Consiglio di Stato, Sezione quinta, Sentenza 30 dicembre 2019, n. 8906
La massima estrapolata:
In merito all’illecito di cui all’art. 80, comma 5, lett. f-bis), d.lgs. n. 50 del 2016, e cioè di dichiarazione non veritiera in relazione alla mancata comunicazione di precedenti penali, l’ipotesi di falsità ricorre solo a fronte di una immutatio veri, e cioè di rappresentazione della realtà difforme da quella effettiva.
Sentenza 30 dicembre 2019, n. 8906
Data udienza 12 dicembre 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quinta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4265 del 2019, proposto da
-OMISSIS-in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Pi. Ca. e Ma. Ia., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Pi. Ca. in Roma, via (…);
contro
-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Ug. Lu. Sa. De Lu., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via (…);
-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Fr. Co., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio Sezione Seconda n. -OMISSIS-, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del -OMISSIS- e della -OMISSIS-;
Visti tutti gli atti della causa;
Visti gli artt. 74 e 120, comma 10, Cod. proc. amm.;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 12 dicembre 2019 il Cons. Alberto Urso e uditi per le parti gli avvocati Ia., Pa. Ca. su delega di Co., De Lu.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con bando pubblicato sulla Guue il 3 maggio 2018, -OMISSIS- indiceva procedura di gara per l’affidamento del servizio di assistenza al carico, trasporto e scarico di combustibile solido (“CDR/CSS – CER 191210”) e per l’assistenza al carico, caricamento, trasporto e scarico dei rifiuti urbani residui indifferenziati (“RUR indifferenziato – CER 200301”) prodotti negli impianti e nelle trasferenze della stessa -OMISSIS- per un periodo di dodici mesi (due lotti)
-OMISSIS- si collocava al primo posto nella graduatoria provvisoria in relazione al primo lotto; con provvedimento del 31 luglio 2018 veniva tuttavia escluso per mancata dimostrazione dei requisiti, non risultando caricata sul sistema AVCPass la necessaria documentazione.
2. -OMISSIS- proponeva ricorso avverso l’esclusione e, con motivi aggiunti, impugnava l’aggiudicazione nelle more disposta – all’esito di esclusione dell’operatore secondo classificato – a beneficio del terzo graduato il -OMISSIS- capeggiato da -OMISSIS-.
3. Il Tribunale amministrativo, nella resistenza di -OMISSIS-nonché della -OMISSIS- – che interponeva a sua volta ricorso incidentale avverso il medesimo provvedimento d’espulsione, deducendo la sussistenza di ulteriori cause di esclusione a carico del -OMISSIS- – respingeva il ricorso principale, accoglieva parzialmente i motivi aggiunti annullando l’aggiudicazione in favore del -OMISSIS- -OMISSIS-, e dichiarava improcedibile per sopraggiunta carenza d’interesse il ricorso incidentale; respingeva inoltre sia la domanda risarcitoria, sia quella di subentro nell’eventuale contratto proposte dal -OMISSIS-
4. Avverso la sentenza ha proposto appello l’-OMISSIS-coi seguenti motivi di gravame:
I) error in iudicando: illegittimità della sentenza per erroneo inquadramento giuridico e travisamento dei presupposti di fatto sulla correttezza dell’iter valutativo della stazione appaltante in merito alle condanne penali eventualmente rilevanti ai fini dell’esclusione dalla procedura; violazione dell’art. 80 d.lgs. n. 50 del 2016;
II) error in iudicando: illegittimità della sentenza per erroneo inquadramento giuridico e travisamento dei presupposti di fatto; violazione e falsa applicazione dell’art. 80 d.lgs. n. 50 del 2016; violazione dell’art. 57, par. 7, Direttiva 2014/24/UE.
5. Si sono costituiti in giudizio il -OMISSIS-, che ha chiesto il rigetto dell’appello, e la -OMISSIS-, che ne ha domandato l’accoglimento e, successivamente, la declaratoria d’improcedibilità .
6. Sulla discussione delle parti all’udienza pubblica del 12 dicembre 2019, come da verbale, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. Va preliminarmente esaminata l’eccezione d’improcedibilità dell’appello sollevata con memoria difensiva dalla -OMISSIS- a fronte della nuova gara indetta dall’-OMISSIS-per il medesimo servizio con bando pubblicato sulla Gazzetta ufficiale del -OMISSIS-.
Secondo la -OMISSIS- l’indizione di nuova gara in conformità con le statuizioni della sentenza appellata darebbe luogo ad acquiescenza sostanziale di -OMISSIS- alla decisione, procurando al contempo piena soddisfazione – in difetto di appello incidentale del -OMISSIS- – all’interesse da quest’ultimo perseguito in primo grado, sicché lo stesso appello principale risulterebbe ormai improcedibile per difetto d’interesse.
1.1. L’eccezione non è condivisibile.
L’-OMISSIS-s’è determinata alla riedizione della gara a fronte della sentenza esecutiva di primo grado che a ciò preludeva (risultandone esclusi i concorrenti rimasti in gara), nonché alla luce della diffida a tal fine rivolta dal -OMISSIS- (cfr. lettera -OMISSIS-del 30 luglio 2019, in atti, che menziona tale diffida, espressamente richiamata dall’appellante anche in memoria di replica, par. 10, senza alcuna specifica contestazione sul punto dalle altre parti).
In proposito la condivisibile giurisprudenza di questo Consiglio di Stato ha evidenziato che “l’acquiescenza alla sentenza non è desumibile dall’esecuzione della sentenza di primo grado che, qualora non sia stata sospesa, è doverosa per l’amministrazione soccombente, tranne nel caso in cui, nell’ambito dell’esecuzione intrapresa, quest’ultima dichiari in modo espresso di accettare la decisione o comunque tale accettazione sia inequivocabilmente evincibile dal complessivo comportamento tenuto” (inter multis, Cons. Stato, V, 21 ottobre 2019, n. 7134; 11 giugno 2019, n. 3911; IV, 2 gennaio 2019, n. 16; V, 21 giugno 2017, n. 3030; 7 giugno 2017, n. 2733; IV, 23 giugno 2015, n. 3182).
A ciò si aggiunga che, anche sul piano sostanziale, la stazione appaltante può ben avere interesse a tener fermi nel caso gli effetti della gara già eseguita, evitando così di dover portare a conclusione quella di nuova indizione; né rileva al riguardo che l’originario ricorrente risulti soddisfatto dalla mera riedizione della gara, atteso che la valutazione dell’interesse pubblico di cui l’amministrazione è portatrice può apparirle contraddetto dall’accoglimento dei motivi aggiunti in primo grado: sicché è plausibile che l’-OMISSIS-intenda ottenere la riforma della sentenza ai fini del consolidamento degli effetti dell’originaria procedura, oggetto del giudizio.
Di qui l’infondatezza dell’eccezione d’improcedibilità dell’appello.
2. Col primo motivo di gravame l’-O-OMISSIS-SSIS-si duole dell’accoglimento (pur parziale) dei motivi aggiunti proposti dal -O-OMISSIS-SSIS-, e in particolare della ritenuta sussistenza di una causa d’esclusione in capo alla -O-OMISSIS-SSIS- a fronte dell’omessa comunicazione di alcune condanne penali del rappresentante della ditta -OMISSIS- mandante del -O-OMISSIS-SSIS- capeggatio dalla stessa -O-OMISSIS-SSIS-.
Rileva in proposito l’appellante che le condanne non comunicate erano irrilevanti, in quanto relative a reati non rientranti nella previsione di cui all’art. 80, comma 1, d.lgs. n. 50 del 2016, e comunque espressamente considerati e valutati dal responsabile del procedimento – con particolare riguardo alla più recente di tali condanne, per fattispecie in materia di sicurezza sul lavoro – che aveva ritenuto il fatto non ostativo all’affidamento, con giudizio confermato dalla stazione appaltante, sicché la loro omessa comunicazione non poteva produrre alcun effetto escludente.
Col secondo motivo l’appellante rileva come la stazione appaltante abbia valutato tutti i precedenti penali a carico del -OMISSIS- della ditta mandante, e ciò nondimeno abbia ritenuto insussistenti ragioni impeditive all’affidamento al -OMISSIS- -OMISSIS-: di qui l’illegittimità della decisione di primo grado di escludere detto -OMISSIS- per omessa comunicazione delle suddette condanne; condanne che peraltro non soggiacevano a obbligo dichiarativo in quanto risalenti nel tempo, perciò irrilevanti alla luce della durata massima dell’inabilitazione alla stipula di contratti pubblici prevista dall’art. 80, comma 10, d.lgs. n. 50 del 2016 e art. 57, par. 7, direttiva 2014/24/UE.
In via di subordine l’appellante -OMISSIS- insta ai fini di un rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia UE in relazione al contenuto degli obblighi dichiarativi e l’effetto escludente della loro omissione ai sensi dell’art. 80 d.lgs. n. 50 del 2016 in relazione all’art. 57 direttiva 2014/24/UE.
2.1. Il Collegio ritiene che i motivi, che possono essere esaminati congiuntamente per stretta connessione, siano fondati e vadano accolti nei termini e per le ragioni che seguono, con conseguente assorbimento della richiesta di rinvio pregiudiziale proposta dall’appellante in via subordinata.
2.1.1. La sentenza di primo grado ha ritenuto illegittima l’ammissione alla gara del -OMISSIS- -OMISSIS- – e la conseguente aggiudicazione in favore di detto -OMISSIS- – per via della reticente dichiarazione in ordine alle condanne penali subite dal -OMISSIS-.
Le condanne all’uopo rilevanti, secondo la sentenza, sono cinque, fra cui in particolare “una per violazione delle norme in materia di sicurezza sul lavoro”.
A tal fine, poiché ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. a), d.lgs. n. 50 del 2016 “le gravi infrazioni debitamente accertate alle norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro” configurano una causa tipica d’esclusione dalla procedura, l’omessa comunicazione da parte del -OMISSIS- -OMISSIS- della suddetta più recente condanna avrebbe effetto a sua volta escludente a norma dell’art. 80, comma 5, lett. c) ed f-bis), d.lgs. n. 50 del 2016.
2.1.2. In tale contesto, è pacifico come la sentenza dia rilievo ai precedenti penali del -OMISSIS- della ditta mandante del -OMISSIS- -OMISSIS- non già in quanto aventi valore di per sé escludente perché riconducibili al fatto storico e oggettivo, e di suo inabilitante, della presenza di una certa condanna penale ex art. 80, comma 1, d.lgs. n. 50 del 2016, bensì sotto il diverso profilo, attuale e comportamentale – al fondo, sub specie di tipizzato dovere di informazione, applicativo della clausola generale di buona fede nelle trattative contrattuali – della falsità dichiarativa ex art. 80, comma 5, lett. f-bis) d.lgs. n. 50 del 2016 (che si ha quando l’operatore economico “presenti nella procedura di gara in corso e negli affidamenti di subappalti documentazione o dichiarazioni non veritiere”), nonché dell’omissione comunicativa dell’art. 80, comma 5, lett. c) (che presuppone che “l’operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali [anche di natura comunicativa], tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità “), in particolare riguardo al commesso reato in materia di sicurezza sul lavoro, come potenzialmente idoneo a integrare un illecito ex art. 80, comma 5, lett. a), d.lgs. n. 50 del 2016.
Per tali ragioni, sono i profili relativi alla omissione comunicativa (art. 80, comma 5, lett. c)), ovvero alla dichiarazione non veritiera (art. 80, comma 5, lett. f-bis)) accertata dalla sentenza appellata a fondare la decisione di esclusione.
2.1.3. A quest’ultimo proposito, questa Sezione ha recentemente chiarito la generale distinzione fra omesse, reticenti e false dichiarazioni ai sensi dell’art. 80, comma 5, d.lgs. n. 50 del 2016 nella formulazione ratione temporis applicabile al caso di specie (con particolare riferimento alle dichiarazioni sui gravi illeciti professionali), rilevando che “v’è omessa dichiarazione quando l’operatore economico non riferisce di alcuna pregressa condotta professionale qualificabile come ‘grave illecito professionalè ; v’è dichiarazione reticente quando le pregresse vicende sono solo accennate senza la dettagliata descrizione necessaria alla stazione appaltante per poter compiutamente apprezzarne il disvalore nell’ottica dell’affidabilità del concorrente. Infine, la falsa dichiarazione consiste in una immutatio veri; ricorre, cioè, se l’operatore rappresenta una circostanza di fatto diversa dal vero” (Cons. Stato, V, 12 aprile 2019, n. 2407; 22 luglio 2019, n. 5171; 28 ottobre 2019, n. 7387).
In tale contesto “solo alla condotta che integra una falsa dichiarazione consegue l’automatica esclusione dalla procedura di gara poiché depone in maniera inequivocabile nel senso dell’inaffidabilità e della non integrità dell’operatore economico, mentre, ogni altra condotta, omissiva o reticente che sia, comporta l’esclusione dalla procedura solo per via di un apprezzamento da parte della stazione appaltante che sia prognosi sfavorevole sull’affidabilità dello stesso”.
In relazione all’omissione comunicativa, in particolare, è stato precisato che essa “costituisce violazione dell’obbligo informativo, e come tale va apprezzata dalla stazione appaltante”, la quale è chiamata a soppesare non il solo fatto omissivo in sé, bensì anche – nel merito – “i singoli, pregressi episodi, dei quali l’operatore si è reso protagonista, e da essi dedurre, in via definitiva, la possibilità di riporre fiducia nell’operatore economico ove si renda aggiudicatario del contratto d’appalto” (Cons. Stato, V, n. 2407/2019, cit.).
2.1.4. Facendo applicazione di tali condivisibili principi al caso in esame, risulta la fondatezza delle doglianze dell’amministrazione.
2.1.5. È prova in atti di come il responsabile del procedimento prima (relazione del 9 agosto 2018), la stazione appaltante dopo (aggiudicazione del 25 settembre 2018) abbiano espressamente preso in esame il precedente penale in materia di sicurezza sul lavoro alla cui omessa comunicazione la sentenza attribuisce valore escludente; e in entrambi i suddetti atti detto precedente penale è stato ritenuto irrilevante a fronte della vetustà del fatto commesso (risalente al maggio 2010) e – come affermato in particolare dal Rup – dell’ultra-triennalità della relativa sentenza di condanna (del gennaio 2015).
Alla luce di ciò, nessuna omissione informativa che rilevi ex art. 80, comma 5, lett. c), d.lgs. n. 50 del 2016 (nella formulazione ratione temporis pertinente) può riscontrarsi nel caso in esame, posto che le omissioni assumono portata escludente non in sé, cioè come mero inadempimento al dovere di informazione, ma se e nella misura in cui siano anche state reputate rilevanti – sia nell’omissione in sé, che, necessariamente, rispetto al fatto omesso – da parte della stazione appaltante.
Il che non è dato riscontrare nella fattispecie in esame, in cui l’amministrazione ha considerato espressamente il fatto non comunicato e lo ha reputato non rilevante a fini escludenti anche perché risalente nel tempo, con motivazione sufficiente e giudizio complessivamente non manifestamente irragionevole o illegittimo. Va anche tenuto conto che – così come per i “gravi illeciti professionali” dell’art. 80, comma 5, lett. c) – la stessa infrazione oggetto dell’omessa informazione (art. 80, comma 5, lett. a)) a sua volta implica un concreto giudizio valutativo in specifici termini di gravità del fatto pretermesso (i.e., “grav[e] infrazion[e]”), che l’amministrazione qui non ha espresso, e su cui né la sentenza né gli appellati hanno fornito specifici elementi deduttivi (si trattava, in specie, di una contravvenzione per violazioni in materia di attrezzature di lavoro, commessa nel maggio 2010, punita con ammenda pari a Euro 2.000,00).
Nemmeno rileva in senso inverso che la condanna penale sia divenuta definitiva solo nel 2017. Infatti, ai fini della valutazione dell’illecito comunicativo, è assorbente il giudizio (non irragionevole) dell’amministrazione di irrilevanza del fatto omesso, per il quale “non ricorrono le previsioni di cui all’art. 80, anche in considerazione della vetustà del reato commesso”, considerato da un lato che l’illecito non comunicato – come già evidenziato – implica un giudizio di gravità da parte della stazione appaltante che qui manca (e in ordine al quale nessuna deduzione od elemento positivo promana dagli appellati o dalla sentenza), dall’altro che il fatto illecito è riscontrabile a prescindere dalla definitività del provvedimento che lo afferma, purché l’infrazione risulti “debitamente accertat[a]” (cfr. Cons. Stato, V, 22 giugno 2018, n. 3876).
Di qui la non condivisibile conclusione della sentenza nel senso della sussistenza di un’omessa comunicazione significativa ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c), d.lgs. n. 80 del 2016, in relazione a un fatto espressamente esaminato dall’amministrazione e reputato irrilevante ai fini dell’affidamento.
2.1.6. Conclusioni non dissimili vanno formulate in relazione all’addebito al -OMISSIS- -OMISSIS- dell’illecito di cui all’art. 80, comma 5, lett. f-bis), d.lgs. n. 50 del 2016, e cioè di dichiarazione non veritiera in relazione alla mancata comunicazione dei suddetti precedenti penali.
In proposito, come già evidenziato, l’ipotesi di falsità ricorre solo a fronte di una immutatio veri, e cioè di rappresentazione della realtà difforme da quella effettiva.
Il che non è dato rinvenire nel caso di specie.
La falsità dovrebbe in tesi consistere nell’aver risposto “No” alla domanda “l’operatore economico ha violato, per quanto di sua conoscenza, obblighi applicabili in materia di salute e sicurezza sul lavoro (…) di cui all’articolo 80, comma 5, lett. a) del Codice?” contenuta nel Documento di gara unico europeo.
Nella siffatta dichiarazione non è tuttavia riscontrabile un profilo di falsità , atteso che, in via assorbente, la violazione “di cui all’art. 80, comma 5, lett. a) del Codice” consiste in “gravi infrazioni debitamente accertate”, e cioè postula anzitutto un giudizio di gravità dell’illecito.
In tale contesto, per quanto la legge non rimetta alla valutazione soggettiva dello stesso operatore soppesare autonomamente la gravità dell’infrazione in materia di sicurezza sul lavoro (Cons. Stato, V, 20 marzo 2018, n. 1835), ciò nondimeno non si può giungere a ritenere senz’altro falsa – e dunque inabilitante alla gara – la dichiarazione che ne ometta la menzione (rispondendo negativamente al quesito sull’avvenuta commissione di violazioni ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. a)), quando manchi una valutazione esplicita da parte dell’Amministrazione che ritenga la gravità del fatto pretermesso.
Al di là infatti della qualificabilità, in termini finali, dell’infrazione come “grave”, può ben darsi che la concorrente non abbia ravvisato nel fatto oggetto di condanna la gravità , dunque abbia reputato non sussistere una “grave infrazione” da dichiarare (analogamente, cfr. Cons. Stato, V, n. 2407 del 2019, cit., spec. par. 4.2): mancando un opposto giudizio dell’Amministrazione di gravità del fatto pretermesso, non si giunge a concretizzare nel caso una falsità dichiarativa che comporta l’esclusione dalla gara.
Di qui la fondatezza anche sotto questo profilo della doglianza proposta dall’Ama.
2.2. A conclusioni analoghe può pervenirsi anche in relazione agli altri precedenti penali in capo al -OMISSIS- del -OMISSIS- -OMISSIS-, peraltro non presi in considerazione singolare dalla sentenza.
Sotto un primo aspetto, non si rinvengono elementi – nella sentenza o nelle deduzioni degli appellati – che diano l’evidenza della falsità della dichiarazione, ciò che postula una rilevanza dei fatti di reato ai sensi dell’art. 80 d.lgs. n. 50 del 2016 e, per essa, un’inveritiera e correlata rappresentazione della realtà nelle dichiarazioni contenute nel Dgue.
Lo stesso è a dirsi per i profili strettamente omissivi: questi non vengono ricondotti dalla sentenza né dagli appellati – né appaiono all’evidenza ascrivibili – ad alcuna fattispecie (neppure astrattamente) di suo rilevante a fini escludenti; né si chiarisce in che misura le informazioni sui detti reati non comunicati potessero incidere “ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione”, in un contesto nel quale l’amministrazione, per converso, ha rilevato la complessiva assenza di criticità risultanti dalla Banca dati dell’Anac e si è soffermata specificamente sul Casellario Giudiziale del -OMISSIS- della ditta mandante, giungendo a escludere espressamente la rilevanza del precedente penale in materia di sicurezza sul lavoro.
In tale contesto neppure rileva che l’amministrazione non si sia partitamente pronunciata sugli altri singoli precedenti penali, attesa la loro notevole risalenza nel tempo (due fatti risalgono al 1981 e nel medesimo anno risultano definitivamente accertati; uno è commesso nel 1982 e accertato con sentenza irrevocabile del 1988; l’ultimo risale al 2014 e risulta accertato con decreto penale esecutivo dal 23 luglio 2014, avendo comunque a oggetto violazioni in materia edilizia) e considerata la valutazione generale all’uopo eseguita dall’-OMISSIS-nei termini suindicati, escludendo la sussistenza di elementi ostativi all’affidamento per effetto dell’ultra-triennalità del reato in materia di sicurezza sul lavoro e della relativa condanna, ultra-triennalità analogamente riscontrabile nelle altre fattispecie qui in esame, per le quali peraltro lo stesso accertamento risultava definitivo da oltre un triennio. Di qui l’assenza dei profili d’illegittimità (anche) nella prospettiva della carenza motivazionale, con conseguente infondatezza delle ragioni di doglianza all’uopo riproposte dal -OMISSIS-
Per tali motivi, anche in relazione alle altre condanne a carico del -OMISSIS- della mandante del -OMISSIS- -OMISSIS- non è dato ravvisare profili di falsità od omissione dichiarativa tali da richiedere l’esclusione dello stesso -OMISSIS-.
3. In conclusione, alla luce di quanto suesposto, l’appello va accolto e, in parziale riforma della sentenza impugnata, vanno respinti in parte qua i motivi aggiunti proposti in primo grado (i.e., in relazione al quinto motivo, già accolto dai giudici di primo grado), con assorbimento delle corrispondenti eccezioni d’inammissibilità sollevate da -OMISSIS-.
4. La particolarità e complessità della fattispecie giustifica l’integrale compensazione delle spese di lite fra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in parziale riforma dell’appellata sentenza, respinge ai sensi di cui in motivazione i motivi aggiunti proposti dal ricorrente principale in primo grado.
Compensa integralmente le spese fra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare le parti in causa e i soggetti comunque menzionati nella sentenza.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 dicembre 2019 con l’intervento dei magistrati:
Giuseppe Severini – Presidente
Raffaele Prosperi – Consigliere
Valerio Perotti – Consigliere
Angela Rotondano – Consigliere
Alberto Urso – Consigliere, Estensore
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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