In tema di droghe leggere si utilizza il nuovo minimo edittale

Corte di Cassazione, sezione terza penale, Sentenza 20 luglio 2018, n. 34117.

La massima estrapolata:

In tema di droghe leggere si utilizza il nuovo minimo edittale previsto dalla nuova legge al posto di quella dichiarata incostituzionale, anche se quest’ ultima prevedeva un minimo edittale che non avrebbe rappresentato una condanna per l’imputato.

Sentenza 20 luglio 2018, n. 34117

Data udienza 14 febbraio 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAVALLO Aldo – Presidente

Dott. GALTERIO Donatella – Consigliere

Dott. DI STASI Antonella – Consigliere

Dott. CORBETTA Stefano – Consigliere

Dott. GAI Emanuela – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nata a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 24/01/2017 della Corte d’appello di Bari;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa GAI Emanuela;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa PICARDI Antonietta, che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio per prescrizione.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 24 gennaio 2017, la Corte d’appello di Bari ha confermato la sentenza del Tribunale di Foggia – sez. dist. di Manfredonia, che, in data 3 dicembre 2008, aveva condannato (OMISSIS), in relazione al reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 73, comma 1 bis, per la detenzione a fini di spaccio di grammi 47,306 di hashish, fatto commesso in (OMISSIS), riconosciuta l’ipotesi lieve prevalente sulla recidiva specifica e infraquinquennale, alla pena di anni uno di reclusione e Euro 3000 di multa.
2. Avverso la sentenza ha presentato ricorso (OMISSIS), a mezzo del difensore di fiducia, e ne ha chiesto l’annullamento deducendo, quale unico motivo, la violazione di legge in relazione all’articolo 157 cod. pen..
La Corte d’appello avrebbe omesso di valutare l’intervenuta prescrizione del reato per effetto della pronuncia della sentenza della Corte costituzionale n. 32 del 2014, con conseguente applicazione, per le ipotesi di cui all’articolo 73, comma 5, della disciplina piu’ favorevole previgente in conseguenza della natura di reato autonomo della fattispecie, con favorevoli effetti in termine di prescrizione del reato, essendo decorsi anni sette e mesi sei.
In data 6 febbraio 2018, la difesa ha depositato memoria scritta con cui ha insistito nell’accoglimento del ricorso.
3. In udienza, il Procuratore generale ha chiesto l’annullamento della sentenza limitatamente al trattamento sanzionatorio.

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. Il ricorso e’ fondato per ragioni diverse da quelle indicate dal ricorrente. Non e’ fondata l’eccezione di prescrizione del reato, come argomentata dalla ricorrente, ma va rilevata d’ufficio l’illegalita’ della pena applicata e la sentenza va annullata in punto trattamento sanzionatorio per un nuovo giudizio sul punto.
5. Deve preliminarmente evidenziarsi che il ricorrente muove da una premessa errata, ovvero che dalla pronuncia di incostituzionalita’, ad opera della sentenza n. 32 del 2014 della Corte costituzionale, deriverebbe la riviviscenza dell’originaria previsione del Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 73, comma 5, quale reato autonomo con autonoma previsione dei termini di prescrizione che sarebbero maturati.
La Corte costituzionale ha chiarito, al par. 3, che “E’ appena il caso di aggiungere che, alla luce delle considerazioni sopra svolte, risulta evidente che nessuna incidenza sulle questioni sollevate possono esplicare le modifiche apportate al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5, dal Decreto Legge 23 dicembre 2013, n. 146, articolo 2 (Misure urgenti in tema di tutela dei diritti fondamentali dei detenuti e di riduzione controllata della popolazione carceraria), convertito, con modificazioni, dalla L. 21 febbraio 2014, n. 10, articolo 1, comma 1. Trattandosi di ius superveniens che riguarda disposizioni non applicabili nel giudizio a quo, non si ravvisa la necessita’ di una restituzione degli atti al giudice rimettente, dal momento che le modifiche, intervenute medio tempore, concernono una disposizione di cui e’ gia’ stata esclusa l’applicazione nella specie, e sono tali da non influire sullo specifico vizio procedurale lamentato dal giudice rimettente in ordine alla formazione della legge di conversione n. 49 del 2006, con riguardo a disposizioni differenti. Inoltre, gli effetti del presente giudizio di legittimita’ costituzionale non riguardano in alcun modo la modifica disposta con il Decreto Legge n. 146 del 2013, sopra citato, in quanto stabilita con disposizione successiva a quella qui censurata e indipendente da quest’ultima”.
6.- Nondimeno, la modifica legislativa intervenuta ad opera del Decreto Legge 23 dicembre 2013, n. 146, articolo 2, convertito, con modificazioni, dalla L. 21 febbraio 2014, n. 10, articolo 1, comma 1, che trasformato la fattispecie circostanziale di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5 in ipotesi autonoma di reato, sottraendola cosi’ al giudizio di comparazione fra circostanze, e la successiva disposizione di modifica, ad opera del Decreto 20 marzo 2014, n. 36, convertito con modificazioni dalla L. 16 maggio 2014, n. 79, la quale e’ intervenuta sull’impianto sanzionatorio dell’articolo 73, comma 5 riducendo le pene, ha certamente rilievo ai fini della determinazione del tempo di prescrizione del reato (ora pari ad anni sette e mesi sei tenuto conto della pena ora prevista della reclusione da sei mesi a quattro anni e multa da Euro 1.032,00 a Euro 10.329,00), essendo indubbia la sua applicazione in quanto norma piu’ favorevole.
7.- Peraltro, deve rammentarsi che, a mente dell’articolo 157 c.p., comma 2 e articolo 161 c.p., comma 2, nel termine di prescrizione ordinario e per effetto dell’interruzione, deve tenersi conto della recidiva specifica ex articolo 99 c.p., comma 2 ritenuta in sentenza e posta nel bilanciamento ex articolo 69 cod. pen. con l’allora circostanza attenuante del fatto di lieve entita’ Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, ex articolo 73, comma 5. Per effetto del calcolo del termine a prescrivere tenuto conto della recidiva che comporta, nel caso in esame, l’aumento di pena della meta’, il reato non e’ prescritto (prescrivendosi il 26 luglio 2021). Ed infatti, come e’ stato ripetutamente affermato la recidiva specifica e infraquinquennale, quale circostanza ad effetto speciale, incide sul calcolo del termine prescrizionale minimo del reato, ai sensi dell’articolo 157 c.p., comma 2, e, in presenza di atti interruttivi, anche, contemporaneamente, su quello del termine massimo, ex articolo 161, comma 2, cod. pen. (Sez. 3, n. 50619 del 30/01/2017, Zandomeneghi, Rv. 271802).
8.- Nel caso in esame, per le ragioni esposte ai par. 5-6 del considerato in diritto, viene in rilevo l’illegalita’ della pena applicata alla ricorrente per effetto della modifica legislativa ad opera del Decreto 20 marzo 2014, n. 36, convertito con modificazioni dalla L. 16 maggio 2014, n. 79, la quale e’ intervenuta sull’impianto sanzionatorio dell’articolo 73, comma 5 riducendo le pene, norma piu’ favorevole che trova applicazione essendo la pronuncia del Tribunale, confermata nel giudizio di appello, del 3 dicembre 2008 e, dunque, in epoca antecedente alla citata modifica legislativa.
Con riferimento alla sentenza di condanna per illecita detenzione di droghe “leggere”, le Sezioni Unite di questa Corte hanno stabilito che la pena determinata dal giudice deve ritenersi illegale quando la quantificazione sia stata operata attraverso un procedimento di commisurazione che si sia basato sui limiti edittali del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73 come modificato dalla L. n. 49 del 2006, in vigore al momento del fatto, ma dichiarato successivamente incostituzionale con sentenza n. 32 del 2014, anche nel caso in cui la pena concretamente inflitta sia compresa entro i limiti edittali previsti dall’originaria formulazione del medesimo articolo, prima della novella del 2006, rivissuto per effetto della stessa sentenza di incostituzionalita’ (Sez. U, n. 33040 del 26/2/2015, Jazouli, Rv. 264205). Osservano le Sezioni Unite che “la valutazione del giudice nella commisurazione della pena ha come imprescindibile presupposto la valutazione del legislatore che, a sua volta, deve essere espressione di un corretto esercizio del principio di colpevolezza e di proporzionalita’. Con riferimento a questi principi deve escludersi che possa essere conservata, in quanto legittima, sotto il profilo del principio costituzionale di proporzione tra offesa e pena, la pena determinata in relazione ad una cornice edittale prevista da una norma dichiarata incostituzionale e, quindi, inesistente sin dalla sua origine”.
Deve, infine, rilevarsi e Sezioni Unite (Sez. U, n. 46653 del 26/06/2015 – dep. 25/11/2015, Della Fazia, Rv. 265111) hanno stabilito il principio che alla applicazione della nuova normativa nei processi in corso, in quanto piu’ favorevole, non sia di ostacolo l’inammissibilita’ del ricorso trattandosi di questione che deve essere rilevata di ufficio ex articolo 609 cod. proc. pen. anche in presenza di ricorso manifestamente infondato e privo di censure in ordine al trattamento sanzionatorio.
9.- L’illegalita’ della pena, nel caso in esame, impone, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio ad altra Sezione della Corte d’appello di Bari, limitatamente alla rideterminazione della pena, con conseguente irrevocabilita’ della presente sentenza per cio’ che concerne l’accertamento del reato e della responsabilita’.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Bari.

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