Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|8 aprile 2022| n. 11502.
Il regolamento condominiale può porre limitazioni ai poteri ed alle facoltà.
In tema di condominio negli edifici, il regolamento condominiale può porre limitazioni ai poteri ed alle facoltà spettanti ai condomini sulle parti comuni, imponendo la conservazione degli elementi attinenti alla simmetria, all’estetica ed all’aspetto generale dell’edificio. L’interpretazione delle clausole di un regolamento contrattuale contenenti limiti nel godimento delle cose comuni deve avvenire secondo le regole legali di ermeneutica contrattuale; inoltre, le prescrizioni del regolamento aventi natura solo organizzativa, come quelle che disciplinano le modalità d’uso delle parti comuni, possono essere interpretate, giusta l’art. 1362, comma 2, c.c., altresì alla luce della condotta tenuta dai comproprietari posteriormente alla relativa approvazione ed anche “per facta concludentia”, in virtù di comportamento univoco. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione impugnata che da un lato, a fronte di una clausola del regolamento che imponeva il divieto di intraprendere “alcuna operazione esterna che modifichi l’architettura, l’estetica o simmetria del fabbricato”, aveva ritenuto che la trasformazione dell’unità immobiliare destinata a negozio di alimentari in cinque autorimesse, con aperture basculanti al posto delle vetrine preesistenti, fosse lesiva del decoro architettonico per il forte impatto visivo sull’armonia degli elementi strutturali della facciata, dall’altro aveva affermato che altra clausola del medesimo regolamento condominiale, che poneva il divieto di ingombro del cortile comune, non precludesse l’utilizzo di parte dello stesso cortile come parcheggio, stante anche il comportamento tenuto dai condomini che posteriormente alla redazione del medesimo regolamento avevano sempre ivi parcheggiato).
Ordinanza|8 aprile 2022| n. 11502. Il regolamento condominiale può porre limitazioni ai poteri ed alle facoltà
Data udienza 25 marzo 2022
Integrale
Tag/parola chiave: COMUNIONE E CONDOMINIO – CONDOMINIO – INNOVAZIONI E MODIFICHE
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BERTUZZI Mario – Presidente
Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere
Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere
Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere
Dott. VARRONE Luca – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 11880-2021 proposto da:
(OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), CONDOMINIO (OMISSIS);
– intimati –
avverso la sentenza n. 2020/1032 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 21/10/2020;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio del 25/03/2022 dal Consigliere SCARPA ANTONIO.
Il regolamento condominiale può porre limitazioni ai poteri ed alle facoltà
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
(OMISSIS) ha proposto ricorso articolato in due motivi (Violazione di legge in relazione agli articoli 1102 e 1120 c.c. ed al regolamento del Condominio (OMISSIS), articolo 6; Violazione di legge in relazione all’articolo 1102 c.c. ed al regolamento del Condominio (OMISSIS), articolo 15) avverso la sentenza n. 1032/2020 della Corte d’appello di Torino, pubblicata il 21 ottobre 2020.
Gli intimati Condominio (OMISSIS) e (OMISSIS) non hanno svolto attivita’ difensive.
Con ricorso ex articolo 702 bis c.p.c., del 1 dicembre 2016 il condomino (OMISSIS), proprietario di piu’ autorimesse comprese nell’edificio condominiale, convenne dinanzi al Tribunale di Asti il Condominio (OMISSIS) e l’amministratore (OMISSIS), domandando che fosse accertato il proprio diritto a mantenere i varchi aperti nel muro comune adibiti ad ingresso di tre autorimesse, ordinato al Condominio di liberare il cortile dalle autovetture che lo occupano, stante il divieto sancito dal regolamento condominiale, condannato l’amministratore ad adottare le misure necessarie ed i convenuti in solido a risarcire i danni.
Il Condominio (OMISSIS) domando’ in riconvenzionale, trovando l’adesione dell’altro convenuto (OMISSIS), che fosse accertata l’illegittimita’ dei lavori eseguiti dal (OMISSIS) sulla facciata dell’edificio con conseguente condanna dell’attore al ripristino dello stato dei luoghi, e che fosse altresi’ accertato il diritto dei condomini di parcheggiare le vetture nel cortile comune.
Il Tribunale di Asti, con sentenza n. 928/2017, rigetto’ tutte le domande formulate dal (OMISSIS) e, in accoglimento delle riconvenzionali proposte dal condominio, condanno’ l’attore al ripristino dello stato dei luoghi attraverso la chiusura dei tre varchi aperti nella parte centrale del muro perimetrale e dichiaro’ il diritto dei condomini di parcheggiare autoveicoli nel cortile condominiale. Il Tribunale ritenne illegittime le opere realizzate dal (OMISSIS) in relazione al regolamento condominiale datato 11 aprile 1968, articolo 6, il quale sancisce il divieto di intraprendere “alcuna operazione esterna che modifichi l’architettura, l’estetica o simmetria del fabbricato”, mentre affermo’ che il medesimo regolamento condominiale, articolo 15, lettera c), che pone il divieto di ingombro del cortile comune, non preclude l’utilizzo di parte dello stesso cortile come parcheggio, stante anche il comportamento tenuto dai condomini, che, per quanto emerso dall’istruttoria, sin dalla fine degli anni novanta avevano sempre ivi parcheggiato.
La Corte d’appello di Torino ha poi respinto il gravame avanzato da (OMISSIS). La sentenza d’appello ha trascritto il regolamento condominiale, articolo 6, il quale impedisce ai condomini di intraprendere “alcuna operazione esterna che modifichi l’architettura, l’estetica o la simmetria del fabbricato”, ed ha inteso lo stesso come impositivo del divieto di immutazione dell’edificio e dell’obbligo della conservazione delle sue caratteristiche strutturali, estetiche, funzionali ed architettoniche. La Corte di Torino ha valutato che la trasformazione dell’unita’ immobiliare destinata a negozio di alimentari in cinque autorimesse, con aperture basculanti al posto delle vetrine preesistenti, fosse lesiva del decoro architettonico per il forte impatto visivo sull’armonia degli elementi strutturali della facciata, e percio’ anche in contrasto con il regolamento condominiale, articolo 6, il quale costituisce altresi’ un limite piu’ rigoroso dell’articolo 1102 c.c. Sulla seconda questione, oggetto del secondo motivo di appello, la Corte di Torino ha spiegato che il divieto di “ingombrare il cortile comune” contenuto nel regolamento condominiale, articolo 15, lettera c), alla stregua dei criteri interpretativi ex articoli 1362 c.c. e ss., non comportasse un impedimento al diritto di parcheggio, valutato altresi’ il comportamento complessivo tenuto dai condomini posteriormente alla redazione del medesimo regolamento, come risultante dalle dichiarazioni rese dai testimoni (OMISSIS) e (OMISSIS).
Il primo motivo di ricorso, dopo aver ripercorso la vicenda dei locali per cui e’ causa sin dal 1991, sostiene che la Corte d’appello ha omesso l’esame di tali fatti storici: le aperture delle autorimesse in contesa erano le tre centrali e non le due laterali, poste dove un tempo si trovavano le vetrine del negozio di alimentari; l’assenso dato dal condominio a tali ultime due aperture; se effettivamente il Condominio avesse ritenuto che le aperture basculanti modificassero l’architettura, l’estetica e la simmetria del fabbricato, esso sarebbe insorto contro la realizzazione delle aperture laterali, poste in sostituzione delle vetrine. Si dice poi che il regolamento condominiale non puo’ essere interpretato nel senso di imporre il divieto di immutazione dell’edificio. Ancora, quanto ai limiti dell’articolo 1102 c.c., non sono state pregiudicate la sicurezza ne’ l’estetica del fabbricato, ne’ e’ venuta meno la possibilita’ per i rimanenti condomini di utilizzare il muro comune.
Il secondo motivo di ricorso, viceversa, auspica una lettura estensiva del divieto, di cui al regolamento condominiale, articolo 15, di “ingombrare il cortile comune” e di “occupare anche temporaneamente i locali di uso e proprieta’ comune”: tale divieto sarebbe stato imposto per soddisfare proprio l’esigenza di accedere al locale, ora di proprieta’ (OMISSIS), tramite il cortile condominiale, accesso che rimane impossibile in caso di eventuale ingombro dell’area con automezzi, cosi’ come del resto libero da automezzi e’ altro cortile del fabbricato. Si assume la chiarezza del divieto recato dal regolamento, articolo 15: ove si consenta ai condomini di parcheggiare le autovetture nel cortile comune, in violazione dell’articolo 1102 c.c., si rende impossibile il godimento dello stesso bene per accedere alle autorimesse.
Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere dichiarato inammissibile, con la conseguente definibilita’ nelle forme di cui all’articolo 380 bis c.p.c., in relazione all’articolo 375 c.p.c., comma 1, n. 1), il Presidente ha fissato l’adunanza della Camera di Consiglio.
Il ricorso e’ inammissibile. La sentenza impugnata ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Corte e l’esame dei motivi di ricorso non offre elementi per confermare o mutare l’orientamento della stessa, con conseguente inammissibilita’ ex articolo 360 bis c.p.c., n. 1 (Cass. Sez. U., 21/03/2017 n. 7155).
La Corte d’appello, interpretato il regolamento condominiale, articolo 6, il quale impedisce ai condomini di intraprendere “alcuna operazione esterna che modifichi l’architettura, l’estetica o la simmetria del fabbricato”, come impositivo del divieto di immutazione dell’edificio e dell’obbligo della conservazione delle sue caratteristiche strutturali, estetiche, funzionali ed architettoniche, ha concluso che la trasformazione dell’unita’ immobiliare un tempo destinata a negozio di alimentari in cinque autorimesse, con aperture basculanti al posto delle vetrine preesistenti, fosse lesiva del decoro architettonico per il suo impatto visivo sull’armonia degli elementi strutturali della facciata, e percio’ anche in contrasto con il regolamento condominiale, articolo 6.
Il primo motivo di ricorso, pur denunciando la violazione di norme di diritto, allega in realta’ l’omesso esame di fatti. Tuttavia, l’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia).
Opera, peraltro, la previsione d’inammissibilita’ del ricorso per cassazione, di cui all’articolo 348 ter c.p.c., comma 5, che esclude che possa essere impugnata ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la sentenza di appello “che conferma la decisione di primo grado” e che, come nella specie, risulti fondata sulle stesse ragioni, inerenti alle questioni di fatto, poste a base della sentenza di primo grado (cd. doppia conforme).
Il primo motivo di ricorso, invocando un rinnovato esame dello stato dei luoghi e delle risultanze istruttorie, e contestando che vi siano state modifiche peggiorative della facciata, e’ comunque volto a devolvere alla Corte di cassazione il compito di procedere a nuovi apprezzamenti di fatto. Quanto all’argomento decisorio che ha fondato il convincimento della illegittimita’ della modifica realizzata da (OMISSIS) sul divieto imposto dal regolamento condominiale di ogni opera esterna sulle unita’ di proprieta’ individuale che modifichi l’architettura, l’estetica o la simmetria del fabbricato, e’ consolidato l’orientamento di questa Corte – proprio con riguardo a disposizioni che stabiliscano il divieto assoluto di apportare modifica alle parti esterne dell’edificio – che riconosce all’autonomia privata la facolta’ di stipulare convenzioni che pongano limitazioni nell’interesse comune ai diritti dei condomini, anche relativamente al contenuto del diritto dominicale sulle parti comuni o di loro esclusiva proprieta’. Inoltre, il regolamento puo’ validamente derogare alle disposizioni dell’articolo 1102 c.c., ed arrivare al punto di imporre la conservazione degli elementi attinenti alla simmetria, all’estetica ed all’aspetto generale dell’edificio (cfr. indicativamente Cass. Sez. 2, 21/05/1997, n. 4509; Cass. Sez. 2, 02/05/1975, n. 1680; Cass. Sez. 2, 09/11/1998, n. 11268; Cass. Sez. 2, 29/04/2005, n. 8883; Cass. Sez. 2, 24/01/2013, n. 1748; Cass. Sez. 2, 19/12/2017, n. 30528; Cass. Sez. 6 2, 18/11/2019, n. 29924; Cass. Sez. 2, 05/11/2019, n. 28465).
L’elaborazione della giurisprudenza spiega come le modificazioni apportate da uno dei condomini, in violazione del divieto previsto dal regolamento di condominio, connotano tali opere come abusive e pregiudizievoli e configurano l’interesse degli altri partecipanti al condomino ad agire a tutela della cosa comune (cfr. Cass. Sez. 2, 09/06/1988, n. 3927; Cass. Sez. 2, 15/01/1986, n. 175).
La nozione di decoro architettonico, contemplata dall’articolo 1120 c.c., comma 4, dall’articolo 1122 c.c., comma 1, e dall’articolo 1122-bis c.c., e sottesa, anche ai limiti di uso della cosa comune ex articolo 1102 c.c., attiene a tutto cio’ che si riferisce alle linee essenziali del fabbricato, cioe’ alla sua particolare struttura e fisionomia estetica ed armonica, che contribuisce a dare ad esso una sua specifica identita’ (si veda, ad es., Cass. Sez. 2, 30/08/2004, n. 17398). Ai fini della tutela del decoro architettonico dell’edificio condominiale, non occorre che il fabbricato abbia un particolare pregio artistico, ne’ rileva che tale fisionomia sia stata gia’ gravemente ed evidentemente compromessa da precedenti interventi sull’immobile (Cass. Sez. 2, 19/06/2009, n. 14455; Cass. Sez. 2, 14/12/2005, n. 27551; Cass. Sez. 2, 30/08/2004, n. 17398).
La censura sollecita, cosi’, una nuova indagine di fatto rivolta a stabilire se in concreto ricorra il denunciato pregiudizio all’aspetto dell’edificio, e propone al riguardo apprezzamenti difformi da quelli operati nella sentenza impugnata. Il concetto di “decoro architettonico”, come tutti quelli elaborati dalle scienze idiografiche (qual e’ appunto l’architettura), che non poggiano su leggi generalizzabili, ma studiano oggetti singoli, non e’ connotato dall’assolutezza dell’inferenza induttiva tipica delle scienze che, al contrario, elaborano frequenze statistiche direttamente rilevanti per l’accertamento del fatto litigioso. Si tratta, percio’, di nozione che la legge configura con disposizione delineante un modulo generico, il quale richiede di essere specificato in sede interpretativa, mediante l’accertamento della concreta ricorrenza, nella vicenda dedotta in giudizio, degli elementi che integrano il parametro normativo, ponendosi sul piano del giudizio di fatto, demandato al giudice di merito e incensurabile in cassazione se privo di errori logici o giuridici.
Il secondo motivo e’ parimenti inammissibile o comunque infondato.
Il regolamento di condominio non ha natura di atto normativo generale e astratto, ed e’ percio’ inammissibile il motivo del ricorso per cassazione col quale si lamenti la violazione o falsa applicazione delle norme di tale regolamento ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 (Cass. Sez. 2, 07/06/2011, n. 12291; Cass. Sez. 6 – 2, 07/08/2018, n. 20567).
D’altro canto, la censura risulterebbe comunque infondata anche ove intesa come vizio della interpretazione del regolamento di condominio da parte del giudice del merito o come vizio della motivazione.
Un regolamento condominiale puo’ porre limitazioni ai poteri ed alle facolta’ spettanti ai condomini sulle parti comuni, purche’ tali limitazioni siano enunciate in modo chiaro ed esplicito. E l’interpretazione delle clausole di un regolamento contrattuale contenenti limiti nel godimento delle cose comuni e’ sindacabile in sede di legittimita’ solo per violazione delle regole legali di ermeneutica contrattuale ovvero per l’omesso esame di un fatto storico, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
La Corte d’appello di Torino ha spiegato che il divieto di “ingombrare il cortile comune” contenuto nel regolamento condominiale, articolo 15, lettera c), non implica altresi’ un impedimento al diritto di parcheggio, tenuto altresi’ conto del comportamento complessivo dei condomini successivo alla redazione del medesimo regolamento, come risultante dalle dichiarazioni rese dai testimoni (OMISSIS) e (OMISSIS).
In tal modo, i giudici del merito, sulla base di apprezzamento di fatto della volonta’ contrattuale non sindacabile in questa sede, hanno fatto corretto uso dell’articolo 1362 c.c., che nel comma 1, pur prescrivendo all’interprete di indagare quale sia stata la comune intenzione delle parti senza limitarsi al senso letterale delle parole, non svaluta l’elemento letterale del contratto ma, al contrario, intende ribadire che, qualora la lettera della convenzione, per le espressioni usate, riveli con chiarezza ed univocita’ la volonta’ dei contraenti e non vi sia divergenza tra la lettera e lo spirito della convenzione, una diversa interpretazione non e’ ammissibile (Cass. Sez. 2, 22/08/2019, 21576).
Inoltre, le prescrizioni del regolamento aventi natura solo organizzativa, come quelle che disciplinano le modalita’ d’uso delle parti comuni, possono essere interpretate, giusta l’articolo 1362 c.c., comma 2, altresi’ alla luce della condotta tenuta dai comproprietari posteriormente alla relativa approvazione ed anche “per facta concludentia”, in virtu’ di comportamento univoco (arg. da Cass. Sez. 6 – 2, 18/05/2017, n. 12579). Il ricorso va percio’ dichiarato inammissibile, senza doversi provvedere sulle spese del giudizio di cassazione, perche’ gli intimati non hanno svolto attivita’ difensive.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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