Consiglio di Stato, Sentenza|25 febbraio 2021| n. 1634.
Il provvedimento di diniego del permesso di costruire, basato sulla necessità del progetto unitario di comparto, è conforme alla disciplina legislativa, come interpretata dalla consolidata giurisprudenza, e alla pianificazione urbanistica comunale, salva la valutazione della possibilità di applicazione della disciplina del permesso di costruire convenzionato di cui all’art. 28 bis del D.P.R. 380 del 2001, introdotto dalla legge L. 11 novembre 2014, n. 164, che lo prevede “qualora le esigenze di urbanizzazione possano essere soddisfatte con una modalità semplificata”.
Sentenza|25 febbraio 2021| n. 1634
Data udienza 19 gennaio 2021
Integrale
Tag – parola chiave: Permesso di costruire – Zona residenziale di espansione – Progettazione urbanistica unitaria e preventiva, estesa a tutto il comparto – Diniego del Comune – Richiesta di informazioni alla pubblica amministrazione – Art. 64, comma 3, c.p.a. – Potere istruttorio del giudice amministrativo
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Seconda
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5343 del 2012, proposto dai
signori Ma. Sp. ed altri, rappresentati e difesi dagli avvocati Mi. La. e Ma. Sp., con domicilio eletto presso l’avv. Gi. Ra. in Roma, via (…);
contro
Comune di (omissis) non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. PUGLIA – SEZ. STACCATA DI LECCE: SEZIONE III n. 2188/2011, resa tra le parti, concernente il provvedimento del Comune di (omissis) di diniego del permesso di costruire richiesto il 10 marzo 2010
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella udienza pubblica del giorno 19 gennaio 2021, tenuta ai sensi dell’art. 25 del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137 conv. dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, il Cons. Cecilia Altavista;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
I signori Ma. Sp., Fi. Lu. Ma. Sp., El. Pi., il 10 marzo 2010, presentavano al Comune di (omissis) una domanda di permesso di costruire per sei abitazioni in area priva di strumento urbanistico esecutivo, zona C di espansione in base al PRG.
Il Comune, con nota del 5 ottobre 2010, comunicava il diniego, basato sull’art. 55 delle NTA del PRG, per cui in detta zona residenziale di espansione è richiesta la “progettazione urbanistica unitaria e preventiva, estesa a tutto il comparto”, salva la possibilità dell’intervento lottizzatorio di iniziativa privata, in alternativa a quella d’ufficio.
Avverso tale provvedimento è stato proposto ricorso al Tribunale amministrativo regionale della Puglia, sezione di Lecce, formulando i seguenti motivi:
-violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 10 bis della L. 241/1990;
-violazione dei principi di economicità, di efficacia e di imparzialità dell’attività amministrativa di cui all’art. 1 della L. 241/1990, sulla base della collocazione del lotto in area già edificata, sostanzialmente intercluso, e servito da opere di urbanizzazione primaria e secondaria.
Il giudice di primo grado, a seguito di accertamenti istruttori richiesti al Comune, ha respinto il ricorso, in relazione alla situazione dell’area priva di adeguate opere di urbanizzazione e alla disciplina posta dall’art. 9 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380; ha poi escluso la rilevanza della violazione dell’art. 10 bis della legge 7 agosto 1990, n. 241, in relazione alla previsione dell’art. 21 octies della stessa legge.
Con l’atto di appello sono state formalmente riproposte le censure del ricorso di primo grado, ovvero violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 10 bis della L. 241/1990, violazione dei principi di economicità, di efficacia e di imparzialità dell’attività amministrativa di cui all’art. 1 della L. 241/1990; nel corpo dell’appello però sono state contestate solo le argomentazioni del giudice di primo grado circa la natura del lotto e gli accertamenti istruttori svolti in primo grado, sostenendo la natura interclusa del lotto nonché la completa urbanizzazione dell’area.
Il Comune di (omissis) non si è costituito in giudizio.
Con ordinanza cautelare n. 3080 del 1 agosto 2012 è stata respinta la domanda di sospensione della sentenza impugnata, per la mancanza del danno grave ed irreparabile.
Nella memoria in vista dell’udienza pubblica del 14 luglio 2020 la difesa appellante ha insistito nelle proprie tesi difensive, in particolare relativamente alla natura del lotto intercluso o comunque interamente urbanizzato.
Con ordinanza n. 4714 del 23 luglio 2020 sono richiesti incombenti istruttori alla Regione Puglia, Dipartimento Mobilità, qualità urbana, opere pubbliche, ecologia e paesaggio- Sezione urbanistica in particolare, il deposito di “una dettagliata relazione da cui risultino, anche a seguito di sopralluogo, l’effettivo stato del fondo per cui è stato richiesto il permesso di costruire ovvero se risulti effettivamente intercluso, quali siano le opere di urbanizzazione esistenti sull’area; la normativa urbanistica vigente al momento del diniego e sopravvenuta”.
La Regione Puglia – Servizio urbanistica ha adempiuto all’incombente istruttorio depositando una relazione completa con allegate fotografie relative allo stato dei luoghi e alle opere di urbanizzazione, il verbale di sopralluogo del 13 ottobre 2020 effettuato in presenza delle parti (tecnico del Comune e parte privata con tecnico di parte).
La difesa appellante ha presentato osservazioni tecniche e, nella memoria, ha contestato gli accertamenti effettuati dalla Regione, la individuazione del funzionario regionale incaricato degli accertamenti, la presenza in sede di sopralluogo anche del tecnico comunale, non essendo l’Amministrazione comunale costituita in giudizio; ha poi insistito nelle proprie argomentazioni, ribadendo la natura interclusa del lotto, unico rimasto inedificato nell’area circostante e servito da opere di urbanizzazione primaria e, nella area adiacente, anche secondaria.
All’udienza pubblica telematica del 19 gennaio 2021, tenuta ai sensi dell’art. 25 del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137 conv. dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, l’appello è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
In via preliminare ritiene il Collegio di dover esaminare le questioni, che la difesa appellante ha posto nella memoria per questa udienza pubblica relativamente alla relazione istruttoria inviata dalla Regione, in adempimento dell’incombente istruttorio disposto con l’ordinanza collegiale n. 4714 del 23 luglio 2020.
Sostiene la difesa appellante che l’Ufficio regionale avrebbe erroneamente individuato quale tecnico incaricato dell’istruttoria un funzionario della Sezione di Lecce del Settore urbanistico della Regione Puglia, che “collabora quotidianamente con i colleghi del Comune di (omissis)”; ha poi contestato la presenza di un rappresentate dell’Ufficio tecnico del Comune al sopralluogo sui luoghi di causa del 13 ottobre 2020; ha lamentato, inoltre, che la funzionaria della Regione avrebbe acquisito la documentazione presso il Comune non in presenza della parte appellante e del tecnico di parte.
Tali prospettazioni della difesa appellante sono del tutto infondate.
In primo luogo si deve, infatti, rilevare che non è stata disposta una verificazione, ma una richiesta di informazioni alla pubblica amministrazione, che l’art. 64, comma 3, c.p.a. consente in via generale al giudice amministrativo nell’ambito del proprio potere istruttorio.
Si tratta, infatti, della consacrazione in norme di diritto positivo del principio cd. dispositivo con metodo acquisitivo, che ha qualificato il modello processuale proprio del giudizio amministrativo come generato dall’esigenza di correggere l’istituzionale disuguaglianza tra le parti al di fuori del processo, in quanto la pubblica amministrazione è a conoscenza di atti e provvedimenti, che il privato potrebbe avere difficoltà ad acquisire (cfr. Adunanza Plenaria 20 novembre 2014, n. 32).
Il Collegio avrebbe potuto richiedere tali informazioni anche al Comune parte del giudizio, ma, essendo ciò già avvenuto in primo grado, per maggiore completezza della documentazione, ed essendo la Regione titolare con il Comune di un potere amministrativo in materia urbanistica ed edilizia, la richiesta è stata indirizzata alla Regione.
Non sussisteva, quindi, alcun particolare obbligo di estraneità alle parti del giudizio, come richiesto per la verificazione dall’art. 19 c.p.a., potendo la richiesta di informazioni essere indirizzata anche alla stessa Amministrazione parte del giudizio.
Sotto tale profilo, si devono ritenere irrilevanti sia gli eventuali rapporti dei funzionari della Regione con gli uffici del Comune di (omissis) sia la presenza del tecnico comunale al sopralluogo del 13 ottobre 2010.
In ogni caso, anche a ritenere applicabile la disciplina della verificazione, per il verificatore, gli eventuali motivi di ricusazione – la cui istanza deve essere formalizzata nei modi e termini, di cui all’art. 18 c.p.a.- ai sensi dell’art. 20 c.p.a., sono quelli tassativamente individuati per il giudice dall’art. 51 c.p.c. (ovvero se ha interesse nella causa o in altra vertente su identica questione di diritto; se egli stesso o la moglie è parente fino al quarto grado o legato da vincoli di affiliazione, o è convivente o commensale abituale di una delle parti o di alcuno dei difensori; se egli stesso o la moglie ha causa pendente o grave inimicizia o rapporti di credito o debito con una delle parti o alcuno dei suoi difensori; se ha dato consiglio o prestato patrocinio nella causa, o ha deposto in essa come testimone, oppure ne ha conosciuto come magistrato in altro grado del processo o come arbitro o vi ha prestato assistenza come consulente tecnico; se è tutore, curatore, amministratore di sostegno, procuratore, agente o datore di lavoro di una delle parti; se, inoltre, è amministratore o gerente di un ente, di un’associazione anche non riconosciuta, di un comitato, di una società o stabilimento che ha interesse nella causa).
Ne deriva l’assoluta irrilevanza, anche sotto tale profilo, delle generiche deduzioni dell’appellante relative alla circostanza che la funzionaria regionale presti servizio presso la sede territoriale di Lecce della Regione Puglia e, quindi, abbia eventuali contatti lavorativi con vari uffici comunali, tra cui quelli del Comune di (omissis) e il personale in servizio presso tali uffici, rispetto a profili di incompatibilità allo svolgimento dell’attività istruttoria.
Nel merito l’appello è infondato.
Il provvedimento di diniego del Comune è basato sull’art. 55 delle NTA del PRG, per cui nella zona residenziale di espansione, in cui è inserito il lotto di proprietà della parte appellante, è richiesta la “progettazione urbanistica unitaria e preventiva, estesa a tutto il comparto”.
Sostiene la parte appellante che tale previsione e la conseguente necessità della progettazione unitaria di comparto sarebbero superflue nel caso di specie, in quanto il lotto si troverebbe in area già interamente urbanizzata munita di opere di urbanizzazione primaria e secondaria, tale che potrebbe essere considerato un lotto intercluso, per cui, in base alla consolidata giurisprudenza, sarebbe ammesso l’intervento diretto, in mancanza di strumento urbanistico attuativo.
In punto di fatto, si deve rilevare che il Comune di (omissis) nella relazione istruttoria in primo grado aveva rilevato la carenza delle opere di urbanizzazione all’interno dell’area individuata come comparto.
Tale circostanza è stata sostanzialmente confermata dalla istruttoria effettuata dalla Regione.
Infatti, dalle fotografie allegate alla relazione risulta una area non interamente urbanizzata, in particolare sul lato del lotto opposto alla via (omissis) (mentre la urbanizzazione è più rilevante nel fronte opposto di via (omissis)), in parte costituita da aree inedificate e incolte; lungo il perimetro del lotto, oltre che la “via (omissis)”- strada di collegamento verso l’esterno del territorio comunale- vi è una altra strada, sterrata; entrambe le strade sono prive di marciapiede e di aree a parcheggio; vi sono opere di urbanizzazione primaria, quali le reti dei servizi pubblici (illuminazione pubblica, telefonia, gas, acquedotto e fognatura), ma non vi è alcuna area destinata a servizi pubblici di quartiere, aree a verde, etc.
Dagli accertamenti istruttori effettuati nel corso del giudizio, risulta, quindi evidente che non si possa ritenere il lotto di proprietà degli appellanti interamente intercluso, non essendo collocato in una area interamente urbanizzata e completa di opere di urbanizzazione.
Come è noto, ai sensi dell’art. 9 comma 2 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, correttamente citato dal giudice di primo grado, “nelle aree nelle quali non siano stati approvati gli strumenti urbanistici attuativi previsti dagli strumenti urbanistici generali come presupposto per l’edificazione” sono consentiti interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione.
In base alla disciplina legislativa, non sono, dunque, consentiti interventi di nuova costruzione, in mancanza di strumento urbanistico attuativo.
La giurisprudenza, anche della Sezione, considera tale norma dell’art. 9, comma 2, del Testo Unico edilizia come una norma generale ed imperativa in materia di governo del territorio, che impone, ai fini degli interventi diretti costruttivi, il rispetto delle previsioni del piano regolatore generale richiedenti, per una determinata zona, la pianificazione di dettaglio, con la conseguenza che in presenza di una normativa urbanistica generale che preveda, per il rilascio del titolo edilizio in una determinata zona l’esistenza di un piano attuativo, non è consentito superare questa prescrizione (cfr. Cons. Stato, sez. II, 31 ottobre 2019, n. 7463; id. Sez II, 18 febbraio 2020, n. 1241; Sez. IV, 26 ottobre 2020, n. 6502), mentre sono eccezionali e di stretta interpretazione i casi in cui il PRG consenta il rilascio del permesso di costruire diretto, senza previa approvazione dello strumento attuativo (Cons. Stato Sez. IV, 14 aprile 2020, n. 2390).
In base a tale giurisprudenza, la necessità dello strumento attuativo è esclusa solo nei casi nei quali la situazione di fatto, in presenza di una pressoché completa edificazione della zona, sia addirittura incompatibile con un piano attuativo, quale il lotto residuale ed intercluso in area completamente urbanizzata, ma non anche nell’ipotesi in cui per effetto di una edificazione disomogenea ci si trovi di fronte ad una situazione che esige un intervento idoneo a restituire efficienza all’abitato, riordinando e talora definendo ex novo un disegno urbanistico di completamento della zona, ad esempio, completando il sistema della viabilità secondaria nella zona o integrando l’urbanizzazione esistente per garantire il rispetto degli standard minimi per spazi e servizi pubblici e le condizioni per l’armonico collegamento con le zone contigue, già asservite all’edificazione (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 26 ottobre 2020, n. 6502; id. Sez. IV, 14 aprile 2020, n. 2390; id. Sez. IV 13 aprile 2016 n. 1434).
Infatti, l’esigenza di un piano particolareggiato, quale presupposto per il rilascio del permesso di costruire, si impone anche al fine di un armonico raccordo con il preesistente aggregato abitativo, allo scopo di potenziare le opere di urbanizzazione già esistenti e, quindi, anche alla più limitata funzione di armonizzare aree già compromesse ed urbanizzate, che richiedano una necessaria pianificazione della maglia e perciò anche in caso di lotto intercluso o di altri casi analoghi di zona già edificata e urbanizzata (cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, 14 aprile 2020, n. 2390; 20 aprile 2018, n. 2397).
Applicando al caso di specie tali consolidati principi giurisprudenziali, a cui il Collegio intende dare continuità, risulta evidente l’infondatezza delle deduzioni della parte appellante, non potendosi ritenere, sulla base delle fotografie in atti e della ulteriore documentazione allegata alla relazione istruttoria, che il lotto sia inserito in una area già completamente urbanizzata tale da rendere del tutto superfluo uno strumento attuativo, quale il progetto unitario di comparto.
Infatti, nell’area in questione, parzialmente urbanizzata in modo non omogeneo e priva di consistenti opere di urbanizzazione primaria, quali, ad esempio, una idonea rete di strade pubbliche, sussistono tutte le esigenze urbanistiche, per cui l’Amministrazione ha individuato nel PRG il progetto unitario di comparto, quale strumento di raccordo dell’area “spontaneamente” urbanizzata e di completamento delle opere di urbanizzazione in relazione allo sviluppo residenziale della stessa.
Rispetto ai rilievi fotografici e planimetrici allegati alla relazione istruttoria, che costituiscono gli accertamenti di fatto richiesti dal Collegio con l’ordinanza istruttoria, è poi irrilevante l’errore compiuto nella relazione circa la nozione di interclusione del lotto, confusa con quella civilistica, e per tale profilo contestata dalla difesa appellante.
Il provvedimento di diniego del permesso di costruire impugnato in primo grado, basato sulla necessità del progetto unitario di comparto, è quindi conforme alla disciplina legislativa, come interpretata dalla consolidata giurisprudenza, e alla pianificazione urbanistica comunale, salva la valutazione della possibilità di applicazione della disciplina del permesso di costruire convenzionato di cui all’art. 28 bis del D.P.R. 380 del 2001, introdotto -successivamente al diniego oggetto del presente giudizio – dalla legge L. 11 novembre 2014, n. 164, che lo prevede “qualora le esigenze di urbanizzazione possano essere soddisfatte con una modalità semplificata”.
Non può invece considerarsi riproposta in appello la censura relativa alla violazione dell’art. 10 bis della legge n. 241 del 1990, non essendovi sul punto nell’atto di appello alcuna contestazione delle argomentazioni del giudice di primo grado e pertanto non deve essere esaminata.
L’appello è, quindi, infondato e deve essere respinto, con conferma della sentenza impugnata.
Non si procede alla liquidazione delle spese del presente grado di giudizio, per la mancata costituzione in giudizio del Comune appellato.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.
Nulla sulle spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso dalla Seconda Sezione del Consiglio di Stato con sede in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 gennaio 2021 convocata con modalità da remoto e con la contemporanea e continuativa presenza dei magistrati:
Carlo Deodato – Presidente
Giancarlo Luttazi – Consigliere
Giovanni Sabbato – Consigliere
Francesco Frigida – Consigliere
Cecilia Altavista – Consigliere, Estensore
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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