Corte di Cassazione, sezione terza penale, Sentenza 1 ottobre 2018, n. 43164.
Le massime estrapolate:
Le condotte sanzionate dell’articolo 727 c.p., comma 2 e articolo 544 ter c.p., comma 1, e cioe’ la detenzione di animali in condizioni incompatibili con la loro natura e produttive di gravi sofferenze (articolo 727 c.p., comma 2), e la determinazione, per crudelta’ o senza necessita’, di lesioni a un animale, o la sottoposizione dello stesso a sevizie o a comportamenti o fatiche o lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche (articolo 544 ter c.p., comma 1), non sono tra loro astrattamente incompatibili, ne’ tra le due fattispecie vi e’ un necessario rapporto di specialita’ (nel senso che l’ipotesi contravvenzionale debba rimanere necessariamente assorbita in quella delittuosa quando questa sia configurabile), in quanto la produzione delle lesioni, o la sottoposizione a sevizie o a comportamenti o fatiche insopportabili per le caratteristiche etologiche dell’animale, non implicano e non presuppongono necessariamente la previa detenzione o custodia dei medesimi animali in condizioni incompatibili con la loro natura e produttive di gravi sofferenze, potendo la determinazione delle lesioni o la sottoposizione alle sevizie o ai lavori insopportabili verificarsi anche in assenza della detenzione in condizioni incompatibili con la natura degli animali e produttive di gravi sofferenze, cosicche’ le due fattispecie possono tra loro concorrere, potendo la determinazione di lesioni all’animale aggiungersi alla sua custodia in condizioni incompatibili con la sua natura (come avvenuto nel caso in esame).
Il delitto di maltrattamento di animali puo’, poi, concorrere anche con il reato di uccellagione, di cui alla L. n. 157 del 1992, articolo 30, comma 1, lettera e), in quanto anche tra tali reati non sussiste rapporto di specialita’, sia perche’ il delitto necessita dell’evento (la lesione all’animale), che non e’ richiesto per l’integrazione della contravvenzione; sia perche’ diversa e’ l’oggettivita’ giuridica (nel caso della contravvenzione, la fauna selvatica come patrimonio indisponibile dello Stato; in quello del delitto, il sentimento per gli animali); sia perche’ in forza della previsione dell’articolo 19 ter disp. att. c.p. il reato di cui all’articolo 544 ter c.p. e le altre disposizioni del titolo 9 bis, libro secondo, del cod. pen. non si applicano ai casi previsti in materia di caccia ed alle ulteriori attivita’ ivi menzionate, se svolte nel rispetto della normativa di settore.
Il reato di uccellagione, di cui alla L. n. 157 del 1992, articolo 30, comma 1, lettera e), non richiede, poi, per la sua configurabilita’ l’uso di complessi sistemi di reti, essendo sufficiente anche l’adozione di congegni rudimentali e di limitata grandezza, anch’essi capaci, specie in particolari condizioni di luogo e specifiche modalita’ e con sistemi fissi non puramente di uso momentaneo, di consentire la indiscriminata cattura di volatili; ne’ occorre l’effettiva apprensione dei volatili, in quanto il reato di uccellagione e’ configurato come fattispecie di pericolo a consumazione anticipata, per la cui integrazione e’ sufficiente qualsiasi atto diretto alla cattura di uccelli con mezzi diversi dalle armi da sparo e con potenzialita’ offensiva indeterminata
Sentenza 1 ottobre 2018, n. 43164
Data udienza 9 maggio 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LAPALORCIA Grazia – Presidente
Dott. LIBERATI Giovanni – rel. Consigliere
Dott. DI STASI Antonella – Consigliere
Dott. CORBETTA Stefano – Consigliere
Dott. MACRI’ Ubalda – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 6/4/2017 della Corte d’appello di Palermo
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Giovanni Liberati;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dr. Gaeta Pietro, che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi;
udito per i ricorrenti l’avv. (OMISSIS), anche in sostituzione dell’avv. (OMISSIS), che ha concluso chiedendo l’accoglimento dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 26 ottobre 2015 il Tribunale di Trapani aveva condannato (OMISSIS) e (OMISSIS) alle pene di mesi tre ( (OMISSIS)) e mesi cinque ( (OMISSIS)) di reclusione, in relazione ai reati di cui alla L. n. 157 del 1992, articolo 30, comma 1, lettera e), (per avere praticato l’uccellagione, posizionando attrezzature di richiamo, reti e gabbie, mediante le quali avevano gia’ catturato due esemplari di cardellino), articolo 727 bis c.p. (per avere catturato e detenuto due esemplari di cardellino, appartenenti a una specie animale selvatica protetta) e articolo 544 ter c.p. (per avere cagionato lesioni e sottoposto a sevizie due esemplari di cardellino, avendone detenuto uno con un laccetto aggrovigliato al collo e alle ali, in condizioni tali da impedirne la sopravvivenza, e al quale era stata rimossa l’intera coda, con l’impossibilita’ di volare).
La Corte d’appello di Palermo, provvedendo con sentenza del 6 aprile 2017 sulle impugnazioni degli imputati, ha qualificato i fatti di cui al capo b) della rubrica ai sensi dell’articolo 727 c.p. anziche’ ai sensi dell’articolo 727 bis c.p., riducendo le pene ad Euro 8.000,00 di multa per (OMISSIS) e ad Euro 14.000,00 di multa per (OMISSIS), e confermando nel resto la sentenza di primo grado.
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS), lamentando la violazione e l’erronea applicazione della L. n. 157 del 1992, articolo 30, comma 1, lettera e), affermando che l’uso degli strumenti in concreto utilizzati dagli imputati, consistenti in una sola gabbia e in reti di modeste dimensioni, avrebbe dovuto indurre i giudici di merito a ritenere configurabile la diversa ipotesi di minore gravita’ della mera cattura di uccelli, in quanto per potersi configurare il piu’ grave reato di uccellagione devono essere impiegati mezzi che consentano la cattura in massa, mentre nel caso di specie erano stati rinvenuti solamente due esemplari di cardellino, il che avrebbe dovuto determinare l’esclusione della configurabilita’ della ipotesi di cui al L. n. 157 del 1992, articolo 30, comma 1, lettera e).
Ha prospettato anche una ulteriore violazione ed errata applicazione di legge penale e un vizio della motivazione, riguardo alla riqualificazione del fatto di cui al capo b) della rubrica come violazione dell’articolo 727 c.p., in contrasto con il principio di specialita’, non essendo emerse prove delle gravi sofferenze che sarebbero state inflitte ai due animali catturati, tenendo conto della circostanza che le gabbie rinvenute erano provviste di abbeveratoio e mangiatoia ed erano dunque idonee ad accogliere provvisoriamente gli uccelli, sicche’ avrebbe dovuto essere ritenuto configurabile solamente il reato di uccellagione o di cattura di animali, di cui alla L. n. 157 del 1992, articolo 30.
Ha prospettato anche la propria estraneita’ ai fatti, in quanto l’attrezzatura rinvenuta apparteneva al coimputato (OMISSIS), e l’erroneita’ della affermazione della configurabilita’ del reato di cui all’articolo 544 ter c.p., non essendo state riscontrate alterazioni organiche degli uccelli determinanti una diminuzione funzionale apprezzabile o un pregiudizio dell’organismo.
Infine ha lamentato la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche e della sospensione condizionale della pena, e anche l’eccessivita’ dell’aumento di pena applicato per la recidiva, risultando apodittica e generica la motivazione della Corte territoriale al riguardo, fondata sul mero richiamo ai precedenti penali.
3. Ha proposto ricorso per cassazione avverso la medesima sentenza anche (OMISSIS), lamentando anch’egli l’erroneita’ della affermazione della configurabilita’ del reato di cui alla L. n. 157 del 1992, articolo 30, comma 1, lettera e), non essendo stati impiegati impianti, mezzi o metodi di cattura o soppressione in massa o non selettiva di cardellini, in misura idonea a portare localmente alla estinzione di una specie, e anche del delitto di cui all’articolo 544 ter c.p., non essendo emerso dall’istruttoria svolta che i due esemplari di cardellino catturati avessero subito lesioni.
Ha prospettato anch’egli la necessita’ di riqualificare il fatto di cui al capo a) della rubrica ai sensi della L. n. 157 del 1992, articolo 30, comma 1, lettera h), non avendo avuto impatto sullo stato di conservazione della specie la condotta contestatagli, che aveva riguardato solamente due esemplari di cardellino, e ha denunciato anche l’erroneita’ della affermazione della configurabilita’ del reato di cui all’articolo 727 c.p., in quanto tale disposizione riguarda l’abbandono di animali domestici o che abbiano acquisito abitudini di cattivita’, mentre la Corte territoriale aveva dato atto che i due cardellini in questione facevano parte di una specie animale selvatica protetta.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi non sono fondati.
2. Va premesso che le condotte sanzionate dell’articolo 727 c.p., comma 2 e articolo 544 ter c.p., comma 1, e cioe’ la detenzione di animali in condizioni incompatibili con la loro natura e produttive di gravi sofferenze (articolo 727 c.p., comma 2), e la determinazione, per crudelta’ o senza necessita’, di lesioni a un animale, o la sottoposizione dello stesso a sevizie o a comportamenti o fatiche o lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche (articolo 544 ter c.p., comma 1), non sono tra loro astrattamente incompatibili, ne’ tra le due fattispecie vi e’ un necessario rapporto di specialita’ (nel senso che l’ipotesi contravvenzionale debba rimanere necessariamente assorbita in quella delittuosa quando questa sia configurabile), in quanto la produzione delle lesioni, o la sottoposizione a sevizie o a comportamenti o fatiche insopportabili per le caratteristiche etologiche dell’animale, non implicano e non presuppongono necessariamente la previa detenzione o custodia dei medesimi animali in condizioni incompatibili con la loro natura e produttive di gravi sofferenze, potendo la determinazione delle lesioni o la sottoposizione alle sevizie o ai lavori insopportabili verificarsi anche in assenza della detenzione in condizioni incompatibili con la natura degli animali e produttive di gravi sofferenze, cosicche’ le due fattispecie possono tra loro concorrere, potendo la determinazione di lesioni all’animale aggiungersi alla sua custodia in condizioni incompatibili con la sua natura (come avvenuto nel caso in esame).
2.1. Il delitto di maltrattamento di animali puo’, poi, concorrere anche con il reato di uccellagione, di cui alla L. n. 157 del 1992, articolo 30, comma 1, lettera e), in quanto anche tra tali reati non sussiste rapporto di specialita’, sia perche’ il delitto necessita dell’evento (la lesione all’animale), che non e’ richiesto per l’integrazione della contravvenzione; sia perche’ diversa e’ l’oggettivita’ giuridica (nel caso della contravvenzione, la fauna selvatica come patrimonio indisponibile dello Stato; in quello del delitto, il sentimento per gli animali); sia perche’ in forza della previsione dell’articolo 19 ter disp. att. c.p. il reato di cui all’articolo 544 ter c.p. e le altre disposizioni del titolo 9 bis, libro secondo, del cod. pen. non si applicano ai casi previsti in materia di caccia ed alle ulteriori attivita’ ivi menzionate, se svolte nel rispetto della normativa di settore (cfr. Sez. 3, n. 40751 del 05/03/2015, Bertoldi, Rv. 265164; v. anche Sez. 3, n. 41742 del 06/10/2009, Russo, Rv. 245261).
2.3. Il reato di uccellagione, di cui alla L. n. 157 del 1992, articolo 30, comma 1, lettera e), non richiede, poi, per la sua configurabilita’ l’uso di complessi sistemi di reti, essendo sufficiente anche l’adozione di congegni rudimentali e di limitata grandezza, anch’essi capaci, specie in particolari condizioni di luogo e specifiche modalita’ e con sistemi fissi non puramente di uso momentaneo, di consentire la indiscriminata cattura di volatili (Sez. 3, n. 1713 del 18/12/1995, Palandri, Rv. 204727); ne’ occorre l’effettiva apprensione dei volatili, in quanto il reato di uccellagione e’ configurato come fattispecie di pericolo a consumazione anticipata, per la cui integrazione e’ sufficiente qualsiasi atto diretto alla cattura di uccelli con mezzi diversi dalle armi da sparo e con potenzialita’ offensiva indeterminata (Sez. 3, n. 7861 del 12/01/2016, Vassalini, Rv. 266278; conf. Sez. 3, n. 19554 del 17/03/2004, Zanchi, Rv. 228886; Sez. 3, n. 3090 del 12/01/1996, Marconi, Rv. 205043).
3. Alla luce di tali principi entrambi i ricorsi, peraltro riproduttivi degli atti d’appello e privi di autentico confronto critico con la motivazione della sentenza impugnata e con la vicenda quale ricostruita nelle sue modalita’ dai giudici di merito, sono infondati.
3.1. Le doglianze mediante le quali e’ stata lamentata la violazione della L. n. 157 del 1992, articolo 30, comma 1, lettera e) , nonche’ degli articoli 727 e 544 ter c.p., e sono stati prospettati, peraltro genericamente, vizi della motivazione, tendono, in realta’, attraverso la deduzione di tali violazioni di legge e di vizi della motivazione, a censurare la ricostruzione delle condotte ascritte agli imputati, compiuta concordemente dai giudici di merito, che proprio sulla base di tale accertamento hanno ritenuto configurabili tutte e tre le ipotesi delittuose ascritte agli imputati, sicche’ si tratta di censure non consentite nel giudizio di legittimita’, non essendo stata individuata una errata applicazione della legge penale, ma proposta una diversa ricostruzione della vicenda da qualificare.
Correttamente i giudici di merito hanno, infatti, ritenuto configurabile il reato di uccellagione di cui alla L. n. 157 del 1992, articolo 30, comma 1, lettera e), che non richiede, come sostenuto da entrambi i ricorrenti, l’uso di complessi sistemi di reti, essendo sufficiente anche l’adozione di congegni rudimentali e di limitata grandezza, purche’ capaci di consentire la indiscriminata cattura di volatili: la Corte d’appello ha, in particolare, sottolineato che, nel caso di specie, per le modalita’ impiegate (attraverso l’uso di vaste reti, esche e richiami di vario genere), era stata posta in essere una attivita’ di uccellagione, in quanto volta alla cattura di un numero indiscriminato di cardellini, e non di singoli esemplari.
Le censure dei ricorrenti sono volte a criticare tale ricostruzione di fatto, sulla base della quale e’ stata coerentemente e correttamente affermata la configurabilita’ del reato di uccellagione, per il quale non sono richiesti sistemi complessi ne’ l’effettiva cattura degli animali, sicche’ esse risultano infondate.
3.2. Analoghe considerazioni possono essere svolte riguardo alle doglianze sollevate in ordine alla affermazione della sussistenza dei reati di cui agli articoli 727 e 544 ter c.p..
Al riguardo la Corte territoriale ha sottolineato che entrambi gli imputati erano stati sorpresi dalla polizia giudiziaria mentre praticavano l’uccellagione vietata del cardellino, mediante il posizionamento di registrazioni di richiamo vocale, gabbie, vaste reti, oltre ad alcuni cardellini che, con le ali e la coda tagliate e apposito laccio che passava per collo e corpo, fungevano da esca per attirare gli esemplari, ritenendo, quindi, configurabili sia la contravvenzione di cui all’articolo 727 c.p., comma 2, sia il delitto di maltrattamenti di animali, essendo emerso che gli animali risultavano in condizione di stress per il volo frenetico cui erano sottoposti, con le ali tagliate e senza coda, con ematomi sul collo e privi del naturale piumaggio, a causa dei lacci cui erano legati per fungere da esche.
Tale conclusione risulta corretta, essendo state accertate sia la detenzione degli animali in condizioni incompatibili con la loro natura e produttive di gravi sofferenze (e cioe’ legati con lacci o fili produttivi di ematomi sul collo), sia la determinazione di lesioni e la sottoposizione a comportamenti incompatibili con le caratteristiche etologiche degli animali (e cioe’ il taglio delle code e delle ali e la chiusura all’interno delle reti, nelle quali gli animali tentavano di volare pur essendo privi della coda e delle ali ed essendo legati), con la conseguente infondatezza delle doglianze sollevate da entrambi i ricorrenti sul punto.
3.3. Le doglianze riguardo alla estraneita’ del (OMISSIS) alle condotte sono generiche e volte a censurare un accertamento di fatto compiuto dai giudici di merito e, comunque, manifestamente infondate, posto che la Corte territoriale, nel disattendere l’analoga censura formulata con l’atto d’appello, ha dato atto delle risultanze dell’istruttoria, e in particolare della deposizione del teste (OMISSIS), da cui e’ emerso che entrambi gli imputati erano stati visti nell’atto di posizionare le reti idonee a catturare gli uccelli.
Le censure in ordine al diniego delle circostanze attenuanti generiche, all’aumento di pena applicato per la recidiva e al mancato riconoscimento della sospensione condizionale della pena al medesimo (OMISSIS), sono manifestamente infondate, avendo la Corte d’appello, attraverso la sottolineatura della negativa personalita’ del (OMISSIS), quale emergente dal suo certificato penale, e alla assenza di elementi di positiva considerazione, dato conto in modo adeguato degli elementi ritenuti preponderanti, tra quelli di cui all’articolo 133 c.p., per determinare la pena, escludere la riconoscibilita’ di dette circostanze e formulare un giudizio prognostico negativo sulla futura condotta dell’imputato, con valutazione non sindacabile, sul piano del giudizio di merito, in sede di legittimita’.
4. Entrambi i ricorsi debbono, in conclusione, essere respinti.
Consegue l’onere delle spese del procedimento a carico di entrambi i
ricorrenti.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali.
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