Corte di Cassazione, civile, Sentenza|24 novembre 2020| n. 26693.
In caso di collegamento negoziale tra un negozio per il quale sia richiesta la forma scritta “ad substantiam” (nella specie, una compravendita immobiliare) ed uno a forma libera (nella specie, un contratto di appalto), è necessario che anche il secondo negozio rivesta la forma prescritta per la validità del primo; sebbene non occorra che il requisito della forma scritta sia assicurato in un unico contesto, ben potendo la volontà negoziale esprimersi in diversi documenti o negozi, è, comunque, necessario che tutte le obbligazioni che formano il sinallagma siano documentate, appunto, per iscritto.
Sentenza|24 novembre 2020| n. 26693
Data udienza 17 settembre 2020
Integrale
Tag/parola chiave: Vendita – Contratto preliminare – Indeterminatezza della prestazione – Nullità – Presupposti – Articoli 1346 e 1418 cc – Criteri – Articolo 1362 cc – Motivazione del giudice di merito
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente
Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere
Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere
Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere
Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 12976/2018 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) S.A.S., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS), e domiciliata presso la cancelleria della Corte di Cassazione;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 4539/2017 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 30/10/2017;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 17/09/2020 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA;
udito il P.G., nella persona del sostituto Dott. CORRADO MISTRI, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito l’avvocato (OMISSIS), per parte ricorrente, il quale ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione del 16.4.2012 la societa’ (OMISSIS) S.a.s. conveniva in giudizio (OMISSIS) e (OMISSIS) innanzi il Tribunale di Pavia, esponendo di aver sottoscritto un contratto preliminare di compravendita relativo ad un immobile sito in (OMISSIS), di proprieta’ delle convenute, il cui prezzo sarebbe stato regolato in parte in contanti ed in parte – in particolare, quanto all’importo di Euro 18.000 – mediante esecuzione di alcuni lavori edili che la promissaria acquirente avrebbe dovuto eseguire in altro immobile delle medesime convenute. L’attrice deduceva che il rogito definitivo non era stato stipulato in quanto alla data prevista dal preliminare (26.2.2010) le promittenti venditrici non avevano procurato la certificazione energetica del bene da compravendere. Al successivo appuntamento del (OMISSIS), unilateralmente fissato dinanzi il notaio dalle promittenti venditrici, l’attrice aveva chiesto un differimento a causa di un incendio che ne aveva devastato la sede, differimento che tuttavia non le era stato accordato. Infine, la (OMISSIS) S.a.s. dichiarava di aver eseguito, in adempimento del compromesso di cui e’ causa, lavori edili nel diverso immobile delle convenute per un valore di Euro 7.410 oltre iva; lavori che non le erano mai stati pagati.
Su tali premesse la societa’ attrice invocava la dichiarazione della nullita’ del preliminare per indeterminatezza della prestazione, non essendo mai stati precisati i lavori che la promissaria acquirente avrebbe dovuto eseguire nell’altro immobile delle convenute sino alla concorrenza dell’importo di Euro 18.000, o in subordine la risoluzione del contratto preliminare predetto per mutuo dissenso. Invocava altresi’ la condanna delle promittenti venditrici al pagamento della somma di Euro 249,60 anticipata dalla societa’ per ottenere l’attestato di prestazione energetica del bene compromesso in vendita, nonche’ alla restituzione della caparra di Euro 7.000 ricevuta dalle predette venditrici all’atto della firma del contratto preliminare di compravendita.
Si costituivano le convenute resistendo alla domanda e invocando la condanna dell’attrice al risarcimento del danno da loro subito a causa del suo inadempimento al contratto preliminare, quantificato in Euro 5.000 ovvero nella diversa misura di giustizia.
Con sentenza n. 1014/2015 il Tribunale di Pavia dichiarava la nullita’ del contratto preliminare per indeterminatezza dell’oggetto condannando le promittenti venditrici alla restituzione della caparra e al pagamento della complessiva somma di Euro 792,25 oltre interessi e rivalutazione monetaria quale corrispettivo delle opere eseguite dalla societa’ attrice nel diverso immobile delle convenute.
Proponeva appello avverso detta decisione (OMISSIS), in proprio e nella sua qualita’ di unica erede di (OMISSIS), invocandone la riforma. Si costituiva in seconda istanza la societa’ (OMISSIS) concludendo per il rigetto dell’impugnazione.
Con la sentenza n. 4539/2017, oggi impugnata, la Corte di Appello di Milano accoglieva parzialmente l’appello, eliminando la sola statuizione relativa alla rivalutazione monetaria sulla somma oggetto della condanna di parte appellante, e confermava nel resto la decisione di prime cure.
Propone ricorso per la cassazione di detta decisione (OMISSIS) affidandosi ad un unico motivo.
Resiste con controricorso (OMISSIS) S.a.s..
A seguito della proposta del relatore ex articolo 380-bis c.p.c., la parte ricorrente ha depositato memoria in prossimita’ dell’adunanza camerale innanzi la sesta sezione, all’esito della quale, con ordinanza interlocutoria n. 19932/2019, il Collegio ha rinviato il ricorso a nuovo ruolo per la trattazione in pubblica udienza.
In prossimita’ dell’udienza pubblica ambo le parti hanno depositato memoria.
Il P.G., nella persona del sostituto Dott. CARMELO MISTRI, ha concluso per il rigetto del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli articoli 1346 e 1418 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, perche’ la Corte di Appello avrebbe proceduto ad una erronea qualificazione degli accordi negoziali intervenuti tra le parti. In particolare, la ricorrente deduce che il corrispettivo della compravendita era stato precisamente individuato nel contratto preliminare, nel quale si faceva riferimento sia all’importo complessivo che alla parte di esso che, nella comune intenzione delle parti, avrebbe dovuto essere regolata mediante esecuzione, da parte della promissaria acquirente, di alcune opere edili presso altro bene immobile delle promittenti venditrici. Ne deriverebbe che, diversamente da quanto ritenuto dalla Corte territoriale, nel caso di specie non si configurerebbe alcuna incertezza sull’oggetto della prestazione dovuta dalla promissaria acquirente, che era costituito dal saldo del corrispettivo previsto per la progettata operazione negoziale.
Il motivo e’ inammissibile.
Tanto il giudice di primo grado che quello di appello hanno ravvisato la nullita’ del contratto preliminare intercorso tra le parti, per indeterminatezza del suo oggetto, in quanto il contratto di appalto relativo alle opere che, nella comune intenzione dei paciscenti, avrebbero dovuto essere eseguite su altro immobile delle venditrici, non era mai stato concluso, come pacificamente ammesso da ambo le parti. Pertanto, entrambi i giudici di merito hanno ritenuto che non fosse possibile, nell’ambito di una convenzione relativa a beni immobili, per la quale e’ prevista la forma scritta ad substantiam ai sensi dell’articolo 1350 c.c., procedere ad una integrazione della manifestazione di volonta’ contenuta nel preliminare mediante il rinvio ai comportamenti concludenti tenuti dalle parti o ad accordi verbali sui predetti lavori edili.
La ricorrente, con il motivo in esame, contesta la ricostruzione della volonta’ negoziale operata dalla Corte territoriale: in particolare, deduce l’erroneita’ della configurazione del collegamento negoziale tra vendita ed appalto, ravvisato dal giudice di merito, e comunque sostiene che detto collegamento, ove mai ritenuto sussistente, avrebbe potuto al massimo essere qualificato come meramente occasionale, poiche’ comunque le parti, nel preliminare di vendita, avevano chiaramente individuato le parti del corrispettivo che avrebbero dovuto essere regolate, rispettivamente, in denaro e mediante l’esecuzione delle opere previste su altri immobili delle due venditrici. Tale censura si risolve nella contestazione dell’interpretazione del contratto e della volonta’ negoziale ad esso sottesa fatta propria dal giudice di merito, che integra, anche sotto il profilo della sussistenza del collegamento tra diversi negozi giuridici, una quaestio facti insindacabile in sede di legittimita’ (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 24792 del 08/10/2008, Rv. 604816; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 18884 del 10/07/2008, Rv. 604208; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 13164 del 05/06/2007, Rv. 597183).
Questa corte ha piu’ volte affermato che le parti, nell’esplicazione della loro autonomia negoziale, possono, con manifestazioni di volonta’ espresse in uno stesso contesto ovvero in tempi diversi, dar vita a piu’ negozi distinti ed indipendenti ovvero a piu’ negozi tra loro collegati e che accertare l’esistenza, la natura, l’entita’, le modalita’ e le conseguenze di un collegamento funzionale tra negozi realizzato dalle parti costituisce apprezzamento del giudice del merito che, se condotto nel rispetto dei criteri di logica ermeneutica e di corretta valutazione delle risultanze di fatto, si sottrae al sindacato di legittimita’. In particolare, ove si tratti di una pluralita’ di negozi connessi, il collegamento deve ritenersi occasionale quando le singole dichiarazioni, strutturalmente e funzionalmente autonome, siano solo casualmente riunite, mantenendo l’individualita’ propria di ciascun tipo negoziale in cui esse si inquadrano, sicche’ la loro unione non influenza la disciplina dei singoli negozi in cui si sostanziano. Il collegamento e’ invece funzionale quando i diversi e distinti negozi, cui le parti danno vita nell’esercizio della loro autonomia negoziale, pur conservando l’individualita’ propria di ciascun tipo negoziale, vengono tuttavia concepiti e voluti come avvinti teleologicamente da un nesso di reciproca indipendenza, per cui le vicende dell’uno debbono ripercuotersi sull’altro, condizionandone la validita’ e l’efficacia. Quindi, ai fini della qualificazione giuridica della situazione negoziale, occorre far riferimento alla volonta’ delle parti, la cui interpretazione costituisce una questione di fatto, insindacabile in sede di legittimita’ se immune da vizi logici o da violazione delle norme ermeneutiche di cui agli articoli 1362 c.c. e segg. (nei sensi suddetti, tra le tante, Cass. Sez. 3, Sentenza n. 14611 del 12/07/2005, Rv. 584880; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 11240 del 18/07/2003, Rv. 565243; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 8844 del 28/06/2001, Rv. 547808).
La Corte di Appello di Milano, laddove ha ritenuto che l’oggetto del contratto di appalto costituisse parte della prestazione gravante sull’acquirente, quale corrispettivo della vendita, ha configurato il collegamento negoziale tra vendita e appalto in termini funzionali. E quindi, in corretta applicazione dei principi posti dalla giurisprudenza appena richiamata, ha ritenuto che la compravendita immobiliare, in quanto contratto a forma vincolata, non potesse essere integrata da un collegato contratto di appalto (di per se’ a forma libera) che, nel caso di specie, le parti non avevano concluso in forma scritta.
Al riguardo, e’ il caso di precisare che non occorre che il requisito della forma scritta sia assicurato in un unico contesto, in quanto la volonta’ negoziale si puo’ esprimere in diversi documenti o negozi, a condizione che tutte le obbligazioni che formano il sinallagma siano documentate – appunto – per iscritto. Il principio e’ stato affermato in relazione al rapporto tra contratto e clausola compromissoria, quando quest’ultima sia contenuta in una convenzione a parte rispetto al primo (Cass. Sez. 6-1, Ordinanza n. 7839 del 05/04/2011, Rv. 617418) ovvero nel caso di clausola compromissoria contenuta in uno dei contratti collegati, quando – alla luce della comune volonta’ delle parti – si possa ritenere che i cui effetti si estendano a tutto il programma negoziale posto in essere dai paciscenti (Cass. Sez.3, Sentenza n. 15941 del 19/12/2000, Rv. 542726)
Dalle considerazioni sin qui esposte deriva l’inammissibilita’ del ricorso.
Le spese del presente giudizio di legittimita’, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto – ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater – della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore della controricorrente delle spese del presente giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 3.400 di cui Euro 200 per esborsi, oltre spese generali in ragione del 15%, iva, cassa avvocati ed accessori come per legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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