Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|| n. 18221.
Il principio di non contestazione opera soltanto in relazione ai fatti allegati dalla parte e non pure rispetto ai documenti
Il principio di non contestazione, di cui all’articolo 115 Cpc, opera soltanto in relazione ai fatti allegati dalla parte e non pure rispetto ai documenti o alle conclusioni ricostruttive desumibili dalla valutazione di documenti.
Ordinanza|| n. 18221. Il principio di non contestazione opera soltanto in relazione ai fatti allegati dalla parte e non pure rispetto ai documenti
Data udienza 8 febbraio 2023
Integrale
Tag/parola chiave: Pagamento somme – Contestazione fatture – Accertamento negativo – Presupposti – Eccessività degli importi – Elementi probatori – Ctu – Valutazione del giudice di merito – Articolo 2697 cc – Onere della prova – Articoli 112 e 161 cpc – Criteri – Articolo 116 cpc – Ricorso per cassazione – Limiti del sindacato di legittimità – Inammissibilità
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCODITTI Enrico – Presidente
Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere
Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere
Dott. GUIZZI Stefano Giaime – rel. Consigliere
Dott. GORGONI Marilena – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 10180/2022 proposto da:
(OMISSIS) SRL, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dagli Avvocati (OMISSIS), (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) SPA SOCIETA’ BENEFIT, (gia’ (OMISSIS) S.p.a.), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’Avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
Avverso la sentenza n. 2904/21 della Corte di Appello di Milano, depositata in data 08/10/2021;
udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale dell’08/02/2023 dal Consigliere Dott. Stefano Giaime GUIZZI.
Il principio di non contestazione opera soltanto in relazione ai fatti allegati dalla parte e non pure rispetto ai documenti
RITENUTO IN FATTO
– che la societa’ (OMISSIS) S.r.l. ricorre, sulla base di due motivi, per la cassazione della sentenza n. 2904/21, dell’8 ottobre 2021, della Corte di Appello di Milano, che – in accoglimento del gravame proposto dalla societa’ (OMISSIS) S.p.a. (oggi (OMISSIS) S.p.a. Societa’ Benefit; d’ora in poi, ” (OMISSIS)”) avverso la sentenza n. 7769/19, del 9 luglio 2019, resa dal Tribunale di Milano – ha condannato l’odierna ricorrente al pagamento, in favore della societa’ appellante, dell’importo di Euro 31.871,74;
– che, in punto di fatto, l’odierna ricorrente riferisce di aver esperito azione di accertamento negativo, volta a conseguire la declaratoria di non debenza, alla societa’ (OMISSIS) S.p.a., dell’importo di Euro 31.871,74, di cui alla fattura n. (OMISSIS) del (OMISSIS) (ovvero, in subordine – e previo svolgimento di CTU – l’accertamento dell’eccessivita’ dell’importo di cui alla suddetta fattura), nonche’, con essa, azione di risarcimento danni;
– che accolta dal primo giudice la sola domanda di accertamento negativo – con rigetto di quella risarcitoria per omessa fatturazione dei consumi (e della riconvenzionale della societa’ convenuta, finalizzata al pagamento della somma indicata in fattura), il giudice di appello ribaltava la decisione, condannando l’odierna ricorrente al pagamento del ridetto importo di Euro 31.871,74;
– che avverso la sentenza della Corte ambrosiana ha proposto ricorso per cassazione la societa’ (OMISSIS), sulla base – come detto – di due motivi;
– che il primo motivo, articolato in due diverse censure, in primo luogo denuncia – ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3) – violazione e falsa applicazione degli articoli 115 e 116 c.p.c., e dell’articolo 2697 c.c.;
– che si censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che l’odierna ricorrente non avrebbe provveduto ad una specifica contestazione dei fatti addotti e dei documenti prodotti da controparte;
– che tale affermazione, per contro, risulterebbe smentita dalla semplice lettura degli atti di causa;
– che quanto, invece, alla dedotta violazione dell’articolo 2697 c.c., essa e’ argomentata sul rilievo che, trattandosi di contratto di somministrazione di energia elettrica, incombeva sul preteso creditore l’onere di dare evidenza del quantum dei kwh erogati ai fini della prova del preteso corrispettivo;
– che, viceversa, i documenti allegati dalla societa’ convenuta (c.d. file AGL) non recherebbero alcuna intestazione, nulla provando ne’ circa la loro provenienza ne’ in ordine agli eventuali dati di consumo dal (OMISSIS);
– che, in secondo luogo, la ricorrente lamenta erronea interpretazione e valutazione dei documenti allegati in relazione al periodo di doppio conguaglio, cio’ che integrerebbe violazione e falsa applicazione dell’articolo 2697 c.c.;
– che, in particolare, e’ lamentato “il mancato assolvimento dell’onere della prova da parte di (OMISSIS) con riferimento ai consumi effettivi di (OMISSIS)”, atteso che da un semplice confronto tra la fattura del (OMISSIS) e quella del (OMISSIS), in cui sarebbe “espressamente indicato il medesimo periodo di conguaglio”, emergerebbe “in modo chiaro ed evidente il doppio conguaglio operato”;
– che il secondo motivo di ricorso denuncia – ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3) – violazione e falsa applicazione degli articoli 112 e 161 c.p.c., lamentando che la Corte territoriale avrebbe “omesso di pronunciarsi in riferimento alle circostanze e contestazioni spiegate in primo grado e in sede di appello dalla odierna ricorrente, riguardanti il mancato rispetto delle tempistiche di fatturazione dei consumi”;
– che ha resistito all’impugnazione, con controricorso, la societa’ (OMISSIS), chiedendo che la stessa sia dichiarata inammissibile e, comunque, rigettata;
– che il collegio ha raccomandato la stesura dell’ordinanza in forma semplificata.
Il principio di non contestazione opera soltanto in relazione ai fatti allegati dalla parte e non pure rispetto ai documenti
CONSIDERATO IN DIRITTO
– che il ricorso va dichiarato inammissibile, in entrambi i motivi in cui si articola;
– che l’inammissibilita’ va, innanzitutto, dichiarata quanto alle due censure nelle quali si sostanzia il primo motivo della presente impugnazione;
– che, in particolare, quanto alla denunciata violazione dell’articolo 115 c.p.c., dedotta sotto il profilo dell’errata declaratoria della “non contestazione” dei documenti prodotti dalla societa’ convenuta, deve preliminarmente rilevarsi come il principio di non contestazione operi soltanto in relazione ai fatti allegati dalla parte e non pure rispetto ai documenti (Cass. Sez. 3, sent. 5 marzo 2020, n. 6172, Rv. 657154-01) o alle conclusioni ricostruttive desumibili dalla valutazione di documenti (Cass. Sez. 6-3, ord. 11 febbraio 2020, n. 3306, Rv. 657014-01);
– che siffatto rilievo non giova, pero’, alla ricorrente, visto che l’idoneita’ dei documenti – che in sentenza si assumono come “non contestati” dalla societa’ (OMISSIS) – a fondare la pretesa di pagamento di (OMISSIS) S.p.a. e’ stata, comunque, positivamente vagliata dalla Corte territoriale;
– che essa, infatti, ha messo in luce la “corrispondenza tra i consumi complessivi e quelli oggetto di fatturazione con l’ultima bolletta emessa ((OMISSIS))” e “oggetto di contestazione”, rilevando, in particolare, “esservi corrispondenza tra i dati relativi alla lettura del contatore, effettuata il (OMISSIS) dal distributore e l’omologo dato riportato in fattura”;
– che, del pari, e’ stata posta in luce la corrispondenza tra i totali dei consumi, fatturati in bolletta, dal (OMISSIS), pari a 395,842 kwh, giacche’ “coincide con il dato ricavabile (…) sommando i dati di consumo totale (…) rilevati dal distributore”;
– che, d’altra parte, l’apprezzamento che di tali documenti ha operato la Corte territoriale non puo’ essere censurata neppure a norma dell’articolo 116 c.p.c. e articolo 2697 c.c.;
– che, difatti, quanto alla denunciata violazione dell’articolo 116 c.p.c., norma che sancisce il principio della libera valutazione delle prove, salva diversa previsione legale, deve ribadirsi come la stessa sia ravvisabile solo quando “il giudice di merito disattenda tale principio in assenza di una deroga normativamente prevista, ovvero, all’opposto, valuti secondo prudente apprezzamento una prova o risultanza probatoria soggetta ad un diverso regime” (Cass. Sez. 3, sent. 10 giugno 2016, n. 11892, Rv. 640193-01, nello stesso senso, piu’ di recente, in motivazione, Cass. Sez. 6-2, ord. 18 marzo 2019, n. 7618, non massimata sul punto, nonche’ Cass. Sez. 6-3, ord. 31 agosto 2020, n. 18092, Rv. 658840-02, Cass. Sez. Un., sent. 30 settembre 2020, n. 20867, Rv. 659037-01, oltre a Cass. Sez. 3, ord. 17 novembre 2021, n. 34786, Rv. 66311801);
– che la violazione dell’articolo 116 c.p.c., non e’, pertanto, denunciabile “quale apprezzamento non prudente della prova da parte del giudice, e cioe’ quale cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove” e cio’ perche’ “le prove devono essere dal giudice valutate secondo il “suo” – precisa l’articolo 116 – prudente apprezzamento” (cosi’, in motivazione, Cass. Sez. 3, ord. n. 34786 del 2021, cit.);
– che, difatti, se e’ vero che l’uso “nella disposizione dell’aggettivo possessivo “suo” non ha il senso del rimando ad un’arbitrarieta’ soggettiva”, perche’ si tratta pur sempre “dell’attributo di un parametro di riferimento, e cioe’ quello del “prudente” apprezzamento” (visto che, con riferimento a quello compiuto dal giudice, la “legge non parla di “suo apprezzamento”, ma di “suo prudente apprezzamento””), resta, nondimeno, inteso che e’ proprio da tale declinazione in termini soggettivi del prudente apprezzamento della prova che deriva “il fondamento della liberta’, e non sindacabilita’ in sede di legittimita’, della funzione giudiziale prevista dall’articolo 116”, con l’ulteriore conseguenza che il “controllo sul giudizio di fatto resta affidato all’impugnazione di merito che caratterizza il giudizio di appello, il quale costituisce, come e’ noto, non un sindacato sull’atto (il provvedimento giurisdizionale di primo grado), ma un giudizio direttamente sul rapporto dedotto in giudizio” (cosi’, in motivazione, sempre Cass. Sez. 3, sent. n. 34786 del 2021, cit.);
– che, in conclusione, l’articolo 116 c.p.c., fonda “l’autonomia del giudizio del giudice di merito in ordine ai fatti della causa, quale corollario, nel processo civile, dei valori costituzionali di autonomia e indipendenza dell’autorita’ giudiziaria (articolo 104 Cost.)” (cosi’, nuovamente, Cass. Sez. 3, sent. n. 34786 del 2021, cit.);
– che inammissibile e’ pure la censura di violazione dell’articolo 2697 c.c., in quanto la sentenza impugnata non ha affatto disatteso il principio che pone a carico del somministrante la prova dei kwh erogati, come conferma, del resto, la circostanza che la doglianza della ricorrente si risolve, piuttosto, nell’assunto secondo cui i documenti prodotti dalla controparte non sarebbero idonei a provare gli eventuali dati di consumo dal (OMISSIS);
– che, per contro, la “violazione del precetto di cui all’articolo 2697 c.c., censurabile per cassazione ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3), e’ configurabile soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni” (cosi’, da ultimo, Cass. Sez. 3, ord. 29 maggio 2018, n. 13395, Rv. 649038-01; Cass. Sez. 63, ord. 31 agosto 2020, n. 18092, Rv. 658840-01), restando, invece, inteso che “laddove oggetto di censura sia la valutazione che il giudice abbia svolto delle prove proposte dalle parti”, essa “puo’ essere fatta valere ai sensi del numero 5 del medesimo articolo 360” (Cass. Sez. 3, sent. 17 giugno 2013, n. 15107, Rv. 626907-01), sebbene, ovviamente, “entro i limiti ristretti del “nuovo”” suo testo (Cass. Sez. 3, ord. n. 13395 del 2018, cit.), ovvero evidenziando la presenza, nella motivazione, di profili di “irriducibile contraddittorieta’” (cfr. Cass. Sez. 3, sent. 12 ottobre 2017, n. 23940, Rv. 645828-01; Cass. Sez. 6-3, ord. 25 settembre 2018, n. 22598, Rv. 65088001) o di inconciliabilita’ logica (Cass. Sez. 6-Lav., ord. 25 giugno 2018, n. 16111, Rv. 649628-01), tali da rendere le sue “argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento” (Cass. Sez. Un., sent. 3 novembre 2016, n. 22232, Rv. 641526-01, nonche’, piu’ di recente, Cass. Sez. 6-5, ord. 23 maggio 2019, n. 13977, Rv. 654145-01), censure, queste, neppure prospettate nel caso che occupa;
– che le stesse ragioni da ultimo indicate comportano l’inammissibilita’ anche della seconda censura, sempre articolata con il primo motivo di ricorso, che denuncia violazione e falsa applicazione dell’articolo 2697 c.c., risolvendosi, nuovamente, nella stigmatizzazione non di un’errata distribuzione, “inter partes”, degli oneri probatori, bensi’ di una “erronea interpretazione e valutazione dei documenti allegati in relazione al periodo di doppio conguaglio”;
– che pure il secondo motivo di ricorso e’ inammissibile;
– che all’esito del primo grado di giudizio – secondo quanto si evince dalla sommaria esposizione dei fatti di causa, contenuta nello stesso ricorso – era stata rigettata la domanda risarcitoria per la tardiva fatturazione dei consumi e tardivo conguaglio;
– che, sul punto, non e’ stato proposto gravame incidentale dalla societa’ (OMISSIS), ragion per cui il giudice di appello non doveva pronunciarsi in ordine alla domanda concernente “il mancato rispetto delle tempistiche di fatturazione dei consumi”;
– che, d’altra parte, ove la censura oggetto del presente motivo dovesse intendersi riferita all’omesso esame della circostanza di fatto costituita dal mancato rispetto delle tempistiche di fatturazione dei consumi (e cioe’ quale argomentazione idonea a giustificare la conferma della non debenza di alcuna somma alla societa’ erogatrice l’energia elettrica), essa avrebbe dovuto denunciare l’esistenza di un vizio motivazionale, e non gia’ di un’omessa pronuncia;
– che, difatti, il vizio di omessa pronuncia ricorre allorche’ “sia stato completamente omesso il provvedimento indispensabile per la soluzione del caso concreto, cio’ che si verifica quando il giudice non decide su alcuni capi della domanda, che siano autonomamente apprezzabili, o sulle eccezioni proposte, ovvero quando pronuncia solo nei confronti di alcune parti”, mentre “il mancato o insufficiente esame delle argomentazioni delle parti integra un vizio di natura diversa, relativo all’attivita’ svolta dal giudice per supportare l’adozione del provvedimento, senza che possa ritenersi mancante il momento decisorio” (Cass. Sez. 6-Lav., ord. 3 marzo 2020, n. 5730, Rv. 657560-01);
– che, in conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile; – che le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo;
– che in ragione della declaratoria di inammissibilita’ del ricorso va dato atto – ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17 – della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, se dovuto secondo un accertamento spettante all’amministrazione giudiziaria (Cass. Sez. Un., sent. 20 febbraio 2020, n. 4315, Rv. 657198-01), dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso, condannando la societa’ (OMISSIS) S.r.l. a rifondere, alla societa’ (OMISSIS) S.p.a. Societa’ Benefit, le spese del presente giudizio di legittimita’, liquidandole in Euro 3.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, piu’ 15% per spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, la Corte da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente, se dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.
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