Corte di Cassazione, sezioni unite penali, Sentenza 24 settembre 2019, n. 38954.
Massima estrapolata:
Il provvedimento di archiviazione per particolare tenuità del fatto ex art. 131-bis cod. pen. deve essere iscritto nel casellario giudiziale, fermo restando che non ne deve essere fatta menzione nei certificati rilasciati a richiesta dell’interessato, del datore di lavoro e della pubblica amministrazione.
Sentenza 24 settembre 2019, n. 38954
Data udienza 30 maggio 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE PENALI
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CARCANO Domenico – Presidente
Dott. CAMMINO Matilde – Consigliere
Dott. PETRUZZELLIS Anna – Consigliere
Dott. ROCCHI Giacomo – Consigliere
Dott. MONTAGNI Andrea – Consigliere
Dott. BELTRANI Sergio – Consigliere
Dott. PISTORELLI Luca – rel. Consigliere
Dott. ANDRONIO A. M. – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso presentato da:
Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Salerno, nel procedimento a carico di:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la ordinanza del 04/07/2018 del Tribunale di Salerno;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. ANIELLO Roberto, che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
1. Con l’ordinanza impugnata il Tribunale di Salerno, decidendo su istanza dell’interessato Decreto del Presidente della Repubblica 14 novembre 2002, n. 313, ex articolo 40, ha ordinato la cancellazione dal casellario giudiziale del provvedimento con cui il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Nocera Inferiore aveva disposto ai sensi dell’articolo 411 c.p.p., comma 1-bis, l’archiviazione per particolare tenuita’ del fatto del procedimento nei confronti di (OMISSIS) per la contravvenzione di cui all’articolo 650 c.p.. Il Tribunale, rifacendosi dichiaratamente ai principi affermati da Sez. 5, n. 3817 del 15/01/2018, dep. 2018, Pisani, Rv. 272282, ha giustificato la propria decisione evidenziando come il provvedimento di archiviazione non sia soggetto ad iscrizione in quanto non definitivo.
2. Avverso l’ordinanza ricorre il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Salerno, chiedendone l’annullamento e deducendo come violazione di legge l’erronea interpretazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 303 del 2002, articolo 3, comma 1, lettera f), da parte del giudice del merito.
Secondo il ricorrente la disposizione citata – stabilendo che nel casellario giudiziale debbano essere iscritti “i provvedimenti giudiziari definitivi che hanno prosciolto l’imputato o dichiarato non luogo a procedere per difetto di imputabilita’, o disposto una misura di sicurezza, nonche’ quelli che hanno dichiarato la non punibilita’ ai sensi dell’articolo 131-bis c.p.” – si riferirebbe indistintamente a tutti i provvedimenti dichiarativi della non punibilita’ per particolare tenuita’ del fatto, compreso, dunque, quello con cui viene disposta l’archiviazione per tale causa. Cio’ in quanto il ricorso alla congiunzione “nonche'” per introdurre il periodo finale della disposizione non lascerebbe adito a dubbi sul significato letterale del testo normativo. Sotto il profilo sistematico, secondo il pubblico ministero ricorrente, la scelta legislativa si giustificherebbe poi in ragione della necessita’ di preservare traccia di tutti i provvedimenti ispirati all’articolo 131-bis c.p., al fine di consentire, in eventuali procedimenti futuri, una compiuta valutazione dell’abitualita’ del reato attribuito all’indagato o imputato, condizione ostativa alla reiterata applicabilita’ dell’istituto.
3. La Prima Sezione, cui era stato assegnato, ha rimesso il ricorso alle Sezioni Unite con provvedimento del 27 febbraio 2019.
L’ordinanza di remissione rileva come, in merito all’iscrivibilita’ nel casellario giudiziale dei provvedimenti di archiviazione per particolare tenuita’ del fatto, sia insorto un contrasto nella giurisprudenza di legittimita’, peraltro gia’ segnalato dall’Ufficio del Massimario con relazione n. 89/2017.
Osservano i giudici remittenti che, secondo l’orientamento maggioritario, tali provvedimenti non rientrano nella categoria dei provvedimenti giudiziari definitivi menzionati dal Decreto del Presidente della Repubblica 14 novembre 2002, n. 313, articolo 3, comma 1, lettera f), e non sarebbero, pertanto, soggetti ad iscrizione nel casellario giudiziale (in tal senso vengono richiamate Sez. 5, n. 3817 del 15/01/2018, Pisani, Rv. 272282; Sez. 3, n. 30685 del 26/01/2017, Vanzo, Rv. 270247; Sez. 1, n. 31600 del 25/06/2018, Matarrese, Rv. 273523). Rilevano pero’ come, in senso contrario, si sia pronunziata Sez. 5, n. 40293 del 15/06/2017, Serra, non massimata sul punto, per la quale i decreti di archiviazione, disposti ai sensi dell’articolo 131-bis c.p., sarebbero invece iscrivibili nel casellario.
Nell’aderire a quest’ultimo indirizzo, l’ordinanza di remissione afferma la necessita’ di un ripensamento delle conclusioni cui perviene l’orientamento maggioritario, anche alla luce delle argomentazioni sviluppate dal pubblico ministero ricorrente. Viene in tal senso evidenziato come, aderendo all’interpretazione prevalente, venga impedito al titolare dell’azione penale di “avere un quadro completo e veritiero sulla personalita’ del soggetto”, pregiudicando cosi’ l’effettivita’ delle successive valutazioni del requisito della non abitualita’ del comportamento, che invece per l’articolo 131-bis c.p. e’ presupposto ineludibile della non punibilita’ per tenuita’ del fatto. Sul piano sistematico, l’indirizzo consolidato non considererebbe poi il contenuto meno favorevole del provvedimento di archiviazione per tenuita’ rispetto all’archiviazione nel merito, confermato anche dalla previsione dell’articolo 411 c.p.p., comma 1-bis, il quale, stabilendo la necessita’ dell’avviso all’indagato della richiesta di archiviazione per tenuita’, ne sottolinea il carattere non completamente liberatorio, con necessita’ di dispiegamento del diritto di difesa. Inoltre escludere il provvedimento di archiviazione dal novero di quelli iscrivibili nel casellario si pone in frizione con l’articolo 3 Cost., sub specie di disparita’ di trattamento tra i destinatari del proscioglimento per particolare tenuita’ disposto con sentenza (suscettibile di iscrizione) e la declaratoria di non punibilita’ per tenuita’ disposta con provvedimento di archiviazione che, ove per l’appunto non assoggettata ad iscrizione, non comporterebbe alcuna conseguenza per il suo destinatario.
Per contro, secondo i giudici remittenti, l’iscrizione del provvedimento di archiviazione ex articolo 131-bis c.p. non lede i diritti o gli interessi dell’indagato, posto che lo stesso costituisce l’esito della speciale procedura prevista dall’articolo 411 c.p.p., comma 1-bis, che assicura il contraddittorio e, pertanto, l’esercizio del diritto di difesa. Ne’ rileverebbe in senso contrario che il suddetto provvedimento non possieda natura di accertamento del fatto e non abbia efficacia ai fini civili e amministrativi, trattandosi di una mera limitazione dell’efficacia extra-penale, propria di ogni provvedimento di archiviazione.
Per l’ordinanza di remissione, infatti, il mancato riconoscimento al provvedimento di archiviazione per particolare tenuita’ del fatto dell’efficacia di accertamento extra-penale non ne sminuisce il valore, perche’ esso e’, comunque, destinato a definire il procedimento in modo tendenzialmente stabile. In quanto ancorche’ tale provvedimento sia soggetto alla possibilita’ di riapertura delle indagini ex articolo 414 c.p.p., su richiesta del pubblico ministero motivata dalla necessita’ di nuove investigazioni – non puo’ ipotizzarsi una riapertura per ragioni concernenti il giudizio di particolare tenuita’, poiche’, per la giurisprudenza di legittimita’ e costituzionale (Sez. U, n. 9 del 22/03/2000, Finocchiaro, Rv. 216004; Corte Cost., n. 27 del 1995), “il decreto di archiviazione, pur non essendo munito dell’autorita’ della res judicata, e’ connotato da un’efficacia preclusiva, quantunque limitata, operante sia con riferimento al momento dichiarativo della carenza di elementi idonei a giustificare il proseguimento delle indagini, sia riguardo al momento della loro riapertura, condizionata dal presupposto dell’esigenza di nuove investigazioni che rappresenta per il giudice parametro di valutazione da osservare nella motivazione della decisione di cui all’articolo 414 c.p.p.”.
La riapertura delle indagini sarebbe, dunque, ipotesi meramente teorica nel caso di archiviazione ai sensi dell’articolo 131-bis c.p., che presuppone gia’ l’accertamento del fatto, la sua attribuzione all’indagato e la riconducibilita’ all’ipotesi di particolare tenuita’, sulla base di indagini complete e non suscettibili di riapertura.
I giudici della Prima Sezione evidenziano poi gli effetti negativi della mancata iscrizione del provvedimento di archiviazione nel casellario. In tal senso viene sottolineato come l’impossibilita’ di valutare con immediatezza e compiutezza la non abitualita’ del comportamento in caso di reiterazione di fatti della stessa indole, abbia una evidente ricaduta sull’efficienza complessiva del sistema processuale, poiche’ il pubblico ministero, al fine di conservare traccia della declaratoria di non punibilita’, potrebbe scegliere di non anticipare alla fase delle indagini la richiesta ex articolo 131-bis c.p., rimettendone l’iniziativa ad una fase successiva all’esercizio dell’azione penale, cosi’ causando un inutile dispendio di attivita’ processuali nei casi definibili fin d’all’inizio con provvedimenti di archiviazione.
Secondo l’ordinanza di remissione, non esclude l’iscrizione del provvedimento di archiviazione, ex articolo 131-bis c.p., nemmeno il tenore letterale del Decreto del Presidente della Repubblica n. 303 del 2002, articolo 3, comma 1, lettera f), ripetutamente invocato dall’orientamento maggioritario. Non solo perche’ la congiunzione “nonche'” avrebbe un contenuto meramente additivo, teso dunque ad ampliare il catalogo dei provvedimenti iscrivibili, ma anche sulla base di una lettura sistematica del testo normativo, il quale prevede l’iscrizione nel casellario giudiziale di altri provvedimenti, non definitivi, pertinenti ad istituti analoghi, come quello di messa alla prova ex articolo 168-bis c.p., il cui esito positivo determina l’estinzione del reato e per il quale e’ pure prevista l’iscrizione nel casellario dell’ordinanza che, ai sensi dell’articolo 464-quarter c.p.p., dispone la sospensione del procedimento (Decreto del Presidente della Repubblica n. 313 del 2002, articolo 3, comma 1, lettera i-bis)). Si tratta dell’iscrizione di un provvedimento che la legge configura come revocabile, con lo scopo di consentire al giudice di valutare la sussistenza delle condizioni di accesso alla misura e di impedire una illegittima seconda concessione di essa (articolo 168-bis c.p., comma 4).
A sostegno della tesi favorevole all’iscrizione del provvedimento di archiviazione per particolare tenuita’ del fatto, i giudici remittenti richiamano inoltre la Relazione governativa di illustrazione del Decreto Legislativo n. 28 del 2015. Relazione che precisa come sia stata prevista l’iscrizione di tutti i provvedimenti che abbiano dichiarato la non punibilita’ per tenuita’ del fatto, ivi compresi i decreti e le ordinanze di archiviazione, sul presupposto che il nuovo istituto, prevedendo la “non abitualita’” del comportamento come uno dei requisiti di applicabilita’, impone un sistema di registrazione delle decisioni che accertano la particolarita’ tenuita’ “che comprenda ovviamente anche i provvedimenti di archiviazione adottati per tale causa”.
Conclusivamente, la Prima Sezione ha ritenuto opportuna, a norma dell’articolo 618 c.p.p., comma 1, la rimessione alle Sezioni Unite della questione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. La questione di diritto per la quale il ricorso e’ stato rimesso alle Sezioni unite e’ la seguente: “Se il provvedimento di archiviazione per particolare tenuita’ del fatto ex articolo 131-bis c.p. debba essere iscritto nel casellario giudiziale, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 14 novembre 2002, n. 313, articolo 3, comma 1, lettera f), come modificato dal Decreto Legislativo 16 marzo 2015, n. 28, articolo 4”.
2. Prima di esaminare gli orientamenti della giurisprudenza di legittimita’ sulla questione oggetto di remissione, e’ opportuno ricostruire, brevemente, il quadro normativo di riferimento e la sua evoluzione, per quanto di interesse ai fini della soluzione della questione proposta.
2.1. La vigente regolamentazione del casellario giudiziale e’ stata introdotta dal Decreto del Presidente della Repubblica 14 novembre 2002, n. 313 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di casellario giudiziale, di casellario giudiziale Europeo, di anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reato e dei relativi carichi pendenti, d’ora innanzi “Testo Unico”), il quale ha sostituito, rendendola organica, la disciplina precedentemente contenuta nel codice di rito e nel Regio Decreto 18 giugno 1931, n. 778. Nel nuovo sistema sono peraltro confluite banche dati diverse, tra cui appunto quella del casellario giudiziale, oggi definito dall’articolo 2, lettera a) del Testo Unico (come modificato dal Decreto Legislativo 12 maggio 2016, n. 74) come il “registro nazionale che contiene l’insieme dei dati relativi a provvedimenti giudiziari e amministrativi riferiti a soggetti determinati”.
2.2. Come gia’ ricordato, il catalogo dei provvedimenti di cui e’ disposta l’iscrizione nel casellario giudiziale e’ contenuto nell’articolo 3, comma 1 del citato decreto. Catalogo che e’ stato ripetutamente modificato da successivi interventi normativi, i quali ne hanno ora ampliato (ad esempio inserendo i provvedimenti concernenti la messa alla prova dell’imputato) ed ora ridotto (escludendo quelli in materia di fallimento) l’estensione. Alla lettera f) dell’elenco contenuto nel richiamato comma, in origine dedicata esclusivamente ai provvedimenti definitivi di proscioglimento o di non luogo a procedere per difetto di imputabilita’ ed a quelli applicativi di una misura di sicurezza, il Decreto Legislativo 16 marzo 2015, n. 28 ha introdotto il riferimento ai provvedimenti con i quali viene dichiarata la non punibilita’ per particolare tenuita’ del fatto ai sensi dell’articolo 131-bis c.p., istituto configurato dal medesimo decreto. Sotto il profilo della tecnica normativa, il legislatore si e’ limitato a tal fine ad aggiungere alla disposizione in questione un periodo contenente tale riferimento, collegato a quello preesistente mediante una virgola e la congiunzione “nonche'”.
2.3. Il citato Decreto Legislativo n. 28 del 2015 ha peraltro modificato anche altre disposizioni del Testo Unico. In particolare, all’articolo 5, comma 2, dopo la lettera d), e’ stata inserita la lettera d-bis), al fine di estendere la disciplina dell’eliminazione delle iscrizioni dal casellario giudiziale ai provvedimenti giudiziari che hanno dichiarato la non punibilita’ per particolare tenuita’ del fatto trascorsi dieci anni dalla loro pronunzia. Nell’articolo 24, comma 1, e nell’articolo 25, comma 1, e’ stata aggiunta invece la lettera f-bis), prevedendo in entrambi i casi la non menzione dei suddetti provvedimenti giudiziari, rispettivamente, nel certificato generale ed in quello penale rilasciati a richiesta dell’interessato. Le due disposizioni menzionate da ultime definiscono peraltro anche il contenuto dei certificati rilasciati, ai sensi dell’articolo 25-bis e 28 del Testo Unico, a richiesta, rispettivamente, dei datori di lavoro e delle pubbliche amministrazioni, per come previsto dagli articoli da ultimo richiamati.
2.4. Infine, per desiderio di completezza, e’ opportuno ricordare che la L. 23 giugno 2017, n. 103, articolo 1, comma 18, ha conferito delega al Governo per l’ulteriore revisione dello statuto del casellario giudiziale, prevedendo in particolare, tra i criteri ed i principi direttivi, l’eliminazione dell’iscrizione dei provvedimenti applicativi della causa di non punibilita’ della particolare tenuita’ del fatto e l’attribuzione al pubblico ministero del compito di verificare, prima che venga emesso il provvedimento, che il fatto addebitato sia occasionale. La delega e’ stata attuata dal Decreto Legislativo 2 ottobre 2018, n. 122 (Disposizioni per la revisione della disciplina del casellario giudiziale, in attuazione della delega di cui alla L. 23 giugno 2017, n. 103, articolo 1, commi 18 e 19), ma non sul punto specifico (ed in proposito la Relazione illustrativa si limita ad evidenziare la volonta’ del legislatore delegato di non dare seguito alla direttiva, senza pero’ precisare le ragioni di tale scelta).
Il menzionato decreto ha invece eliminato la tradizionale dicotomia tra certificato generale e certificato penale del casellario, abrogando, tra l’altro e con effetto dal 26 ottobre 2019, il Decreto del Presidente della Repubblica n. 313 del 2002, articolo 25. La novella non ha pero’ inciso sul contenuto del certificato unico che verra’ rilasciato a partire dalla data menzionata all’interessato ed al datore di lavoro, che rimane quello stabilito dall’articolo 24, comma 1 del Testo Unico per il certificato generale, con esclusione dunque, come si e’ detto, della menzione dei provvedimenti adottati in riferimento all’articolo 131-bis c.p.. Per quanto riguarda il certificato destinato alle pubbliche amministrazioni, il Decreto Legislativo n. 122 del 2018 ha riformulato l’articolo 28 del Testo Unico, il quale ora contiene una autonoma disciplina secondo cui alle stesse viene rilasciato, a secondo delle necessita’, un certificato generale ovvero un certificato “selettivo”, ma, al comma 7 del citato articolo, viene espressamente previsto che entrambi non debbano fare menzione dei provvedimenti giudiziari che dichiarino la non punibilita’ per particolare tenuita’ del fatto, esattamente come nel caso dei certificati rilasciati all’interessato ed ai privati.
3. In ordine al significato della illustrata modifica apportata all’articolo 3, comma 1, lettera f) del Testo Unico e’ insorto solo di recente un contrasto nella giurisprudenza di legittimita’. Ed infatti, fino alla pronunzia della sentenza Serra del 2017 menzionata nell’ordinanza di remissione, le Sezioni semplici hanno costantemente negato che i provvedimenti di archiviazione adottati in riferimento all’articolo 131-bis c.p. potessero essere iscritti nel casellario giudiziale.
3.1. La questione e’ stata affrontata in relazione all’eventuale interesse dell’indagato a ricorrere avverso il provvedimento di archiviazione adottato ai sensi dell’articolo 411 c.p.p., comma 1-bis, per ragioni diverse dalla violazione del diritto al contraddittorio in forza della sua vocazione ad essere, per l’appunto, iscritto nel casellario giudiziale. Interesse che e’ stato ritenuto insussistente in ragione dell’esclusione di qualsivoglia pregiudizio per l’indagato in conseguenza dell’adozione del suddetto provvedimento ed in particolare della possibilita’ che lo stesso sia oggetto di iscrizione.
Nell’affermare il principio, Sez. 3, n. 30685 del 26/01/2017, Vanzo, Rv. 270247 ha evidenziato come l’applicazione dell’articolo 131-bis c.p. presupponga l’accertamento della responsabilita’ dell’indagato per il fatto reato contestato e come pertanto dovrebbe dubitarsi della compatibilita’ costituzionale e convenzionale della disposizione relativa all’archiviazione per particolare tenuita’ del fatto qualora tale provvedimento effettivamente determinasse un effetto pregiudizievole quale quello dell’iscrizione nel casellario, posto che all’interessato non viene attribuita la possibilita’ di rinunziare alla causa di non punibilita’ ovvero di impugnare il merito della decisione dinanzi ad una giurisdizione superiore.
Nel respingere i dubbi sulla legittimita’ costituzionale della relativa disciplina sollevati dal ricorrente, Sez. 5, n. 3817 del 15/01/2018, Pisani, Rv. 272282 giustifica l’esclusione del provvedimento di archiviazione per particolare tenuita’ del fatto dal novero di quelli iscrivibili anche e soprattutto in ragione della natura non definitiva del medesimo, argomentando in tal senso dalla possibilita’ per il pubblico ministero di ottenere la riapertura delle indagini ex articolo 414 c.p.p. Secondo la pronunzia in esame, tale natura assume valore dirimente, giacche’ il tenore testuale del Decreto Legislativo n. 313 del 2002, articolo 3, comma 1, lettera f) indicherebbe come, in tema di difetto di imputabilita’, di misure di sicurezza e, per l’appunto, di non punibilita’ per particolare tenuita’ del fatto, i provvedimenti di cui e’ prevista l’iscrizione sarebbero solo quelli definitivi.
Anche Sez. 1, n. 31600 del 25/06/2018, Matarrese, Rv. 273523, ha dichiarato inammissibile per carenza di interesse l’impugnazione avverso il provvedimento di archiviazione argomentando dalla non definitivita’ dello stesso. La sentenza Matarrese si segnala peraltro per aver invece accolto il ricorso nella parte in cui con il medesimo era stata dedotta anche l’illegittimita’ dell’ordine di iscrizione nel casellario contestualmente adottato nel caso di specie dal G.i.p. In proposito viene rilevato come quest’ultimo sia provvedimento autonomo rispetto a quello di archiviazione, la cui adozione e’ pero’ di competenza esclusiva dell’ufficio del casellario e non spetta pertanto al giudice della cognizione.
Sempre nel senso di escludere che il provvedimento di archiviazione per tenuita’ del fatto sia soggetto ad iscrizione, in quanto non definitivo e perche’ tale iscrizione si risolverebbe in una violazione di diritti costituzionalmente e convenzionalmente tutelati dell’indagato si sono espresse anche Sez. 3, n. 45601 del 27 giugno 2017, Benetti; Sez. 3, n. 46379 del 26 giugno 2017, Gobbo; Sez. 3, n. 47832 del 3 novembre 2016, dep. 2017, Rinaldi; Sez. 1, n. 53618 del 27 settembre 2017, Di Lauro.
3.2. Come accennato, all’oramai consolidato orientamento teste’ illustrato si e’ recentemente contrapposta Sez. V, n. 40293 del 15 giugno 2017, Serra, Rv. 271010. In realta’ tale pronunzia ha affrontato la questione oggetto di remissione in via incidentale, all’esclusivo fine di ribadire il principio, poi massimato, per cui il provvedimento di archiviazione per particolare tenuita’ del fatto, pronunciato ai sensi dell’articolo 411 c.p.p., comma 1, e’ nullo se emesso senza l’osservanza della speciale procedura prevista al comma 1-bis di detta norma, non essendo le disposizioni generali contenute negli articoli 408 c.p.p. e ss. idonee a garantire il necessario contraddittorio sulla configurabilita’ della causa di non punibilita’ prevista dall’articolo 131-bis c.p..
In motivazione la sentenza Serra osserva pero’ come l’instaurazione del contraddittorio con l’indagato nelle forme previste dalla disposizione sopra richiamata sia condizione ineludibile per la validita’ del provvedimento di archiviazione in quanto quest’ultimo non e’ completamente liberatorio, essendo destinato ad essere iscritto nel casellario giudiziale in virtu’ di quanto disposto dal Decreto Legislativo n. 28 del 2015, articolo 4.
Nonostante la natura meramente assertiva di tale affermazione, appare evidente che la stessa presupponga una interpretazione del significato della modifica apportata al Decreto del Presidente della Repubblica n. 313 del 2002, articolo 3, comma 1, lettera f) dall’intervento normativo citato dalla sentenza diametralmente opposta a quella adottata dalle pronunzie che si inseriscono nell’orientamento maggioritario, dando cosi’ vita al segnalato contrasto, ancorche’ l’articolazione delle argomentazioni poste a sostegno della posizione minoritaria e’ in definitiva imputabile all’ordinanza di remissione, il cui contenuto e’ stato illustrato in precedenza.
4. Va peraltro ricordato come, antecedentemente alla pronunzia della sentenza Serra, sulla questione oggetto del rilevato contrasto gia’ si sono pronunziate le Sezioni Unite, sebbene in via incidentale.
Nello stabilire l’ambito applicativo dell’articolo 131-bis c.p., Sez. U, n. 13681 del 25 febbraio 2016, Tushaj, Rv. 266591 hanno infatti ricordato come lo stesso sia definito non solo dalla gravita’ del reato desunta dalla pena edittale, ma anche dal profilo soggettivo afferente alla non abitualita’ del comportamento, per come definito dall’articolo 131-bis c.p., comma 3.
In proposito la sentenza Tushaj ha precisato che il testo della legge lascia subito intendere che il requisito dell’abitualita’ e’ frutto del sottosistema generato dalla riforma e che al suo interno deve essere letto. Muovendosi all’interno di tale logica, evidenzia che “sarebbe dunque fuorviante riferirsi esclusivamente alle categorie tradizionali, come quelle della condanna e della recidiva” per stabilire quando il comportamento deve ritenersi abituale. Ed in tal senso viene, pertanto, definito l’ambito operativo della norma in questione, affermandosi che “la norma intende escludere dall’ambito della particolare tenuita’ del fatto comportamenti “seriali””, come rivela il riferimento operato dalla disposizione succitata agli istituti codicistici del delinquente abituale, professionale e per tendenza.
In tale ottica per le Sezioni Unite deve quindi ritenersi fondamentale il riferimento che sempre il comma 3 dell’articolo 131-bis opera alla commissione di “piu’ reati della stessa indole”. Sicche’ l’abitualita’ ostativa puo’ concretarsi “non solo in presenza di condanne irrevocabili, ma anche nel caso in cui gli illeciti si trovino al cospetto del giudice che, dunque, e’ in grado di valutarne l’esistenza”.
A questo punto la sentenza Tushaj si e’ posta il problema della rilevanza, ai fini della valutazione della non abitualita’ del comportamento, degli eventuali altri reati commessi dal medesimo autore e ritenuti non punibili ai sensi dell’articolo 131-bis c.p., sul presupposto che il relativo provvedimento deve essere “iscritto nel casellario”.
Iscrizione che per le Sezioni Unite e’ ineludibile in ragione della considerazione per cui “la procedura di memorizzazione delle pronunzie adottate per tenuita’ dell’offesa costituisce strumento essenziale per la stessa razionalita’ ed utilita’ dell’istituto”, mentre “l’assenza di annotazione determinerebbe, incongruamente, la possibilita’ di concessione della non punibilita’ molte volte nei confronti della stessa persona”. Ne’ tale annotazione costituirebbe “un vulnus a diritti fondamentali, quando l’accertamento dell’esistenza del reato implicato in tale genere di pronunzia non sia avvenuto all’esito del giudizio”.
Per la sentenza Tushaj “tali perplessita’ non tengono conto del fatto che l’annotazione e’ l’antidoto indispensabile contro l’abuso dell’istituto”, mentre “se questo e’ il trasparente scopo della previsione, non si scorge per quale ragione chi abbia fruito del beneficio all’esito di una procedura che lo ha personalmente coinvolto, possa dolersi della discussa annotazione”. La paventata lesione dei diritti dell’interessato e’ peraltro esclusa dal fatto che “la trascrizione della decisione serve e rileva solo all’interno del sottosistema di cui ci si occupa”. Conseguendone pertanto che “il rilievo dell’accertamento in ordine all’esistenza dell’illecito implicato dalla dichiarazione di non punibilita’ e’ allora esattamente e solo quello di costituire un “reato” che, sommato agli altri della stessa indole richiesti dalla legge nei termini di cui si e’ detto, da’ luogo alla legale abitualita’ del comportamento” e che “nella valutazione complessiva afferente al giudizio di abitualita’ ben potranno essere congiuntamente considerati reati oggetto di giudizio ed illeciti accertati per cosi’ dire incidentalmente ex articolo 131-bis”.
In definitiva, secondo la pronunzia delle Sezioni Unite in esame, il requisito del comportamento abituale esige un contesto che consenta la conoscibilita’ del nesso di serialita’ e conseguentemente la concretezza e l’immediata operativita’ dell’effetto ostativo. Effetti questi ultimi, possibili soltanto con la memorizzazione dei provvedimenti di applicazione dell’articolo 131-bis c.p., ancorche’ non definitivi.
5. In sintonia e continuita’ con la linea interpretativa tracciata dalla sentenza Tushaj, questo Collegio ritiene che l’orientamento per cui i provvedimenti di archiviazione per particolare tenuita’ del fatto non debbano essere iscritti nel casellario giudiziario non possa essere condiviso e che il principio, pur apoditticamente affermato, dalla sentenza Serra sia invece corretto.
Il percorso logico-sistematico sviluppato nella citata pronunzia delle Sezioni Unite – peraltro sostanzialmente ignorato da quelle che si riconoscono, invece, nell’orientamento che si intende disattendere – non solo appare condivisibile, in quanto coerente alla ratio dell’istituto di cui all’articolo 131-bis c.p., ma risulta altresi’ confortato da una serie di indici normativi e sistematici ulteriori rispetto a quelli evidenziati dalla stessa sentenza Tushaj.
In tal senso va innanzi tutto osservato che il tenore testuale della lettera f) dell’articolo 3, comma 1, del Testo Unico, per come modificata dal Decreto Legislativo n. 28 del 2015, non e’ univocamente interpretabile nel senso per cui esclusivamente i provvedimenti definitivi che hanno dichiarato la non punibilita’ ai sensi dell’articolo 131-bis c.p. sono destinati all’iscrizione nel casellario. Infatti la locuzione “nonche’ quelli”, che introduce l’ampliamento dell’originario catalogo definito dalla citata disposizione, e’ certamente riferita ai “provvedimenti giudiziari” menzionati nella prima parte della stessa, ma non anche necessariamente alla loro qualificazione come “definitivi”. E cio’ a maggior ragione se si pensa che nel Testo Unico vengono utilizzate le distinte espressioni “provvedimenti giudiziari” e “provvedimenti giudiziari definitivi” secondo il significato tipico loro attribuito dall’articolo 2 lettere f) e g) dello stesso; circostanza idonea a legittimare l’opinione per cui, qualora il legislatore avesse voluto effettivamente evocare solo i provvedimenti definitivi in tema di tenuita’ del fatto, avrebbe piu’ coerentemente fatto ricorso alla locuzione “nonche’ quelli definitivi” e non gia’ a quella effettivamente dispiegata.
In definitiva, il dato testuale presenta tratti di indubbia ambiguita’ che non consentono di estrarre con la necessaria certezza il significato della disposizione affidandosi esclusivamente all’interpretazione letterale, che necessita pertanto di essere integrata ricorrendo ad altri strumenti ermeneutici.
6. Un primo elemento idoneo a definire l’effettiva estensione dell’obbligo di registrazione dei provvedimenti riguardanti la non punibilita’ per tenuita’ del fatto e’ ricavabile dalla ricostruzione della volonta’ storica del legislatore, questa si’ univocamente rivelatasi nella Relazione ministeriale allo schema del Decreto Legislativo n. 28 del 2015, dove espressamente si afferma “la necessita’ di iscrivere nel casellario giudiziale il provvedimento di applicazione del nuovo istituto, ancorche’ adottato mediante decreto d’archiviazione” ed ancor piu’ specificamente si precisa, ad illustrazione delle modifiche apportate al Testo Unico, che “il requisito della “non abitualita’” del comportamento (….) impone un sistema di registrazione delle decisioni che accertano la particolare tenuita’ del fatto che comprenda ovviamente anche i provvedimenti di archiviazione adottati per tali causa”.
La Relazione, in definitiva, evidenzia – negli stessi termini poi ribaditi dalla sentenza Tushaj – l’intimo ed irrinunciabile collegamento esistente tra la memorizzazione di tutti i provvedimenti che hanno applicato il nuovo istituto e l’effettiva operativita’ della condizione di non abitualita’ del comportamento. E proprio in tal senso, tra l’altro, il documento in questione giustifica la scelta di configurare, al comma 1-bis dell’articolo 411 c.p.p., una speciale procedura che prevede la garanzia per l’indagato di accedere al contraddittorio qualora l’archiviazione venga richiesta in riferimento allo stesso articolo 131-bis.
Condizione che presuppone, ai sensi dell’articolo 131-bis c.p., comma 3, anche la considerazione dei pregressi reati della stessa indole commessi dall’autore. Come gia’ ricordato dalla sentenza Tushaj, e’ peraltro significativo che la disposizione richiamata, nel definire la serialita’ ostativa, faccia riferimento ai “reati” commessi e non alle “condanne” subite ed imponga la valutazione anche dei fatti ritenuti di particolare tenuita’. Ne deriva l’evidente esigenza di consentire al giudice del nuovo reato, perche’ possa rispettare il dettato normativo, di conoscere anche i provvedimenti, comunque adottati, che hanno riconosciuto la causa di non punibilita’.
7. Un secondo e decisivo elemento in favore dell’iscrizione dei provvedimenti di archiviazione e’ poi ritraibile dalle altre modifiche apportate dal Decreto Legislativo n. 28 del 2015 al Testo Unico.
Come illustrato in precedenza, la novella e’ intervenuta anche sulle disposizioni (articoli 24 e 25) che stabiliscono il contenuto dei certificati del casellario, vietando che gli stessi menzionino i “provvedimenti giudiziari che hanno dichiarato la non punibilita’ ai sensi dell’articolo 131-bis c.p.” ed ha esteso agli stessi provvedimenti l’obbligo di eliminazione delle iscrizioni (previsto dall’articolo 5 del Testo Unico) trascorsi dieci anni dalla loro pronunzia.
Si e’ gia’ ricordato, pero’, come, nel Testo Unico, le espressioni “provvedimenti giudiziari” e “provvedimenti giudiziari definitivi” abbiano un significato autonomo e tipico, in quanto tassativamente definito dall’articolo 2. Disposizione per la quale i primi sono “la sentenza, il decreto penale e ogni altro provvedimento emesso dall’autorita’ giudiziaria”, mentre i secondi sono i provvedimenti divenuti irrevocabili o, comunque, non piu’ soggetti ad impugnazione “con gli strumenti diversi dalla revocazione”.
E’ dunque evidente che le descritte modifiche apportate nel 2015 nell’evocare i “provvedimenti giudiziari” e non solo quelli “definitivi” presuppongono l’avvenuta iscrizione nel casellario di tutti i provvedimenti concernenti la particolare tenuita’ del fatto, compresi quelli di archiviazione, dissolvendo cosi’ l’ambiguita’ del periodo aggiunto dalla stessa novella all’articolo 3, comma 1, lettera f) del Testo Unico.
8. Stabilito dunque che la disposizione da ultima richiamata impone l’iscrizione nel casellario non solo dei provvedimenti definitivi che hanno dichiarato la non punibilita’ ai sensi dell’articolo 131-bis c.p., e’ necessario affrontare le riserve sulla compatibilita’ costituzionale e convenzionale di tali conclusioni avanzate dalle pronunzie che hanno dato vita all’orientamento qui disatteso e che hanno portato le pronunzie che vi si riconoscono a concludere per una lettura piu’ restrittiva della lettera f) dell’articolo 3, comma 1, del Testo Unico.
In proposito e’ agevole evidenziare come alcuna lesione dell’articolo 24 Cost. e’ prospettabile, nella misura in cui la speciale disciplina prevista dall’articolo 411 c.p.p., comma 1-bis, consente all’indagato di dispiegare le proprie difese dinanzi al giudice investito della richiesta di archiviazione per tenuita’ del fatto.
Nemmeno appaiono condivisibili i dubbi – sviluppati soprattutto nella sentenza Vanzo – in merito alla presunta incompatibilita’ dell’iscrizione con l’articolo 2 del Protocollo n. 7 alla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.
Innanzitutto tali dubbi non appaiono formulati nella misura in cui imputano all’iscrizione del provvedimento di archiviazione la lesione del suindicato diritto, quando, semmai, questa deriverebbe dall’obbligo di considerare, ai fini della valutazione della non abitualita’ del comportamento, anche i reati dichiarati non punibili anticipatamente. E’ infatti agevole sostenere che, anche qualora non si procedesse alla registrazione nel casellario di tali decisioni, il giudice dovrebbe tenerne conto ai sensi dell’articolo 131-bis c.p., comma 3 se comunque documentate agli atti, a meno di non voler escludere che tale disposizione riguardi i reati della stessa indole per i quali la tenuita’ del fatto e’ stata dichiarata al di fuori del giudizio. Conclusione che finirebbe per compromettere in radice le finalita’ deflattive e di rapida espulsione dell’autore di fatti bagatellari dal circuito giudiziario – con il conseguente risparmio dei costi di varia natura che l’accesso alla fase processuale gli comporta – che l’anticipazione della pronunzia liberatoria intende perseguire, posto che il pubblico ministero, per evitare i gia’ segnalati possibili abusi dell’istituto, difficilmente rinuncerebbe in tal caso ad esercitare comunque l’azione penale allo scopo di vedere adottato un provvedimento sicuramente assoggettabile ad iscrizione.
Non di meno, va ricordato che la citata disposizione sovranazionale configura il diritto di riesame presso una giurisdizione superiore esclusivamente in riferimento alle dichiarazioni di colpevolezza od alle condanne. Deve pero’ escludersi che la valutazione pregiudiziale sulla sussistenza del fatto e sulla sua attribuibilita’ all’indagato compiuta in sede di archiviazione costituisca un accertamento assimilabile ad una dichiarazione di colpevolezza nel senso inteso da tale disposizione, avvenendo in una fase anteriore al giudizio. Conclusione peraltro confortata dal fatto che il provvedimento di archiviazione non produce gli effetti invece riservati dall’articolo 651-bis c.p.p. alle dichiarazioni giudiziali dell’esimente.
Ne’ l’iscrizione in se’ considerata puo’ essere ritenuta un effettivo pregiudizio che l’indagato ha un reale interesse ad evitare. La piu’ volte ricordata esclusione dei provvedimenti che dichiarano la non punibilita’ ex articolo 131-bis c.p. dalle certificazioni del casellario, rende infatti evidente come l’iscrizione assolva esclusivamente a quella funzione di memorizzazione della loro adozione destinata, come gia’ evidenziato dalla sentenza Tushaj, ad esplicare i suoi effetti soltanto nell’ambito del sottosistema definito dalla disposizione da ultima richiamata ed all’interno del circuito giudiziario.
9. In conclusione, a risoluzione del contrasto prospettato dai giudici remittenti, deve essere affermato il seguente principio di diritto: “Il provvedimento di archiviazione per particolare tenuita’ del fatto ex articolo 131-bis c.p. deve essere iscritto nel casellario giudiziale, fermo restando che non ne deve essere fatta menzione nei certificati rilasciati a richiesta dell’interessato, del datore di lavoro e della pubblica amministrazione”.
10 Venendo al ricorso proposto dal pubblico ministero, alla luce del principio teste’ formulato lo stesso deve ritenersi fondato.
E’ peraltro opportuna un’annotazione preliminare. A conferma della correttezza delle conclusioni precedentemente rassegnate va infatti evidenziato come il Tribunale sia stato adito dall’interessato – per come si ricava dalla sua originaria istanza – avendo egli rilevato l’annotazione del provvedimento di archiviazione nel certificato del casellario richiesto al fine di partecipare ad una gara d’appalto. Come si e’ illustrato, pero’, ai sensi degli articoli 24 e seguenti del Testo Unico, del decreto in questione non avrebbe dovuto essere fatta menzione alcuna in tale certificato. Ma ancor prima risulta dallo stesso provvedimento di archiviazione, che il G.i.p. aveva, esorbitando dai suoi poteri – per come correttamente ricordato dalla sentenza Matarrese – e comunque violando le citate disposizioni del Testo Unico, disposto l’iscrizione del provvedimento “nel certificato del casellario giudiziario”, determinando cosi’ l’ingiustificato pregiudizio subito dal (OMISSIS).
Cio’ premesso deve osservarsi come il giudice dell’esecuzione, nell’ordinare ai sensi dell’articolo 40 del Testo Unico la cancellazione del decreto con il quale era stato archiviato ai sensi dell’articolo 131-bis c.p. il procedimento nei confronti del (OMISSIS) per il reato di cui all’articolo 650 c.p., si sia dichiaratamente ispirato all’orientamento qui disatteso, richiamando in particolare il principio affermato dalla sentenza Pisani.
Per le ragioni esposte il provvedimento impugnato deve dunque ritenersi adottato in violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 303 del 2002, articolo 3, comma 1, lettera f), come modificato dal Decreto Legislativo n. 28 del 2015 e conseguentemente deve essere annullato senza rinvio, disponendosi il ripristino dell’iscrizione nel casellario giudiziario del menzionato decreto di archiviazione, fermo restando che dello stesso non dovra’ farsi menzione alcuna nei certificati eventualmente rilasciati.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata e dispone l’iscrizione nel casellario giudiziale del provvedimento di archiviazione per particolare tenuita’ del fatto.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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