Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|10 novembre 2020| n. 25274.
In tema di risarcimento del danno biologico di lieve entità, l’art. 139 del d.lgs. n. 209 del 2005 (Codice delle assicurazioni private), come sostituito dall’art. 1 l. n. 124 del 2017, trova applicazione anche nei giudizi pendenti alla data di entrata in vigore della legge di modifica della norma, salvo che quest’ultima preceda la data di pubblicazione della sentenza (nella specie, quella del giudice di appello) soltanto di pochi giorni, poiché una diversa soluzione (cioè, la regressione del processo) determinerebbe la violazione del principio di irretroattività di cui all’art. 11 preleggi e lo stravolgimento delle preclusioni processuali, ad onta del principio costituzionale di ragionevole durata del procedimento giurisdizionale.
Ordinanza|10 novembre 2020| n. 25274
Data udienza 24 settembre 2020
Integrale
Tag/parola chiave: Sinistro stradale – Risarcimento dei danni – Applicazione dell’art. 139 cds ratione temporis applicabile – Personalizzazione del danno biologico non oltre un quinto – Censure inammissibili
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GRAZIOSI Chiara – rel. Presidente
Dott. VALLE Cristiano – Consigliere
Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere
Dott. GUIZZI Stefano Giaime – Consigliere
Dott. GORGONI Marilena – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 8414-2018 proposto da:
(OMISSIS) SPA, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS);
– Intimato –
avverso la sentenza n. 657/2017 del TRIBUNALE di CROTONE, depositata il 11/09/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 24/09/2020 dal Presidente Dott. CHIARA GRAZIOSI.
RILEVATO
che:
Con atto di citazione notificato in data 15 dicembre 2012 (OMISSIS) conveniva davanti al Giudice di pace di Petilia Policastro, per quanto qui interessa, (OMISSIS) S.p.A. per ottenere il risarcimento dei danni che avrebbe subito quale terzo trasportato in un sinistro stradale avvenuto il (OMISSIS) in (OMISSIS).
La convenuta si costituiva, resistendo sia sulla esistenza di una lesione al rachide cervicale dell’attore, sia sulla debenza di una quota di danno non patrimoniale richiesta a titolo di danno morale.
Espletata consulenza tecnica d’ufficio, i cui esiti venivano peraltro criticati dalla convenuta, il giudice, con sentenza del 22 ottobre 2015, condannava la compagnia assicuratrice a corrispondere all’attore il risarcimento nella misura di Euro 4936,84 oltre accessori e spese di lite.
La compagnia proponeva appello principale e il (OMISSIS) appello incidentale.
Con sentenza del 13 settembre 2017 il Tribunale di Crotone rigettava l’appello principale e, accogliendo quello incidentale, poneva a carico della compagnia il compenso da corrispondere al consulente tecnico d’ufficio.
(OMISSIS) ha proposto ricorso, articolato in due motivi, da cu controparte non si e’ difesa.
CONSIDERATO
che:
1.1 Il primo motivo denuncia violazione o falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 209 del 2005, articolo 139, comma 2, ultimo periodo, in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Viene richiamato il passo dell’impugnata sentenza in cui il Tribunale ha disatteso il secondo motivo d’appello, che aveva censurato la sentenza di prime cure “nella parte in cui avrebbe riconosciuto il risarcimento del danno biologico senza che fossero effettuati accertamenti strumentali sulla persona del danneggiato”: in tale passo il giudice d’appello, dichiarando di seguire la “piu’ recente giurisprudenza”, ha riconosciuto “la risarcibilita’ del danno biologico anche in assenza di accertamenti strumentali, ma sulla scorta dell’esame obiettivo del periziando”.
In primo luogo, il motivo argomenta sulla riforma del Decreto Legislativo n. 209 del 2005, articolo 139 operata dalla L. 4 agosto 2017, n. 124, affermando che il “nuovo” articolo 139 suddetto dovrebbe “applicarsi in tutti i casi – come quello in esame – in cui la decisione giudiziaria sul danno sia successiva all’entrata in vigore” della L. n. 124 del 2017 – entrata in vigore avvenuta il 29 agosto 2017 -, “a nulla rilevando che il sinistro dal quale e’ derivato il danno o l’accertamento di quest’ultimo da parte del medico legale siano avvenuti prima”. Secondo la ricorrente, infatti, la riforma detta “norme sulla risarcibilita’ del danno e tali norme debbono essere applicate dal giudice nel momento in cui e’ chiamato a stabilire se un danno esista o meno”. Cio’ non comporterebbe, d’altronde, alcuna applicazione retroattiva, poiche’ “e’ al momento della sentenza che occorre stabilire se un danno vi sia ed in che misura sia risarcibile”. Viene richiamata al riguardo la sentenza n. 235/2014 della Consulta, la quale, a proposito dell’applicazione temporale della riforma dello stesso articolo 139 operata con il Decreto Legge n. 1 del 2012, articolo 32 convertito in L. n. 27 del 2012, ha affermato che tali nuove norme, “in quanto non attinenti alla consistenza del diritto al risarcimento delle lesioni in questione, bensi’ solo al momento successivo del suo accertamento in concreto, si applicano, conseguentemente, ai giudizi in corso (ancorche’ relativi a sinistri verificatisi in data antecedente alla loro entrata in vigore)”.
Prospettata pertanto l’esigenza di applicare l’articolo 139 in questione come novellato nel 2017, il motivo offre poi una serie di argomentazioni relative al contenuto della suddetta riforma.
1.2 Questa impostazione pero’ – deve subito osservarsi – e’ palesemente infondata, in quanto, se e’ vero (come e’ stato riconosciuto anche dal giudice delle leggi nella sentenza invocata) che non rileva l’epoca del sinistro bensi’ l’epoca dell’accertamento giudiziale, e’ altrettanto vero che applicare una norma sostanziale entrata in vigore (nel caso in esame, come gia’ si’ e’ ricordato, la vigenza e’ intervenuta il 29 agosto 2017) pochi giorni prima della pubblicazione della sentenza d’appello (che e’ stata pubblicata appunto il 13 settembre 2017) collide appieno con il principio della irretroattivita’ di cui all’articolo 11 preleggi, comma 1, e comporta altresi’ – si nota ad abundantiam – uno stravolgimento delle preclusioni processuali, mediante la sopravvenienza di una necessaria regressione del giudizio calpestando infatti il principio, che pur ha assunto forte valenza costituzionale sotto forma di “ragionevole durata”, di effettivita’ temporale della tutela giurisdizionale.
1.3 Successivamente il motivo si impernia su quella che definisce “precedente disciplina del risarcimento del danno non patrimoniale di lieve entita’ cosi’ come modificata nel 2012”, ovvero, come appena si e’ rilevato, quella applicabile alla presente causa.
Tutti gli argomenti qui dispiegati mirano a sostenere che per accertare le lesioni di lieve entita’ di cui all’articolo 139 occorre un riscontro strumentale, concludendo infine con una critica alla sentenza n. 1272/2018 di questa Suprema Corte.
1.4 Anche questa parte del motivo e’ manifestamente infondata: consolidata giurisprudenza di legittimita’ – dalla quale questo collegio non ritiene vi siano ragioni per discostarsi – si e’ pronunciata nel senso che l’articolo 139 nel testo ratione temporis qui applicabile non obbliga all’accertamento strumentale, per cui, inserendosi in tale corposo filone, l’arresto criticato e’ tutt’altro che isolato (v., quali pronunce piu’ recenti, Cass. sez. 3, 26 settembre 2016 n. 18773; Cass. sez. 3, 19 gennaio 2018 n. 1272 – quella appunto criticata nel motivo -; Cass. sez. 3, ord. 28 febbraio 2019 n. 5820; Cass. sez. 3, 18 aprile 2019 n. 10816; Cass. sez. 3, ord. 24 aprile 2019 n. 11218 e Cass. sez. 6-3, ord. 16 ottobre 2019 n. 26249; e si noti, ad abundantiam, che lo stesso principio e’ stato affermato per il testo riformato nel 2017 dell’articolo 139 da Cass. sez. 3, ord. 8 aprile 2020 n. 7753).
2.1 Il secondo motivo denuncia violazione del Decreto Legislativo n. 209 del 2005, articolo 139, comma 3, in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Viene censurato il passo della sentenza d’appello con cui si rigetta il terzo motivo del gravame, denunciante che la sentenza di primo grado aveva “liquidato una somma a titolo di danno morale, quantificandola in un terzo del danno biologico liquidato”. Il giudice d’appello rileva che, pur avendo la giurisprudenza di legittimita’ “piu’ volte sottolineato la necessita’ di individuare una categoria unitaria del danno non patrimoniale risarcibile”, questa Suprema Corte comunque riconosce che il danno morale e’. risarcibile, e “la sua liquidazione, necessariamente ispirata a criteri di equita’, rimane ancorata, onde evitare di sfociare nell’arbitrio mero e tenuto conto del collegamento che e’ ragionevole istituire tra entita’ delle lesioni ed intensita’ del turbamento d’animo, del dolore intimo da queste cagionato, alla misura del biologico, esprimendosi in una frazione di esso”.
In questo passo della sentenza – che definisce “tanto farraginoso quanto sbagliato” – la ricorrente ravvisa la violazione dell’articolo 139 “tanto nella sua formulazione originaria quanto nella sua versione attuale”: quest’ultimo riferimento e’ ovviamente all’applicazione della riforma del 2017, per cui non si puo’ non rimandare subito a quel che si e’ sopra rilevato a proposito della mancata considerazione del principio di irretroattivita’ da parte della ricorrente, essendo invece ovvia, per quanto appunto gia’ rilevato, l’applicazione ratione temporis del testo normativo antecedente alla novella del 2017 nella presente causa-.
2.2 La ricorrente osserva poi che l’articolo 139, comma 3, nel testo anteriore alla riforma del 2017 (e quindi, si ripete, nel testo qui applicabile) dispone: “L’ammontare del danno biologico liquidato ai sensi del comma 1 puo’ essere aumentato dal giudice in misura non superiore ad un quinto, con equo e motivato apprezzamento delle condizioni soggettive del danneggiato”.
Dunque, il giudice d’appello avrebbe deciso “palesemente contra legem” considerato tale “limite quantitativo strutturale” di un quinto del danno biologico che investirebbe il “risarcimento di qualunque componente di danno non patrimoniale”.
2.3 Il motivo, nell’ultima parte, si spende ancora a proposito del testo dell’articolo 139, comma 3, come novellato nel 2017: “Qualora la menomazione accertata incide in maniera rilevante su specifici aspetti dinamico-relazionali personali documentati e obiettivamente accertati ovvero causi o abbia causato una sofferenza psico-fisica di particolare intensita’, l’ammontare del risarcimento del danno, calcolato secondo quanto previsto dalla tabella di cui al comma 4, puo’ essere aumentato dal giudice, con equo e motivato apprezzamento delle condizioni soggettive del danneggiato, fino al 20 per cento. L’ammontare complessivo del risarcimento riconosciuto ai sensi del presente articolo e’ esaustivo del risarcimento del danno non patrimoniale conseguente a lesioni fisiche”.
2.4 Il motivo si conclude, infine, sostenendo che nel caso in esame “e’ testuale l’assoluta mancanza di prova di un possibile riverbero delle conseguenze della modestissima (inesistente) lesione su aspetti dinamico-relazionali del sig. (OMISSIS) ovvero di una particolare sofferenza psicofisica sopportata dal medesimo”: il giudice avrebbe liquidato il danno morale senza accertarne i presupposti previsti alla legge, e quindi come danno in re ipsa.
3.1 In primo luogo, deve osservarsi che questa conclusione, appena riassunta, del motivo rappresenta una critica direttamente fattuale sulle valutazioni che il giudice ha espletato quanto agli esiti del compendio probatorio, per cui cade in una evidente inammissibilita’.
3.2 In secondo luogo – gia’ si anticipava -, sine dubio nel caso in esame non e’ applicabile l’articolo 139, comma 3, come novellato dalla riforma del 2017. Il testo applicabile ratione temporis e’ dunque quello precedente a tale riforma, e la sua interpretazione, quale prospettata dalla ricorrente, non e’ sostenibile. Invero la ricorrente propugna che il limite di un quinto debba applicarsi anche alla quantificazione del danno morale, laddove la norma inequivocamente si riferisce alla personalizzazione del danno biologico. E’ ovvio che il danno biologico non esprime tutte le specie del, pur unitario, danno non patrimoniale, perche’ cio’ significherebbe identificare il danno biologico con il danno morale: soluzione inaccettabile, sol che si consideri come il danno morale possa verificarsi pure in assenza di un danno biologico, quando cioe’ il reato che lo genera non lede la vittima nel suo apparato psicofisico (si pensi, quale mero esempio fra i tanti configurabili, al danno morale che puo’ discendere dal reato di cui all’articolo 595 c.p. senza alterare la salute della persona offesa).
3.3 La differenza tra danno biologico e danno non patrimoniale (nel senso che il primo e’ una species del secondo che ne e’ – ontologicamente quindi piu’ ampio – il genus: cfr. da ultimo la chiarificazione del concetto di unitarieta’ del danno non patrimoniale proclamato dalle sentenze di San Martino ben operata da Cass. sez. 3, 17 gennaio 2018 n. 901, che, in ultima analisi, esattamente lo descrive come un genus; conforme Cass. sez. 3, ord. 28 settembre 2018 n. 23469) si nota ad abundantiam che viene confermata proprio anche dalla nuova versione dell’articolo 139, che gia’ nella rubrica si riferisce al “danno non patrimoniale”, laddove la rubrica del testo previgente e qui applicabile si riferisce a “danno biologico”.
3.4 Se cosi’ e’, ictu oculi il limite dettato dall’articolo 139, comma 3, nel testo ratione temporis qui applicabile non e’ pertinente al danno morale, in quanto la “misura non superiore ad un quinto” e’ espressamente prevista per l’ammontare personalizzato del “danno biologico”. Il che significa che la valutazione effettuata dal giudice di merito, oltrepassando il quinto del danno biologico per determinare il quantum del danno morale – che e’ stato determinato appunto in un terzo del danno biologico -, non ha oltrepassato alcuna barriera normativa.
Anche il secondo motivo, dunque, e’ privo di fondatezza.
5. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, non essendovi luogo a pronuncia sulle spese processuali, in quanto l’intimato non si e’ difeso.
Seguendo l’insegnamento di S.U. 20 febbraio 2020 n. 4315 si da’ atto, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis se dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e dichiara non luogo a provvedere sulle spese processuali.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis se dovuto.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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