Corte di Cassazione, sezione quinta penale, Sentenza 27 settembre 2018, n. 42572.
La massima estrapolata:
In tema di reati contro il patrimonio, qualora l’elemento dell’ingiusto profitto sia costituito dall’accreditamento di una somma di denaro su una carta di pagamento ricaricabile (nella specie “postepay”) dell’agente, il tempo e il luogo di consumazione del reato sono quelli in cui la persona offesa ha proceduto alla ricarica.
Sentenza 27 settembre 2018, n. 42572
Data udienza 22 giugno 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SABEONE Gerardo – Presidente
Dott. DE GREGORIO Eduardo – Consigliere
Dott. GUARDIANO Alfredo – Consigliere
Dott. TUDINO A. – rel. Consigliere
Dott. AMATORE Roberto – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
avverso la sentenza N. 431/2014 della Corte d’Appello di Campobasso del 12/03/2016;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita nella pubblica udienza del 22 giugno 2018 la relazione svolta dal consigliere Alessandrina Tudino;
udito il Procuratore Generale in persona del Sostituto P.G. Giovanni Di Leo, che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso;
nessuno e’ comparso per la Difesa.
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza impugnata, la Corte d’Appello di Campobasso ha confermato – per quanto di interesse – la decisione del Tribunale di Larino del 13 ottobre 2016, con la quale era stata affermata la penale responsabilita’ di (OMISSIS) per il reato di sostituzione di persona nell’identita’ digitale.
La corte territoriale ha ritenuto, pur all’esito delle deduzioni defensionali e previo rigetto della questione di competenza territoriale, che l’imputato, previa proposta di vendita sul sito mercato digitale eBay di un cellulare ed indicazione delle modalita’ di accredito del relativo prezzo su carta Postpay, avesse sostituito la propria persona al profilo di identita’ corrispondente a tale (OMISSIS), che aveva denunciato nel 2004 lo smarrimento del documento di identita’.
2. Avverso la sentenza, ha proposto ricorso l’imputato, per mezzo del difensore, articolando tre motivi.
2.1. Deduce, con il primo motivo, violazione della legge processuale in riferimento al rigetto della richiesta di rinvio per legittimo impedimento del difensore, avanzata in appello mediante deduzione di contestuale impegno difensivo in procedimento pendente in primo grado nelle forme del giudizio immediato a carico di detenuti, non essendo previsto da fonti normative l’obbligo di nomina di sostituti processuali, non rilevando la pendenza dei contestuali procedimenti in diverso grado e non avendo comunque la corte rassegnato sul punto adeguata motivazione.
2.2. Censura, con il secondo motivo, violazione delle norme che distribuiscono la competenza territoriale, per averne la corte territoriale ancorato il criterio determinativo all’atto dispositivo della truffa, in violazione dell’articolo 9 c.p.p., motivando illogicamente riguardo la ritenuta laconicita’ della relativa deduzione in primo grado e da cio’ traendo inammissibilmente la preclusione processuale.
2.2. Censura, con il terzo motivo, vizio di motivazione in riferimento alla dimostrazione del reato di sostituzione di persona, per non avere la corte territoriale replicato alle censure proposte con il gravame, finalizzate a dimostrare l’irrilevanza del profilo identitario dell’alienante rispetto all’interesse alla transazione, la mancata dimostrazione dell’elemento soggettivo del reato e l’utilizzazione di un collegamento internet localizzato in (OMISSIS), effettuato per l’iscrizione al sito e-commerce.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ inammissibile.
2. Sono genericamente formulate e sono, comunque, manifestamente infondate le censure articolate nel primo motivo di ricorso in riferimento al rigetto dell’istanza di rinvio per impedimento del difensore.
2.1. Il ricorrente censura il provvedimento di rigetto di una richiesta di rinvio per impedimento dovuto a contestuale impegno professionale del difensore, omettendo di allegare al ricorso gli atti relativi all’istanza e comunque di circostanziare, anche sotto il profilo cronologico, gli impegni professionali ricadenti nella medesima data, con conseguente aspecificita’ della relativa doglianza.
2.2. Va, del resto, rilevato come secondo il consolidato orientamento di legittimita’, i requisiti di ammissibilita’ dell’istanza di rinvio del difensore che deduca un concomitante impegno professionale siano costituiti dalla tempestiva prospettazione dell’impedimento; dalla rappresentazione delle ragioni che rendono essenziale la presenza del difensore nel diverso processo; dall’indicazione della assenza nel primo procedimento di altro codifensore che possa validamente difendere l’imputato, nonche’ della impossibilita’ di avvalersi di un sostituto ai sensi dell’articolo 102 c.p.p., sia nel processo a cui intende partecipare sia in quello di cui chiede il rinvio.
Con riferimento al requisito della tempestivita’, va rilevato come il riferimento temporale debba essere riguardato non solo in relazione alla prossimita’ cronologica della deduzione d’impedimento rispetto alla udienza per la quale si chiede rinvio, ma anche in riferimento all’epoca in cui il contemporaneo impegno professionale e’ stato reso noto al difensore, di guisa che la valutazione di siffatto requisito deve dispiegarsi nella duplice direzione enunciata.
Secondo l’autorevole insegnamento di legittimita’, espresso da Sez. U, Sentenza n.4909 del 18/12/2014, Torchio, Rv. 262912, l’impegno professionale del difensore in altro procedimento costituisce legittimo impedimento che da’ luogo ad assoluta impossibilita’ a comparire, ai sensi dell’articolo 420 ter c.p.p., comma 5, a condizione che il difensore: a) prospetti l’impedimento non appena conosciuta la contemporaneita’ dei diversi impegni, b) indichi specificamente le ragioni che rendono essenziale l’espletamento della sua funzione nel diverso processo; c) rappresenti l’assenza in detto procedimento di altro codifensore che possa validamente difendere l’imputato; d) rappresenti l’impossibilita’ di avvalersi di un sostituto ai sensi dell’articolo 102 c.p.p., sia nel processo a cui intende partecipare sia in quello di cui chiede il rinvio.
2.3. Nella delineata prospettiva, e’ inammissibile l’istanza di rinvio dell’udienza per impedimento a comparire del difensore per precedente e concomitante impegno professionale nella trattazione di altro processo di cui il medesimo difensore era gia’ a conoscenza al momento della fissazione della data dell’udienza di cui si chiede rinvio.
Ed invero, e’ inammissibile, in quanto proposta in violazione del generale dovere di lealta’ processuale, l’istanza di rinvio dell’udienza per legittimo impedimento concernente un precedente e concomitante impegno professionale, anche se relativo ad un processo rispondente a criteri di comparativa prevalenza (in quanto avente ad oggetto reati prossimi alla prescrizione, ovvero celebrato a carico di detenuti) di cui, tuttavia, il difensore aveva gia’ conoscenza al momento della fissazione della data di udienza (V. Sez. 3, Sentenza n.38193 del 27/04/2017, U. Rv. 270951; Sez. 2, Sentenza n.52215 del 28/10/2016, Zavaglia, Rv. 268513).
2.4. Va, altresi’, rilevato come sia onere del difensore che presenta istanza di rinvio dell’udienza per legittimo impedimento dare giustificazione della mancata nomina di un sostituto, la cui doverosita’ e’ desumibile, oltreche’ da ragioni d’ordine sistematico, dall’ultimo periodo dell’articolo 420 ter c.p.p., comma 6, (Sez. 6, Sentenza n. 47584 del 15/10/2014, M, Rv. 261251, N. 44299 del 2008 Rv. 241571, N. 41148 del 2010 Rv. 248905, N. 26408 del 2013 Rv. 256294, N. 19458 del 2014 Rv. 259757), non assumendo rilievo alcuno l’indicazione dell’assistito di volersi avvalere solo del legale di fiducia e non di sostituti processuali, ne’ la sua mancata autorizzazione espressa alla nomina in sostituzione (Sez. 5, Sentenza n.48912 del 28/09/2016, Bartoli, Rv. 268166).
2.5. Nel quadro cosi’ delineato, la generica censura articolata dal ricorrente, che si limita ad invocare la prevalenza dell’impegno professionale nella difesa di imputati detenuti in diverso procedimento gia’ noto alla data di fissazione del procedimento d’appello, s’appalesa del tutto infondata.
3. E’, del pari, insussistente la violazione di legge processuale dedotta nel secondo motivo di ricorso in riferimento alla determinazione della competenza per territorio.
Secondo il consolidato orientamento di legittimita’, in tema di reati contro il patrimonio, qualora l’elemento dell’ingiusto profitto sia costituito dall’accreditamento di una somma di denaro su una carta di pagamento ricaricabile (nella specie “postepay”) dell’agente, il tempo e il luogo di consumazione del reato sono quelli in cui la persona offesa ha proceduto alla ricarica, atteso che tale operazione, in ragione della sua irrevocabilita’, realizza contestualmente l’effettivo conseguimento della somma – e non di un mero diritto di credito – da parte dell’agente e la definitiva perdita della stessa da parte della persona offesa (Sez. 1, Sentenza n.3836 del12/09/2017, Confl. comp. in proc. S., Rv. 272291, N. 24353 del 2010 Rv. 247863, N. 37515 del 2013 Rv. 256658, N. 9756 del 2015 Rv. 262565, N. 48027 del 2016 Rv. 268369, N. 14730 del 2017 Rv. 269429).
Di guisa che la decisione impugnata s’appalesa sul punto immune da censure.
4. Il terzo motivo di ricorso e’ connotato da aspecificita’ in quanto si risolve in una mera critica rivolta alla sentenza impugnata, con il cui tessuto motivazionale il ricorrente omette di confrontarsi.
4.1. Secondo il consolidato orientamento di legittimita’, autorevolmente espresso dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, Galtelli, Rv. 268823, i motivi di ricorso per cassazione sono inammissibili “non solo quando risultano intrinsecamente indeterminati, ma altresi’ quando difettino della necessaria correlazione con le ragioni poste a fondamento del provvedimento impugnato” (Sez. 5, n. 28011 del 15/02/2013, Sammarco, Rv. 255568), in quanto le ragioni di tale necessaria correlazione tra la decisione censurata e l’atto di impugnazione risiedono nel fatto che quest’ultimo “non puo’ ignorare le ragioni del provvedimento censurato” (Sez. 2, n. 11951 del 29/01/2014, Rv. 259425)”.
4.2. L’onere di specificita’ dei motivi di impugnazione si declina ulteriormente nei casi – quale quello in esame – di duplice conforme sentenza di merito, nel senso che il vizio di travisamento della prova puo’ essere dedotto con il ricorso per cassazione sia nell’ipotesi in cui il giudice di appello, per rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, abbia richiamato dati probatori non esaminati dal primo giudice, sia quando entrambi i giudici del merito siano incorsi nel medesimo travisamento delle risultanze probatorie acquisite, purche’ in forma di tale macroscopica o manifesta evidenza da imporre, in termini inequivocabili, il riscontro della non corrispondenza delle motivazioni di entrambe le sentenze di merito rispetto al compendio probatorio acquisito nel contraddittorio delle parti (Sez. 2, Sentenza n.5336 del 09/01/2018 Rv. 272018, Sez. 5, Sentenza n.18975 del 13/02/2017 Rv. 269906, N. 5223 del 2007 Rv. 236130, N. 19710 del 2009 Rv. 243636, N. 4060 del 2014 Rv. 258438, N. 5615 del 2014 Rv. 258432, N. 7986 del 2016 Rv. 269217, N. 44765 del 2013 Rv. 256837).
4.3. Nel caso in esame, la sentenza impugnata ha dato ampio conto della condotta dell’imputato – consistita nell’iscrizione sul sito “eBay”, attraverso il quale e’ stata effettuata l’offerta in vendita del telefono cellulare mai consegnato all’acquirente, mediante utilizzazione dei dati anagrafici di (OMISSIS) – e dell’elemento soggettivo intenzionale, non dispiegando rilievo alcuno l’utilizzo di un nickname e la mancata spendita delle false generalita’ nel corso della transazione, finalizzata alla percezione di un ingiusto profitto.
Ed invero integra il reato di sostituzione di persona (articolo 494 c.p.) la condotta di colui che crei ed utilizzi un “account” ed una casella di posta elettronica o proceda all’iscrizione su un sito e.commerce servendosi dei dati anagrafici di un diverso soggetto, inconsapevole, con il fine di far ricadere su quest’ultimo l’inadempimento delle obbligazioni conseguenti all’avvenuto acquisto di beni mediante la partecipazione ad aste in rete o altri strumenti contrattuali (V. Sez. 3, Sentenza n.12479 del 15/12/2011, dep. 2012, Armellini., Rv. 252227, Sez. 5, Sentenza n.25774 de123/04/2014, Sarlo, Rv. 259303), avendo con siffatta modalita’ l’agente sostituito alla propria l’altrui identita’ per la generalita’ degli utenti in connessione, a prescindere dalla propalazione all’esterno delle diverse generalita’ utilizzate.
Di guisa che la generica doglianza del ricorrente, che rivendica ancora la mancata spendita di generalita’ altrui, non si confronta con il tenore della motivazione che appare, invece, aderente alle emergenze processuali (con particolare riferimento agli esiti delle disposte perquisizioni) e razionalmente giustificata ed e’, pertanto, insindacabile nella presente sede di legittimita’.
5. Alla inammissibilita’ del ricorso, consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al pagamento della somma, che si stima equo determinare in Euro 2000, in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 2.000,00 a favore della Cassa delle ammende.
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