Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|16 novembre 2020| n. 25876.
In tema di contratto d’opera intellettuale, il problema tecnico di speciale difficoltà di cui all’art. 2236 cod. civ., in base al quale la responsabilità del professionista è limitata alle sole ipotesi di dolo o colpa grave, ricomprende non solo la necessità di risolvere problemi insolubili o assolutamente aleatori, ma anche l’esigenza di affrontare problemi tecnici nuovi, di speciale complessità, che richiedano un impegno intellettuale superiore alla media, o che non siano ancora adeguatamente studiati dalla scienza. Nel campo medico essa non è identificabile con la mera complicanza, la quale ben può ricorrere in intervento di natura routinaria, salvo la prova da parte del sanitario della presenza del problema tecnico di speciale difficoltà
Ordinanza|16 novembre 2020| n. 25876
Data udienza 21 settembre 2020
Integrale
Tag/parola chiave: Responsabilità sanitaria – Risarcimento danni – Presupposti – Articoli 1176 e 2236 cc – Onere della prova – Articolo 2697 cc – Elementi probatori – Ctu – Valutazione del giudice di merito
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente
Dott. SCODITTI Enrico – rel. Consigliere
Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere
Dott. PORRECA Paolo – Consigliere
Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 26007-2018 proposto da:
AZIENDA UNITA’ SANITARIA LOCALE DI RIETI, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende;
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 2027/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 29/03/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21/09/2020 dal Consigliere Dott. ENRICO SCODITTI.
RILEVATO
che:
(OMISSIS) convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Rieti l’Azienda Asl di Rieti chiedendo la condanna al risarcimento del danno nella misura di Euro 1.032.785,82 conseguente alla patologia di sindrome amnesica anterograda residuata a coma ipoglicemico e da porre in relazione causale all’errata somministrazione di insulina da parte di infermiere del servizio “(OMISSIS)” in soggetto affetto da diabete mellito. Il Tribunale adito, previa CTU, accolse la domanda, condannando la convenuta al pagamento della somma di Euro 262.600,00. Avverso detta sentenza propose appello l’Azienda Asl di Rieti. Con sentenza di data 29 marzo 2018 la Corte d’appello di Roma rigetto’ l’appello.
Osservo’ la corte territoriale che il CTU, pur avendo evidenziato difficolta’ interpretative della crisi del paziente (il quale presentava un quadro compatibile con il coma iperglicemico), aveva affermato che, sia che il paziente avesse versato in coma iperglicemico sia che avesse versato in coma ipoglicemico, comunque, in considerazione del comprovato coma ipoglicemico riscontrato presso l’ospedale di (OMISSIS), la somministrazione di insulina era apparsa una scelta errata, e che delle due l’una, o l’ipoglicemia era stata provocata da un eccessivo quantitativo di insulina o il coma era stato, fin dall’inizio, ipoglicemico e, di conseguenza, la terapia non adeguata. Aggiunse che l’ambulanza dell’ospedale di (OMISSIS) era intervenuta quando era gia’ stata praticata la terapia insulinica dall’infermiere appartenente alla Asl appellante, in una situazione quindi gia’ compromessa (e limitandosi il personale dell’ospedale di (OMISSIS) a contenere i danni), e che l’appellante non aveva indicato in quale modo l’intervento avrebbe potuto interrompere il nesso di causalita’. Preciso’ che un’eventuale corresponsabilita’ si sarebbe potuta accertare in separata sede, trattandosi di responsabilita’ solidale. Osservo’ inoltre, in relazione al concorso colposo del paziente accertato dal Tribunale nella misura del 20% per la dimenticanza del farmaco imputabile al paziente medesimo, che un intervento terapeutico adeguato avrebbe potuto interrompere il processo patologico innescato dalla mancata assunzione del farmaco per colpa del paziente, mentre nella specie vi era stato un errore professionale, quanto meno per dosaggio terapeutico eccessivo, che non aveva interrotto il coma, prolungandolo fino al ricovero in ospedale, e che aveva percio’ avuto un’efficacia diretta concausale nella produzione dell’evento.
Ha proposto ricorso per cassazione l’Azienda Unita’ Sanitaria Locale di Rieti sulla base di tre motivi e resiste con controricorso la parte intimata. E’ stato fissato il ricorso in camera di consiglio ai sensi dell’articolo 380 bis.1 c.p.c.. E’ stata presentata memoria.
CONSIDERATO
che:
con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’articolo 1176 c.c., comma 2, articoli 2236 e 2697 c.c., ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva la parte ricorrente che il giudice di appello avrebbe dovuto considerare la speciale difficolta’ dell’intervento risultante dalla CTU, sicche’ il danno andava escluso per colpa lieve e che l’infermiere della AUSL di Rieti ha tenuto una condotta del tutto coerente alla sintomatologia del paziente.
Il motivo e’ infondato. Va premesso che il problema tecnico di speciale difficolta’ di cui all’articolo 2236, in base al quale la responsabilita’ del professionista e’ limitata alle sole ipotesi di dolo o colpa grave, ricomprende non solo la necessita’ di risolvere problemi insolubili o assolutamente aleatori, ma anche l’esigenza di affrontare problemi tecnici nuovi, di speciale complessita’, che richiedano un impegno intellettuale superiore alla media, o che non siano ancora adeguatamente studiati dalla scienza (Cass. 31 luglio 2015, n. 16274). Nel campo medico essa non e’ identificabile con la mera complicanza (Cass. 22 novembre 2012, n. 20586), la quale ben puo’ ricorrere in intervento di natura routinaria, salvo la prova da parte del sanitario della presenza del problema tecnico di speciale difficolta’ (Cass. 13 ottobre 2017, n. 24074).
La difficolta’ interpretativa della crisi del paziente, evidenziata dalla CTU nei termini di una compatibilita’ con il coma iperglicemico, non e’ suscettibile di qualificazione nei termini di problema tecnico di speciale difficolta’, apparendo piuttosto una complicanza insorta nel corso dell’intervento. La mera difficolta’ del quadro sintomatologico non pare di per se’ capace, in mancanza di altre circostanze, di ascendere allo stadio del problema tecnico di speciale difficolta’. Che di complicanza si sia trattato, lo si evince anche dal giudizio di fatto del giudice di merito il quale ha valutato come errata la somministrazione di insulina in modo indipendente dall’interpretazione della crisi del paziente, avendo precisato che delle due l’una, o il coma ipoglicemico, in cui il paziente versava al momento dell’ingresso nell’ospedale, era stato provocato da un eccessivo quantitativo di insulina o il coma era stato, fin dall’inizio, ipoglicemico e, di conseguenza, la terapia non era stata adeguata. Alla stregua di tale giudizio di fatto, reputando la sintomatologia compatibile con un corna iperglicemico, secondo quanto sarebbe apparso in un primo momento (come evidenziato dalla CTU), il quantitativo di insulina somministrato sarebbe stato eccessivo.
Quanto infine alla dedotta coerenza della condotta del sanitario alla sintomatologia, trattasi di censura contrastante con il giudizio di fatto del giudice di merito ed involgente quindi un piano non sindacabile nella presente sede di legittimita’.
Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’articolo 1176 c.c., comma 2, articoli 1223 e 2697 c.c., ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva la parte ricorrente che la condotta antecedente l’intervento dei sanitari di (OMISSIS), ove incongrua, ha rappresentato un mero antecedente della ragione terminale del danno, da individuarsi invece nella condotta omissiva dei predetti sanitari, i quali non hanno proceduto ad indagini strumentali di immediata possibilita’ ne’ a terapia antagonistica, e che la condotta dei sanitari di (OMISSIS) costituisce dunque la causa sopravvenuta ed efficiente dal danno, quanto meno con valutazione di equivalenza causale e modificazione del diritto risarcitorio nei confronti dei sanitari di Rieti.
Il motivo e’ inammissibile. La censura attiene al giudizio di fatto in ordine all’esistenza del rapporto di causalita’. L’accertamento dell’esistenza del nesso eziologico spetta al giudice di merito (Cass. n. 14358 del 2018), mentre compete a questa Corte, salvo il sindacato in ordine alla denuncia di vizio motivazionale, il controllo se nello svolgimento del giudizio di fatto il giudice di merito abbia rispettato le connotazioni normative del rapporto causale fra condotta e danno. La ricorrente non denuncia il mancato rispetto delle coordinate normative del nesso eziologico ma l’erronea attribuzione di tale nesso ad una condotta anziche’ ad un’altra. In tali limiti la censura corrisponde ad un’istanza di rivalutazione del giudizio di merito, inammissibile nella presente sede di legittimita’.
Ove poi la censura miri al riconoscimento dell’imputabilita’ dell’evento di danno ad una pluralita’ di fattori causali umani, si rientra nel regime della responsabilita’ solidale, come affermato dal giudice di merito, sicche’ la questione rileva solo nel rapporto interno fra danneggianti.
Con il terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’articolo 1176 c.c., comma 2, articoli 1223 e 2697 c.c., ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva la parte ricorrente che il giudice di appello non ha scomputato la parte di danno formatasi prima del sopraggiungere dell’autoambulanza del “(OMISSIS)” e non ha quindi riconosciuto solo il danno differenziale quale danno costituente la conseguenza immediata e diretta dell’inadempimento.
Il motivo e’ inammissibile. La questione del danno differenziale concerne il caso in cui un sinistro sia idoneo ad aggravare i postumi residuati da un precedente sinistro, avente causa umana o naturale. Si tratta pertanto di danno evento che sopravviene ad altro evento peggiorando lo stato di salute del danneggiato (cfr. da ultimo Cass. n. 28990 del 2019 e n. 28986 del 2019). Trattasi di questione che non riguarda la ratio decidendi di cui alla sentenza impugnata, nella quale non viene in rilievo la differenza fra uno stato antecedente ed uno stato successivo di salute, ma il ciclo causale dell’unico evento di danno, rispetto al quale, come emerge dalla sentenza impugnata, e’ stato accertato il contributo causale del danneggiato nella misura del 20%. Il motivo, non intercettando la ratio decidendi, e’ pertanto privo di decisivita’.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
Poiche’ il ricorso e’ stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 e viene disatteso, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, che ha aggiunto il comma 1 – quater al testo unico di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13 della sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimita’, con distrazione in favore del procuratore anticipatario e che liquida in Euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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