Corte di Cassazione, sezione sesta penale, Sentenza 30 maggio 2019, n. 24186.
La massima estrapolata:
In tema di reati contro la pubblica amministrazione, la tutela penale apprestata dall’ordinamento in relazione alla qualità di pubblico ufficiale (o d’incaricato di pubblico servizio o di esercente un servizio di pubblica necessità) concerne il pubblico interesse, che può essere leso o posto in pericolo non solo durante il tempo in cui il soggetto investito del pubblico ufficio esercita le sue mansioni, ma anche dopo, quando questi abbia perduto la sua qualifica, sempre che il reato dallo stesso commesso si riconnetta all’ufficio già prestato. Nel caso in esame i giudici hanno ritenuto irrilevante il pensionamento dell’imputato ai fini della configurabilità del reato di abuso d’ufficio perché ancora sussistente un rapporto funzionale fra la commissione del reato stesso e le funzioni già esercitate.
Sentenza 30 maggio 2019, n. 24186
Data udienza 22 febbraio 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MOGINI Stefano – Presidente
Dott. COSTANZO Angelo – rel. Consigliere
Dott. AGLIASTRO Mirella – Consigliere
Dott. DI STEFANO Pierluigi – Consigliere
Dott. VIGNA Maria Sabina – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 22/05/2018 della CORTE APPELLO di TORINO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. ANGELO COSTANZO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott. DE MASELLIS Mariella, che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza n. 3644/2018 del 22/05/2018, la Corte di appello di Torino ha confermato la condanna inflitta a (OMISSIS) dal Tribunale di Torino ex articoli 110, 81 e 323 c.p. per essersi – violando gli articoli 91 e 92, articolo 93, commi 3, 4 e 5 del Regolamento di Ateneo della Universita’ degli Studi di (OMISSIS) per l’amministrazione, la finanza e la contabilita’ e il Decreto Legislativo 12 aprile 2006, n. 163, articolo 125, comma 11, e articolo 331, comma 2 – procurato un ingiusto vantaggio, quale gestore di fatto della agenzia di viaggi (OMISSIS), tramite l’affidamento diretto dell’appalto di fornitura di attrezzature sportive e praticando rincari del prezzo di vendita dei beni tra il 300% e il 600%, con danno per la Scuola universitaria interfacolta’ di Scienze motorie in concorso con (OMISSIS) (direttore amministrativo della Scuola) e (OMISSIS) (titolare della agenzia), limitatamente al punto indicato sub 4) relativo ai mandati del 2011 descritto nell’imputazione (cap. B), mentre ha dichiarato estinto per prescrizione il reato descritto sub 3).
2. Nel ricorso presentato dal difensore di (OMISSIS) si chiede l’annullamento della sentenza, per: a) inosservanza e erronea applicazione degli articoli 110 e 323 c.p., per avere la Corte desunto l’elemento oggettivo del reato di abuso di ufficio e il concorso del privato soltanto dalla irregolarita’ della procedura di conferimento dell’incarico di fornitura, senza un accertamento circa l’effettiva sproporzione dei corrispettivi ricevuti da (OMISSIS) rispetto alla quantita’ e qualita’ del materiale fornito, e per avere considerato il coimputato (OMISSIS) (giudicato separatamente) pubblico ufficiale nonostante che questi abbia cessato le funzioni pubblicistiche nel febbraio 2010 (p. 15), cosi’ non potendosi applicare l’articolo 360 c.p. che richiede che il fatto sia commesso “nello svolgimento della funzione o del servizio”, e mancando, comunque, un ruolo causale di (OMISSIS) nella realizzazione del reato per l’assenza di un accordo fra lui e (OMISSIS), ne’ essendo (OMISSIS) tenuto a conoscere il regolamento universitario; b) inosservanza e erronea applicazione degli articoli 110 e 323 cod. per mancanza del dolo intenzionale, essendosi l’imputato limitato a proseguire la fornitura delle sue merci sino al 2011; c) mancanza di motivazione della sentenza perche’ priva di “specifici momenti esplicativi proprio anche in relazione alle critiche pertinenti, nonche’ agli elementi probatori dedotti” (p. 9 del ricorso).
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo (composito) motivo di ricorso e’ manifestamente infondato.
Il delitto di abuso d’ufficio e’ integrato dalla doppia e autonoma ingiustizia, sia della condotta, che deve essere connotata da violazione di norme di legge o di regolamento, che dell’evento, che deve essere costituito da un vantaggio patrimoniale non spettante in base al diritto oggettivo, con la conseguente necessita’ di una duplice distinta valutazione in proposito, non potendosi fare discendere l’ingiustizia del vantaggio dalla illegittimita’ del mezzo utilizzato e, quindi, dall’accertata illegittimita’ della condotta: in altri termini: il reato si configura se ricorrono sia un atto amministrativo illegittimo sia un risultato di vantaggio parimenti illegittimo (Sez. 6, n. 17676 del 18/03/2016, Rv. 267171; Sez. 6, n. 10133 del 17/02/2015, Rv. 262800; Sez. 6, n. 1733 del 14/12/2012, dep. 2013, Rv. 254208).
Nella fattispecie, non e’ in discussione la violazione della norme regolamentari richiamate nella imputazione e, quanto alla addotta ignoranza del Regolamento di Ateneo, la Corte ha osservato – fondando la sua ricostruzione su una inferenza non illogica da una massima di esperienza pertinente alla situazione, che risulta implausibile perche’ “di comune conoscenza, specialmente per un imprenditore – la necessita’ di una gara ad evidenza pubblica, e il rispetto di determinate regole minime e di necessarie precondizioni, nel caso non sussistenti, anche nel caso di licitazione privata o di trattativa private” (p. 15). Inoltre, i Giudici di merito hanno delineato la rilevanza causale della condotta del ricorrente, rimarcando (p. 13 della sentenza di primo grado, pp. 14-15 della sentenza impugnata) che (OMISSIS), di sua iniziativa, contatto’ (OMISSIS) tramite la propria sorella (che ne era la segretaria) e divenne l’unico fornitore della Scuola che, a sua volta, era il suo unico cliente.
Quanto alla sussistenza di un ingiusto vantaggio patrimoniale che sia conseguenza diretta della condotta abusiva e evento ulteriore rispetto alla stessa (Sez. 6, n. 27604 del 19/03/2012, Rv. 253016), la Corte di appello ha precisato che vari testimoni hanno dichiarato che gli importi pagati per la fornitura dei materiali sportivi erano fuori mercato per eccesso (p.15). Questa conclusione non e’ specificamente contestata nel ricorso, che si limita a dedurre che l’effettiva sproporzione dei corrispettivi ricevuti da (OMISSIS) rispetto alla quantita’ e qualita’ del materiale fornito avrebbe dovuto essere accertata con una consulenza tecnica, mentre non trattasi di materia la cui conoscenza comporti quelle specifiche competenze tecniche in relazione alle quali l’articolo 220 c.p.p., comma 1, richiede che si disponga perizia.
Quanto alla rilevanza dell’avvenuto pensionamento del coimputato (OMISSIS) (giudicato separatamente) e alla applicabilita’ dell’articolo 360 c.p., che richiede che il fatto sia commesso “nello svolgimento della funzione o del servizio” ai fini della integrazione del reato in cui a (OMISSIS) si imputa di avere concorso quale extraneus alla Pubblica amministrazione), deve osservarsi che la tutela penale apprestata dall’ordinamento in relazione alla qualita’ di pubblico ufficiale (o d’incaricato di pubblico servizio o di esercente un servizio di pubblica necessita’) concerne il pubblico interesse, che puo’ essere leso o posto in pericolo non solo durante il tempo in cui il soggetto investito del pubblico ufficio esercita le sue mansioni, ma anche dopo, quando questi abbia perduto la sua qualifica, sempre che il reato dallo stesso commesso si riconnetta all’ufficio gia’ prestato (Sez. 6, n. 39010 del 10/04/2013, Rv. 256596; Sez. 6, n. 20558 del 11/05/2010, Rv. 247394). Al riguardo la Corte di appello ha idoneamente osservato che il pensionamento di (OMISSIS) non esclude il reato perche’ sussiste un rapporto funzionale fra la commissione del reato e le funzioni da lui gia’ esercitate, avendo egli determinato il presidente del consiglio di gestione e il segretario amministrativo della Scuola nel 2011 sia a sottoscrivere il contratto che a emettere il mandato di pagamento (p. 15), e avendo continuato a controllare gli ordinativi, come dimostrato dalla sua correzione in aumento effettuata nel 2016 (p. 16).
2. Il secondo motivo di ricorso e’ manifestamente infondato.
Nel contesto dei dati sopra richiamati sub 1., la prova del dolo intenzionale non richiede l’accertamento di uno specifico accordo collusivo fra (OMISSIS) e (OMISSIS), perche’ puo’ essere desunta anche dalla macroscopica illegittimita’ dell’atto risultante da elementi dimostrativi dell’intento di conseguire un vantaggio patrimoniale o di cagionare un danno ingiusto ulteriori rispetto al mero comportamento non iure dell’agente (Sez. 6, n. 52882 del 27/09/2018, Rv. 274580; Sez. 3, n. 57914 del 28/09/2017, Rv. 272331; Sez. 6, n. 31594 del 19/04/2017, Rv. 270460).
3. Il terzo motivo di ricorso e’ manifestamente infondato perche’ le deduzioni che lo costituiscono si risolvono in astratti richiami ai principi ai quali si deve ispirare la motivazione di una sentenza per essere adeguata, ma mancano del tutto di specifici riferimenti ai contenuti del provvedimento contestato e pure la osservazione, secondo cui esso sarebbe privo di “specifici momenti esplicativi proprio anche in relazione alle critiche pertinenti, nonche’ agli elementi probatori dedotti” (p. 9 del ricorso) rimane assolutamente generica e sguarnita di qualsiasi, seppure necessario, richiamo ai contenuti dell’atto di appello che sarebbero stati negletti.
4. Dalla dichiarazione di inammissibilita’ del ricorso deriva ex articolo 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma alla Cassa delle Ammende che si stima equo determinare in Euro 2000.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle Ammende.
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