Corte di Cassazione, sezione terza civile, Sentenza 5 maggio 2020, n. 8470.

La massima estrapolata:

In tema di “leasing” traslativo, in caso di risoluzione per inadempimento dell’utilizzatore, la clausola penale che attribuisca al concedente, oltre all’intero importo del finanziamento, anche la proprieta’ e il possesso del bene e’ manifestamente eccessiva in quanto attribuisce vantaggi maggiori di quelli conseguibili dalla regolare esecuzione del contratto, dovendo il giudice effettuare, ai fini della sua riducibilita’ ex articolo 1384 c.c., una valutazione comparativa tra il vantaggio che detta clausola assicura al contraente adempiente e il margine di guadagno che il medesimo si riprometteva legittimamente di trarre dalla regolare esecuzione del contratto

Sentenza 5 maggio 2020, n. 8470

Data udienza 14 novembre 2019

Tag – parola chiave: Contratto di leasing – Utilizzatore che cessa di pagare i canoni – Società di leasing – Richiesta dell’intero importo del contratto – Ripresa della titolarità del bene oggetto del contratto – Esclusione

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente

Dott. VALLE Cristiano – rel. Consigliere

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere

Dott. GUIZZI Stefano Giaime – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso n. 20720/2018 proposto da:
(OMISSIS) S.a.s. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante in carica, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) S.p.a., in persona del legale rappresentante in carica, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 02415/2018 della CORTE d’APPELLO di MILANO, depositata il 19/03/2018;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 14/11/2019 da Dott. Cristiano Valle;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PATRONE Ignazio, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
rilevato che nessuno e’ comparso per le parti.

FATTI DI CAUSA

La Corte di Appello di Milano, con sentenza n. 02415 del 15/05/2018 ha, per quanto ancora rileva in questa sede, confermato l’ordinanza del Tribunale della stessa citta’, resa all’esito di giudizio svoltosi nelle forme di cui agli articoli 702 bis c.p.c. e segg..
Per quanto risulta dalla sentenza impugnata, (OMISSIS) S.a.s., ora (OMISSIS) S.a.s. (OMISSIS) – d’ora in avanti solo (OMISSIS) S.a.s. – convenne in giudizio (OMISSIS) – d’ora in avanti solo (OMISSIS) – S.p.a. chiedendo la declaratoria di nullita’, per superamento del tasso soglia, di due contratti di leasing immobiliare, uno del 2003 e uno del 2005, con condanna della convenuta al ritrasferimento degli immobili e alla restituzione delle somme indebitamente versate dall’attrice o in subordine, accertata la risoluzione dei contratti di leasing, la condanna della (OMISSIS) S.p.a., ex articoli 1384 e 1526 c.c., a restituire gli immobili ovvero i canoni di locazione versati.
Ai fini della migliore comprensione della complessiva vicenda giova rilevare che, come da controricorso di (OMISSIS) S.p.a., la detta Banca aveva gia’ ottenuto, in separato giudizio sommario, con ordinanza non impugnata dalla (OMISSIS) s.a.s., la condanna alla restituzione degli immobili.
La sentenza d’appello e’ gravata, con atto affidato ad otto motivi, dalla (OMISSIS) S.a.s..
Resiste con controricorso, assistito da memoria, (OMISSIS) S.p.a..

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il primo motivo di ricorso censura la sentenza d’appello ai sensi dell’articolo 360, comma 1, nn. 3 e 4, in relazione all’articolo 342 c.p.c.: contesta la motivazione della Corte territoriale in ordine alle modalita’ di redazione dell’atto di gravame.
Il secondo mezzo censura la sentenza ai sensi dell’articolo 360, comma 1, n. 3, in relazione agli articoli 112, 115, 355 e 221 c.p.c. e segg. – violazione e (o) falsa applicazione di norme di diritto – n. 4 – nullita’ del procedimento – e n. 5 omesso esame di fatto decisivo.
Il terzo motivo reitera le stesse censure di cui al secondo, anche con riferimento all’articolo 702 ter c.p.c..
Il quarto motivo propone censure di violazione e (o) falsa applicazione di norme di diritto in relazione agli articoli 342, 352, 356 c.p.c. e vizi di cui all’articolo 360, comma 1, n. 4, in relazione all’articolo 112 c.p.c..
Il quinto mezzo prospetta censure di violazione e (o) falsa applicazione della L. n. 108 del 1996, articoli 1359, 1419 c.c. e articolo 644 c.p., con riferimento al superamento del cd. tasso soglia e di omesso esame di fatto decisivo.
Il sesto motivo deduce violazione e (o) falsa applicazione dell’articolo 1362 c.c., con riferimento alla domanda di riduzione ad equita’ della penale e deduce, altresi’, nullita’ del procedimento.
Il settimo mezzo e’ formulato sull’articolo 360, comma 1, n. 3, in relazione all’articolo 112 c.p.c., articoli 1384 e 1526 c.c. e della L. n. 124 del 2017.
L’ottavo mezzo contesta la regolamentazione delle spese di lite.
Il primo mezzo contiene critiche irrilevanti e, comunque, non pertinenti.
La sentenza d’appello, dopo una lunga premessa sui requisiti di ammissibilita’ dell’appello alla stregua dell’articolo 342 c.p.c., come risultante dalle modifiche apportate dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 54, comma 1, lettera oa), conv. con modificazioni nella L. 7 agosto 2012, n. 134, procede all’esame nel merito dei motivi di impugnazione, cosicche’ le critiche mosse alla parte della pronuncia relativa all’articolo 342 c.p.c., sono inammissibili per mancanza di decisorieta’ delle argomentazioni in esse prospettate.
Il secondo ed il terzo motivo di ricorso censurano entrambi, con critiche mosse ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5, la mancata ammissione della querela di falso in sede di appello e con riferimento al verbale di causa del 27/10/2005.
Anche in questo caso le censure non colgono, complessivamente considerate e pur nella doveroso rilievo della mancata esatta identificazione del “fatto decisivo per il giudizio”, di cui sarebbe stato omesso l’esame, nel segno: la ragione del decidere della Corte territoriale, sul punto della non rilevanza della querela di falso del verbale di causa di primo grado, e precisamente di quello dell’udienza del 27/10/2015, e’ da individuarsi nell’affermazione, contenuta nella motivazione della sentenza impugnata, che la querela non riguardava una questione dirimente ai fini del giudizio, posto che attraverso essa si intendevano veicolare le prove sul comportamento ostruzionistico e di mala fede della (OMISSIS) S.p.a. in ordine alla restituzione degli immobili ed il tutto in un contesto negoziale in cui la concedente non avrebbe avuto un vincolo di vendita, e, quindi, in definitiva su di una questione nuova in fase d’impugnazione di merito e non decisiva. La sentenza impugnata ha, peraltro, dopo avere affermato che la questione relativa all’articolo 1526 c.c., era nuova, preso anche in esame, nel prosieguo della motivazione, la clausola n. 17 del contratto ed ha affermato che essa realizzasse – in seguito si accertera’ se motivando adeguatamente o meno – un equo contemperamento degli interessi delle parti.
Le critiche contenute nei due detti mezzi d’impugnazione, in questa sede prospettate, non incrinano la ragione del decidere in ordine alla adeguatezza del ragionamento decisorio sulla mancata ammissione della querela di falso.
Il quarto motivo di ricorso si appunta sulla mancata ammissione della consulenza tecnico-contabile volta all’accertamento dell’usurarieta’ dei tassi degli interessi convenzionali e moratori di cui ai due contratti di leasing immobiliare.
Il motivo e’ infondato: la Corte di Appello correttamente non ha ammesso la c.t.u., perche’ essa, nella prospettazione della (OMISSIS) S.a.s., avrebbe dovuto accertare la usurarieta’ dei tassi applicati, laddove la domanda originariamente proposta era incentrata sulla usurarieta’ dei tassi pattuiti.
Altrettanto correttamente non e’ stato preso in considerazione l’elaborato del consulente di parte, Dott. (OMISSIS), perche’ prodotto a integrazione del ricorso di primo grado e, quindi, detta perizia di parte non poteva integrare il ricorso stesso in ordine alla non proposta domanda di accertamento della nullita’, in quanto usurari, dei tassi in concreto applicati nel corso del rapporto.
In ogni caso il vizio dedotto non appare sussistente: la verifica del carattere usurario degli interessi moratori non puo’ essere effettuata, come sembra fare parte ricorrente, sommando ad essi quelli corrispettivi.
Il quinto motivo censura il mancato rilievo della usurarieta’ dei tassi degli interessi ai sensi della L. n. 108 del 1996, alla quale sarebbe conseguita la nullita’ della relativa pattuizione. Nel corpo dell’esposizione del motivo parte ricorrente afferma che la domanda proposta in primo grado avrebbe riguardato sia la originaria pattuizione degli interessi che la loro applicazione nel corso del rapporto. Detta affermazione, tuttavia, che sottintende una questione di interpretazione della domanda originaria, non e’ adeguatamente corroborata da parte ricorrente mediante un puntuale richiamo agli atti del primo grado di merito e si infrange sull’affermazione della sentenza d’appello che la domanda aveva ad oggetto (soltanto) la pattuizione originaria di tassi usurari e non anche l’applicazione nel corso dello svolgimento sinallagmatico del rapporto, di tassi usurari.
Il sesto ed il settimo motivo di ricorso possono essere congiuntamente esaminati, in quanto strettamente connessi, poiche’ entrambi incentrati sulla disciplina contrattuale relativa alle conseguenza della risoluzione del contratto di leasing e sulla violazione e (o) falsa applicazione delle regole di ermeneutica contrattuale di cui agli articoli 1362 c.c. e segg.: le critiche si appuntano contro la ritenuta, dalla Corte territoriale, in adesione alla statuizione di primo grado, validita’ della clausola n. 17 che prevede l’acquisizione delle rate riscosse, il diritto al pagamento delle rate future e del prezzo di riscatto detratto solo quanto ricavato dalla eventuale vendita del bene, in violazione dell’articolo 1526 c.c..
Sul punto, a fronte di una specifica prospettazione, adeguatamente riportata in questo caso, della domanda originaria, la sentenza d’appello si mostra carente, in quanto afferma apoditticamente che “Una disciplina, emergente dalle clausole contrattuali, che contempla il diritto ai canoni scaduti e a scadere da parte del concedente, oltre al corrispettivo del riscatto del bene e con previsione di imputazione del corrispettivo ricavato alla vendita e’ gia’ conforme ad equita’, perche’ preclude di per se’ un arricchimento ingiustificato del concedente tramite l’imputazione del valore corrispettivo ricavato dalla vendita dei beni”, in contrasto con l’orientamento di questa Corte (Cass. n. 20840 del 21/08/2018 Rv. 650423-02), al quale il Collegio intende dare seguito nel caso di specie, secondo il quale: “In tema di “leasing” traslativo, in caso di risoluzione per inadempimento dell’utilizzatore, la clausola penale che attribuisca al concedente, oltre all’intero importo del finanziamento, anche la proprieta’ e il possesso del bene e’ manifestamente eccessiva in quanto attribuisce vantaggi maggiori di quelli conseguibili dalla regolare esecuzione del contratto, dovendo il giudice effettuare, ai fini della sua riducibilita’ ex articolo 1384 c.c., una valutazione comparativa tra il vantaggio che detta clausola assicura al contraente adempiente e il margine di guadagno che il medesimo si riprometteva legittimamente di trarre dalla regolare esecuzione del contratto”.
La valutazione della Corte d’appello, sulla non necessita’ di riduzione dell’ammontare della penale di cui alla clausola contrattuale in oggetto (clausola n. 17) non appare, allo stato, adeguatamente effettuata, stante la sola affermazione della adeguatezza della (sola) detta pattuizione ad assicurare il riequilibrio della posizione dei contraenti.
Nella sua ultima parte il settimo motivo di ricorso afferma l’applicabilita’, in luogo dell’articolo 1526 c.c., articolo 1, commi 136-140, L. n. 124 del 2017, quale parametro di riferimento per il giudizio di disvalore sulla condotta di controparte. La detta prospettazione di parte ricorrente non puo’ essere condivisa, in carenza di una specifica disciplina transitoria dettata dalla L. n. 124 del 2017, con la conseguenza che deve ritenersi che essa e’ destinata a regolare contratti stipulati successivamente alla sua entrata in vigore (L. 4 agosto 2017, n. 124 “Legge annuale per il mercato e la concorrenza” in G. U. Serie Generale n. 189 del 14/08/2017, entrata in vigore il 29/08/2017). Il tema, peraltro, e’ stato specificamente affrontato da questa Corte in materia fallimentare, con esiti non univoci (Cass. n. 08980 del 29/03/2019 e Cass. n. 08787 del 29/04/2015).
Il sesto ed il settimo mezzo sono, pertanto, accolti, nei limiti sopra precisati.
L’ottavo mezzo, concernente la regolamentazione delle spese di lite, e’ assorbito dall’accoglimento dei predetti due.
La sentenza impugnata e’ cassata in relazione ai detti sesto e settimo motivo, rigettati i restanti, e la causa rinviata alla stessa Corte di Appello di Milano, in diversa composizione, che, nel procedere a nuovo esame dei fatti rilevanti, si atterra’ a quanto in questa sede statuito.
Il giudice di rinvio provvedera’, altresi’, sulle spese di questo giudizio di cassazione.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, deve darsi atto dell’insussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

accoglie il sesto ed il settimo motivo di ricorso, assorbito l’ottavo; rigetta nel resto;
cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte di Appello di Milano in diversa composizione, anche per le spese di questo giudizio.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

Per aprire la pagina facebook @avvrenatodisa
Cliccare qui

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *