In tema di reati contro la P.A., l’obbligo per il pubblico ufficiale di svolgere un’attività di controllo, cui ancorare il dovere d’astensione

Corte di Cassazione, sezione sesta penale, Sentenza 28 settembre 2018, n. 42911.

La massima estrapolata:

In tema di reati contro la P.A., l’obbligo per il pubblico ufficiale di svolgere un’attività di controllo, cui ancorare il dovere d’astensione, non può farsi discendere tout court dal riconoscimento del ruolo apicale in capo al dirigente, tanto più quando non sia in discussione la competenza ad adottare l’atto da parte della/e persona/e a questi subordinate; in ogni caso, quand’anche si ritenesse sussistente un obbligo di astensione in correlazione alla generale funzione di controllo dell’attività del proprio ufficio derivante dalla qualifica dirigenziale, ai fini della configurabilità di un concorso nel reato, è necessario emergano dagli atti specifici elementi (eventualmente risalenti ad un momento diverso – precedente o successivo – da quello del compimento dell’atto) dimostrativi della violazione dell’obbligo di astenersi in relazione allo svolgimento di un’attività di controllo.

Sentenza 28 settembre 2018, n. 42911

Data udienza 7 giugno 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VILLONI Orlando – Presidente

Dott. TRONCI Andrea – Consigliere

Dott. AGLIASTRO Mirella – Consigliere

Dott. BASSI Alessand – rel. Consigliere

Dott. COSTANTINI Antonio – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
(OMISSIS), nata il (OMISSIS);
(OMISSIS), nata il (OMISSIS);
(OMISSIS), nata il (OMISSIS);
avverso la sentenza del 24/05/2017 della Corte d’appello di Cagliari, Sezione Distaccata di Sassari;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa BASSI Alessandra;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GAETA Pietro, che ha concluso chiedendo che la sentenza sia annullata senza rinvio perche’ i fatti non sussistono;
uditi i difensori, avv. (OMISSIS) anche in sostituzione dell’avv. (OMISSIS) per (OMISSIS), avv. (OMISSIS) per (OMISSIS) e avv. (OMISSIS) per (OMISSIS) anche in sostituzione dell’avv. (OMISSIS) per (OMISSIS), che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con il provvedimento in epigrafe, la Corte d’appello di Cagliari, Sezione Distaccata di Sassari, in riforma dell’appellata sentenza del 20 aprile 2015 del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Sassari, ha condannato alle pene di legge (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) per i reati loro rispettivamente ascritti.
1.1. In particolare, sub capo A), (OMISSIS) e (OMISSIS) sono imputati in concorso tra loro del reato di abuso d’ufficio, per avere il primo (quale Dirigente del settore Progettazione Direzione Lavori Pubblici del Comune di (OMISSIS)) affidato alla seconda (architetto libero professionista) l’incarico di progettazione di opere da eseguirsi sull’impianto sportivo (OMISSIS) nonche’ per avere approvato due varianti in corso d’opera, cosi’ assicurando alla (OMISSIS) un ingiusto vantaggio patrimoniale, avendo il (OMISSIS) agito in violazione dell’obbligo di astensione (atteso che i due imputati contraevano matrimonio circa tre mesi dopo l’invio dell’invito a partecipare alla gara d’appalto ed erano sposati all’atto dell’approvazione delle varianti) nonche’ in violazione delle norme a disciplina della gara e dei presupposti per l’approvazione delle varianti in corso d’opera; fatto commesso in (OMISSIS);
– sub capo B), (OMISSIS), (OMISSIS) ed (OMISSIS) sono imputati del delitto di abuso d’ufficio per avere, il primo nella qualita’ gia’ indicata, la seconda quale titolare della posizione organizzativa relativa ai subsettori 1 e 2 del Servizio Amministrativo Generale del Comune di (OMISSIS) e la terza quale responsabile del procedimento (RUP), affidato in forma diretta alla (OMISSIS) l’incarico per la progettazione, direzione e contabilita’ dei lavori e coordinamento della sicurezza in relazione alle opere lavori di restauro del campanile della chiesa di (OMISSIS), procurando a quest’ultima un ingiusto vantaggio patrimoniale, avendo essi agito in violazione del divieto di astensione in presenza di un interesse proprio e del coniuge facente capo al (OMISSIS), in violazione delle procedure di affidamento dell’incarico e dei criteri di buon andamento, imparzialita’, economicita’ e rotazione degli incarichi, realizzando uno sviamento di potere; commesso il (OMISSIS).
1.2. In via preliminare, la Corte distrettuale ha dato conto delle articolate argomentazioni svolte dal Giudice di primo grado a sostegno della decisione assolutoria e, dopo avere riprodotto l’appello del P.M., ha diffusamente argomentato la ritenuta penale responsabilita’ di (OMISSIS) e (OMISSIS) quanto alla condotta sub capo A) e di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) quanto al capo B).
2. (OMISSIS) ricorre avverso la sentenza della Corte d’appello chiedendone l’annullamento per i motivi di seguito sintetizzati ai sensi dell’articolo 173 disp. att. c.p.p..
2.1. Con il primo motivo, il ricorrente eccepisce la violazione di legge penale in relazione al Decreto Legislativo 12 aprile 2006, n. 163, articolo 57, comma 6 e comma 11, n. 2, articolo 132 e articolo 253, comma 1-ter, e Decreto Ministeriale 28 novembre 2000, articolo 6 con riferimento all’articolo 323 cod. pen., il vizio di motivazione e l’omesso rispetto del canone di giudizio della colpevolezza “al di la’ di ogni ragionevole dubbio” di cui all’articolo 533 c.p.p., comma 1. Con specifico riguardo al capo A) dell’imputazione, il ricorrente evidenzia: a) che non v’e’ prova che, all’atto dell’invio degli inviti, egli intrattenesse una relazione con la (OMISSIS) tale da imporgli l’astensione; b) che la norma di cui al citato articolo 57 non era vigente all’epoca in cui furono inviati gli inviti a partecipare alla gara, atteso che – come si evince dalla determinazione n. 5 del 27 luglio 2010 dell’Autorita’ di Vigilanza sui Lavori Pubblici (oggi ANAC) nell’ambito dei “lavori pubblici” (per i quali l’entrata in vigore della norma era stata rimandata) e’ inclusa anche la materia dei “servizi di architettura e ingegneria” e che, d’altra parte, nessuna violazione alle regole di trasparenza ed imparzialita’ si e’ realizzata nella specie, atteso che l’amministrazione, prima di inoltrare gli inviti, non e’ tenuta ad operare nessuna selezione godendo della piu’ ampia discrezionalita’, senza incorrere in alcuna violazione del principio della trasparenza; c) che nessuna violazione del divieto di astensione e’ ravvisabile con riguardo al momento dell’apertura delle buste e della scelta del contraente atteso che, dovendo l’affidamento compiersi secondo il criterio del massimo ribasso, si trattava di atti amministrativi a contenuto vincolato; d) che la Corte d’appello ha omesso di svolgere la prescritta motivazione rafforzata in ordine all’assenza di una collusione tra privato e pubblico ufficiale, in ragione del fatto che il ribasso del 41% contenuto nell’offerta della (OMISSIS) era inferiore a quello delle altre offerte. Quanto al capo B), (OMISSIS) deduce: e) che l’interpretazione seguita dalla Corte distrettuale in ordine al citato articolo 132 quanto ai presupposti per la prima variante e’ errata, avendo comunque il Giudice d’appello fondato la decisione sul punto sulla sola consulenza tecnica del P.M. e senza confrontarsi con le consulenze delle difese di opposto tenore nonche’ con le dichiarazioni rese in sede d’investigazione difensiva da Cristina Costa in ordine all’esistenza di situazioni impreviste ed imprevedibili; f) che non e’ ravvisabile un dovere d’astensione in relazione alla determina di approvazione della prima variante in quanto manca il requisito dell’ingiustizia del profitto; g) che fa radicalmente difetto la motivazione in ordine al presunto concorso del (OMISSIS) nell’approvazione della seconda perizia di variante in quanto atto adottato dalla Giunta comunale.
2.2. Con il secondo motivo, (OMISSIS) deduce la violazione di legge penale e processuale ed il vizio di motivazione in relazione al Decreto Legislativo 12 aprile 2006, n. 163, articolo 57, comma 2, articolo 91, con riferimento all’articolo 323 cod. pen. e articolo 192 cod. proc. pen., per errata applicazione delle norme extra penali in materia di affidamento diretto di appalti pubblici, per insussistenza della c.d. doppia ingiustizia e per travisamento della prova con riferimento al reato sub capo B) della imputazione. Il ricorrente evidenzia: a) che la valutazione in ordine alla “unicita’” della prestazione o fornitura va effettuata non in astratto, ma in concreto, tenendo conto delle condizioni di tempo e di spazio nella quale sia richiesta, la’ dove – nella specie – l’arch. (OMISSIS) era davvero l’unica persona ad avere, in quel momento, specifiche conoscenze tecniche riguardanti l’immobile oggetto di restauro e sussisteva, in ogni caso, una situazione d’estrema urgenza; b) che fa comunque difetto il requisito dell’ingiusto vantaggio, che va valutato autonomamente rispetto alla violazione di legge.
2.3. Con il terzo motivo, il ricorrente denuncia la violazione di legge penale e processuale ed il vizio di motivazione in relazione agli articoli 40, 110, 323 cod. pen. e articolo 192 cod. proc. pen. nonche’ agli articoli 25 e 27 Cost. con riferimento al capo B), per avere la Corte affermato la responsabilita’ del (OMISSIS) sulla scorta di un’implicita responsabilita’ oggettiva, atteso che, quando veniva adottata la delibera di affidamento dell’incarico diretto alla (OMISSIS), egli si trovava in ferie. Osserva ancora il ricorrente che la mancata formale astensione rispetto all’esercizio di un compito di controllo non puo’ ritenersi di per se’ causalmente necessaria rispetto al verificarsi dell’evento del presunto abuso d’ufficio e che, trattandosi di concorso realizzato mediante omissione in un reato commissivo, la Corte avrebbe dovuto procedere ad un attento giudizio controfattuale.
2.4. Con il quarto motivo, (OMISSIS) deduce la violazione di legge penale e processuale in relazione agli articoli 157, 158, 159, 323 cod. pen. e articolo 531 cod. proc. pen. con riferimento al capo A), per avere la Corte distrettuale errato nel calcolare le sospensioni della prescrizione, di tal che il reato risulta essersi estinto per prescrizione prima della sentenza d’appello, essendo stata l’udienza del 13 maggio 2014 rinviata per assenza del giudice titolare.
2.5. Con l’ultimo motivo, il ricorrente eccepisce la violazione di legge processuale ed il vizio di motivazione in relazione all’articolo 6 CEDU e articolo 533 cod. proc. pen. stante l’omessa rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale a seguito di ribaltamento della sentenza assolutoria di primo grado, con riferimento alle dichiarazioni rese durante l’esame dallo stesso imputato (OMISSIS).
2.6. Nella memoria depositata in Cancelleria, il patrono del (OMISSIS) insiste per l’accoglimento del ricorso evidenziato come, nella specie, la Corte d’appello sia incorsa in un travisamento delle risultanze del processo e del contenuto delle memorie difensive concernente la relazione fra (OMISSIS) e (OMISSIS), la vigenza del Decreto Legislativo 12 aprile 2006, n. 163, articolo 57, i presunti errori progettuali della (OMISSIS), il carattere abnorme del ribasso dell’offerta della (OMISSIS) ed il ruolo del (OMISSIS) nell’approvazione della seconda variante. Il ricorrente rimarca, inoltre, come il Collegio di merito abbia errato nell’interpretazione della norma extrapenale con riguardo alle citate disposizioni degli articoli 57, 132 e 134. Il ricorrente ribadisce la mancanza, la contraddittorieta’ e la manifesta illogicita’ della motivazione nella parte in cui i Giudici di merito hanno trascurato di considerare che il RUP e’ il vero dominus del procedimento. Infine, (OMISSIS) rinnova gli argomenti a sostegno dell’assenza del requisito della doppia ingiustizia e del dolo.
3. Il difensore di (OMISSIS) chiede che la sentenza della Corte sarda sia cassata per i motivi sunteggiati nel prosieguo.
3.1. Con il primo motivo, la ricorrente eccepisce il vizio di motivazione: a) per omesso rispetto del canone di giudizio della colpevolezza “al di la’ di ogni ragionevole dubbio” di cui all’articolo 533 c.p.p., comma 1, prescritto in caso di ribaltamento in appello della sentenza assolutoria di primo grado; b) per mancata valutazione delle circostanze dedotte nelle tre memorie depositate dal (OMISSIS) dinanzi al Gup; c) per omessa motivazione in ordine alle consulenze tecniche prodotte dalle difese (dell’ing. (OMISSIS) e del Prof. (OMISSIS) per (OMISSIS), dell’arch. (OMISSIS) per (OMISSIS) e dell’ing. (OMISSIS) per (OMISSIS)) e alle indagini difensive sulle ragioni tecniche per le disposte varianti; d) per l’intrinseca contraddittorieta’ nell’avere il Giudice del gravame condannato la (OMISSIS) e confermato l’assoluzione di (OMISSIS).
3.2. Con il secondo motivo, la difesa deduce il vizio di motivazione per omesso rispetto del canone di giudizio della colpevolezza “al di la’ di ogni ragionevole dubbio” di cui all’articolo 533 c.p.p., comma 1, e dei principi sanciti dall’articolo 6, par. 3 lettera d), CEDU, nonche’ la violazione di legge in ordine all’omessa rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale delle prove dichiarative, doverosa in caso di ribaltamento della sentenza assolutoria di primo grado allorquando la decisione si fondi su prove dichiarative (nella specie, sugli esami degli imputati ed, in particolare, di (OMISSIS)).
3.3. Con il terzo motivo, (OMISSIS) rileva la violazione di legge penale e la radicale mancanza di motivazione in ordine alla ritenuta responsabilita’ concorsuale dell’extraneus (OMISSIS) nell’abuso di ufficio, sotto il profilo oggettivo e soggettivo, da valutare comunque alla luce del canone di giudizio della colpevolezza “al di la’ di ogni ragionevole dubbio” di cui all’articolo 533 c.p.p., comma 1, – in ragione del ribaltamento della decisione assolutoria di primo grado – e della necessita’ di acquisire riscontri alle dichiarazioni del (OMISSIS), prescritta dall’articolo 192 c.p.p., comma 3.
3.4. Con il quarto motivo, la ricorrente eccepisce la violazione di legge penale in relazione al Decreto Legislativo 12 aprile 2006, n. 163, articolo 253, comma 1-ter, articolo 57, articolo 132, comma 1, e articolo 134, comma 9, quali norme di riferimento dell’articolo 323 cod. pen., per avere la Corte stimato illegittimo l’affidamento diretto dell’incarico all’arch. (OMISSIS) sebbene l’articolo 57 non fosse ancora vigente all’epoca dei fatti, detta norma non sia stata comunque violata e le disposizioni in tema di approvazione delle varianti non possano ritenersi inosservate.
3.5. Con il quinto motivo, la difesa deduce la violazione di legge penale in relazione all’articolo 323 cod. pen., per avere i Giudici d’appello stimato integrato il reato nonostante la mancanza dei requisiti dell’ingiustizia del profitto e della doppia ingiustizia, la’ dove la (OMISSIS) aveva tutti i requisiti per partecipare alla gara. Sotto diverso aspetto, la ricorrente eccepisce la violazione di legge processuale in relazione agli articoli 521 e 522 cod. proc. pen. per difetto di correlazione fra imputazione e sentenza con riferimento all’ingiusto profitto patrimoniale, dal momento che, nel capo d’imputazione, e’ contestata soltanto la percezione di maggiori oneri liquidati.
3.6. Con il sesto e ultimo motivo, l’impugnante denuncia la violazione di legge penale in relazione agli articoli 157, 159 e 161 con riferimento all’articolo 323 cod. pen., per avere la Corte omesso di dichiarare la prescrizione del reato, maturata prima della sentenza di appello, giusta l’erroneita’ del calcolo dei periodi di sospensione operato dal Collegio distrettuale.
4. Nel ricorso a firma del patrono, (OMISSIS) chiede l’annullamento della sentenza per i motivi di seguito sintetizzati ai sensi dell’articolo 173 disp. att. c.p.p.:
4.1. violazione di legge penale in relazione all’articolo 323 cod. pen., per avere la Corte d’appello erroneamente ritenuto violato nella specie l’obbligo di astensione facente capo al coimputato (OMISSIS) sebbene, nella specie, la ricorrente avesse affidato l’incarico all’arch. (OMISSIS) non in forza di una delega conferitale dal (OMISSIS), ma in quanto titolare della posizione organizzativa attribuitale con i provvedimenti datoriali delle delibere emesse dalla Giunta comunale di Sassari; (OMISSIS) si era in effetti astenuto dall’esercitare le funzioni generali di controllo e coordinamento del suo ufficio – proprio perche’ versava in una situazione di conflitto d’interessi – ed era stato sostituito nel procedimento de quo proprio dalla (OMISSIS); d’altra parte, l’obbligo di astensione si riferisce, secondo il Decreto del Presidente della Repubblica 16 aprile 2013, n. 62, articolo 6, comma 2, al “prendere decisioni o svolgere attivita’” in conflitto d’interessi e, secondo l’articolo 7, comma 1, stesso decreto, al “partecipare all’adozione di decisioni o ad attivita’” in conflitto d’interessi, sicche’, nell’implicare un comportamento attivo, non puo’ connettersi al mancato esercizio dei poteri di controllo;
4.2. violazione di legge penale in relazione all’articolo 323 cod. pen. con riferimento al Decreto Legislativo 12 aprile 2006, n. 163, articoli 91 e 57 per avere la Corte stimato illegittimo l’affidamento diretto dell’incarico all’arch. (OMISSIS) dei lavori al campanile sebbene la legge richieda che l’incarico sia affidato non all'”unico” operatore in grado in assoluto di eseguire la prestazione, ma al soggetto che, in quel determinato contesto professionale, risulti il piu’ idoneo ed eviti interventi dannosi o antieconomici; nella specie, l’incarico conferito alla (OMISSIS) era pienamente giustificato dalla circostanza che ella aveva, in precedenza, svolto dei lavori sul medesimo campanile;
4.3 violazione di legge in relazione alla ritenuta integrazione della c.d. doppia ingiustizia, la’ dove tale requisito deve essere munito di autonomia e non puo’ derivare dalla mera violazione di legge;
4.4. violazione di legge in relazione all’elemento soggettivo del reato di abuso d’ufficio, per avere la Corte omesso di considerare che, nella specie, sussisteva anche il concorrente interesse pubblico; sotto diverso aspetto, la difesa rimarca che la (OMISSIS), in quanto dirigente con laurea in giurisprudenza, era priva di competenze tecniche per apprezzare se l’arch. (OMISSIS) potesse realmente qualificarsi quale “unico operatore”, come rappresentatole dalla RUP arch. (OMISSIS);
4.5. violazione di legge in relazione all’articolo 603 c.p.p., comma 3, e articolo 6, par. 3, CEDU, per avere il Collegio d’appello ribaltato la sentenza assolutoria di primo grado senza procedere alla doverosa rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale della prova dichiarativa, con specifico riguardo alle dichiarazioni dei coimputati (OMISSIS) e (OMISSIS) nonche’ alle dichiarazioni del consulente tecnico del P.M..
4.6. Nella memoria depositata in cancelleria, il patrono della (OMISSIS) insiste per l’accoglimento del ricorso con particolare riguardo all’elemento soggettivo del reato di abuso d’ufficio che richiede il dolo intenzionale.
5. (OMISSIS), nel ricorso presentato dal difensore di fiducia, chiede che la sentenza sia cassata per i motivi di seguito sunteggiati:
5.1. violazione di legge processuale in relazione all’articolo 533 cod. proc. pen., per avere la Corte d’appello ribaltato la sentenza assolutoria di primo grado senza disporre la prescritta rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale con riguardo alle prove dichiarative e senza svolgere una motivazione rafforzata, limitandosi a fare proprie le tesi del P.M..
5.2. violazione di legge penale in relazione all’articolo 323 cod. pen. con riferimento al Decreto Legislativo 12 aprile 2006, n. 163, articolo 57, per avere il Collegio del gravame stimato illegittimo l’affidamento diretto all’arch. (OMISSIS) dell’incarico concernente i lavori al campanile della chiesa, sebbene il provvedimento sia stato attentamente motivato con riguardo alle specifiche ragioni di efficienza, efficacia ed economicita’ dell’azione amministrativa, la’ dove l’incarico alla professionista si giustificava in ragione dei lavori sul medesimo campanile da ella gia’ in precedenza diretti e, dunque, dello specifico know-how da ella acquisito;
5.3. violazione di legge in relazione all’articolo 323 cod. pen., per avere la Corte stimato integrato il dolo intenzionale sebbene non vi sia prova di alcun accordo collusivo ed essa non possa neanche desumersi implicitamente da una macroscopica evidenza di violazione di legge, di un ingiusto vantaggio o di una doppia ingiustizia.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I ricorsi sono fondati nei termini e per le ragioni di seguito esposte.
2. In via preliminare, occorre porre in luce come i due episodi di abuso d’ufficio sub iudice si impernino sul rapporto interpersonale intercorrente fra il pubblico ufficiale (OMISSIS) e la professionista (OMISSIS), legati, dapprima, da un relazione sentimentale e, a partire dal dicembre 2006, dal vincolo matrimoniale, situazioni implicanti un dovere di astensione in capo al soggetto munito di veste pubblicistica.
Esemplificando, la prima violazione dell’articolo 323 cod. pen. e’ ascritta ai soli (OMISSIS) e (OMISSIS) e riguarda l’affidamento di un incarico alla seconda per lo svolgimento di un’attivita’ professionale per il Comune (progettazione del (OMISSIS)), stimato abusivo in ragione della violazione delle regole a disciplina del bando di affidamento dell’incarico nonche’ del divieto di astensione da parte dell’intraneus. La seconda violazione dell’articolo 323 cod. pen. e’ contestata a (OMISSIS) in concorso con le altre due pubbliche ufficiali (OMISSIS) e (OMISSIS) e riguarda il conferimento in forma diretta, alla stessa (OMISSIS), di un ulteriore incarico da parte del Comune (lavori di ristrutturazione del campanile della chiesa di (OMISSIS)).
2.1. Prima di passare all’illustrazione delle ragioni della decisione, giova rilevare come, a sostegno del giudizio assolutorio, il Giudice di primo grado avesse evidenziato (sintetizzando): quanto alla condotta sub capo A): a) che non v’e’ prova che, all’atto dell’invio degli inviti e degli atti successivi di conferimento, sussistesse in capo al (OMISSIS) un obbligo di astensione (atteso che egli non era ancora sposato con la (OMISSIS) e non v’e’ prova che fra di essi intercorresse gia’ una relazione sentimentale); b) che la delibera di conferimento dell’incarico non e’ illegittima in quanto agli appalti di servizi (quale quello di specie), all’epoca del fatto non era ancora applicabile il Decreto Legislativo 12 aprile 2006, n. 163, articolo 57 (Codice degli appalti); c) che la prima variante – pur pacificamente disposta dal (OMISSIS) in conflitto d’interesse (essendo egli ormai sposato con la (OMISSIS)) ed in difetto di competenza (dovendo provvedervi il RUP e non il Dirigente) -, era peraltro giustificata da “eventi imprevisti ed imprevedibili”, era stata realizzata nell’interesse della P.A., era contenuta nei limiti del 5% dell’originario contratto e aveva comportato il riconoscimento di un corrispettivo adeguato, di tal che non era integrato il requisito della c.d. doppia ingiustizia; d) che l’approvazione della seconda variante era stata disposta dalla Giunta comunale per ragioni squisitamente politiche, sia pure oltre i limiti del 10% dell’originario contratto, e non aveva realizzato l’ingiusto profitto patrimoniale ne’ il requisito della c.d. doppia ingiustizia, in quanto il corrispettivo era giusto.
2.2. Quanto alla condotta sub capo B), il Gup aveva rilevato: a) che al (OMISSIS) non puo’ ascriversi la violazione del divieto di astensione in quanto egli, quale Dirigente, si era limitato a tenere una condotta omissiva; b) che niente e’ rimproverabile alla (OMISSIS) ed alla (OMISSIS) in quanto l’incarico alla (OMISSIS) era giustificato dalla circostanza che ella si era gia’ occupata di opere sul medesimo campanile; c) che non sono integrati l’ingiusto profitto patrimoniale, ne’ il requisito della c.d. doppia ingiustizia, in quanto il corrispettivo riconosciuto per detto incarico era giusto.
2.3. A sostegno della riforma del giudizio assolutorio di primo grado, la Corte ha argomentato, quanto alla condotta sub capo A) (sempre sunteggiando):
a) che in capo al (OMISSIS) sussisteva un obbligo di astensione per motivi di convenienza (atteso che, all’atto dell’invio degli inviti, il matrimonio con la (OMISSIS) era imminente e la loro relazione non poteva, pertanto, non essere gia’ in atto);
b) che la delibera di conferimento dell’incarico e’ illegittima, in quanto agli appalti di servizi (quale quello di specie), trovava gia’ applicazione l’articolo 57 del Codice degli appalti; c) che la prima variante e’ stata approvata dal (OMISSIS) in conflitto d’interesse ed in difetto di competenza (non potendo la prassi superare la statuizione normativa nel riparto delle competenze), in assenza di “eventi imprevisti ed imprevedibili” nonche’ riconoscendo alla (OMISSIS) un corrispettivo ingiusto perche’ l’incarico non poteva esserle conferito, con cio’ integrando il requisito della c.d. doppia ingiustizia; d) che la seconda variante e’ stata approvata in assenza dei presupposti ed oltre i limiti del 10% dell’originario contratto, realizzando l’ingiusto profitto patrimoniale ed il requisito della c.d. doppia ingiustizia.
2.4. A fondamento del giudizio di colpevolezza espresso in ordine al delitto sub capo B), il Collegio del gravame ha motivato: a) che sussiste in capo al (OMISSIS) la violazione del divieto di astensione in quanto egli, quale Dirigente, era comunque tenuto ad esercitare l’attivita’ di controllo; b) che l’incarico alla (OMISSIS) e’ ingiustificato in quanto l’incarico diretto e’ eccezionale e si giustifica soltanto quando non vi siano altri professionisti in grado di espletarlo; c) che v’e’ prova della collusione della (OMISSIS) e della (OMISSIS) con (OMISSIS) in quanto le modalita’ della loro condotta sono sintomatiche del dolo ed esse non potevano ignorare la relazione fra il primo e la (OMISSIS); d) che sono integrati l’ingiusto profitto patrimoniale ed il requisito della c.d. doppia ingiustizia in quanto il corrispettivo era ingiusto in quanto l’incarico non poteva essere affidato alla (OMISSIS).
3. Dato conto delle scansioni argomentative delle decisioni (contrastanti) assunte dai giudici della cognizione, non puo’ non essere rilevato come, ad oggi, entrambi i reati di cui ai capi A) e B) della rubrica – tenuto conto delle date di relativa commissione, indicate nell’imputazione e confermate in sentenza – siano ormai estinti per prescrizione.
3.1. Quanto al calcolo della prescrizione, vale la pena rilevare incidentalmente l’errore in cui sono incorsi i Giudici distrettuali nel computo delle cause di sospensione ex articolo 159 cod. proc. pen.. Ed invero, dalla lettura del verbale d’udienza del 13 maggio 2014 (cui questa Corte puo’ direttamente accedere, trattandosi di verificare la sussistenza o meno di un error in procedendo; v. Sez. U, n. 42792 del 31/10/2001 – dep. 28/11/2001, Policastro e altri, Rv. 220092; Sez. 1, n. 8521 del 09/01/2013, Chahid, Rv. 255304), emerge che il rinvio d’udienza veniva disposto da un giudice persona fisica diverso dal giudice titolare del processo in assenza di alcun riferimento ad una causa specifica riportabile al disposto della citata norma dell’articolo 159 c.p.p. (in particolare, senza alcun riferimento all’astensione dei difensori). Il silenzio sul motivo del rinvio impedisce l’applicazione dell’indicata disposizione e, pertanto, il computo quale periodo di sospensione dei 37 giorni intercorsi fra l’udienza del 13 maggio e quella del 19 giugno 2014.
3.2. Tanto premesso quanto al calcolo del termine di prescrizione, mette conto di rammentare la consolidata lezione ermeneutica di questa Corte regolatrice alla stregua della quale, in presenza di una causa di estinzione del reato il giudice e’ legittimato a pronunciare sentenza di assoluzione a norma dell’articolo 129 c.p.p., comma 2, soltanto nei casi in cui le circostanze idonee ad escludere l’esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte dell’imputato e la sua rilevanza penale emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile, cosi’ che la valutazione che il giudice deve compiere al riguardo appartenga piu’ al concetto di “constatazione”, ossia di percezione ictu oculi, che a quello di “apprezzamento” e sia quindi incompatibile con qualsiasi necessita’ di accertamento o di approfondimento (Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009, Tettamanti, Rv. 244274).
Nello stesso arresto, le Sezioni Unite hanno inoltre chiarito che, qualora ricorra una causa di estinzione del reato, non sono rilevabili in sede di legittimita’ le questioni di natura processuale suscettibili di dare luogo a nullita’ anche assolute della sentenza impugnata ne’ i vizi dell’impianto motivazionale della decisione, atteso che, nell’ambito dell’eventuale giudizio di rinvio, il giudice del rinvio avrebbe comunque l’obbligo di procedere immediatamente alla declaratoria della causa estintiva (Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009, Tettamanti, Rv. 244275). Tale principio e’ stato anche di recente riaffermato da questa Suprema Corte nel suo piu’ ampio consesso, la’ dove si e’ ribadito che la causa estintiva del reato per prescrizione prevale sulla nullita’ assoluta ed insanabile della sentenza (nella specie, derivante dalla pronuncia della sentenza d’appello de plano in violazione del contradditorio tra le parti), sempreche’ non risulti evidente la prova dell’innocenza dell’imputato, dovendo la Corte di cassazione adottare in tal caso la formula di merito di cui all’articolo 129 c.p.p., comma 2, (Sez. U, n. 28954 del 27/04/2017, Iannelli, Rv. 269810).
3.3. Sulla scorta delle regulae iuris teste’ rammentate, risultano assorbite dalla sopravvenuta estinzione dei reati per prescrizione – in quanto recessive rispetto ad essa – tutte le questioni processuali e le nullita’, anche assolute, in ipotesi realizzatesi nel procedimento/processo. In particolare, si appalesano non piu’ coltivabili in questa Sede le nullita’ dedotte dai ricorrenti con riguardo all’omesso rispetto delle regole in tema di ribaltamento in appello della sentenza assolutoria di primo grado fissate dalle Sezioni Unite, concernenti, da un lato, l’onere di motivazione c.d. rafforzata; dall’altro lato, l’obbligo di disporre la rinnovazione della prova dichiarativa ai sensi dell’articolo 603 cod. proc. pen. (Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005, Mannino, Rv. 231679; Sez. U, n. 27620 del 28/04/2016, Dasgupta, Rv. 267492; Sez. U., n. 18620 del 19/01/2017, ric. Patalano).
3.4. Ferma l’intervenuta estinzione dei reati per prescrizione, e’ nondimeno necessario verificare se, in ossequio all’insegnamento impartito da questa Corte nella sentenza Tettamanti, non ricorrano i presupposti per giudicare evidente l’innocenza degli imputati e dare, di conseguenza, prevalenza alla causa d’assoluzione di merito ai sensi dell’articolo 129 c.p.p., comma 2.
4. Con riguardo alla posizione di (OMISSIS) in relazione al capo A), ritiene il Collegio che, avendo riguardo alla ricostruzione storico fattuale della vicenda ed alla trama argomentativa intessuta dalla Corte distrettuale, la condanna dell’imputato poggi su di un quadro accusatorio puntuale, coerente e plausibile, tale da escludere la ricorrenza di una situazione di evidente innocenza del prevenuto.
4.1. In primo luogo, risulta congruamente argomentata l’illegittimita’ del prima articolazione fattuale dell’abuso d’ufficio con riferimento alla sussistenza in capo al (OMISSIS) di un obbligo di astenersi dall’adottare il provvedimento di affidamento alla coimputata del lavoro di progettazione del (OMISSIS).
Il ragionamento svolto dal Giudice del gravame sul punto risulta invero conforme a logica, apparendo coerente all’id quod plerumuqe accidit che, all’atto dell’invio degli inviti ai cinque partecipanti alla gara d’appello – uno dei quali indirizzato proprio alla (OMISSIS) – in data 8 agosto 2006, fra (OMISSIS) e la professionista non potesse non essere gia’ in atto una relazione sentimentale, tenuto conto dell’imminenza del matrimonio (celebrato nel dicembre 2006), della tempistica che l’organizzazione di tale evento fisiologicamente comporta e delle dichiarazioni, sostanzialmente ammissive, rese al riguardo dal ricorrente nel corso dell’esame dibattimentale (v. pagine 40 e seguenti della sentenza impugnata). Con considerazioni ineccepibili in questa Sede la Corte ha, pertanto, ritenuto che, all’atto dell’invio degli inviti a partecipare, sussistessero evidenti motivi di convenienza tali da imporre all’imputato di astenersi dall’interpellare ai fini della presentazione di un’offerta – fra i vari professionisti – proprio colei che, con un ragionamento altrettanto non illogico, i Giudici dell’impugnazione hanno stimato essere, gia’ all’epoca, la sua fidanzata.
L’evidenziato profilo di illegittimita’ dell’atto amministrativo assorbe ogni ulteriore questione sul punto e consente, di conseguenza, di prescindere dalla questione circa l’integrazione dell’ulteriore profilo di violazione di legge in relazione all’articolo 57, comma 6, del Codice degli appalti con riguardo all’affidamento dei servizi attinenti l’architettura e l’ingegneria, quale appunto l’incarico di progettazione affidato alla (OMISSIS) nella specie.
4.2. Risulta sostenuta da una motivazione lineare e convincente anche la ritenuta illegittimita’ dell’approvazione della prima variante.
A tale riguardo, i Giudici d’appello hanno congruamente evidenziato: a) come (OMISSIS) versasse in una lampante situazione di conflitto d’interesse, essendo in quel momento gia’ sposato con la (OMISSIS) ed essendo ella a tutti gli effetti “prossimo congiunto” del ricorrente; b) come egli fosse privo della necessaria competenza a disporre l’atto, dovendo la variante essere approvata dal responsabile unico del procedimento (RUP) e non dal dirigente, non potendo la prassi superare la statuizione normativa nel riparto delle competenze; c) come mancassero i presupposti dell’atto giusta l’assenza dei prescritti “eventi imprevisti ed imprevedibili”, trattandosi di opere che discendevano da errori e omissioni di progettazione di cui avrebbe dovuto farsi carico la professionista incaricata (v. pagine 50 – 52 della sentenza in verifica).
4.3. Corretto e’ anche il discorso giustificativo svolto dai Giudici della cognizione in ordine alla ritenuta integrazione del requisito della c.d. doppia ingiustizia.
I Giudici d’appello hanno individuato la c.d. doppia ingiustizia nell’avere il pubblico ufficiale assicurato l’aggiudicazione di un incarico professionale da parte del Comune e, quindi, approvato la prima variante dell’opera a favore di colei che era, dapprima, la sua fidanzata e, poi, sua moglie, dunque, in violazione dell’obbligo di astensione, e di avere cosi’ intenzionalmente fatto conseguire al privato l’ingiusto vantaggio patrimoniale rappresentato dai compensi spettanti per lo svolgimento di tali attivita’.
Il decisum si conforma al condivisibile principio di diritto affermato da questa Corte, secondo il quale, fermo che l’integrazione del reato di abuso d’ufficio postula una duplice distinta valutazione di ingiustizia, sia della condotta (che deve essere connotata da violazione di norme di legge o di regolamento), sia dell’evento di vantaggio patrimoniale (che deve risultare non spettante in base al diritto oggettivo), non e’ tuttavia necessario, ai fini predetti, che l’ingiustizia del vantaggio patrimoniale derivi da una violazione di norme diversa ed autonoma da quella che ha caratterizzato l’illegittimita’ della condotta, qualora – all’esito della predetta distinta valutazione – l’accrescimento della sfera patrimoniale del privato debba considerarsi contra ius (Sez. 6, n. 48913 del 04/11/2015, P.M. in proc. Ricci, Rv. 265473). Principio di diritto, fra l’altro, affermato in un caso in tutto sovrapponibile a quello di specie, in cui questa Corte ha ravvisato il delitto di abuso di ufficio nella condotta del Direttore di un Dipartimento di una A.S.L. che, in violazione dell’obbligo di astensione, aveva designato la propria moglie quale componente della Commissione medica locale per l’accertamento dell’idoneita’ psico-fisica per il conseguimento delle patenti di guida, cosi’ intenzionalmente procurandole l’ingiusto vantaggio patrimoniale rappresentato dagli emolumenti spettanti ad ogni componente della predetta Commissione.
4.4. Giusta l’evidenziata mancanza di elementi per rilevare ictu oculi l’innocenza del (OMISSIS) in relazione al capo A), nei confronti dell’imputato la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio per detto reato in quanto estinto per sopravvenuta prescrizione.
5. A conclusioni diverse si deve giungere con riferimento alla posizione della (OMISSIS) in relazione al capo A).
5.1. Ritiene invero il Collegio che la sentenza impugnata, per la totale inadeguatezza del compendio logico argomentativo che la connota, non abbia offerto elementi di certezza quanto al concorso della (OMISSIS) nel reato proprio di abuso d’ufficio, tali da superare il giudizio liberatorio espresso in primo grado.
5.2. Giova rammentare come, in caso di abuso di ufficio, l’extraneus al pubblico ufficio o al pubblico servizio puo’ concorrere nel reato proprio solo quando vi sia compartecipazione nell’attivita’ criminosa dell'”intraneo” esecutore materiale del reato (Sez. 6, n. 40303 del 08/07/2014, Zappia, Rv. 260465; Sez. 3, n. 16449 del 13/12/2016 – dep. 2017, Menna e altri, Rv. 269819). Questa Corte regolatrice ha chiarito che, ai fini della configurabilita’ del concorso del privato nel delitto di abuso d’ufficio, l’esistenza di una collusione tra il privato ed il pubblico ufficiale non puo’ essere dedotta dalla mera coincidenza tra la richiesta dell’uno e il provvedimento adottato dall’altro, essendo invece necessario che il contesto fattuale, i rapporti personali tra i predetti soggetti, ovvero altri dati di contorno, dimostrino che la domanda del privato sia stata preceduta, accompagnata o seguita dall’accordo con il pubblico ufficiale, se non da pressioni dirette a sollecitarlo o persuaderlo al compimento dell’atto illegittimo (Sez. 6, n. 33760 del 23/06/2015, Lo Monaco e altro, Rv. 264460).
5.3. Orbene, nel caso di specie, a fronte dell’assoluzione pronunciata dal primo giudice di merito sul presupposto che mancasse una qualunque prova della collusione fra l’intraneo e il privato, la Corte territoriale non ha indicato neanche un elemento dimostrativo di un contributo materiale della (OMISSIS) alla verificazione dell’evento ovvero di un suo apporto anche solo morale, in termini di istigazione o di rinforzo del proposito criminoso del concorrente o comunque di collusione, non potendo detto contributo o pregresso accordo desumersi dalla mera circostanza di essere l’imputata – beneficiata dall’atto abusivo del (OMISSIS) – legata a questi da una relazione sentimentale.
Ed invero, secondo le regole generali in tema di concorso di persone nel reato, la compartecipazione ad un’azione criminosa postula una condotta attiva che si traduca in un consapevole contributo positivo – morale o materiale – all’altrui agire criminoso. Compartecipazione che non puo’, pertanto, ritenersi integrata allorquando il soggetto si limiti a tenere un comportamento meramente passivo – quale quello di essersi giovato degli effetti favorevoli derivanti dall’atto abusivo dell’intraneus -, in quanto di per se’ inidoneo ad apportare alcun apporto causale alla realizzazione del reato e dante eventualmente luogo ad un’ipotesi di c.d. mera connivenza non punibile.
5.4. Tirando le fila di quanto sopra svolto, si deve concludere che, emergendo dal complessivo corredo motivazionale delle sentenze di primo e di secondo grado l’insussistenza in fatto delle condotte ascritte a (OMISSIS), in applicazione dell’articolo 129 c.p.p., comma 2, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio nei suoi confronti perche’ il fatto non sussiste.
6. Ad analoga conclusione si deve pervenire quanto all’abuso d’ufficio contestato sub capo B) a (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS).
6.1. Con riguardo a tale imputazione, giova ribadire come il primo giudice avesse ritenuto non provata la penale responsabilita’ degli imputati e come la Corte d’appello abbia ribaltato il giudizio assolutorio di primo grado, ritenendo provati: a) l’illegittimita’ dell’assegnazione diretta dell’incarico alla (OMISSIS) per i lavori di restauro del campanile della chiesa di (OMISSIS) perche’ compiuta in violazione del divieto di astensione, in presenza di un interesse del prossimo congiunto facente capo al (OMISSIS) – Dirigente tenuto ad esercitare l’attivita’ di controllo sull’attivita’ del proprio ufficio – e perche’ non giustificata dall’assenza di altri professionisti in grado di espletarlo; b) la collusione di (OMISSIS) con le pubbliche ufficiali (OMISSIS) e (OMISSIS), in considerazione del fatto che esse non potevano ignorare la relazione fra il primo e la (OMISSIS); c) il requisito della c.d. doppia ingiustizia.
6.2. Va inoltre riaffermato il principio di diritto sopra ricordato (sub paragrafo 3.2 del considerato in diritto), secondo il quale, in caso di reato prescritto, non rilevano eventuali nullita’, anche assolute, verificatesi nel processo, sicche’ in questa Sede non v’e’ piu’ spazio per coltivare la violazione delle regulae iuris in tema di c.d. ribaltamento del giudizio liberatorio di primo grado dettate delle Sezioni Unite di questa Suprema Corte nelle sopra ricordate pronunce Mannino, Dasgupta e Patalano.
7. Quanto alla posizione di (OMISSIS), ritiene il Collegio che gli elementi evidenziati ed il ragionamento svolto dalla Corte sarda a sostegno della condanna per il reato di abuso d’ufficio sub capo B) non consentano di superare il giudizio liberatorio reso in primo grado e che, pertanto, debba ritenersi evidente l’innocenza del ricorrente, rilevante ai sensi dell’articolo 129 c.p.p., comma 2.
7.1. Non e’ revocabile in dubbio che, all’epoca del conferimento dell’incarico diretto alla (OMISSIS) da parte del Comune di Sassari, sussistesse in capo al dirigente (OMISSIS) l’obbligo di astensione (essendo i due ormai marito e moglie).
L’incarico con affidamento diretto per le opere sul campanile della chiesa di (OMISSIS) veniva, tuttavia, conferito alla professionista, non dal (OMISSIS), ma dalla (OMISSIS), titolare della posizione organizzativa relativa ai sub-settori 1 e 2 del Servizio Amministrativo generale del comune di Sassari, su proposta della (OMISSIS), responsabile del procedimento (RUP), pubblici ufficiali competenti ad adottare l’atto.
7.2. In tale contesto, la Corte distrettuale non ha evidenziato alcun elemento normativo o fattuale a sostegno dell’assunto secondo il quale contrariamente a quanto rilevato dal primo giudice – l’atto in oggetto, pur non rientrando nelle competenze dell’imputato, fosse comunque soggetto al controllo del medesimo in virtu’ della veste ricoperta di Dirigente del settore Progettazione Direzione Lavori Pubblici del Comune di Sassari.
In linea teorica, non puo’ disconoscersi la possibilita’ di ravvisare un dovere di astensione in capo a colui il quale occupi una posizione di garanzia e, in forza di essa, sia dunque tenuto ad esercitare un’attivita’ di controllo sul corretto e legittimo esercizio di una funzione appunto sottoposta alla sua supervisione.
Cio’ nondimeno, perche’ scatti l’obbligo di astensione, e’ necessario che detta posizione di garanzia ed il correlato potere/dovere di controllo abbiano una ben definita base normativa, che ne delinei esattamente l’ambito di esercizio in seno alla compagine organizzativa dell’ente, definisca i limiti del potere e – per quanto qui piu’ interessa – correli l’attivita’ di verifica allo specifico atto rispetto al quale il dovere di astensione si assuma non essere stato osservato.
In tale senso dispongono anche il Decreto del Presidente della Repubblica 16 aprile 2013, n. 62, articolo 6, comma 2, e articolo 7, comma 1, (Regolamento recante codice di comportamento dei dipendenti pubblici, a norma del Decreto Legislativo 30 marzo 2001, n. 165, articolo 54), la’ dove correlano l’obbligo di astensione del pubblico dipendente per conflitto d’interessi all’adozione di “decisioni o svolgere attivita’” nonche’ alla partecipazione “all’adozione di decisioni o ad attivita’”, con cio’ postulando un preciso ancoraggio allo svolgimento di un'”attivita’” di controllo prevista dalla legge.
Il Collegio d’appello non ha, invece, indicato alcuna evidenza obbiettiva idonea a comprovare la sussistenza in capo al ricorrente di una specifica posizione di garanzia, implicante lo svolgimento di un ruolo attivo di controllo sull’attivita’ della (OMISSIS) – soggetto titolare della posizione organizzativa relativa ai sub-settori 1 e 2 del Servizio Amministrativo generale del comune di Sassari – e tale da far scattare l’obbligo di astensione, in caso di conflitto d’interessi, in relazione all’affidamento dell’incarico de quo. L’obbligo di svolgere un’attivita’ di controllo (cui appunto ancorare il dovere d’astensione) non puo’, difatti, farsi discendere – come hanno fatto i giudici del gravame recependo l’impostazione dell’inquirente – tout court dal riconoscimento del ruolo apicale in capo all’agente, tanto piu’ quando – come nella specie – non sia in discussione la competenza ad adottare l’atto da parte della/e persona/e (quali (OMISSIS) e (OMISSIS)) a questi subordinate.
E cio’ a tacer del fatto che – come anche evidenziato dal Gup – l’atto in oggetto veniva assunto in una data nella quale il Dirigente era assente dall’ufficio per ferie, di tal che – quand’anche si ritenesse sussistente un obbligo di astensione in correlazione alla generale funzione di controllo dell’attivita’ del proprio ufficio derivante dalla qualifica dirigenziale – dovrebbero comunque emergere dagli atti specifici elementi (eventualmente risalenti ad un momento diverso – precedente o successivo – da quello del compimento dell’atto) dimostrativi della violazione dell’obbligo di astenersi in relazione allo svolgimento di un’attivita’ di controllo, comunque non espletabile in quel momento per la giustificata assenza dal servizio.
7.3. Sotto diverso aspetto, giova notare come, dai passaggi argomentativi della sentenza d’appello a sostegno del ribaltamento del giudizio liberatorio di primo grado sul punto, non emerga neanche la prova di una concreta ed effettiva influenza dell’imputato sulle coimputate ai fini dell’adozione di detto atto, tale da dare corpo al prospettato concorso nell’abuso d’ufficio. Il Collegio sardo non ha difatti indicato neanche un elemento obbiettivo suscettibile di superare la gia’ ritenuta (in primo grado) assenza di prova della istigazione del (OMISSIS) dell’operato delle due coimputate (OMISSIS) e (OMISSIS), che posero materialmente in essere l’atto in ipotesi abusivo.
8. Evidente risulta anche l’innocenza delle ricorrenti (OMISSIS) e (OMISSIS), non avendo la Corte d’appello offerto argomenti convincenti a superamento del giudizio liberatorio di primo grado.
8.1. Come si e’ teste’ rilevato, la Corte distrettuale non ha indicato neanche un elemento obbiettivo a dimostrazione della ritenuta collusione delle imputate con il coimputato (OMISSIS), tale da comprovare la consapevole “condivisione” con il medesimo della sopra delineata situazione di conflitto d’interesse.
Il ragionamento sviluppato sul punto dal Giudice a quo – la’ dove ha fondato la prova del pregresso accordo fra i concorrenti sulla base del fatto che le due imputate non potevano ignorare che la (OMISSIS) era la moglie del (OMISSIS) in quanto si trattava di colleghi del medesimo ufficio (v. pagina 140) – poggia su di un’inaccettabile congettura (basata, nella sostanza, sul “non potevano non sapere”), contraria al principio fondamentale del nostro ordinamento processuale, codificato all’articolo 533 c.p.p., comma 1.
Sulla scorta della trama argomentativa svolta nella sentenza in verifica, deve dunque essere esclusa la sussistenza di una qualunque evidenza circa la collusione di (OMISSIS) e (OMISSIS) con (OMISSIS) ai fini del conferimento dell’incarico in oggetto e, dunque, della “condivisione” dell’obbligo di astensione facente capo a quest’ultimo, la cui inosservanza possa essere idonea a sostanziare la violazione di legge richiesta ai fini dell’incriminazione.
8.2. Ne’ l’illegittimita’ dell’atto puo’ derivare dalla violazione delle norme poste a disciplina della scelta del professionista per l’esecuzione dei lavori di ristrutturazione del campanile.
Ora, non e’ revocabile in dubbio che il delitto di abuso d’ufficio possa essere ravvisato anche in caso di atto discrezionale, allorquando la condotta si ponga in contrasto con il significato letterale o logico-sistematico di una norma di legge o di regolamento ovvero la stessa contraddica lo specifico fine perseguito dalla norma, concretandosi in uno “svolgimento della funzione o del servizio” che oltrepassi ogni possibile scelta discrezionale attribuita al pubblico ufficiale o all’incaricato di pubblico servizio (Sez. 6, n. 41402 del 25/09/2009, P.G. in proc. D’Agostino, Rv. 245287; Sez. 6, n. 32237 del 13/03/2014, Pg in proc. Novi e altri, Rv. 260428).
Tanto chiarito in linea generale, non puo’ non rilevarsi come il Collegio di merito non abbia enucleato alcun elemento certo per affermare (e superare il contrario avviso sul punto del Gup) che le imputate, nell’affidare in via diretta alla (OMISSIS) l’incarico per il restauro del campanile, abbiano esorbitato dai limiti del potere discrezionale loro conferito, si’ da integrare uno “sviamento” – per scopo personale od egoistico o comunque estraneo alla P.A. – produttivo di una lesione dell’interesse tutelato dalla norma incriminatrice.
8.3. Giova rammentare come, nell’articolo 57 del gia’ ricordato Codice degli appalti n. 163/2006, sia prevista la possibilita’ per le stazioni appaltanti di aggiudicare contratti pubblici mediante procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara “nei contratti pubblici relativi a lavori, forniture, servizi” – avendo riguardo alla sola lettera b) che viene in rilievo nel caso sub iudice – “qualora, per ragioni di natura tecnica o artistica ovvero attinenti alla tutela di diritti esclusivi, il contratto possa essere affidato unicamente ad un operatore economico determinato”.
Non v’e’ da dubitare che il ricorso alla procedura negoziata senza pubblicazione del bando rivesta carattere di eccezionalita’ rispetto all’obbligo dell’Amministrazione di individuare il privato contraente attraverso il confronto concorrenziale e, pertanto, richieda un particolare rigore nella individuazione dei presupposti che possono legittimare il ricorso a tale procedura, di tal che – nel caso di cui al Decreto Legislativo n. 163 del 2006, articolo 57, comma 2, lettera b), – la stazione appaltante ha l’onere di dimostrare l’unicita’ del fornitore attraverso una puntuale indagine conoscitiva, da effettuarsi anche in ambito comunitario, da cui risulti che sul mercato opera una sola impresa in grado di fornire quanto richiesto dalla stazione appaltante (Consiglio di Stato, Sezione 3 – Sentenza 19/04/2011 n. 2404).
Tuttavia, la linea seguita dalle ricorrenti nel ravvisare detta “unicita’ della prestazione” fornita dall’arch. (OMISSIS) che si era in passato specificamente occupata dei lavori di ristrutturazione del medesimo edificio comunale (motivato con riguardo alle specifiche ragioni di efficienza, efficacia ed economicita’ dell’azione amministrativa in ragione dell’affidamento in passato all’arch. (OMISSIS) di opere sul medesimo campanile), pur discutibile, non puo’ ritenersi sostanziare un esercizio del potere discrezionale loro conferito tale da oltrepassare ogni possibile scelta discrezionale attribuita al pubblico ufficiale e da integrare uno “sviamento” produttivo di una lesione dell’interesse tutelato dalla norma incriminatrice, id est suscettibile di conferire rilevanza penale all’agire sub iudice.
9. La sentenza impugnata deve dunque essere annullata senza rinvio anche nei confronti di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) in relazione al capo B) perche’ il fatto non sussiste.

P.Q.M.

annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) perche’ il reato di cui al capo A) perche’ e’ estinto per prescrizione;
nei confronti di (OMISSIS) in relazione al capo A) perche’ il fatto non sussiste e nei confronti di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) in relazione al capo B) perche’ il fatto non sussiste.

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