Corte di Cassazione, penale, Sentenza|10 novembre 2020| n. 31345.
In tema di incendio boschivo, l’elemento oggettivo del reato può riferirsi anche ad estensioni di terreno a “boscaglia”, “sterpaglia” e macchia mediterranea”, in quanto l’intento del legislatore è quello di dare tutela a entità naturalistiche indispensabili alla vita.
Sentenza|10 novembre 2020| n. 31345
Tag – parola chiave: Reati contro l’incolumita’ pubblica – Delitti – Incendio – In genere – Incendio boschivo – Elemento oggettivo – “Boschi, selve o foreste” – Nozione.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SIANI Vincenzo – Presidente
Dott. FIORDALISI Domenico – Consigliere
Dott. SARACENO Rosa Anna – Consigliere
Dott. LIUNI Teresa – Consigliere
Dott. CENTONZE Alessandr – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
Avverso la sentenza emessa il 21/12/2018 dalla Corte di appello di Messina;
Sentita la relazione del Consigliere Alessandro Centonze;
Sentite le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, Luigi Orsi, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
Sentito, nell’interesse dell’imputato l’avv. (OMISSIS), che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza emessa il 07/05/2018 il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Patti, procedendo con rito abbreviato, giudicava (OMISSIS) colpevole dei reati ascrittigli ai capi A (articolo 423-bis c.p.) e B (L. 18 aprile 1975, n. 110, articolo 4) unificati dal vincolo della continuazione e, applicata la riduzione per il rito, condannava l’imputato alla pena di due anni e dieci mesi di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali.
2. Con sentenza emessa il 21/12/2018 la Corte di appello di Messina, pronunciandosi sull’impugnazione proposta da (OMISSIS), in parziale riforma della decisione appellata, assolveva l’imputato dal reato di cui al capo B e lo condannava per il residuo reato di cui al capo A alla pena di due anni e otto mesi di reclusione.
La sentenza di primo grado, nel resto, veniva confermata.
3. Da entrambe le sentenze di merito, che divergevano nei termini di cui si e’ detto, emergeva il coinvolgimento di (OMISSIS) nell’incendio boschivo appiccato in una zona situata tra le contrade (OMISSIS), ubicate nel territorio del Comune di Frazzano, provocando la distruzione di un’area di macchia mediterranea dell’estensione di 500 metri quadri.
Il coinvolgimento di (OMISSIS) si riteneva dimostrato sulla base degli accertamenti condotti nell’immediatezza dei fatti dai Carabinieri della Stazione di Mirto, che attestavano la presenza dell’imputato nella zona dove si era verificato l’incendio boschivo di cui si controverte, nella quale il ricorrente operava, svolgendovi l’attivita’ di allevatore.
In occasione del controllo dei Carabinieri di Mirto, in particolare, il ricorrente veniva trovato mentre percorreva l’unica strada di accesso all’area dove si era verificato l’incendio boschivo, in possesso di due accendini e con i vestiti impregnati di fumo, come attestato nel verbale di arresto in flagranza di reato di (OMISSIS) redatto il (OMISSIS).
Sulla scorta di tale ricostruzione degli accadimenti criminosi l’imputato veniva condannato alle pene di cui in premessa.
4. Avverso la sentenza di appello l’imputato (OMISSIS), a mezzo dell’avv. (OMISSIS), ricorreva per cassazione, deducendo tre motivi di ricorso.
Con il primo motivo di ricorso si deducevano violazione di legge e vizio di motivazione della sentenza impugnata, conseguenti al fatto che la decisione in esame risultava sprovvista di un percorso argomentativo che desse esaustivamente conto della configurazione del reato ascritto a (OMISSIS) ex articolo 423-bis c.p., che appariva smentita dagli esiti della consulenza tecnica di parte, ritualmente acquisita al fascicolo processuale, che non consentiva di prefigurare l’incendio boschivo contestato.
Con il secondo motivo di ricorso si deducevano violazione di legge e vizio di motivazione della sentenza impugnata, conseguenti al fatto che la decisione in esame risultava sprovvista di un percorso argomentativo che desse esaustivamente conto degli elementi probatori indispensabili ai fini della formulazione del giudizio di responsabilita’ nei confronti dell’imputato, che non poteva essere identificato quale autore dell’incendio boschivo contestato al capo A sulla base delle emergenze processuali.
Con il terzo motivo di ricorso si deducevano violazione di legge e vizio di motivazione della sentenza impugnata, conseguenti al fatto che la decisione in esame risultava sprovvista di un percorso argomentativo che desse esaustivamente conto del trattamento sanzionatorio irrogato a (OMISSIS), censurato per la sua eccessivita’ e per la mancata concessione delle attenuanti generiche.
Le considerazioni esposte imponevano l’annullamento della sentenza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso proposto da (OMISSIS) e’ inammissibile.
2. Deve ritenersi inammissibile il primo motivo di ricorso, con cui si deducevano violazione di legge e vizio di motivazione della sentenza impugnata, conseguenti al fatto che la decisione in esame risultava sprovvista di un percorso argomentativo che desse esaustivamente conto della configurazione del reato ascritto a (OMISSIS) al capo A, che appariva smentita dagli esiti della consulenza tecnica di parte, ritualmente acquisita al fascicolo processuale, che non consentiva di prefigurare l’incendio boschivo contestato.
Osserva il Collegio che la qualificazione dei fatti di reato ascritti al ricorrente ex articolo 423-bis c.p., cosi’ come effettuata dalla Corte di appello di Messina, risulta immune da censure e conforme alla giurisprudenza di legittimita’ consolidata.
Si consideri che, per la configurazione della fattispecie di cui all’articolo 423-bis c.p., e’ necessaria la sussistenza di connotazioni oggettive afferenti alle caratteristiche morfologiche dell’area boschiva alla quale si appiccano le fiamme, certamente ricorrenti nel caso in esame.
Deve, in proposito, rilevarsi che l’area coinvolta dalle fiamme appiccate da (OMISSIS) e’ certamente sussumibile nella nozione di incendio boschivo elaborata da questa Corte, secondo cui: “L’elemento oggettivo del reato di incendio boschivo (articolo 423 bis c.p., introdotto dal Decreto Legge n. 220 del 2000, conv. nella L. n. 275 del 2000) puo’ riferirsi anche ad estensioni di terreno a “boscaglia”, “sterpaglia” e “macchia mediterranea”, atteso che l’intento del legislatore e’ quello di dare tutela a entita’ naturalistiche indispensabili alla vita” (Sez. 1, n. 14209 del 04/03/2008, Di Girolamo, Rv. 239766-01; si veda, in senso sostanzialmente conforme, anche Sez. 1, n. 23411 del 24/03/2015, Grammatico, Rv. 263897-01).
Tenuto conto di questi parametri ermeneutici, la zona interessata dal fuoco appiccato da (OMISSIS) risponde certamente, per le sue caratteristiche morfologiche, alle connotazioni richiamate, insistendo su una porzione territoriale situata in un’area posta tra le contrade (OMISSIS), ubicate nel territorio del Comune di Frazzano, dove erano presenti arbusti che davano vita a una diffusa macchia mediterranea, la cui conformazione non risulta smentita dalla consulenza tecnica richiamata dalla difesa del ricorrente.
Su questi profili, il provvedimento in esame si soffermava analiticamente a pagina 3, evidenziando correttamente che la presenza di un’area cespugliata piena di arbusti di macchia mediterranea doveva ritenersi idonea a prefigurare l’ipotesi delittuosa ascritta al ricorrente al capo A, ai sensi dell’articolo 423-bis c.p..
Queste ragioni impongono di ribadire l’inammissibilita’ del primo motivo di ricorso.
3. Parimenti inammissibile deve ritenersi il secondo motivo di ricorso, con cui si si deducevano violazione di legge e vizio di motivazione della sentenza impugnata, conseguenti al fatto che la decisione in esame risultava sprovvista di un percorso argomentativo che desse esaustivamente conto degli elementi probatori indispensabili ai fini della formulazione del giudizio di responsabilita’ nei confronti di (OMISSIS), che non poteva essere identificato quale autore dell’incendio boschivo contestato al capo A, sulla base delle emergenze processuali.
La Corte di appello di Messina, invero, evidenziava che il compendio probatorio acquisito, tenuto conto degli accertamenti di polizie giudiziaria eseguiti nell’immediatezza dei fatti dai Carabinieri della Stazione di Mirto, risultava univocamente orientato in senso sfavorevole all’imputato, che era l’unico soggetto presente nell’area boschiva, particolarmente isolata, dove si era verificato l’incendio.
Si consideri, in proposito, che, in occasione del controllo dei Carabinieri della Stazione di Mirto da cui traeva origine il presente procedimento, il ricorrente veniva trovato mentre percorreva l’unica strada di accesso alla zona dove si era verificato l’incendio, in possesso di due accendini e con i vestiti impregnati di fumo, come attestato dal verbale di arresto in flagranza di reato di (OMISSIS) redatto il (OMISSIS).
In questa cornice, non era possibile prendere in considerazione l’ipotesi alternativa prospettata in termini esclusivamente ipotetici dalla difesa del ricorrente, che, oltre a essere smentita dal compendio probatorio che si e’ richiamato, si sarebbe posta in contrasto con la giurisprudenza consolidata di questa Corte, secondo cui: “In tema di valutazione della prova, il ricorso al criterio di verosimiglianza e alle massime d’esperienza conferisce al dato preso in esame valore di prova se puo’ escludersi plausibilmente ogni spiegazione alternativa che invalidi l’ipotesi all’apparenza piu’ verosimile, ponendosi, in caso contrario, tale dato come mero indizio da valutare insieme con gli altri elementi risultanti dagli atti” (Sez. 6, n. 5905 del 29/11/2011, dep. 2012, Brancucci, Rv. 252066-01; si veda, in senso sostanzialmente conforme, anche Sez. 4, n. 22790 del (OMISSIS), Mazzeo, Rv. 272995-01).
Le considerazioni esposte impongono di ribadire l’inammissibilita’ del secondo motivo di ricorso.
4. Analogo giudizio di inammissibilita’ deve essere espresso per il terzo motivo di ricorso, con cui si deducevano violazione di legge e vizio di motivazione della sentenza impugnata, conseguenti al fatto che la decisione in esame risultava sprovvista di un percorso argomentativo che desse esaustivamente conto del trattamento sanzionatorio irrogato a (OMISSIS), censurato per la sua eccessivita’ e per la mancata concessione delle attenuanti generiche.
Non puo’, in proposito, non rilevarsi che il giudizio dosimetrico formulato dalla Corte territoriale messinese appare congruo e conforme alle emergenze probatorie, atteso che le connotazioni, oggettive e soggettive, della condotta illecita dell’imputato non consentivano il riconoscimento delle attenuanti generiche, invocate nel giudizio di appello dal suo difensore, su cui ci si soffermava in termini ineccepibili a pagina 5 della sentenza impugnata, richiamando la “gravita’ della condotta posta in essere (…)”, alla quale non si contrapponevano indicatori favorevoli al ricorrente (Sez. 2, n. 30228 del 05/06/2014, Vernucci, Rv. 260054-01; Sez. 6, n. 2642 del 14/01/1999, Catone, Rv. 212804-01).
Le considerazioni esposte impongono di ribadire l’inammissibilita’ del terzo motivo di ricorso.
5. Per queste ragioni, il ricorso proposto da (OMISSIS) deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle Ammende, determinabile in tremila Euro, ai sensi dell’articolo 616 c.p.p..
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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