Corte di Cassazione, penale, Sentenza|13 gennaio 2021| n. 1131.
In tema di rifiuti, al fine di qualificare il deposito come temporaneo, il produttore può alternativamente e facoltativamente scegliere di adeguarsi al criterio quantitativo o a quello temporale, ovvero può conservare i rifiuti per tre mesi in qualsiasi quantità, oppure conservarli per un anno purché essi non raggiungano, anche con riferimento ai rifiuti pericolosi, i limiti volumetrici previsti dall’art. 183, lett. bb) d.lgs. n. 152 del 2006. Sicché l’inosservanza anche di una sola delle condizioni imposte per il deposito temporaneo trasforma l’attività oggetto del deposito in illecita gestione dei rifiuti o in abbandono di rifiuti. A tal proposito, si è chiarito che l’onere della prova relativa alla sussistenza delle condizioni di liceità del deposito cosiddetto controllato o temporaneo, fissate dall’art. 183 d.lgs. n. 152 del 2006, grava sul produttore dei rifiuti, in considerazione della natura eccezionale e derogatoria di tale deposito rispetto alla disciplina ordinaria. Nella specie, i rifiuti erano accumulati da “due-tre anni”, il che dimostra l’assenza del requisito temporale previsto dalla legge, e ciò parimenti osta alla configurabilità del deposito temporaneo, il quale deve essere necessariamente realizzato presso il luogo di produzione dei rifiuti, fatta eccezione per quelli derivanti dalle attività di manutenzione alle infrastrutture, per i quali detto luogo può coincidere con quello di concentramento ove gli stessi vengono trasportati per la successiva valutazione tecnica, finalizzata all’individuazione del materiale effettivamente, direttamente ed oggettivamente riutilizzabile, senza essere sottoposto ad alcun trattamento.
Sentenza|13 gennaio 2021| n. 1131
Data udienza 3 dicembre 2020
Integrale
Tag – parola chiave: Rifiuti – Operazioni di gestione dei rifiuti – Responsabilità del direttore tecnico – Presupposti – Delegata con attribuzione in suo favore di tutti i poteri – Mancato interferimento del titolare nell’attività di coordinazione – Realizzazione di una discarica abusiva con abbandono di rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi – Inapplicabilità della procedura estintiva mediante prescrizioni – Disciplina sanzionatoria degli illeciti amministrativi e penali in materia di tutela ambientale – Artt. 183, 256 e 318-bis e ss.d.lgs n. 152/2006
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ROSI Elisabetta – Presidente
Dott. LIBERATI Giovanni – Consigliere
Dott. DI STASI Antonella – Consigliere
Dott. CORBETTA Stefano – rel. Consigliere
Dott. ZUNICA Fabio – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 03/05/2019 della Corte di appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere CORBETTA Stefano;
letta la requisitoria redatta ai sensi del Decreto Legge 28 ottobre 2020, n. 137, articolo 23, dal Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Cuomo Luigi, che ha concluso chiedendo l’inammissibilita’ dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
1. Con l’impugnata sentenza, la Corte di appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, confermava la pronuncia resa dal Tribunale di Taranto, la quale aveva condannato (OMISSIS) e (OMISSIS) alla pena di giustizia, con i doppi benefici di legge per entrambi, per il reato di cui al Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 256, comma 3, in esso assorbito la violazione del comma 1 del medesimo articolo, per avere realizzato, in concorso tra loro – il (OMISSIS) quale legale rappresentante e il (OMISSIS) quale procuratore speciale della (OMISSIS) srl – una discarica abusiva mediante il deposito su un terreno sito a (OMISSIS) di rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi (materiali da demolizione, lastre di eternit, scarti di rifiuti vegetali e altro).
2. Avverso l’indicata sentenza, gli imputati, per il tramite del comune difensore di fiducia, propongono ricorso per Cassazione, affidato a tre motivi.
2.1. Con il primo motivo si deduce la violazione dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), in relazione al Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articoli 318-bis e ss.. Assumono i ricorrenti che, nei loro confronti, non sia stata accordata la possibilita’ di estinzione del reato conformandosi alle prescrizioni impartite dall’organo accertatore e versando l’importo previsto dalla legge a titolo di sanzione; cio’, ad avviso dei ricorrenti, integrerebbe una causa di improcedibilita’ dell’azione penale, che determinerebbe l’annullamento della sentenza impugnata.
2.2. Con il secondo motivo si lamenta la violazione dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), in relazione al Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 183. Deducono i ricorrenti che, nel caso di specie, si sarebbe in presenza di un mero deposito temporaneo di rifiuti, realizzato negli intervalli di tempo tra uno smaltimento e il successivo, avendo la Corte territoriale travisato la portata delle dichiarazioni rese da (OMISSIS), il quale ha riferito che i rifiuti non venivano accumulati ma erano smaltiti, ed essendo irrilevante che i rifiuti medesimi prevenissero da altri luoghi rispetto a quello in cui fu operato l’accertamento.
2.3. Con il terzo motivo si eccepisce la violazione dell’articolo 606, comma 1, lettera b), in relazione al Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 256. Secondo la prospettazione difensiva, il (OMISSIS) dovrebbe comunque essere assolto dal reato per non aver commesso il fatto, avendo egli affidato la gestione dei rifiuti ad altro soggetto, ben potendo la delega essere stata affidata al (OMISSIS) “con altro mezzo (magari anche verbalmente)”.
CONSIDERATO IN DIRITTTO
1. I ricorsi sono inammissibili.
2. Il primo motivo e’ inammissibile perche’ l’asserita violazione di legge, riferita al Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articoli 318-bis e ss. non era stata dedotta con i motivi di appello, sicche’, non essendo una questione rilevabile d’ufficio in ogni stato o grado del processo, non e’ proponibile per la prima volta in sede di legittimita’.
In ogni caso, si osserva che agli imputati si contesta la realizzazione di una discarica abusiva con abbandono di rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi (tra cui, come indicato nell’imputazione, materiali da demolizione, lastre di eternit, scarti di rifiuti vegetali, ecc.), sicche’, stante l’evidente compromissione del bene tutelato, non sussistono i presupposti per accedere alla speciale fattispecie estintiva, la quale, secondo il disposto al Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 318-bis, si applica solo alle contravvenzioni “che non hanno cagionato danno o pericolo concreto e attuale di danno alle risorse ambientali”.
3. Il secondo motivo e’ manifestamente infondato.
3.1. Per costante giurisprudenza, in tema di rifiuti, al fine di qualificare il deposito come temporaneo, il produttore puo’ alternativamente e facoltativamente scegliere di adeguarsi al criterio quantitativo o a quello temporale, ovvero puo’ conservare i rifiuti per tre mesi in qualsiasi quantita’, oppure conservarli per un anno purche’ essi non raggiungano, anche con riferimento ai rifiuti pericolosi, i limiti volumetrici previsti dal Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 183, lettera bb) (cfr., tra le tante, Sez. 3, n. 38046 del 27/06/2013, Speranza, Rv. 256434); sicche’ l’inosservanza anche di una sola delle condizioni imposte per il deposito temporaneo trasforma l’attivita’ oggetto del deposito in illecita gestione dei rifiuti o in abbandono di rifiuti.
A tal proposito, si e’ chiarito che l’onere della prova relativa alla sussistenza delle condizioni di liceita’ del deposito cosiddetto controllato o temporaneo, fissate dal Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 183, grava sul produttore dei rifiuti, in considerazione della natura eccezionale e derogatoria di tale deposito rispetto alla disciplina ordinaria (Sez. 3, n. 35494 del 10/05/2016, dep. 26/08/2016, Di Stefano, Rv. 267636; Sez. 3, n. 23497 del 17/04/2014, dep. 05/06/2014, Lobina, 261507; Sez. 3, n. 15610 del 03/03/2010, Abbatino, non massimata; Sez. 3, n. 21587 del 17/03/2004, Marucci, non massimata).
3.2. Nel caso di specie, nessuna prova e’ stata dedotta in tal senso dagli imputati, i quali non hanno nemmeno allegato quali siano stati i limiti quantitativi, qualitativi e temporali osservati in concreto nella raccolta e nel conferimento dei rifiuti, e neppure la sussistenza delle ulteriori condizioni analiticamente prescritte dal Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 183, lettera bb), da cui desumere l’esistenza di un mero deposito temporaneo di rifiuti.
Ad abundantiam, la Corte territoriale ha osservato che, secondo quanto ammesso dal (OMISSIS), i rifiuti erano li’ da “due-tre anni”, il che dimostra l’assenza del requisito temporale previsto dalla legge, e che, secondo quanto riferito dal (OMISSIS), detti rifiuti provenivano da altri luoghi, cioe’ da cantieri edili, cio’ che parimenti osta alla configurabilita’ del deposito temporaneo, il quale deve essere necessariamente realizzato presso il luogo di produzione dei rifiuti, fatta eccezione per quelli derivanti dalle attivita’ di manutenzione alle infrastrutture, per i quali detto luogo puo’ coincidere con quello di concentramento ove gli stessi vengono trasportati per la successiva valutazione tecnica, finalizzata all’individuazione del materiale effettivamente, direttamente ed oggettivamente riutilizzabile, senza essere sottoposto ad alcun trattamento (Sez. 3, n. 20410 del 08/02/2018 – dep. 09/05/2018, Boccaccio, Rv. 273221), situazione che non e’ ravvisabile nel caso in esame.
3. Il terzo motivo e’ manifestamente infondato.
E’ ben vero che, come affermato da questa Corte di legittimita’, la responsabilita’ per la corretta esecuzione delle operazioni di gestione dei rifiuti grava sul direttore tecnico al quale, per la molteplicita’ dei compiti istituzionali o per la complessita’ della organizzazione aziendale, la gestione medesima sia stata delegata con attribuzione in suo favore di tutti i poteri necessari per l’integrale rispetto delle norme di legge e regolamentari, quando si accerti che il titolare non abbia interferito nella sua attivita’ (Sez. 3, n. 35862 del 31/05/2016 – dep. 31/08/2016, Varvarito e altro, Rv. 267641).
Nel caso di specie, con apprezzamento fattuale logicamente motivato, la Corte territoriale ha evidenziato che l’asserita esistenza della delega – circostanza riferita solamente dai due imputati – e’ smentita dal fatto che lo stesso (OMISSIS) avesse sottoscritto il contratto di smaltimento dei rifiuti pericolosi, ad oggetto le lastre di amianto e la successiva bonifica, con la (OMISSIS) s.r.l., e che, soprattutto, nell’atto notarile di delega non vi fosse anche la procura al (OMISSIS) per la gestione dei rifiuti, desumendo da tali elementi, in maniera non manifestamente illogica, che anche il (OMISSIS) si occupasse della gestione dei rifiuti.
4. Essendo i ricorsi inammissibili e, a norma dell’articolo 616 c.p.p., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’ (Corte Cost. sent. n. 186 del 13/06/2000), alla condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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