita’ delle due concorrenti pretese; (iii) sul punto, prosegue la Corte territoriale, la pronuncia costitutiva di risoluzione per inadempimento, nei contratti a prestazioni corrispettive, comporta ex articolo 1458, c.c., a carico di ciascun contraente un effetto liberatorio ex nunc delle prestazioni da eseguire e un effetto recuperatorio ex tunc di quelle eseguite. La risoluzione del contratto di appalto, per colpa dell’appaltatore, non osta a che quest’ultimo abbia diritto al riconoscimento del compenso per le opere gia’ effettuate, delle quali il committente si e’ giovato; (iv) tali lavori e il relativo saldo, pari a Euro 37.000,00, indicato in citazione, sono provati, a norma dell’articolo 115, c.p.c., poiche’ il convenuto, in primo grado, non ha opposto alcuna contestazione, neppure generica, avendo egli eccepito l’esistenza di vizi e difetti, con richiesta di un risarcimento pari a Euro 81.394,97; (v) residua un credito dell’appaltatrice di Euro 18.870,00, oltre interessi legali dalla domanda (8/02/2007), a titolo di restituzione per equivalente dei lavori eseguiti, che si ottiene sottraendo a Euro 37.000,00, Euro 13.130,00, che e’ il costo stimato dalla c.t.u. per l’eliminazione dei vizi, ed Euro 5.000,00, richiesti dall’appellante per opere extracapitolato (cornici in calcestruzzo a vista della copertura) male eseguite e conseguentemente demolite;
5. (OMISSIS) ha proposto ricorso, con cinque motivi, illustrati con memoria, per la cassazione della sentenza d’appello; (OMISSIS) ha resistito con controricorso;
Considerato che
I. preliminarmente, si deve esaminare l’eccezione della controricorrente di inammissibilita’ del ricorso per difetto di specificita’, in ragione del fatto che esso non indicherebbe se la cassazione della sentenza impugnata sia invocata per la sua interezza o soltanto per alcuni capi del dispositivo. L’eccezione non e’ fondata. Come si evince in maniera chiara dalle conclusioni del ricorso per cassazione, la parte ha chiesto la cassazione dell’intera pronuncia d’appello;
1. con il primo motivo di ricorso, denunciando la violazione dell’articolo 112, c.p.c., il ricorrente censura la sentenza impugnata che ha erroneamente interpretato la domanda attorea di pagamento del corrispettivo come richiesta di restitutio in integrum, ai sensi dell’articolo 1458, c.c.;
1.1. il primo motivo e’ inammissibile;
1.2. la dedotta violazione dell’articolo 112, c.p.c., – in disparte il prospettabile profilo d’inammissibilita’ della critica derivante dell’omessa sussunzione di essa entro la griglia dei motivi di cui all’articolo 360, c.p.c. (quale carenza propria anche degli altri quattro motivi) – non tiene conto della costante giurisprudenza di questa Corte, che il Collegio intende ribadire, secondo cui “(l)’interpretazione della domanda spetta al giudice del merito, per cui, ove questi abbia espressamente ritenuto che una certa domanda era stata avanzata ed era compresa nel “thema decidendum”, tale statuizione, ancorche’ erronea, non puo’ essere direttamente censurata per ultrapetizione, atteso che, avendo comunque il giudice svolto una motivazione sul punto, dimostrando come una certa questione debba ritenersi ricompresa tra quelle da decidere, il difetto di ultrapetizione non e’ logicamente verificabile prima di avere accertato che quella medesima motivazione sia erronea. In tal caso, il dedotto errore del giudice non si configura come “error in procedendo”, ma attiene al momento logico relativo all’accertamento in concreto della volonta’ della parte” (cfr. Cass. 13/08/2018, n. 20718, e la giurisprudenza di legittimita’ ivi richiamata);
1.3. in tesi generale, comunque, e’ il caso di ricordare che per la giurisprudenza di legittimita’ (Cass. 30/06/2015, n. 13405) “(q)ualora l’appaltatore, in corso d’opera, chieda la risoluzione del contratto per inadempimento del committente ed il “pagamento del prezzo” dei lavori gia’ eseguiti, la sentenza del giudice del merito, la quale, riconosciuta la fondatezza della prima domanda, accolga anche la seconda, pur rilevandone l’impropria formulazione in termini di versamento del corrispettivo, anziche’, secondo i principi della risoluzione del contratto ad esecuzione continuata o periodica, in termini di “restitutio in integrum” a mezzo di equivalente pecuniario, non incorre in violazione dell’articolo 112 c.p.c., trattandosi di mera qualificazione giuridica della domanda, fermi restando i fatti dedotti a suo fondamento”;
2. con il secondo motivo, denunciando la violazione degli articoli 115, c.p.c., 2697, c.c., si censura la sentenza impugnata che, in primo luogo, non ha fatto corretta applicazione del principio di non contestazione. Sulla premessa che l’articolo 115, c.p.c., sarebbe inapplicabile perche’ la causa ha avuto inizio nel 2007, mentre la disposizione processuale e’ stata modificata a partire dal 2009, il ricorrente addebita alla Corte distrettuale di avere trascurato che la committenza aveva contestato l’altrui pretesa, sia prima del giudizio sia mediante la domanda riconvenzionale di risoluzione del contratto ex articolo 1453, c.c., a fondamento della quale aveva allegato che i difetti erano cosi’ gravi da rendere di fatto l’opera inutilizzabile. Sotto altro profilo, il ricorrente rileva che l’impresa appaltatrice ha omesso di provare il valore del corrispettivo richiesto, il cui importo e’ stato determinato dalla Corte d’appello di Venezia sulla scorta di una mera allegazione di parte, priva di supporto probatorio;
2.1. il secondo motivo e’ inammissibile;
2.2. sussiste l’errore di diritto del giudice di merito laddove ha fatto riferimento al principio di non contestazione di cui all’articolo 115, c.p.c., quale disposizione che, nella formulazione attuale, conseguente alle modifiche dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, e’ applicabile ai giudizi iniziati in primo grado successivamente alla sua entrata in vigore (4/07/2009), ma non nel caso in esame in cui il giudizio e’ iniziato anteriormente (2/02/2007) (Cass. n. 5482/2015). Ne consegue, ai sensi dell’articolo 384, ultimo comma, c.p.c., la correzione in parte qua della motivazione della pronuncia di appello, il cui dispositivo e’ conforme a diritto;
2.3. questa Corte ha chiarito che “(i)l convenuto, ai sensi dell’articolo 167 c.p.c., e’ tenuto, anche anteriormente alla formale introduzione del principio di “non contestazione” a seguito della modifica dell’articolo 115 c.p.c., a prendere posizione, in modo chiaro ed analitico, sui fatti posti dall’attore a fondamento della propria domanda, i quali debbono ritenersi ammessi, senza necessita’ di prova, ove la parte, nella comparsa di costituzione e risposta, si sia limitata ad una contestazione non chiara e specifica” (Cass. 26/11/2020, n. 26908; conf.: Cass. 20/12/2021, n. 40756). D’altra parte, lo ricorda in motivazione Cass. 26908/2020, “la giurisprudenza di questa Corte non ha mancato di precisare (con riferimento al novellato articolo 115 c.p.c., ma (…) il principio di non contestazione era implicito nell’ordinamento anche prima di tale esplicitazione legislativa), che spetta al giudice del merito apprezzare, nell’a’mbito del giudizio di fatto al medesimo riservato, l’esistenza ed il valore di una condotta di non contestazione dei fatti rilevanti, allegati dalla controparte (Cass., ord., 7/02/2019, n. 36809 e tale accertamento e’ sindacabile in cassazione solo per vizio di motivazione (Cass., ord., 28/10/2019, n. 27490), nei limiti in cui lo stesso sia tuttora denunciabile, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 novellato”;
2.4. nel caso concreto, detto che la parte non ha sollevato alcuna censura ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la Corte di appello si e’ attenuta ai principi sopra riprodotti, e ha motivatamente ritenuto che il convenuto non avesse contestato il corrispettivo pattuito per i lavori edi’li e che avesse orientato la propria linea difensiva in altra direzione, mediante la richiesta, formulata con domanda riconvenzionale, del risarcimento dei danni per i vizi dell’opera (successivamente quantificati dalla c.t.u. in Euro 13.130,00);
3. con il terzo motivo, denunciando l’errata applicazione degli articoli 1453, 1458, c.c., il ricorrente censura la sentenza impugnata che ha riconosciuto all’appaltatrice il prezzo pattuito con il contratto dell’aprile 2005, mentre avrebbe dovuto determinare la restitutio in integrum ex articolo 1458, c.c., sulla scorta del mero valore venale dell’opera, calcolato alla data della pronuncia di risoluzione del contratto;
3.1. il terzo motivo non e’ fondato;
3.2. la premessa concettuale, che la Corte veneta ha ben colto, e’ che il contratto di appalto – che, in generale, non puo’ essere considerato ad esecuzione continuata o periodica – non si sottrae alla regola generale, dettata dall’articolo 1458, c.c., della piena retroattivita’ di tutti gli effetti della risoluzione, anche in ordine alle prestazioni gia’ eseguite (cfr. Cass. 9/02/2022, n. 4225; conf.: Cass. nn. 3455/2015, 6181/2011, 8247/2009);
3.3. come evidenzia Cass. 9/02/2023, n. 3962, “(per la) giurisprudenza di questa Corte, “in tema di risoluzione del contratto di appalto, trova applicazione la regola generale, dettata dall’articolo 1458 c.c., circa l’efficacia retroattiva della relativa statuizione, sicche’, pronunciata la risoluzione, i crediti e i debiti derivanti da quel contratto si considerano come mai entrati nella sfera giuridica dei contraenti, per ciascuno dei quali si verifica, a prescindere dall’imputabilita’ dell’inadempimento, rilevante ad altri fini, una totale restitutio in integrum” (da ultimo v. Cass. 22065/2022 e Cass. 4225/2022; cfr. anche Cass. 6181/2011, per cui la risoluzione del contratto di appalto per colpa dell’appaltatore non osta a che questi “abbia diritto al riconoscimento di compenso per le opere gia’ effettuate e delle quali, comunque, il committente stesso si sia giovato”)” (in senso conforme, Cass. 21/06/2013, n. 15705; Cass. 20/02/2015, n. 3455; Cass. 30/06/2015, n. 13405; Cass. 30/10/2018, n. 27640);
3.4. con specifico riferimento al criterio di liquidazione delle opere realizzate prima della risoluzione del rapporto negoziale, e’ orientamento di questa Corte (cfr. Cass. n. 22065/2022, in connessione con Cass. nn. 15705/2013, 3455/2015) che, nell’operativita’ del congegno restitutorio dell’articolo 1458, c.c., il controvalore delle prestazioni gia’ eseguite da riconoscere all’appaltatore sia rappresentato dal “prezzo” delle opere realizzate, quale equivalente pecuniario della dovuta restitutio in integrum;
3.5. nella vicenda, la Corte d’appello, sulla scia della giurisprudenza di legittimita’, al fine di reintegrare la situazione patrimoniale dell’appaltatore al momento della risoluzione del contratto, non potendosi restituire l’opus parzialmente eseguito, ha ritenuto il committente obbligato a rifondere alla controparte il corrispettivo pattuito, al netto dei costi per l’eliminazione dei vizi, quali accertati dalla c.t.u.;
4. con il quarto motivo, denunciando violazione e falsa applicazione degli articoli 1284, 1282, 1223, 1224, c.c., nonche’ degli articoli 1449, 1453, 1458, c.c., il ricorrente censura la sentenza impugnata che non ha riconosciuto la svalutazione monetaria sui danni stimati dalla c.t.u. nella misura di Euro 13.000,00;
4.1. il quarto motivo e’ fondato;
4.2. preliminarmente, al contrario di cio’ che sostiene (OMISSIS), non si e’ formato il giudicato sul capo della decisione di primo grado in punto di determinazione della somma necessaria ad eliminare i vizi dell’appalto. E infatti il tema dei rapporti di dare e avere tra le parti e’ stato interamente devoluto alla cognizione della Corte di Venezia per effetto degli atti di appello dei contendenti;
4.3. quanto al fulcro della doglianza, in base ai principi generali, che si attagliano alla fattispecie concreta, in tema di appalto, la somma liquidata a favore del committente per l’eliminazione dei vizi e difformita’ dell’opera – a titolo di risarcimento del danno o anche di riduzione del prezzo di cui all’articolo 1668, c.c. – ha ad oggetto un debito di valore dell’appaltatore, che, non essendo soggetto al principio nominalistico, deve essere rivalutato in considerazione del diminuito potere d’acquisto della moneta intervenuto fino al momento della decisione (Cass. 22/06/2004, n. 11594; in termini, ex multis, Cass. n. 6/11/2013, n. 25015);
4.4. nel nostro caso, non e’ conforme a questo princi’pio la statuizione della sentenza di appello che, ai fini della determinazione del credito residuo dell’appaltatrice, non ha applicato la rivalutazione monetaria sulla somma di Euro 13.130,00, necessaria a eliminare i vizi delle opere, con decorrenza dal deposito della c.t.u. alla sentenza di primo grado (depositata il 21/04/2011);
5. con il quinto motivo, denunciando violazione degli articoli 112, 115, 116, c.p.c., si censura la sentenza impugnata che ha omesso di conteggiare l’Iva sui danni stimati dalla c.t.u. in Euro 13.130,00;
5.1. il quinto motivo non e’ fondato;
5.2. e’ noto che, in tema di contratto di appalto, il committente e’ tenuto ex lege a rimborsare all’appaltatore l’Iva sulle somme da quest’ultimo fatturate a titolo di acconto o di saldo del corrispettivo pattuito (Cass. 24/05/2007, n. 12162; in senso conforme, ex aliis, Cass. 2/09/2013, n. 20117). Nella specie, tuttavia, l’Iva su Euro 13.130,00 non entra in campo per la semplice ragione che quell’importo, come si e’ visto, non e’ il corrispettivo (o l’acconto) fatturato dall’appaltatrice per l’esecuzione dell’opera, in quanto tale assoggettato alla detta imposta indiretta, ma rappresenta l’equivalente monetario del danno per i vizi delle opere. D’altronde, in termini generali, per il principio di neutralita’ dell’imposta sul valore aggiunto, non e’ possibile porre a carico del cessionario/committente a titolo di rivalsa l’Iva che non sia stata assolta a monte dal cedente/prestatore;
6. in conclusione, accolto il quarto motivo, rigettati il terzo e il quinto motivo, dichiarati inammissibili il primo e il secondo motivo, la sentenza impugnata e’ cassata, con rinvio al giudice a quo, anche per le spese del giudizio di legittimita’;
P.Q.M.
accoglie il quarto motivo di ricorso, rigetta il terzo e il quinto motivo, dichiara inammissibili il primo e il secondo motivo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’appello di Venezia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimita’.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
Le sentenze sono di pubblico dominio.
La diffusione dei provvedimenti giurisdizionali “costituisce fonte preziosa per lo studio e l’accrescimento della cultura giuridica e strumento indispensabile di controllo da parte dei cittadini dell’esercizio del potere giurisdizionale”.
Benchè le linee guida in materia di trattamento di dati personali nella riproduzione di provvedimenti giurisdizionali per finalità di informazione giuridica non richiedano espressamente l’anonimizzazione sistematica di tutti i provvedimenti, e solo quando espressamente le sentenze lo prevedono, si possono segnalare anomalie, richiedere oscuramenti e rimozioni, suggerire nuove funzionalità tramite l’indirizzo e-mail info@studiodisa.it, e, si provvederà immediatamente alla rimozione dei dati sensibili se per mero errore non sono stati automaticamente oscurati.
Il presente blog non è, non vuole essere, né potrà mai essere un’alternativa alle soluzioni professionali presenti sul mercato. Essendo aperta alla contribuzione di tutti, non si può garantire l’esattezza dei dati ottenuti che l’utente è sempre tenuto a verificare.
Leave a Reply