Consiglio di Stato, sezione quinta, Sentenza 22 ottobre 2018, n. 6016.
La massima estrapolata:
Il vicepresidente del Consiglio di amministrazione e il revisore legale della società rientrano nel novero dei soggetti individuati ai sensi dell’art. 80, comma 3, del d.lgs. 50 del 2016: ciò si ricava del chiaro tenore letterale della norma che, oltre a recare un’elencazione meramente esemplificativa dei soggetti rispetto ai quali il requisito della moralità professionale va verificato, fa espresso riferimento “ai membri del Consiglio di Amministrazione cui sia stata conferita la legale rappresentanza” e “ai membri degli organi con poteri di direzione o di vigilanza o dei soggetti muniti di poteri di rappresentanza, direzione e controllo”. Del resto, l’individuazione nel complesso panorama delle possibili figure rilevanti ai fini della norma in esame deve essere guidata dalla sua ratio, che è quella di evitare che l’amministrazione contratti con persone giuridiche governate da persone fisiche sprovviste dei necessari requisiti di onorabilità ed affidabilità morale o professionale (nella specie, il controllo contabile della società, nella quale non era stato costituito il collegio sindacale, era attribuito al revisore dei conti, sicché le informazioni e le dichiarazioni richieste dall’art. 80 del d.lgs. n. 50/2016 dovevano essere rese anche nei suoi confronti). Non rileva in contrario la norma di cui all’art. 85 del d.lgs. 159 del 6 settembre 2011, che non contempla il revisore tra i soggetti sottoposti alla verifica antimafia: trattasi, infatti, di disposizione con un differente ambito di applicazione rispetto alla disciplina, successiva e avente carattere di specialità, di cui al Codice dei Contratti.
Sentenza 22 ottobre 2018, n. 6016
Data udienza 19 luglio 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quinta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 2416 del 2018, proposto da:
Società Co. So. Onlus Se., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Ma. La., An. Mo., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Ma. La. in Giustizia, Pec Registri;
contro
Provincia di Brescia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Gi. Do., Gi. Ga., Ma. Po., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Ma. Po. in Roma, via (…);
Comune di (omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Fi. Be., Gi. Si., Si. Ve., Pa. Ra., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Pa. Ra. in Roma, via (…);
nei confronti
Società Co. So. Onlus Fr. in proprio e quale Capogruppo A.T.I. con la Società Co. So. Onlus Il Ga., non costituite in giudizio;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LOMBARDIA – SEZ. STACCATA DI BRESCIA, Sezione II, n. 00218/2018, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Provincia di Brescia e del Comune di (omissis);
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 19 luglio 2018 il consigliere Angela Rotondano e uditi per le parti gli avvocati Ma. La., Lu. Gi. su delega dell’avvocato Mo., Co. su delega dell’avvocato Gi. Ga.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con determinazione a contrarre n. 235/2017 il Comune di (omissis) (nel prosieguo “il Comune”) ha indetto una procedura negoziata, ai sensi dell’art. 36, comma 2, lett. b) del D.Lgs. n. 50 del 18 aprile 2016, per l’affidamento del servizio di assistenza per l’autonomia e la comunicazione in ambito scolastico per gli alunni in situazione di handicap residenti nel Comune per gli anni scolastici 2017/2018 e 2018/2019, avente durata di ventitré mesi e un valore complessivo di euro 300.000,00, da aggiudicarsi con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
1.1. Alla suddetta procedura, nella quale la Provincia di Brescia (di seguito “la Provincia”) svolgeva le funzioni di Stazione unica appaltante ai sensi della legge 7 aprile 2014, n. 56, partecipavano l’ATI costituita dalla Società Co. So. O.N.L.U.S. Fr. e altri, alla quale, in esito alla valutazione delle offerte presentate, l’affidamento del servizio veniva definitivamente aggiudicato con determinazione n. 310 del 4 settembre 2017.
1.2. Tuttavia, con determinazione n. 385 del 19.10.2017 (comunicata alla Società Se. il 3 novembre 2017) il Comune revocava l’aggiudicazione in favore della Co. Se., a causa di circostanze emerse all’esito della verifica dei prescritti requisiti di legge di cui all’art. 80 del d.lgs. n. 50 del 2016.
1.3. In seguito ai controlli svolti dalla Provincia, emergevano, infatti, talune omissioni (comunicate al Comune con nota prot. 14351 del 2 ottobre 2017) non avendo la società aggiudicataria indicato nel modello A) le figure del vicepresidente del Consiglio di Amministrazione e del revisore legale (soggetti individuati dall’art. 80, comma 3, del d.lgs. n. 50 del 2016), né presentato i relativi modelli B) concernenti l’esistenza dei motivi di esclusione dalla partecipazione alla procedura né, infine, reso alcuna dichiarazione riguardo ai precedenti penali del revisore legale della società .
1.4. Richiesti i chiarimenti al proprio revisore legale, la società apprendeva dell’esistenza, a carico di quest’ultimo, di una sentenza (risalente al 2015) di applicazione della pena su richiesta delle parti, ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., a un anno e sette mesi di reclusione (rispetto alla quale era stata applicata la sospensione condizionale della pena di cui agli artt. 163 e ss. cod. pen.) per i reati di bancarotta semplice e fraudolenta commessi negli anni 2009-2010.
1.5. A seguito delle dimissioni del revisore, l’Assemblea dei soci nominava, dunque, un nuovo revisore legale.
1.6. Con ricorso al Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia-Sezione staccata di Brescia, Co. Se. ha domandato l’annullamento, previa concessione di misure cautelari, della determinazione di revoca dell’aggiudicazione della gara, deducendo quattro profili di censura, di seguito indicati: 1) la violazione dell’art. 80, comma 3, del d.lgs. n. 50 del 2016 che non imporrebbe affatto, come ritenuto dalle Amministrazioni intimate, la dichiarazione dei precedenti penali con riferimento alle figure del vicepresidente e del revisore legale, svolgendo peraltro quest’ultimo funzioni di controllo esterno, di natura esclusivamente contabile, sicché non sarebbe in grado di influire sulla governance della società ; 2) illegittimità del riferimento all’art. 80, comma 5, lett. c) in quanto da un lato i divieti in esso previsti dovrebbero essere riferiti solo all’operatore economico in sé, senza essere suscettibili di estensione analogica, dall’altro i reati di bancarotta hanno assunto rilevanza ai sensi della norma citata solo in epoca successiva all’aggiornamento delle linee guida ANAC e alla presentazione dei modelli A e B da parte della società ; a ciò si aggiunga che dovrebbero assumere rilievo solo le sentenze di condanna (e, tra queste, solo quelle con cui sono state irrogate pene accessorie e, comunque, non le pronunzie che hanno comportato l’applicazione del beneficio della sospensione condizionale della pena), e non le sentenze di patteggiamento emesse ex art. 444 cod. pen. (che peraltro non ha determinato, nel caso di specie, la cancellazione del revisore legale dagli albi professionali, cui invece è rimasto iscritto senza soluzione di continuità ); 3) violazione dell’art. 83, comma 9, del D.Lgs. n. 50 del 2016, per avere il Comune revocato l’aggiudicazione a favore della ricorrente senza concederle la possibilità di integrare i modelli A e B in relazione alle su indicate figure; 4) violazione dell’art. 80, comma 7, per non avere il Comune concesso alla società aggiudicataria la possibilità di provare l’adozione di misure di self cleaning, quali la sostituzione del revisore legale. La società ricorrente domandava, oltre all’annullamento del provvedimento di revoca impugnato, il risarcimento in forma specifica mediante il suo subentro, previa declaratoria di inefficacia del contratto eventualmente stipulato tra il Comune e la controinteressata, ovvero, in subordine, il risarcimento del danno per equivalente monetario.
1.7. Dopo aver rigettato la domanda di sospensione della determinazione di revoca (anche a ragione del prevalente interesse alla continuità del servizio), con la sentenza in epigrafe, nella resistenza del Comune e della Provincia, nonché della controinteressata ATI Fr., il T.a.r. ha respinto il ricorso, ritenendo infondati i motivi dedotti.
1.8. Avverso tale sentenza ha proposto appello Co. Se. e ne ha chiesto la riforma in quanto ingiusta e inficiata da plurimi errores in iudicando, per avere il tribunale erroneamente ritenuto rilevante la mancata indicazione di precedenti penali in capo al vicepresidente (primo motivo); nonché per avere erroneamente ritenuto che il revisore rientrasse nel novero dei soggetti tenuti a dichiarare eventuali precedenti penali ex art. 80, comma 3, del d.lgs. 50 del 2016 (secondo motivo), che fossero nel caso di specie rilevanti i precedenti penali del revisore (terzo motivo) o, comunque, la sentenza di applicazione della pena su richiesta ex art. 444 cod. proc. pen pronunziata nei suoi confronti (quarto motivo), trascurando del tutto l’iscrizione del revisore agli appositi albi, come provato dalla documentazione depositata in atti (quinto motivo); l’appellante ha, infine, censurato la sentenza di primo grado nella parte in cui ha ritenuto sussistente il tentativo ad opera della società ricorrente di influenzare le decisioni della Stazione appaltante (sesto motivo) e, altresì, precluso sia il soccorso istruttorio ex art. 83, comma 9, del D.Lgs. n. 50 del 2009 (settimo motivo) sia la possibilità di riconoscere rilievo alle misure di self cleaning, in quanto adottate dalla società dopo la scadenza del termine di presentazione delle domande di partecipazione (ottavo motivo).
1.9. Si sono costituite in giudizio la Provincia e il Comune e hanno depositato memorie chiedendo entrambe il rigetto del gravame.
2. Nelle more del giudizio, il Comune e l’ATI Fr. hanno stipulato il contratto per l’affidamento del servizio.
3. All’udienza pubblica del 19 luglio 2019, dopo una breve discussione, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
3. Viene in decisione l’appello proposto dalla Co. Se., la quale torna qui a dolersi dell’illegittimità della revoca dell’aggiudicazione della gara indicata in narrativa disposta nei suoi confronti dal Comune con la determinazione impugnata n. 385 del 2017, con la quale si è, in particolare, evidenziato, da un lato, come “la condanna per bancarotta fraudolenta, per la sua natura, nonché per la concreta entità della condanna (che supera il limite di cui al comma 7 dell’art. 80 del d.lgs. 50/2016 e successive modifiche) rende dubbia l’integrità e affidabilità del concorrente”, dall’altro che “la mancata comunicazione alla stazione appaltante di tale condanna, rientra nei gravi illeciti professionali ai sensi del punto 2.1.1. delle Linee guida n. 6 dell’ANAC”, rilevando altresì che l’illecito professionale grave, integrato da una siffatta condotta, sia “tale da rendere dubbia l’integrità del concorrente intesa come moralità professionale”.
4.L’appello è infondato, non meritando favorevole considerazione le censure ivi formulate.
4.1. La Sezione ritiene, infatti, come sia immune dalle critiche appuntate la sentenza di primo grado che correttamente ha ritenuto la legittimità della determina di decadenza dall’affidamento dell’appalto in oggetto alla Co. Se. per le motivazioni in tale sede esposte.
4.2. Deve, in primo luogo, evidenziarsi come il provvedimento di revoca dall’aggiudicazione sia essenzialmente fondato su due ordini di ragioni, entrambi riconducibili alla peculiare situazione del revisore legale della società appellante: ed infatti, in disparte la mancata indicazione nel modello A della figura del vicepresidente del Consiglio di Amministrazione costituente solo uno degli elementi emersi dalla verifica dei requisiti generali operata dalla Provincia, nel provvedimento oggetto di impugnativa si dà principalmente rilievo sostanziale ai precedenti penali per reati fallimentari del revisore legale (nei cui confronti è stata emessa una sentenza definitiva di applicazione della pena su richiesta), ritenendo che tale ipotesi integri violazione dell’art. 80, comma 3, del d.lgs. n. 50 del 2016, e, altresì, alla mancata comunicazione alla stazione appaltante di tale condanna, condotta questa rientrante nei gravi illeciti professionali, idonei a minare “l’integrità del concorrente intesa come moralità professionale”, in violazione dell’art. 80, comma 5, lett. c) del citato decreto.
4.3. La decadenza disposta è, pertanto, motivata a ragione della duplice violazione dell’art. 80, comma 3, del d.lgs. 50 del 2016 (che disciplina le cause di esclusione dell’operatore economico per le condanne riportate dai soggetti ivi individuati) e del successivo comma 5, lett. c) della stessa norma (che reca invece, con un’elencazione non tassativa delle varie ipotesi, la nozione di grave illecito professionale, tale da rendere dubbia l’integrità o l’affidabilità del partecipante alla gara).
4.4. L’art. 80, comma 3, del Codice dei Contratti pubblici statuisce che “l’esclusione di cui ai commi 1 e 2 va disposta se la sentenza o il decreto ovvero la misura interdittiva sono stati emessi nei confronti…dei membri degli organi con poteri di direzione o di vigilanza o dei soggetti muniti di poteri di rappresentanza, di direzione o di controllo.”
4.5. L’art. 80 comma 5 lett. c) dello stesso Codice dispone, inoltre, che: “Le stazioni appaltanti escludono dalla partecipazione alla procedura d’appalto un operatore economico in una delle seguenti situazioni…, qualora: (…) c) la stazione appaltante dimostri con mezzi adeguati che l’operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o l’affidabilità . Tra questi rientrano: il tentativo di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante…; il fornire, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione ovvero l’omettere le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione”.
4.6. Così ricostruito il quadro normativo sotteso al provvedimento impugnato, la Sezione osserva, in primo luogo, come non colgano nel segno le censure formulate nei primi due motivi di appello con i quali si sostiene che il vicepresidente del Consiglio di amministrazione e il revisore legale della società non rientrerebbero nel novero dei soggetti individuati ai sensi dell’art. 80, comma 3, del d.lgs. 50 del 2016: ciò si ricava del chiaro tenore letterale della norma che, oltre a recare un’elencazione meramente esemplificativa dei soggetti rispetto ai quali il requisito in parola va verificato, fa espresso riferimento “ai membri del Consiglio di Amministrazione cui sia stata conferita la legale rappresentanza” e “ai membri degli organi con poteri di direzione o di vigilanza o dei soggetti muniti di poteri di rappresentanza, direzione e controllo”. Del resto, come bene rilevato dal primo giudice, l’individuazione nel complesso panorama delle possibili figure rilevanti ai fini della norma in esame deve essere guidata dalla sua ratio che è quella di evitare che l’amministrazione contratti con persone giuridiche governate da persone fisiche sprovviste dei necessari requisiti di onorabilità ed affidabilità morale o professionale.
4.7. Appaiono, dunque, corrette e conformi al dato normativo le statuizioni del giudice di prime cure il quale, per un verso, ha rilevato che, in base alle risultanze della visura camerale della società in atti, al vicepresidente siano attribuiti per statuto tutti i poteri di rappresentanza del Presidente, in caso di sua assenza, da esercitarsi a firma libera e congiunta e idonei a vincolare la società con i terzi; e per altro verso, che il revisore legale sia soggetto che esercita poteri di controllo ai sensi dell’art. 14 del d.lgs. 27 gennaio 2010, n. 39 recante “Attuazione della direttiva 2006/43/CE relativa alle revisioni legali dei conti annuali e dei conti consolidati” (rivestendo lo stesso, come affermato dal primo giudice, “il compito di garantire la serietà dell’impresa dal punto di vista contabile”, mediante il giudizio espresso sul relativo bilancio e la verifica circa la corretta rilevazione dei fatti di gestione nelle scritture contabili); tanto più nell’ambito di una società, come quella appellante, il cui statuto non prevede la presenza del Collegio Sindacale e senza che alcuna smentita a tale argomento possa trarsi dalla posizione di autonomia e indipendenza rispetto all’organizzazione societaria di cui gode il revisore, trattandosi di posizione meramente funzionale a garantire il miglior esercizio dei poteri attribuitigli.
4.8. Se, dunque, nel sistema tradizionale l’organo di controllo è rappresentato dal collegio sindacale, è indubbio che, ove quest’ultimo per disposizione statutaria nei casi consentiti dalla legge (art. 2409-bis, comma 2, cod. civ.), non sia costituito, il controllo contabile della società è attribuito ad un revisore legale dei conti o ad una società di revisione legale iscritta nell’apposito registro; sicché le informazioni e le dichiarazioni richieste dall’art. 80 del Codice dei Contratti devono essere rese anche nei suoi confronti ai fini della verifica da parte della Stazione appaltante del possesso dei requisiti generali, senza che possa, per converso, assumere rilievo la norma di cui all’art. 85 del d.lgs. 159 del 6 settembre 2011 (“Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia”), richiamata dall’appellante, che non contempla il revisore tra i soggetti sottoposti alla verifica antimafia: trattasi, infatti, di disposizione con un differente ambito di applicazione rispetto alla disciplina, successiva e avente carattere di specialità, di cui al Codice dei Contratti, regolante la fattispecie per cui è causa.
4.9. Giova poi evidenziare che il Comune nella lex specialis (non impugnata), riproducendo in parte qua il contenuto delle Linee Guida dell’A.N.A.C. (n. 6 del 2016), aveva espressamente previsto che i requisiti di moralità professionale di cui all’art. 80, comma 5, del citato decreto si applicassero ai soggetti individuati dal comma 3 della norma, prevedendo (al paragrafo 3.5.5. lett. c) della lettera di invito che “I gravi illeciti professionali assumono rilevanza ai fini dell’esclusione dalla gara quando sono riferiti direttamente all’operatore economico o ai soggetti individuati dall’art. 80, comma 3, del d.lgs. 50/2016. Ai fini della partecipazione alla gara, la Stazione appaltante verifica l’assenza della causa ostativa in questione in capo all’operatore economico quando i gravi illeciti professionali sono riferibili direttamente allo stesso in quanto persona giuridica, ai soggetti individuati dall’art. 80, comma 3, d.lgs. 50/2016 quando i comportamenti ostativi sono riferibili esclusivamente a persone fisiche…”.
5. Acclarato, dunque, che tali figure dovevano essere indicate nei modelli della domanda di partecipazione presentata dalla società appellante, al fine di assicurare la completezza delle dichiarazioni, la Sezione rileva, tuttavia, come la decadenza dall’affidamento del servizio non sia stata, nel caso di specie, disposta solo a ragione della mera violazione dell’obbligo dichiarativo, bensì in considerazione della sussistenza di condanne penali ritenute incidenti sull’affidabilità morale del concorrente.
5.1. Alla stregua di tali coordinate ermeneutiche, si appalesa allora irrilevante la questione della sanabilità, mediante soccorso istruttorio, della mancata dichiarazione, perché nel caso di specie la ragione dell’esclusione risiede non nel fatto formale (dell’inadempimento dell’obbligo dichiarativo), ma nel dato sostanziale rappresentato dalla carenza dei requisiti di affidabilità morale. La valutazione di inaffidabilità espressa dalla stazione appaltante è, peraltro, espressione di ampia discrezionalità e può essere sindacata in sede giurisdizionale solo in presenza di palesi profili di illogicità e di errori di fatto, nella specie insussistenti.
5.2. Nel caso di specie, invero, è incontestato che nei confronti del revisore legale della società (soggetto rispetto al quale, come evidenziato, deve essere verificata, costituendo motivo di esclusione, l’esistenza di sentenze definitive di condanna o di applicazione della pena su richiesta) sia stata pronunziata sentenza di patteggiamento ex art. 444 cod. proc. pen. per reati fallimentari, ovvero per reati che, come rilevato dal primo giudice, a prescindere dall’inserimento tra le fattispecie di cui ai commi 1 e 2 dell’art. 80, incidono comunque, sensi del successivo comma 5, sull’affidabilità dell’impresa (si pensi all’attestazione da parte del revisore della veridicità del bilancio sociale nei confronti di soci e terzi), ledendo tali reati proprio i beni giuridici che la norma in esame è volta a tutelare.
5.3.Peraltro, tra le condanne rilevanti ai sensi dell’art. 80, comma 3, del Codice dei Contratti vanno incluse non solo quelle specificamente elencate ai commi 1 e 2 della norma, ma anche quelle comunque incidenti, ai sensi del successivo comma 5, sull’affidabilità dell’impresa: e tra queste devono rientrare anche quelle fattispecie di reato già elencate nell’art. 38 del d.lgs. n. 163 del 2006 (e, tra queste, quelle per reati fallimentari), da considerarsi rilevanti anche prima delle Linee guida dell’11 ottobre del 2017 (alle quali va attribuito, come osservato dal tribunale, “valore ricognitorio ed esplicativo del generico riferimento operato dalla norma”). Per le ragioni esposte, non meritano neppure censura le statuizioni del giudice di prime cure in ordine all’ammissibilità di un’interpretazione estensiva della disposizione in esame tale da consentire l’esclusione anche nel caso in cui la sentenza di condanna sia stata emessa, come nel caso di specie, per il reato di bancarotta fraudolenta (cioè per uno dei reati non ricompresi nell’elenco di cui ai commi 1 e 2) e riguardante non l’impresa in sé, ma uno dei soggetti di cui all’art. 80, comma 3, del Codice dei Contratti pubblici.
5.4. Rispetto a tali circostanze di fatto Co. Se. non ha, allora, alcun interesse a censurare la mancata attivazione del soccorso istruttorio da parte della stazione appaltante né l’addotta disparità di trattamento rispetto all’ATI Fr. (che pure avrebbe omesso le dichiarazioni con riguardo alla figura del revisore legale): ed invero, da un lato, come già evidenziato, l’esclusione è dipesa non tanto dalla mancanza della dichiarazione in quanto tale, ma dalla accertata sussistenza di condanne penali ritenute, all’esito di una valutazione discrezionale priva di profili di illogicità, incidenti sull’affidabilità del concorrente; dall’altro, non può dolersi l’appellante dell’asserito diverso trattamento riservato alla seconda graduata per la quale, come evidenziato nella sentenza impugnata, la violazione dell’obbligo dichiarativo risulta superata, quanto a rilevanza e effetti, dalla carenza di fatti penalmente rilevanti accertati con sentenza definitiva di condanna in capo al suo revisore legale.
5.5. Per contro, va ribadita, invece, la rilevanza, ai fini dell’esclusione e della conseguente adozione del provvedimento di revoca della disposta aggiudicazione, della sentenza di applicazione della pena pronunziata nei confronti del revisore, in quanto pronunzia espressamente equiparata dal citato articolo 80, comma 1, ad una sentenza di condanna (senza che fosse necessario ribadirlo nell’ambito del comma 3 della stessa disposizione), non assumendo per converso alcun rilievo, sulla base del dato normativo ed a fronte dell’incontestata violazione dell’obbligo di dichiarazione delle condanne pregresse, né la mancata irrogazione di sanzioni accessorie né l’applicazione dei benefici di legge (in particolare, la sospensione condizionale della pena).
5.6. Né assume rilievo la previsione di cui all’art. 80, comma 10, del d.lgs. n. 50 del 2016, in base al quale “se la sentenza di condanna definitiva non fissa la durata della pena accessoria dell’incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione, ovvero non sia intervenuta riabilitazione, tale durata è pari a cinque anni, salvo che la pena principale sia di durata inferiore, e in tal caso è pari alla durata della pena principale e a tre anni, decorrenti dalla data del suo accertamento definitivo, nei casi di cui ai commi 4 e 5 ove non sia intervenuta sentenza di condanna”: da ciò discenderebbe, secondo la società appellante che i reati commessi dal revisore legale avrebbero perso ogni rilevanza il 13 febbraio 2017, in difetto di fissazione nella sentenza (divenuta irrevocabile il 13 luglio 2015) della durata massima dell’incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione. Deve, invece, ribadirsi come la decadenza impugnata sia stata legittimamente disposta in ragione dell’omissione di dichiarazioni delle condanne penali (rectius delle sentenze di applicazione della pena, alle prime equiparate) riportate dal revisore legale, organo esercente poteri di controllo nell’ambito societario, per reati (la bancarotta fraudolenta) ritenuti gravi dall’Amministrazione giudicatrice, nel corretto esercizio delle valutazioni ad essa riservate, in quanto idonei a rendere dubbia l’integrità o affidabilità dell’operatore economico.
5.7. Né assume rilevanza la circostanza che il revisore sia rimasto nelle more iscritto negli appositi albi professionali senza soluzione di continuità (costituendo, anzi, la condotta irreprensibile e i requisiti di onorabilità richiesti ai fini dell’iscrizione indiretta conferma della tesi dell’Amministrazione, secondo la quale non può disporsi l’aggiudicazione di una commessa pubblica a favore di una società di capitali in cui il controllo contabile è esercitato da un revisore condannato per il reato di bancarotta fraudolenta): ed infatti, tale profilo, per un verso, non è di per sé idoneo ad escludere la gravità del reato contestato, la cui valutazione è rimessa alla stazione appaltante che nel caso di specie vi ha provveduto compiutamente, senza operare alcun automatismo; per altro verso, non è elemento valorizzabile ai fini della dimostrazione della buona fede della società appellante e dell’assenza di una volontà in capo a quest’ultima di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante, dovendo invece evidenziarsi come, nella fattispecie in esame, siano state piuttosto fornite informazioni fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull’esclusione e che il grave illecito professionale è in tal caso integrato, per espressa previsione normativa, anche in ipotesi di condotta meramente negligente.
5.8. Infine, non può inferirsi l’illegittimità del provvedimento di decadenza dall’omessa valutazione delle misure di self cleaning adottate dalla società appellante, la quale, preso atto delle dimissioni rassegnate, ha nominato un nuovo revisore, così adottando provvedimenti concreti di carattere organizzativo idonei a prevenire, pro futuro, la commissione di ulteriori reati o illeciti.
5.9. Ed invero, la Sezione condivide e intende dare continuità all’orientamento già espresso in altro suo precedente (cfr. Cons. di Stato, V, 17 settembre 2018, n. 5424), ritenendo che “il momento ne ultra quem per l’adozione delle misure di self-cleaning e per la loro allegazione alla stazione appaltante è ancorato al termine di presentazione delle offerte (posto che una facoltà di tardiva implementazione o allegazione si paleserebbe, a tacer d’altro, alterativa della par condicio dei concorrenti”, non assumendo perciò alcun rilievo gli stati soggettivi di buona o malafede, di conoscenza o ignoranza della causa di esclusione da parte dell’operatore economico (al quale resta imputabile, quanto meno, la violazione di un obbligo di diligenza): deve perciò ribadirsi l’operatività solo pro futuro delle misure organizzative virtuose, relativamente alle gare indette successivamente alla loro adozione, senza peraltro che possa trarsi alcun elemento a conforto delle prospettazioni dell’appellante, con riguardo all’omissione delle dichiarazioni riguardanti le sentenze di applicazione della pena pronunziate nei confronti del revisore, dai diversi esiti di altre due procedure indette dalla Provincia di Brescia (l’una per conto del Comune di (omissis), l’altra per conto del Comune di (omissis).
6. All’infondatezza dei motivi dedotti consegue il rigetto dell’appello e la conferma della sentenza di primo grado.
7. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna l’appellante Società Co. So. Onlus Se. alla rifusione delle spese di giudizio a favore della Provincia di Brescia e del Comune di (omissis), che liquida forfettariamente in complessivi euro 3.000,00 (tremila/00) per ciascuna parte, oltre oneri accessori come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio del giorno 19 luglio 2018 con l’intervento dei magistrati:
Roberto Giovagnoli – Presidente FF
Valerio Perotti – Consigliere
Federico Di Matteo – Consigliere
Angela Rotondano – Consigliere, Estensore
Stefano Fantini – Consigliere
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