Corte di Cassazione, sezione seconda civile, Ordinanza 28 luglio 2020, n. 16064.
La massima estrapolata:
In tema di rilevazione del passaggio con semaforo rosso tramite T-Red, né il codice della strada, né il regolamento di esecuzione prevedono che il verbale di accertamento debba contenere, a pena di nullità, l’attestazione che l’apparecchiatura elettronica sia stata sottoposta a taratura preventiva e revisione costante durante l’uso, in quanto il T-red non è uno strumento di misurazione come l’autovelox. Ne consegue che l’efficacia probatoria di tale rilevazione permane sino a quando non risultino accertati, nel caso concreto, sulla base di circostanze allegate all’opponente e debitamente provate, il difetto di costruzione, installazione o funzionamento del dispositivo elettronico o situazioni comunque ostative al suo regolare funzionamento.
Ordinanza 28 luglio 2020, n. 16064
Data udienza 8 novembre 2019
Tag/parola chiave: Circolazione stradale – Divieto di proseguire la marcia con impianto semaforico rosso – Violazione – Tred – Verbale di accertamento dell’infrazione – Controllo preventivo e costante dell’apparecchio – Attestazione – Non è necessaria
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente
Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere
Dott. SCARPA Antonio – Consigliere
Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere
Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 17310/2017 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
ROMA CAPITALE, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 4185/2017 del TRIBUNALE di ROMA, depositata il 01/03/2017;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 08/11/2019 dal Consigliere Dott. ROSSANA GIANNACCARI.
RILEVATO
che:
con sentenza dell’1.3.2017, il Tribunale di Roma rigetto’ l’appello proposto dal (OMISSIS) nei confronti di Roma Capitale avverso la sentenza del Giudice di Pace di Roma, che aveva rigettato l’opposizione avverso il verbale di accertamento elevato per violazione dell’articolo 41 C.d.S., comma 11 e articolo 146 C.d.s., comma 3, per attraversamento dell’incrocio con il semaforo rosso;
– il Tribunale, pur accertando l’inammissibilita’ della produzione
documentale da parte di Roma Capitale, che si era costituita tardivamente, ritenne che l’opponente non avesse provato il difetto di funzionamento o manutenzione dell’apparecchiatura utilizzata per la rilevazione dell’infrazione, che era stata regolarmente omologata; affermo’ che, ai sensi dell’articolo 201, comma 1 bis ed comma 1 ter, lettera B, in caso di attraverso con il semaforo rosso, non era prevista la contestazione immediata all’autore della violazione;
– per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso (OMISSIS) sulla base di cinque motivi (il quinto motivo di ricorso non e’ stato numerato);
– ha resistito con controricorso Roma Capitale;
– in prossimita’ dell’udienza, la ricorrente ha depositato memorie illustrative.
RITENUTO
che:
– con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 150 del 2011, articolo 7, comma 7 e comma 9 lettera b, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3; il Tribunale avrebbe errato nell’utilizzare, ai fini della decisione, la documentazione prodotta da Roma Capitale, che si era tardivamente costituita in giudizio; alla tardiva costituzione in giudizio avrebbe dovuto conseguire l’inammissibilita’ del deposito della documentazione, in quanto l’amministrazione, nei procedimenti di opposizione a sanzioni amministrative, assume la qualifica di attrice in senso sostanziale ed e’ gravata dall’onere di provare la violazione;
con il secondo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione degli articoli 2967 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver posto a carico dell’opponente l’onere di provare il malfunzionamento dell’apparecchio semaforico mentre, nei giudizi di opposizione a sanzione amministrativa, l’onere di provare i fatti costitutivi della pretesa sanzionatoria spetterebbe all’amministrazione; con il terzo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione della L. 1 agosto 1991, n. 272, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto il Tribunale non avrebbe esteso l’applicazione del principio affermato dalla Corte Costituzionale nella sentenza N. 113/2015, relativa alla necessita’ di taratura dei sistemi rilevatori della velocita’, anche agli strumenti elettronici come i Vista RED, che svolgono anch’essi un accertamento irripetibile e sono soggetti a variazioni periodiche dei valori misurati a causa di urti, obsolescenza o ad ed altri fattori;
con il quarto motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione dell’articolo 2700 c.c. e dell’articolo 146 C.d.S., comma 3, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere il Tribunale attribuito pubblica fede al verbale di accertamento nonostante il pubblico ufficiale avesse constatato i fotogrammi in remoto;
i motivi, che possono essere esaminati congiuntamente per la loro connessione, sono inammissibili;
il Tribunale, pur rilevando la tardivita’ della documentazione depositata, ha ritenuto che essa non incidesse sull’esito del giudizi poiche’ l’opponente non aveva provato il malfunzionamento del dispositivo semaforico.
questa Corte ha, in piu’ occasioni affermato che, in tema di rilevazione della violazione del divieto di proseguire la marcia con impianto semaforico rosso a mezzo di apparecchiature elettroniche, ne’ il C.d.S. ne’ il relativo regolamento di esecuzione prevedono che il verbale di accertamento dell’infrazione debba contenere, a pena di nullita’, l’attestazione che la funzionalita’ del singolo apparecchio impiegato sia stata sottoposta a controllo preventivo e costante durante l’uso (ex plurimis Cassazione civile sez. II, 15/04/2019, n. 10458);
la decisione della Corte Costituzionale N. 113/2015, richiamata dalla ricorrente, non e’ pertinente perche’ riguarda le sole apparecchiature impiegate per l’accertamento delle violazione dei limiti di velocita’;
ne consegue che, dalla dichiarazione di illegittimita’ costituzionale dell’articolo 45 C.d.S., comma 6, non si puo’ trarre argomento per sostenere la sussistenza dell’obbligo di sottoporre a taratura anche che gli apparecchi T-Red, che non costituiscono strumenti di misurazione;
al contrario, l’efficacia probatoria di qualsiasi strumento di rilevazione elettronica perdura sino a quando non risultino accertati, nel caso concreto, sulla base di circostanze allegate dall’opponente e debitamente provate, il difetto di costruzione, installazione o funzionalita’ dello strumento stesso, o situazioni comunque ostative al suo regolare funzionamento;
nella specie, il tribunale ha precisato che, nel processo verbale di accertamento si affermava che l’apparecchio rilevatore era stato debitamente omologato con i decreti del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e nel verbale e’ stato correttamente menzionato l’articolo 201 C.d.S., comma 1 bis e comma 1 ter, lettera b, che esclude, in tali casi, la contestazione immediata;
la prova della violazione e’ costituita dal contenuto del verbale di contestazione, che costituisce documento fidefaciente delle circostanze constatate in remoto dall’agente accertatore;
in forza dell’efficacia probatoria privilegiata dell’atto pubblico, ai sensi dell’articolo 2700 c.c., il verbale di accertamento fa piena prova, fino a querela di falso, dei fatti attestati dal pubblico ufficiale come avvenuti in sua presenza, e descritti senza margini di apprezzamento, o da lui compiuti, nonche’ della provenienza del verbale stesso dal pubblico ufficiale, mentre sono prive di efficacia probatoria le valutazioni soggettive del verbalizzante. Le risultanze delle strumentazioni predette sono suscettibili di prova contraria, che puo’ essere fornita dall’opponente esclusivamente mediante la dimostrazione del difetto di funzionamento del dispositivo, sulla base di concrete circostanze di fatto (ex multis Cass. Civ., sez. VI, 08/10/2014, n. 21269);
– ai principi di diritto affermati da questa Corte si e’ conformato il giudice di merito, ne’ i motivi di ricorso e la memoria illustrativa offrono elementi per mutare l’orientamento della giurisprudenza di legittimita’;
– con il quinto motivo di ricorso, che non e’ stato numerato, si deduce l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa fatti controversi e decisivi per il giudizio, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per avere il giudice di merito omesso di esaminare i quattro motivi precedenti;
– il motivo e’ inammissibile in quanto il vizio motivazionale denunciabile ratione temporis per l’ipotesi dell’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio(a seguito delle modifiche di cui al Decreto Legge n. 83 del 2012, convertito – nella L. n. 134 del 2012), deve avere ad oggetto un fatto storico e non le tesi difensive della parte oggetto di impugnazione;
– il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile con conseguente condanna della parte ricorrente, risultata soccombente, al pagamento delle spese processuali, liquidate come in dispositivo;
– il ricorrente va altresi’ condannato al pagamento, in favore della controparte, della somma di Euro 400,00, per aver proposto un ricorso manifestamente infondato quanto alle tesi di diritto ivi sostenute, del tutto prescindente dal diritto vivente, indice di mala fede o colpa grave;
– tale somma e’ stata determinata assumendo a parametro di riferimento il valore della causa e l’importo delle spese dovute alla parte vittoriosa; ricorrono i presupposti di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater (applicabile ratione temporis, essendo stato il ricorso proposto dopo il 30 gennaio 2013) per il raddoppio del versamento del contributo unificato, se dovuto.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, della somma di Euro 400,00 ex articolo 96 c.p.c..
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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