In tema di responsabilità sanitaria

Corte di Cassazione, sezione terza civile, Sentenza 11 novembre 2019, n. 28994.

La massima estrapolata:

In tema di responsabilità sanitaria, le norme poste dagli artt. 3, comma 1, del d.l. n. 158 del 2012, convertito dalla legge n. 189 del 2012, e dall’art. 7, comma 3, della legge n. 24 del 2017, non hanno efficacia retroattiva e non sono applicabili ai fatti verificatisi anteriormente alla loro entrata in vigore.

Sentenza 11 novembre 2019, n. 28994

Data udienza 4 luglio 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere

Dott. VALLE Cristiano – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso n. 09584/2017 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS) presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) S.p.a., (OMISSIS) quale tutore di (OMISSIS), (OMISSIS) Soc. Coop., Fallimento Di Cura Privata (OMISSIS) S.r.l.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 00243/2016 della CORTE d’APPELLO di L’AQUILA, depositata il 26/02/2016;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 04/07/2019 da Cristiano Valle;
udito l’Avvocato (OMISSIS) per il ricorrente, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Sgroi Carmelo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

FATTI DI CAUSA

Con sentenza n. 00243 del 26 aprile 2016 la Corte di appello di L’Aquila rigettava l’impugnazione, proposta dal medico Dott. (OMISSIS), avverso la sentenza del Tribunale di Avezzano che lo aveva condannato al risarcimento dei danni in favore di (OMISSIS), quale genitore esercente la potesta’ (e successivamente tutore) sul figlio minorenne (OMISSIS).
Il (OMISSIS), quale medico curante di (OMISSIS), sia durante la gravidanza che nella fase terminale di essa, sfociata in parto naturale ma con neonato affetto da gravi patologie nEurologiche, era stato ritenuto responsabile, dai giudici di merito, delle conseguenze patologiche del parto, non avendo adeguatamente seguito la gestazione della (OMISSIS), che all’ottavo mese aveva accusato una minaccia di aborto ed era affetta, nel terzo trimestre di gestazione, da gestosi, non avendole sconsigliato il ricovero, avvenuto tre giorni prima del parto, in struttura sanitaria non adeguatamente attrezzata per la terapia neonatale.
Non risultano controricorsi.
Con ordinanza n. 05217 del 21/02/2019, resa all’esito della camera di consiglio seguita all’adunanza camerale non partecipata del 20 dicembre 2018, il collegio, ritenuto che l’esame dei motivi di ricorso prospettati da (OMISSIS) comportava la decisione di questioni suscettibili di assumere valenza nomofilattica, in quanto relativi alla prospettata retroattivita’ della disciplina introdotta con il Decreto Legge 13 settembre 2012, n. 158, convertito in L. 8 novembre 2012, n. 189 e recante “Disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un piu’ alto livello di tutela della salute” e che pertanto appariva opportuno rimettertene la decisione all’udienza pubblica, rinviava la decisione del ricorso a nuovo ruolo e quindi, con separato provvedimento, era fissata l’udienza pubblica del 4 luglio 2019.
Non sono state depositate memorie.

RAGIONI DELLA DECISIONE

(OMISSIS) ha impugnato per cassazione la sentenza della Corte territoriale con tre motivi, di cui il primo ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 con riferimento agli articoli 2043 e 2697 c.c. e del Decreto Legge 13 settembre 2012, n. 158, articolo 1, comma 1, convertito con modificazioni nella L. 8 novembre 2012, n. 189 affermando che nel caso di specie la responsabilita’ era regolata dall’articolo 2043 c.c. e non pertanto, di ambito contrattuale o, comunque, da cd. contatto sociale;
con il secondo mezzo il ricorrente ha gravato la sentenza di appello ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 in relazione all’articolo 2043 c.c. e articolo 41 c.p., deducendo vizio di sussunzione in ordine alla ritenuta sussistenza del nesso causale;
infine con il terzo motivo il ricorrente censura la pronuncia della Corte territoriale in forza dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione all’articolo 115 c.p.c. nonche’ articolo 1221 c.c. e articolo 41 c.p. per non avere i giudici di merito adeguatamente individuato cause naturali concorrenti sulle conseguenze subite dal feto.
In ordine al primo motivo di ricorso si osserva quanto segue.
La L. n. 189 del 2012, di conversione con modificazioni del Decreto Legge n. 158 del 2012 all’articolo 3, comma 1, prevede(va):
“L’esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attivita’ si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunita’ scientifica non risponde penalmente per colpa lieve. In tali casi resta comunque fermo l’obbligo di cui all’articolo 2043 c.c.. Il giudice, anche nella determinazione del risarcimento del danno, tiene debitamente conto della condotta di cui al primo periodo”.
La norma e’ stata successivamente abrogata e dal 01/04 del 2017 e’ in vigore la L. n. 24 del 2017, articolo 7, comma 3, che prevede:
“L’esercente la professione sanitaria di cui ai commi 1 e 2 risponde del proprio operato ai sensi dell’articolo 2043 c.c., salvo che abbia agito nell’adempimento di obbligazione contrattuale assunta con il paziente. Il giudice, nella determinazione del risarcimento del danno, tiene conto della condotta dell’esercente la professione sanitaria ai sensi dell’articolo 5”.
Entrambe le norme non possono ritenersi, in assenza di specifica disposizione transitoria, non contenuta ne’ nella stessa L. n. 189 del 2012 (o nel decreto legge convertito) o nella successiva L. n. 24 del 2017, avere efficacia retroattiva. Esse, pertanto, conformemente all’articolo 11 preleggi regolano unicamente fattispecie verificatesi successivamente alla loro entrata in vigore.
Deve, inoltre, ribadirsi che secondo la lettura data da questa Corte alla L. n. 189 del 2012, articolo 3, comma 1, nelle sue prime applicazioni ai giudizi in corso, la norma si limita ad escludere la rilevanza della colpa lieve ma non configura la responsabilita’ del sanitario quale extracontrattuale (Cass. n. 08940 del 17/04/2014).
La L. n. 189 del 2012, articolo 3 in concreto, non specificava la natura della responsabilita’ medica, ma si limitava a stabilire che, se il medico evita la condanna penale quando sia in colpa lieve, per lui “resta fermo l’obbligo di cui all’articolo 2043 c.c.” e l’obbligo di cui all’articolo 2043 c.c. non e’ che l’obbligo di risarcire il danno. La L. n. 189 del 2012, articolo 3 nel richiamare l’articolo 2043 c.c. non applicava al medico lo statuto della responsabilita’ civile aquiliana, ma lo richiamava solo per definire in modo indiretto l’oggetto dell’obbligazione.
Analoghe conclusioni in termini di non applicabilita’ a fattispecie verificatesi prima del 01/04/2017 valgono, giusta quanto rilevato con riferimento alla mancanza di norme transitorie, anche per la successiva L. 8 marzo 2017, n. 24. In linea generale puo’ richiamarsi l’orientamento oramai risalente di questa Corte, che afferma (Cass. n. 15652 del 12/08/2004): “In mancanza di una disposizione esplicita di retroattivita’ della legge, l’interprete, dato il carattere eccezionale di tale efficacia, puo’ ricavare la “mens legis”, rivolta a attuarla implicitamente, sull’unica base della locuzione testuale della norma, solo, cioe’, se il significato letterale non sia compatibile con la normale destinazione della legge a disporre esclusivamente per il futuro. Quando, invece, tale compatibilita’ sussiste, l’interprete e’ tenuto a ritenere osservati e a osservare egli stesso i principi generali sulla legge, orientando in particolare l’interpretazione al rispetto del principio generale della irretroattivita’ enunciato nell’articolo 11 disp. gen.”.
Con specifico riferimento alla materia della responsabilita’ civile si e’ affermato (Cass. n. 13158 del 10/09/2002): “La disciplina dettata dal Decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 244, in materia di responsabilita’ del produttore per prodotti difettosi e’ priva di efficacia retroattiva, e pertanto non e’ applicabile ai fatti verificatisi prima della sua entrata in vigore”.
Sulla portata non retroattiva delle norme sostanziali contenute nella legge Balduzzi (e, specularmente, in quelle di cui alla L. n. 24 del 2017) valgano le seguenti considerazioni:
1. La questione della applicazione retroattiva della L. n. 189 del 2012 e della L. n. 24 del 2017 ai processi in corso, ed iniziati in epoca precedente, rispettivamente, al primo gennaio 2013 ed al primo aprile 2017, e’ stata affrontata e variamente risolto da alcune sentenze di merito.
2. In favore della retroattivita’ della normativa si e’ espresso il Tribunale di Milano, con la sentenza 11.12.2018 n. 12472, mentre, nell’opposto senso della irretroattivita’ della norma di cui alla L. n. 24, articolo 7 si sono espressi il Tribunale di Avellino con la sentenza n. 1806 del 2017 e il Tribunale di Roma, con la sentenza n. 18685/2017.
3. E’ convincimento di questa Corte che meriti accoglimento il secondo degli indirizzi interpretativi sopra riportati.
4. Va premesso come la questione della applicazione retroattiva della L. n. 189 del 2013 e della L. n. 24 del 2017 non possa essere esaminata unitariamente, in quanto occorre distinguere tra disposizioni che effettivamente pongono una questione di rapporto diacronico tra fonti (e, segnatamente, di successione di leggi nel tempo e di natura dell’intervento legislativo) e disposizioni che si collocano su un piano diverso.
5. Questo diverso piano riguarda, in particolare, il comma 3 della legge Balduzzi (quand’anche se ne volesse adottare, sia pur non condivisibilmente, un’interpretazione predicativa dell’introduzione di un principio di extracontrattualita’ della responsabilita’ del sanitario) e dell’articolo 7, i commi da 1 a 3 (prima parte) che qualificano la natura della responsabilita’ civile della struttura sanitaria e di coloro dei quali la struttura stessa si avvale nell’adempimento della propria obbligazione (ossia del personale sanitario).
6. La L. n. 24 del 2017, comma 3, prima parte, qualifica in termini di responsabilita’ extracontrattuale, ai sensi dell’articolo 2043 c.c., la responsabilita’ dell’esercente la professione sanitaria di cui ai precedenti commi 1 e 2 (ossia dei sanitari di cui si avvale la struttura sanitaria o sociosanitaria, pubblica e privata), “salvo che abbia agito nell’adempimento di obbligazione contrattuale assunta con il paziente”; sicche’ il sanitario risponde, in quest’ultimo caso, a titolo di responsabilita’ contrattuale.
7. La L. n. 24 del 2017 ha, quindi, operato in via immediata e diretta la qualificazione giuridica dei rapporti inerenti ai titoli di responsabilita’ civile riguardanti la struttura sanitaria e l’esercente la professione sanitaria, per un verso (quello concernente la struttura) recuperando l’interpretazione fornita dalla giurisprudenza consolidatasi nel tempo, per altro verso (quello del sanitario operante nell’ambito della struttura, salvo l’ipotesi residuale dell’obbligazione assunta contrattualmente da quest’ultimo), discostandosi nettamente dal “diritto vivente”, che, a far data dal 1999 (Cass. n. 589/1999), aveva qualificato come di natura contrattuale la responsabilita’ dell’esercente la professione sanitaria, facendo leva sulla teorica del cd. “contatto sociale”.
8. Tale operazione il legislatore ha compiuto in base alle disposizioni del codice civile, senza che, dunque, vi sia stata alcuna successione di leggi nel tempo che abbiano dettato, tra loro, una disciplina sostanziale (almeno in parte) differente.
9. Un siffatto rapporto successorio – e, in ogni caso, ogni altro rapporto tra fonti aventi valore e forza di legge – e’, del resto, da escludere che possa essersi istituito con riguardo all’interpretazione consolidata della Corte di cassazione in materia, poiche’ deve ritenersi jus receptum (tra le altre, Cass., S.U., n. 15144/2011, Cass. n. 174/2015, Cass., S. U., n. 27775/2018, Cass., S. U., n. 4135/2019) il principio secondo il quale il valore e la forza del “diritto vivente”, quand’anche proveniente dal giudice di vertice del plesso giurisdizionale, e’ meramente dichiarativo e non si colloca sullo stesso piano della cogenza che esprime la fonte legale (in tal senso la stessa Corte costituzionale, con la sentenza n. 230 del 2012), alla quale il giudice e’ soggetto (articolo 101 Cost.), tant’e’ che lo stesso mutamento di orientamento reso in sede di nomofilachia non soggiace al principio di irretroattivita’, ne’ e’ assimilabile allo ius superveniens.
10. Non si pone, pertanto, nella specie, una problematica affine a quella della successione di leggi nel tempo, perche’ non v’e’ una successione di discipline normative diverse dettate dal legislatore (venendo in rilievo sempre e comunque la medesima disciplina di ordine legale, ossia quella recata dal codice civile in tema di responsabilita’, contrattuale ed extracontrattuale); ne’ – come detto e’ possibile configurare un siffatto rapporto diacronico tra il “diritto vivente” e l’intervento legislativo.
11. Il fenomeno che, nel caso in esame, si e’ verificato e’, dunque, quello della qualificazione, da parte del legislatore, di una classe di fatti e della loro sussunzione in una fattispecie legale, gia’ presente nell’ordinamento. Non, quindi, la creazione di una fattispecie legale astratta (nel nostro caso, come detto, gia’ declinata dal codice civile) cui ricondurre, da parte del giudice, nell’esercizio del potere giurisdizionale suo proprio, i fatti, onde operarne la conseguente qualificazione.
12. Un siffatto modus operandi da parte del legislatore implica la necessita’ di un’actio finium regundorum rispetto all’analogo potere qualificatorio che spetta al giudice, e che rientra nell’alveo della riserva di giurisdizione costituzionalmente garantita (articoli 101 e 104 Cost.), ossia quella che include anche il potere di interpretare autonomamente non gia’ le disposizioni di legge, ma gli stessi fatti rilevanti per la qualificazione del rapporto giuridico (latamente inteso).
13. La stessa giurisprudenza costituzionale (sentenze n. 76 del 2015, n. 121 del 1993 e n. 115 del 1994; meno di recente, Corte Cost. n. 51 del 1967), seppure in una materia particolare, assistita da garanzie puntuali e diversificate, come quella del lavoro e della previdenza sociale, ha affermato che la qualificazione normativa di un rapporto lavorativo non puo’ snaturarne l’oggettivita’ ove, tramite questa operazione, si determini l’inapplicabilita’ delle norme inderogabili previste dall’ordinamento per dare attuazione ai principi, alle garanzie e ai diritti dettati dalla Costituzione a tutela del lavoro subordinato.
14. Ancora, la stessa Corte costituzionale si e’ chiaramente pronunciata in materia di limiti imposti al legislatore ordinario nell’emanare leggi retroattive, pur adottando, fin dal suo esordio, un atteggiamento possibilista nei riguardi delle leggi retroattive, rimettendo l’osservanza del tradizionale principio dell’irretroattivita’ alla prudente valutazione del legislatore, “il quale peraltro – salvo estrema necessita’ – dovrebbe a esso attenersi, essendo, sia nel diritto pubblico che in quello privato, la certezza dei rapporti preferiti uno dei cardini della tranquillita’ sociale e del vivere civile” (Corte Cost. n. 118/1957).
15. Questo orientamento si e’ nel tempo consolidato attraverso l’affermazione del principio che segue: “al di fuori della materia penale (dove il divieto di retroattivita’ della legge e’ stato elevato a dignita’ costituzionale dall’articolo 25 Cost.), l’emanazione di leggi con efficacia retroattiva da parte del legislatore incontra una serie di limiti che questa Corte ha da tempo individuato, e che attengono alla salvaguardia, tra l’altro, di fondamentali valori di civilta’ giuridica posti a tutela dei destinatari della norma e dello stesso ordinamento, tra i quali vanno ricompresi il rispetto del principio generale di ragionevolezza e di eguaglianza, la tutela dell’affidamento legittimamente sorto nei soggetti quale principio connaturato allo Stato di diritto e il rispetto delle funzioni costituzionalmente riservate al potere giudiziario” (Corte Cost. n. 69/2014, n. 308/2013, n. 257/2011, n. 74/2008).
16. A sua volta, questa Corte ha da tempo chiarito che “il principio della irretroattivita’ della legge comporta che la nuova norma non possa essere applicata, oltre che ai rapporti giuridici esauritisi prima della sua entrata in vigore, a quelli sorti anteriormente ancora in vita se, in tal modo, si disconoscano gli effetti gia’ verificatisi nel fatto passato o si venga a togliere efficacia, in tutto o in parte, alle conseguenze attuali o future di esso, sicche’ la disciplina sopravvenuta e’ invece applicabile ai fatti, agli “status” e alle situazioni esistenti o venute in essere alla data della sua entrata in vigore, ancorche’ conseguenti ad un fatto passato, quando essi, ai nuovi fini, debbano essere presi in considerazione in se stessi, prescindendosi dal collegamento con il fatto che li ha generati” (ex multis, Cass. n. 16039/2016 e Cass. SU, n. 2926/1967; implicitamente nel senso dell’irretroattivita’ della novella, di recente, Cass. n. 26517/2017).
17. Analoga efficacia paradigmatica sembra rivestire la pronuncia della Corte EDU del 6 ottobre 2005, resa con riguardo ad una questione assimilabile a quella della retroattivita’ della L. n. 24 del 2017. Nel caso di specie, dopo l’approvazione della (OMISSIS) in tema di irrisarcibilita’ del danno subito iure proprio dal nato malformato, avente dichiarato effetto retroattivo, i cittadini francesi che al momento dell’entrata in vigore della legge avevano una causa pendente, avevano adito la Corte Europea dei diritti dell’uomo lamentando che la limitazione ai risarcimenti imposta da tale novella legislativa violasse l’articolo 1 del Protocollo n. 1 della C.e.d.u. Per la Corte Europea, la nuova legge, che aveva escluso e limitato la risarcibilita’ di alcune voci di danno, aveva privato i genitori di un asse patrimoniale su cui essi avevano legittimamente fatto affidamento, sulla base dei precedenti orientamenti giurisprudenziali, e pertanto e’ stata ritenuta lesiva dell’articolo 1 suddetto.
18. In altri termini e piu’ in generale: il legislatore puo’ intervenire nella qualificazione stessa di un rapporto giuridico, ma soltanto se tale esito non metta in discussione, nel suo nucleo essenziale ed irriducibile, la tutela costituzionale che il rapporto stesso riceva in ragione del suo carattere fenomenologico, ovvero dei beni che esso abbia ad oggetto.
19. Nella specie, non sembra revocabile in dubbio che, anche in forza del titolo di responsabilita’ ex articolo 2043 c.c., non verrebbe elusa la tutela del diritto fondamentale alla salute imposta dall’articolo 32 Cost..
20. Altro piano sul quale la qualificazione legislativa di un rapporto giuridico puo’ interferire con la riserva di giurisdizione costituzionalmente garantita e’ quello della ingerenza concreta nei singoli processi, che non e’ di per se’ salvaguardata dalla astrattezza della qualificazione effettuata dal legislatore – e cioe’ il suo riferirsi ad una classe indeterminata di fatti.
21. Cio’ premesso, sussistono plurime ragioni per escludere che la qualificazione legislativa delle condotte determinanti la responsabilita’ sanitaria, operata, in astratta ipotesi, dalla L. n. 189 del 2012, e in concreto dalla L. n. 24 del 2017, abbia effetti retroattivi.
22. Ai sensi dell’articolo 11 preleggi, la legge non ha effetto che per l’avvenire, per cui la sua retroattivita’ deve essere esplicitamente prevista dalla nuova legge, ovvero deve trovare indici sicuri che ne consentano di postularla con certezza.
23. Nella specie, non vi e’ alcuna declaratoria di retroattivita’ in nessuna dei due testi legislativi in parola.
24. Si configura, viceversa, come indice inequivocabilmente contrario alla retroattivita’ la circostanza che un siffatto intervento legislativo verrebbe ad interferire comunque con il potere ordinariamente riservato al giudice di interpretare i fatti e qualificarli giuridicamente, venendo cosi’ inammissibilmente ad incidere, seppur indirettamente, sui singoli processi in corso, con patente lesione dell’affidamento di chi ha intrapreso un’azione giudiziaria sulla base di regole sostanziali certe, come quelle della natura “contrattuale” della responsabilita’ del sanitario – con dirompenti conseguenze sul riparto dell’onere di prova e sulla prescrizione – applicate in base al “diritto vivente”: cio’ che esclude la legittimita’ della sussunzione dei fatti costituenti responsabilita’ civile del sanitario in termini di responsabilita’ extracontrattuale in epoca anteriore al primo gennaio 2013 ed al primo aprile 2017.
25. Si configura ancora come indice contrario alla retroattivita’ anche l’ulteriore circostanza, correlata a quanto appena posto in rilievo, della sua incidenza diversificata a seconda della fase e del grado in cui i singoli processi si trovano, cosicche’, in base alla formazione o meno di preclusioni allegatorie e del giudicato interno, dovrebbe o meno operare la qualificazione ex lege del titolo di responsabilita’, tanto da creare disparita’ di trattamento non solo tra i vari giudizi, ma anche all’interno dello stesso processo, con evidenti irragionevoli riflessi sul fisiologico esercizio della giurisdizione sulla materia.
Va, pertanto affermato il seguente principio di diritto:
Le norme sostanziali contenute nella L. n. 189 del 2012, al pari di quelle di cui alla L. n. 24 del 2017, non hanno portata retroattiva, e non possono applicarsi ai fatti avvenuti in epoca precedente alla loro entrata in vigore, a differenza di quelle che, richiamando gli articoli 138 e 139 codice delle assicurazioni private in punto di liquidazione del danno, sono di immediata applicazione anche ai fatti pregressi (per tale ultimo principio, funditus, Cassazione Sez. 3, sentenza in causa R. G. n. 05361/2017 deliberata all’udienza del 04/07/2019, depositata in pari data della presente).
Nel caso di specie i fatti per i quali e’ stata ritenuta la responsabilita’ risarcitoria del (OMISSIS) risalgono al 1992. Deve, pertanto, escludersi che essi possano ritenersi regolati, sul piano del diritto sostanziale, dalla legge intervenuta nel 2012.
I giudici di merito hanno affermato, con accertamenti di fatto non adeguatamente incisi dal motivo di ricorso, che: il Dott. (OMISSIS) era il medico curante di (OMISSIS), e comunque aveva seguito la gestante durante la gravidanza ed era a conoscenza di una minaccia di aborto gia’ subita all’ottavo mese; il Dott. (OMISSIS) prestava la sua opera professionale presso la Casa di Cura (OMISSIS), priva di adeguate strutture mediche di neonatologia e in particolare di terapia intensiva e rianimazione neonatale; il Dott. (OMISSIS) era a conoscenza della gestosi da cui era affetta (OMISSIS) e non aveva, pur in presenza di detto quadro clinico, sconsigliato il ricovero nella detta struttura, del tutto priva di un reparto di terapia intensiva neonatale, con la conseguenza che sin dal giorno successivo alla nascita il neonato dovette essere trasferito all’ospedale di L’Aquila, adeguatamente munito di reparto di neonatologia.
L’affermazione della responsabilita’ del sanitario a titolo contrattuale, e piu’ specificamente di cd. contatto sociale risulta, pertanto logicamente ed esaustivamente affermata dai giudici del merito.
Il primo motivo di ricorso e’, pertanto, rigettato.
Il secondo mezzo verte sulla eziologia del danno.
Il mezzo e’ inammissibile in quanto prospetta un controllo sulla completezza della motivazione della sentenza e in particolare sul rilievo da attribuire alla consulenza tecnica di ufficio espletata in primo grado in ordine ad eventuali preesistenze iatrogene sul minore (o addirittura sul feto), non concretizzandosi, quindi, una censura di sussunzione bensi’ integrando un mero dissenso sulla motivazione, scrutinabile oramai nei ristretti limiti di cui all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 come riformulato dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni nella L. 7 agosto 2012, n. 134.
Il motivo e’ altresi’ infondato: la Corte territoriale ha ritenuto il medico responsabile per non avere sconsigliato il parto in struttura privata non adeguatamente attrezzate per la neonatologia in situazione di elevato rischio per inadeguato accrescimento del feto, gia’ riscontrato nel novembre 1992, a fronte di un parto avvenuto il 09/12/1992, per gestosi della partoriente ed ha rilevato l’incompleta tenuta della cartella clinica, imputandola al Dott. (OMISSIS), medico curante ed inserito nella casa di cura.
Il motivo confligge, inoltre, con il piu’ recente orientamento di questa Corte (Cass. n. 15859 del 12/06/2019), secondo il quale: “Nel giudizio civile di rinvio ex articolo 622 c.p.p. si determina una piena translatio del giudizio sulla domanda civile, sicche’ la Corte di appello civile competente per valore, cui la Cassazione in sede penale abbia rimesso il procedimento ai soli effetti civili, applica le regole processuali e probatorie proprie del processo civile e, conseguentemente, adotta, in tema di nesso eziologico tra condotta ed evento di danno, il criterio causale del “piu’ probabile che non” e non quello penalistico dell’alto grado di probabilita’ logica, anche a prescindere dalle contrarie indicazioni eventualmente contenute nella sentenza penale di rinvio”.
Il terzo mezzo e’ inammissibile in quanto, pur risultando il tema della diversa efficienza delle varie concause sul piano della causalita’ giuridica (e non solo di quella dell’evento) sollevato nelle fasi di merito, seppure soltanto con evocazione della giurisprudenza di legittimita’ (Cass. n. 15991 del 21/07/2011), deve rilevarsi che esso non incide adeguatamente la motivazione della sentenza di appello, che ha correttamente rilevato l’incompletezza – incontestata – della cartella clinica, imputandola al (OMISSIS) quale medico curante e comunque in quanto egli aveva seguito il parto, e, non potendo individuare, a causa della detta carenza documentale, cause patologiche concorrenti con quelle derivanti dall’inesatta predisposizione di adeguate misure per effettuare il parto, ha ricondotto la colpa al Dott. (OMISSIS) ed alla casa di cura, conformemente alla giurisprudenza di questa Corte sul punto (Cass. n. 12218 del 12/06/2015: “In tema di responsabilita’ professionale sanitaria, l’eventuale incompletezza della cartella clinica e’ circostanza di fatto che il giudice puo’ utilizzare per ritenere presuntivamente dimostrata l’esistenza di un valido legame causale tra l’operato del medico e il danno patito dal paziente soltanto quando proprio tale incompletezza abbia reso impossibile l’accertamento del relativo nesso eziologico e il professionista abbia comunque posto in essere una condotta astrattamente idonea a provocare la lesione”), fermo restando che, nei rapporti interni, tra i detti soggetti valeva la presunzione di cui all’articolo 1298 c.c., comma 2.
Il ricorso e’, conclusivamente, rigettato.
Nulla per le spese di lite non risultando essersi costituita alcuna altra parte in questo giudizio di legittimita’.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.
Si reputa opportuno disporre che in caso di utilizzazione della presente sentenza in qualsiasi forma, per finalita’ di informazione scientifica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, sia omessa l’indicazione delle generalita’ e degli altri dati identificativi delle parti riportati nella sentenza.

P.Q.M.

rigetta il ricorso;
nulla spese;
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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