Consiglio di Stato, Sezione quarta, Sentenza 3 dicembre 2020, n. 7656.
La massima estrapolata:
Il potere di cui all’art. 150 d.lgs. n. 42 del 2004 è attribuito all’Amministrazione al solo fine di scongiurare interventi potenzialmente lesivi dell’ambiente nelle more dell’apposizione di un vincolo e non ha, viceversa, valenza generale. Il potere inibitorio è, in altri termini, escluso allorché si tratti di bene già sottoposto a tutela (per il quale l’Amministrazione tutoria può e deve – in omaggio, del resto, al principio di nominatività del potere amministrativo – adottare altre misure repressive), ovvero allorchè i lavori siano stati già regolarmente autorizzati sotto il profilo paesaggistico, in assenza di una previa rimozione in autotutela dell’autorizzazione stessa (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 2 maggio 2016, n. 1677). Siffatta conclusione, peraltro, è avvalorata sul piano ermeneutico dall’aggiunta nelle norme del 1999 e del 2004, rispetto a quella del 1939, del comma che limita temporalmente a novanta giorni l’efficacia dell’ordine di sospensione.
Sentenza 3 dicembre 2020, n. 7656
Data udienza 29 ottobre 2020
Tag – parola chiave: Beni culturali e ambientali – Potere di cui all’art. 150 d.lgs. n. 42/2004 – Inibizione o sospensione dei lavori – Valenza generale – Inconfigurabilità – Esclusione del potere a fronte di beni già sottoposti a tutela o di lavori già regolarmente autorizzati sotto pil profilo paesaggistico
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9207 del 2019, proposto dal Ministero per i beni e le attività culturali, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via (…),
contro
– il Comune di (omissis) e il Comune di (omissis), in persona dei rispettivi Sindaci pro tempore, rappresentati e difesi dall’avvocato Fe. Ma., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
– la Regione Calabria, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Ma. Ma., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Gr. Pu. in Roma, via (…);
– il Comune di (omissis) e Si. Ga. Re. En. It. S.p.a. unipersonale, non costituiti in giudizio;
e con l’intervento di
ad adiuvandum:
WW. OA (Organizzazione Aggregata) Ca. Ci., rappresentato e difeso dall’avvocato Fa. Sp., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia,
per la riforma
della sentenza in forma semplificata del Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria, Sezione Prima, n. 1521 del 6 agosto 2019, resa tra le parti, concernente l’autorizzazione unica per la realizzazione di un parco eolico.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di (omissis), del Comune di (omissis) e della Regione Calabria;
Visto l’atto di intervento ad adiuvandum del WW. OA (Organizzazione Aggregata) Ca. Ci.;
Visti tutti gli atti della causa;
Vista l’istanza di passaggio in decisione senza discussione, depositata dalla Regione Calabria in data 23 ottobre 2020;
Vista l’istanza di passaggio in decisione senza discussione, depositata dal WW. OA (Organizzazione Aggregata) Ca. Ci. in data 27 ottobre 2020;
Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 29 ottobre 2020, il Cons. Luca Lamberti e udito per i Comuni appellati l’avvocato Cl. Mo. su delega dell’avvocato Fe. Ma., nessuno presente per parte appellante;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. La società appellata, attiva nel settore delle fonti rinnovabili di energia, è stata autorizzata, con provvedimento della Regione Calabria prot. n. 7505 del 20 giugno 2014, a realizzare un parco eolico, denominato “Aria del Vento”, nel territorio dei Comuni di (omissis), (omissis) e (omissis).
2. È processo per i provvedimenti con i quali l’Amministrazione appellante ha avocato a sé il procedimento e disposto la sospensione dei lavori di realizzazione del parco.
3. In dettaglio, è avvenuto quanto segue.
3.1. Con nota in data 28 maggio 2019 l’Amministrazione ministeriale ha disposto che l’intervento predetto dovesse essere sottoposto a nuova procedura autorizzativa e che i lavori eventualmente già intrapresi dovessero essere immediatamente sospesi.
3.2. Con successiva nota in data 31 maggio 2019 l’Amministrazione ministeriale ha avocato a sé il procedimento e, con coeva ordinanza prot. n. 0015211-P, ha disposto la sospensione dei lavori ai sensi dell’art. 150, comma 1, lett. a), d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42.
3.3 Ciò in primo luogo perché l’originario progetto avrebbe subito delle modifiche senza che, in tesi, venisse coinvolta la competente Soprintendenza; in secondo luogo perché il parere positivo a suo tempo espresso, in sede di procedimento per il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, dalla Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici della Calabria avrebbe cessato di avere efficacia nel mese di novembre 2017; infine perché le aree in cui il parco eolico dovrebbe essere realizzato sarebbero state percorse dal fuoco negli anni 2008 e 2017, sicché vi sarebbe su di esse il vincolo di inedificabilità di cui all’art. 10 l. 21 novembre 2000, n. 353, e all’art. 6, commi 2 e 3, l.r. 22 dicembre 2017, n. 51.
4. Con la sentenza indicata in epigrafe, il T.a.r. ha accolto il ricorso proposto dall’impresa interessata contro l’ordinanza indicata e contro gli atti presupposti.
4.1. In motivazione il T.a.r. ha, pregiudizialmente, dichiarato il difetto di legittimazione passiva della Regione Calabria, del Comando Nucleo Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale di Cosenza, del Comune di (omissis), del Comune di (omissis) e del Comune di (omissis), cui non sarebbe imputabile alcuno dei provvedimenti impugnati.
4.2. Nel merito, il T.a.r. ha ritenuto, anzitutto, che il potere conferito all’appellante Ministero dall’art. 150 d.lgs. n. 42 del 2004 sia un potere cautelare strumentale ad una successiva apposizione di vincolo paesaggistico e che, quindi, sia affetto da eccesso di potere il provvedimento che, come nella specie, lo eserciti senza che sia in vista l’apposizione di un vincolo; oltretutto, ha aggiunto il T.a.r., non sarebbe “nemmeno adeguatamente specificato il pregiudizio che la realizzazione del parco eolico rappresenterebbe per il paesaggio”, né, di converso, “si rilevano sopravvenienze fattuali tali da giustificare l’uso del potere” de quo.
4.2. Il T.a.r. ha, poi, sostenuto che l’Amministrazione ministeriale, ove avesse ritenuto illegittimo l’assenso rilasciato dalla Regione Calabria, successivamente al rilascio dell’autorizzazione unica, alla modifica del progetto in considerazione della ritenuta natura non sostanziale di tale modifica, avrebbe dovuto proporre tempestiva impugnazione.
4.3. Il T.a.r. ha, ancora, ritenuto che l’intervento in questione, assentito con un’autorizzazione che vale ex lege variante allo strumento urbanistico in base all’art. 12 del d.lgs. 29 dicembre 2003, n. 387, non sia soggetto al divieto di nuove costruzioni sulle aree percorse dal fuoco, posto che:
a) da un lato, l’autorizzazione sarebbe stata rilasciata dopo l’incendio del 2008, “sicché gli effetti giuridici da esso derivati avrebbero dovuto essere presi in considerazione nell’ambito del procedimento per il rilascio di questa. Rilasciata l’autorizzazione, la legge non contempla un intervento sostitutivo da parte del Ministero per i Beni e le Attività Culturali”;
b) dall’altro, il divieto in parola non si riferirebbe alle opere previste dagli strumenti urbanistici vigenti prima dell’incendio e, nella specie, l’autorizzazione, con il connesso effetto ex lege di variante allo strumento urbanistico, sarebbe stata rilasciata prima dell’incendio del 2017;
c) infine, alla fattispecie sarebbe estraneo l’ana divieto previsto dalla legislazione regionale, in tesi riferito solo alle autorizzazioni forestali ed idrogeologiche.
4.4. Il T.a.r., quindi, ha ritenuto che “al momento dell’emanazione dei provvedimenti impugnati l’autorizzazione paesaggistica era ancora efficace”, giacché “il termine [quinquennale] di efficacia dell’autorizzazione decorre dal giorno in cui acquista efficacia il titolo edilizio eventualmente necessario per la realizzazione dell’intervento” e, “nel caso di specie, il titolo edilizio corrisponde all’autorizzazione unica, rilasciata nel giugno 2014”.
4.5. Il T.a.r. ha, conclusivamente, ritenuto improcedibile il motivo con cui la società ricorrente censurava l’avocazione della pratica, “atteso che l’accertata illegittimità dei provvedimenti a valle, con il loro conseguente annullamento, priva di lesività il provvedimento di avocazione”.
5. Il Ministero ha proposto impugnazione, affidata a cinque motivi, così come segue:
a) con il primo di essi, deduce che l’art. 150 d.lgs. n. 42 del 2004 contemplerebbe una “misura cautelativa” di carattere generale, che prescinderebbe dalla successiva apposizione di vincoli;
b) con il secondo motivo, sostiene che le sopravvenute modifiche al progetto, di carattere oltretutto sostanziale, avrebbero “necessitato di un’autorizzazione paesaggistica o, comunque, di un aggiornamento della stessa”;
c) con il terzo motivo, sostiene che l’autorizzazione unica per cui è causa non si potrebbe equiparare, ai fini del divieto di costruzioni in aree percorse dal fuoco, alla puntuale previsione di uno strumento urbanistico, cui solo si riferirebbe l’art. 10 l. n. 353 del 2000; comunque, il divieto de quo discenderebbe anche dalla legislazione regionale in materia;
d) con il quarto motivo, sostiene che l’autorizzazione paesaggistica relativa al progetto sarebbe eo ipso divenuta inefficace, in virtù delle modifiche apportate al progetto;
e) con il quinto motivo, sostiene la legittimità dell’avocazione.
6. È intervenuta ad adiuvandum l’associazione ambientalista WW. OA (Organizzazione Aggregata) Ca. Ci., sollecitando l’accoglimento dell’appello.
7. Hanno resistito i Comuni di (omissis) e (omissis), chiedendo che l’appello sia dichiarato inammissibile e, comunque, respinto.
7.1. Sull’inammissibilità, in particolare, deducono in primo luogo il difetto di evocazione in giudizio della società ricorrente in prime cure, cui il ricorso in appello sarebbe stato notificato presso il domicilio fisico di un difensore diverso da quello presso il quale il domicilio fisico era stato eletto in primo grado.
7.2. Deducono, poi, che l’appello sarebbe stato notificato “in forma esclusivamente analogica, priva della firma digitale del difensore” e, quindi, senza la relativa attestazione di conformità .
7.3. Deducono, infine, che l’interesse all’appello sarebbe venuto meno, per essere ormai scaduto il termine di novanta giorni di efficacia della sospensione dei lavori di cui all’art. 150 d.lgs. n. 42 del 2004.
8. In vista della trattazione del ricorso i soli Comuni resistenti hanno depositato in atti difese scritte, con cui, fra l’altro, hanno documentato che “i lavori oggetto del provvedimento inibitorio sono stati [nelle more] ultimati e l’impianto è entrato in esercizio”, con conseguente ritenuta improcedibilità dell’appello.
9. Con ordinanza n. 6118 del 6 dicembre 2019 l’istanza cautelare avanzata dal Ministero è stata accolta ai soli fini della sollecita fissazione del merito.
10. All’udienza del 29 ottobre 2020, quindi, la Sezione ha trattenuto il ricorso in decisione.
11. Il Collegio rileva che l’appello è infondato nel merito; per ragioni di economia decisionale, pertanto, viene omesso lo scrutinio delle eccezioni di rito svolte dalle parti resistenti.
12. In primo luogo, il potere di cui all’art. 150 d.lgs. n. 42 del 2004 è attribuito all’Amministrazione al solo fine di scongiurare interventi potenzialmente lesivi dell’ambiente nelle more dell’apposizione di un vincolo e non ha, viceversa, valenza generale.
12.1. Del resto, l’interpretazione “estensiva” della disposizione de qua propugnata dall’Amministrazione appellante non trova riscontro nella giurisprudenza di questo Consiglio (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 20 ottobre 2000, n. 5651; id., 9 aprile 1998, n. 429), la quale, benché riferita alle norme “antesignane” dell’attuale art. 150, ossia l’art. 153 del d.lgs. 29 ottobre 1999, n. 490, e l’art. 8 della legge 29 giugno 1939, n. 1497, si è sempre espressa nel senso che il potere inibitorio è escluso allorché si tratti di bene già sottoposto a tutela, per il quale l’Amministrazione tutoria può e deve (in omaggio, del resto, al principio di nominatività del potere amministrativo) adottare altre misure repressive.
12.2. Oltretutto, si è esplicitamente escluso che il potere di cui al predetto art. 150 possa essere esercitato per lavori già regolarmente autorizzati sotto il profilo paesaggistico, in assenza di una previa rimozione in autotutela dell’autorizzazione stessa (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 2 maggio 2016, n. 1677).
12.3. Siffatta conclusione, peraltro, è avvalorata sul piano ermeneutico dall’aggiunta nelle norme del 1999 e del 2004, rispetto a quella del 1939, del comma che limita temporalmente a novanta giorni l’efficacia dell’ordine di sospensione.
13. L’assenso regionale alle modifiche progettuali apportate dopo l’autorizzazione, in disparte la questione della natura sostanziale o meno delle stesse, doveva essere tempestivamente impugnato dall’Amministrazione ministeriale (cui, del resto, consta essere stato ritualmente comunicato), pena, secondo gli ordinari principi generali, la consolidazione dell’atto.
14. Ne consegue, sotto altro profilo, che l’originaria autorizzazione paesaggistica non ha perso efficacia a seguito delle suindicate modifiche progettuali, atteso che:
– tale effetto non si produce in automatico, ma dipende dal riconoscimento amministrativo della natura sostanziale della modifica;
– l’Amministrazione regionale competente, con atto mai impugnato, si era espressa nel senso del carattere non sostanziale della modifica.
15. Quanto al vincolo di inedificabilità che insisterebbe sulle aree interessate dall’intervento a seguito di incendi boschivi, è sufficiente osservare che:
– da un lato, l’incendio del 2008 è (di gran lunga) anteriore al rilascio dell’originaria autorizzazione, per cui non è ab ovo rilevante;
– dall’altro, l’incendio del 2017 è successivo al rilascio dell’autorizzazione, avente ex lege valenza di variante in parte qua al piano urbanistico.
15.1. Quanto a quest’ultimo punto, l’assunto ministeriale secondo cui l’art. 10 l. n. 353 del 2000 si riferirebbe solo alle previsioni puntuali del piano, e non anche all’effetto di variante attribuito dalla legge a provvedimenti non strettamente urbanistici, non trova fondamento normativo alcuno a livello né testuale, né logico-sistematico.
15.2. Di converso, l’art. 6, comma 3, l.r. n. 51 del 2017 si riferisce per tabulas alle sole autorizzazioni forestali e idrogeologiche.
16. Alla stregua di quanto sopra, la sentenza impugnata merita conferma anche nella parte relativa:
– alla violazione dell’affidamento formatosi in capo alla società ricorrente in prime cure per effetto delle pregresse condotte dell’Amministrazione, considerata di converso l’assenza di fatti sopravvenuti legittimamente considerabili ai fini de quibus;
– all’improcedibilità delle censure afferenti al provvedimento di avocazione.
17. Per le esposte ragioni, pertanto, l’appello va in toto rigettato.
18. La natura della controversia ed il rilievo dei sottesi interessi suggeriscono, comunque, la compensazione delle spese del grado tra le parti costituite; nulla sulle spese quanto alle parti non costituite.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese del grado compensate con le parti costituite.
Nulla sulle spese quanto alle parti non costituite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 29 ottobre 2020 con l’intervento dei magistrati:
Raffaele Greco – Presidente
Giuseppe Castiglia – Consigliere
Luca Lamberti – Consigliere, Estensore
Alessandro Verrico – Consigliere
Emanuela Loria – Consigliere
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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