In tema di riciclaggio il fatto che costituisce il presupposto del delitto

Corte di Cassazione, sezione seconda penale, Sentenza 27 maggio 2019, n. 23190.

La massima estrapolata:

In tema di riciclaggio il fatto che costituisce il presupposto del delitto può anche essere un illecito fiscale commesso all’estero, ma tale fatto deve avere natura illecita per l’ordinamento straniero e il giudice italiano deve verificare se sussiste poi rilevanza penale anche secondo l’ordinamento interno. A tal fine, non rileva la circostanza che il giudice straniero abbia disposto l’archiviazione per ragioni esclusivamente processuali, in quanto in tal caso non è esclusa la sussistenza del reato.

Sentenza 27 maggio 2019, n. 23190

Data udienza 7 febbraio 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CERVADORO Mirella – Presidente

Dott. DE CRESCIENZO Ugo – rel. Consigliere

Dott. PAZIENZA Vittorio – Consigliere

Dott. AIELLI Lucia – Consigliere

Dott. SARACO Antonio – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI ASTI;
nei confronti di:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 30/11/2018 del TRIB. LIBERTA’ di ASTI;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. DE CRESCIENZO UGO;
lette/sentite le conclusioni del P.G. Dott. DALL’OLIO MARCO;
Il Proc. Gen. conclude per l’annullamento con rinvio.
udito il difensore;
L’avvocato (OMISSIS) insiste perche’ si valuti l’inammissibilita’ del ricorso e, in subordine, il rigetto.
L’avvocato (OMISSIS), dopo aver discusso brevemente, chiede il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

Il Procuratore della Repubblica di Asti ricorre per Cassazione avverso l’ordinanza 30.11.2018 con la quale il Tribunale per il riesame ha annullato il decreto di sequestro emesso dal Giudice delle indagini preliminari di Asti il 29.10.2018 nel procedimento penale a carico di (OMISSIS) e (OMISSIS) indagati per la violazione dell’articolo 648 bis c.p..
L’ufficio ricorrente chiede l’annullamento della decisione impugnata, deducendo i seguenti motivi cosi’ riassunti entro i limiti di cui all’articolo 173 disp. att. c.p.p..
1) ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera c) violazione dell’articolo 125 c.p.p.. Il Procuratore della Repubblica afferma che l’ordinanza ha una motivazione apparente, perche’ priva dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza. Con riferimento al difetto di coerenza il ricorrente segnala che il Tribunale, rilevata l’opacita’ della provenienza delle somme di denaro fatte rifluire da societa’ spagnole (riconducibili al (OMISSIS)) sui conti della (OMISSIS), ha poi svilito il dato nella analisi del “fumus commissi delicti”. L’ufficio denuncia l’incompletezza della motivazione nel profilo della ricostruzione della provenienza sospetta delle somme (trasferite in Italia), sovvenienti dalla liquidazione della (OMISSIS) Sl.

RITENUTO IN DIRITTO

Il ricorso del Pubblico Ministero, ricadendo sotto la disciplina dell’articolo 325 c.p.p. e’ inammissibile.
E’ infatti esclusa, dalla citata disposizione, la possibilita’ di formulare censure ricadenti nella fattispecie di cui all’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e). Secondo la costante giurisprudenza di legittimita’, il ricorso per cassazione contro le ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio e’ ammesso solo per violazione di legge; in tale nozione sono ricompresi sia gli “errores in iudicando” o “in procedendo”, sia quei vizi della motivazione cosi’ radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento, del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (in tal senso da ultimo v. Cass. sez. 2 n. 18951 del 14.3.2017, Napoli e altro, rv 269656-01). L’ordinanza e’ pertanto scrutinabile per la eventuale violazione dell’articolo 125 c.p.p. (v. Cass. sez. 6 n. 50946 del 18.9.2014, Catalano, rv 261590-01).
La suddetta violazione ricorre solo in caso di assenza (nel senso di mancanza in senso grafico) della motivazione, cui, la giurisprudenza di legittimita’ ha equiparato la ipotesi della c.d. motivazione apparente che ricorre solo quando la motivazione sia avulsa dalle risultanze processuali, si avvalga di argomentazioni generiche o di asserzioni apodittiche o di proposizioni prive di efficacia dimostrativa, cioe’, in tutti i casi in cui il ragionamento espresso dal giudice a sostegno della decisione adottata e’ fittizio e quindi sostanzialmente inesistente (v. Cass. sez. 5 n. 9677 del 14.7.2014, P.G. in proc. Vassallo, Rv 263100-01).
Cosi’ fissati i limiti dell’indagine sulla legittimita’ del provvedimento, vanno svolte le seguenti considerazioni.
Il tema devoluto in sede di legittimita’ verte esclusivamente sulla sussistenza del fumus commissi delicti relativo alla contestata violazione dell’articolo 648 bis c.p., che e’ stata esclusa dal Tribunale del riesame per assenza di elementi concreti sulla cui base affermare in modo tranquillante l’esistenza del c.d. delitto presupposto del di riciclaggio che si sarebbe realizzato nel trasferimento dalla (OMISSIS) all’Italia, in un periodo compreso tra il 2006 e il 2016) di somme sovvenienti da illeciti commessi in (OMISSIS) dal (OMISSIS), e in Italia successivamente investite in un’azienda agricola gestita dalla (OMISSIS).
La pubblica accusa, come e’ descritto nel capo di imputazione, riconduce la origine del denaro (9.735.000 di Euro) ad attivita’ delittuosa – compresa quella di corruzione – ed afferma che la suddetta somma e’ stata trasferita dal (OMISSIS), tramite societa’ spagnole da lui stesso, fra le quali si segnala la (OMISSIS) Sl amministrata da (OMISSIS) quale prestanome del (OMISSIS).
Il Tribunale del riesame, sulla scorta delle allegazioni difensive, ha escluso il fumus commissi delicti del reato di concorso in riciclaggio, reputando convincenti le giustificazioni documentate dalla difesa circa la legittimita’ delle somme trasferite alla (OMISSIS).
Cio’ premesso, va ancora rammentato che in sede di riesame dei provvedimenti cautelari reali al giudice e’ demandata una valutazione solo sommaria degli elementi della fattispecie concreta contestata (Cass. sez. 2 n. 18331 del 22.4.2016, Iommi e altro, rv 266896-01) che va attuata attraverso una verifica puntuale e coerente delle risultanze processuali, alla luce delle contestazioni difensive (Cass. sez. 6 n. 49478 del 21.10.2015, P.M. in proc. Macchione, rv 265433-01) mentre non e’ necessaria la valutazione della esistenza di gravi indizi di colpevolezza a carico della persona nei cui confronti e’ operato il sequestro (v. Cass. sez. 1 n. 18491 del 30.1.2018, Armeli, rv 273069-01).
Con riferimento al delitto qui contestato va osservato che elemento costitutivo della fattispecie (in questo caso ampiamente scrutinato) ricomprende la constatazione del delitto presupposto essendo elemento strutturale coessenziale al delitto di riciclaggio ex articolo 648 bis c.p..
Il primo aspetto che mina alla base la correttezza della prospettazione del fatto sul piano giuridico compiuta dalla Pubblica accusa, si evince dall’illustrazione del contenuto dell’accusa da parte della stessa Procura della Repubblica; questa riconduce l’illecita provenienza delle somme di denaro a delitti non colposi commessi (quantomeno in via di concorso) dal (OMISSIS) che in (OMISSIS) si sarebbe reso responsabile di reati di corruzione e violazione di norme tributarie oltre ad eventuali ulteriori illeciti rimasti indefiniti. Sul punto, il Tribunale del riesame, con motivazione convincente e corretta in diritto, ha messo in evidenza che il reato di riciclaggio non potrebbe essere contestato al (OMISSIS), siccome compartecipe del delitto presupposto e stante la clausola di riserva di cui all’articolo 648 bis c.p., comma 1. Altrettanto correttamente il Tribunale del riesame ha messo in rilievo che a carico del (OMISSIS) potrebbe essere configurata una responsabilita’ per il delitto di autoriciclaggio (articolo 648 ter c.p.) limitatamente ai fatti commessi dopo l’entrata in vigore della L. 15 dicembre 2014, n. 186.
La necessaria esclusione del (OMISSIS) dalla consumazione del delitto di riciclaggio cosi’ da ricondursi alla esclusiva (e non concorrente) responsabilita’ della (OMISSIS), porta ad escludere (per diversita’ del fatto configurato) il requisito del fumus commissi delicti. Va infatti rammentato che il Tribunale del riesame mentre puo’ porre a fondamento della conferma del provvedimento di sequestro il medesimo fatto anche se diversamente qualificato, non puo’ invece configurare un fatto diverso (Cass. sez. 6 n. 18767 del 18.2.2014, Giacchetto, rv 259679), riconsiderando la ipotesi del concorso di persone nel reato ex articolo 110 c.p., in delitto monosoggettivo.
Superando tale ultimo aspetto, il Tribunale ha comunque approfondito il fatto, relativamente alla posizione della sola (OMISSIS), valutando in concreto la sussistenza degli elementi costitutivi del delitto di riciclaggio.
Attraverso articolata motivazione (non sindacabile) il Tribunale e’ giunto alla conclusione che il denaro (reinvestito nella azienda dell’indagata) sovviene dalla liquidazione della quota di partecipazione del (OMISSIS) nella societa’ (OMISSIS), nella misura di 25 milioni di Euro.
La operazione economica, considerata dall’ufficio della Procura della Repubblica come “sospetta”, risulta essere stata oggetto di approfondita valutazione dall’autorita’ giudiziaria e dal fisco spagnolo; sotto il profilo dell’accertamento di eventuali illeciti penali e fiscali, il (OMISSIS), sulla base della motivazione del provvedimento impugnato, risulta essere stato assolto con affermazione della regolarita’ dell’operazioni economico finanziare svolte dalla suddetta persona. Di qui consegue che la valutazione circa la provenienza delle somme reinvestite in Italia (ritenute lecite), appare sorretta da motivazione che non ha i caratteri della apparenza. La motivazione qui censurata elimina in radice l’elemento costitutivo della fattispecie contestata.
Sul punto va infatti ribadito che in tema di riciclaggio, se non e’ necessario che il delitto non colposo presupposto risulti accertato con sentenza passata in giudicato, va peraltro tenuto presente che lo stesso non sia stato giudizialmente escluso, nella sua materialita’, in modo definitivo (come avvenuto nel caso in esame) (Cass. sez. 5 n. 527 del 13.9.2016, Dell’Anna, rv 269017-01).
Il Tribunale (pp. 12 e ss. dell’ordinanza) con motivazione non apparente ha preso in considerazione, per escluderle, anche le possibili alternative fonti del denaro messo a disposizione della (OMISSIS), verificandone l’eventuale illiceita’.
Il Tribunale ha pertanto concluso che se per quanto attiene alle operazioni finanziarie riferibili al (OMISSIS) possono essere avanzati dei sospetti, coerentemente afferma e conclude (con motivazione non apparente ed adeguata) che detti sospetti sono privi di concretezza anche alla luce della considerazione che non e’ comunque dato di comprendere se dette operazioni abbiano carattere di illiceita’ penale, come delitto, nello Stato ove sono state concluse od eseguite.
Le considerazioni svolte dall’ufficio della Procura, lungi dal dimostrare il carattere di apparenza della motivazione dell’ordinanza impugnata, si concretano invece in autonome valutazioni di merito, che si contrappongono a quelle del Tribunale, senza riuscire a dimostrare la violazione dell’articolo 125 c.p.p. in uno dei suoi diversi aspetti (motivazione assente o motivazione apparente).
L’ufficio ricorrente muove infine tre ulteriori considerazioni censorie nei confronti dell’ordinanza affermando che: a) il Tribunale confonde l’astratta ipotizzabilita’ di configurare il delitto presupposto del riciclaggio con l’effettiva repressione, nello Stato estero, ove la condotta sottesa a tale delitto si e’ verificata; b) il Tribunale esclude la possibilita’/doverosita’ della valutazione incidentale – e non diretta – della condotta consumata nel paese estero al fine di verificare se essa costituisca delitto presupposto del riciclaggio; c) se la ratio dell’incriminazione del riciclaggio e’ quella tra le altre – di evitare che capitali di origine delittuosa vengano immessi nel circuito economico lecito, non si vede perche’ cio’ non varrebbe anche per le operazioni di dissimulazione in Italia di capitali generati da attivita’ di cittadino italiano che, ancorche’ commesse all’estero, sono riconducibili a fattispecie incriminatrici presenti nel nostro ordinamento.
Le prime due censure non sono fondate, perche’ smentite dalla motivazione dell’ordinanza del Tribunale che si e’ fatto carico di considerare nella loro dinamica le vicende economiche e finanziarie del (OMISSIS) svolte all’estero, con cio’ dimostrando di avere affrontato il problema di una verifica incidentale ed indiretta della liceita’ delle suddette operazioni che sono state valutate in relazione al delitto contestato, procedendo alla doverosa esclusione derivante dall’accertamento giudiziario compiuto dalla Autorita’ Spagnola.
La terza considerazione non e’ condivisibile, perche’, secondo la tesi della Procura della Repubblica il giudizio di liceita’ della condotta presupposta al reato di riciclaggio, qualora commessa in territorio estero, dovrebbe essere parametrata sulla legge italiana con la conseguenza che sarebbe onere del giudice italiano di procedere ad un’eventuale diversa valutazione di un fatto giudicato dalla autorita’ giudiziaria straniera, cosi’ procedendo ad una sorta di revisione di fatto delle decisioni definitive del giudice straniero.
La tesi non e’ condivisibile. Il fatto che costituisce il presupposto del delitto di riciclaggio puo’ anche essere un illecito (fiscale) commesso all’estero, ma il fatto deve rivestire il carattere della penale rilevanza per l’ordinamento straniero (v. Cass. sez. 2 n. 42120 del 9.10.2012, Scimone, rv 253830-01; Cass. sez. 2 n. 49427 del 17.11.2009, Iammetti e altri, rv 246469-01). Una volta stabilita la
natura illecita, secondo l’ordinamento del paese straniero, del fatto ritenuto presupposto del delitto di riciclaggio, il giudice italiano deve verificare la contestuale rilevanza penale del medesimo fatto anche secondo l’ordinamento italiano. In tale caso il giudice nazionale ben puo’ assumere il fatto (ritenuto illecito in entrambi gli ordinamenti) come presupposto del delitto di cui all’articolo 648 bis c.p. e cio’ anche nel caso in cui sia stata disposta dall’autorita’ giudiziaria straniera l’archiviazione per ragioni esclusivamente processuali che non escludano la sussistenza del reato (Cass. sez. 2 n. 47218 del 13.11.2013, Mango, rv 257644-01), dovendo, per contro prendere in considerazione le sentenze assolutorie pronunciate nel paese straniero.
Il provvedimento impugnato supera cosi’ le censure mosse con il ricorso che deve essere considerato inammissibile, essendo stata dedotta una violazione di legge che non sussiste.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

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