La confisca per equivalente del profitto del reato

Corte di Cassazione, penale, Sentenza 19 ottobre 2020, n. 28921.

La confisca per equivalente del profitto del reato di cui all’art. 640-bis cod. pen., attesa l’obbligatorietà della sua imposizione ai sensi dell’art. 322-ter cod. pen., è sempre ordinata anche nel caso in cui il procedimento sia definito con sentenza di applicazione della pena su richiesta e la sua statuizione non rientri nell’accordo delle parti, e, considerata la totale autonomia di suddetta misura ablatoria “punitiva” rispetto al risarcimento in favore della persona offesa, l’eventuale adozione provvisoria – in sede civile – di un sequestro conservativo non integra alcuna duplicazione sanzionatoria.

Sentenza 19 ottobre 2020, n. 28921

Data udienza 9 luglio 2020

Tag – parola chiave: Truffa aggravata – Confisca obbligatoria del profitto del reato – Vantaggio economico derivante direttamente dalla commissione del reato – Natura punitiva – Rigetto

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CERVADORO Mirella – Presidente

Dott. AGOSTINACCHIO Luigi – Consigliere

Dott. COSCIONI Giuseppe – Consigliere

Dott. DI PISA Fabio – rel. Consigliere

Dott. SARACO Antonio – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 06/06/2019 del GIUDICE UDIENZA PRELIMINARE di RAVENNA;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. FABIO DI PISA;
sentite le conclusioni del PG.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza in data 6 Giugno 2019 il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Ravenna ha applicato, ai sensi dell’articolo 444 c.p.p., a (OMISSIS) in relazione alla imputazione di truffa aggravata ai danni dell’INPS, la pena concordata e contestualmente ha disposto la confisca per equivalente della somma di Euro 210.804,21 sottoposta a sequestro preventivo.
2. Contro detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione, a mezzo difensore di fiducia, (OMISSIS) deducendo due motivi:
a. violazione dell’articolo 240 c.p., commi 2 e 3.
La difesa, premesso che l’articolo 240 c.p. prevede la confisca dei beni o cose corrispondenti al profitto del reato ma al contempo stabilisce che siano esclusi i beni appartenenti ai soggetti terzi estranei al reato anche se corrispondenti al profitto del reato, osserva che apparendo evidente che la norma in questione prevede la tutela anche della persona offesa dal momento che le somme in questione, sia pure di natura fungibile, in tutto corrispondenti ai valori sottratti all’INPS, tali somme non potevano essere confiscate in quanto patrimonio della persona offesa.
Rileva che nell’ipotesi in cui le somme confiscate, corrispondenti ad un tempo al profitto del reato che al danno subito all’ente previdenziale, venissero acquisite in via definitiva al patrimonio dello Stato l’imputato si troverebbe esposto al rischio concreto della duplicazione delle sanzioni e misure ablatorie di carattere patrimoniale conseguenti all’accertamento della responsabilita’ penale, duplicazione certamente non consentita alla luce dei principi sanciti dalla giurisprudenza della Corte EDU.;
b. violazione dell’articolo 165 c.p., comma 1 e articolo 240 c.p. in relazione all’articolo 444, comma 1 ter e articolo 448 bis codice di rito.
Deduce che il giudice di merito in ragione della peculiarita’ della fattispecie in ossequio del principio del favor rei apparendo evidente che le somme oggetto di sequestro erano sufficienti a garantire le restituzioni dovute alla persona offesa in luogo di disporre la confisca ben avrebbe potuto prescrivere di procedere alla restituzione delle somme nette dei ratei di pensioni all’INPS.
Assume che l’imputato si trovava esposto ad un trattamento pregiudizievole e maggiormente punitivo rispetto a soggetti imputati di reati piu’ gravi in quanto avrebbe dovuto restituire i ratei pensionistici due volte, una volta a titolo di confisca del profitto del reato ed una seconda volta come indebito pensionistico.
2.1. L’indagato ha depositato memoria con la quale ha insistito sui motivi dedotti precisando che nelle more era intervenuto in sede civile il sequestro conservativo della somme in favore dell’INPS giusta provvedimento del Tribunale in data 24 Luglio 2010.
3. La Procura Generale, nella persona del Sostituto Procuratore Generale Tomaso Epidendio, ha depositato requisitoria scritta in data 12 febbraio 2020 con la quale ha chiesto rigettarsi il ricorso.
Ha rilevato che le somme in questione erano state confiscate ai sensi dell’articolo 640 quater e 322 ter c.p. quali beni di valore equivalente al profitto del reato, profitto rappresentato dai ratei pensionistici indebitamente percepiti ed oggetto di truffa, trattandosi di beni appartenenti all’imputato e non alla persona offesa e che, per altro verso, non era configurabile alcuna duplicazione vietata in quanto sussisteva differenza fra la sanzione della confisca per equivalente del profitto del reato ed il diritto al risarcimento del danno in favore della persona offesa.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ infondato.
2. Osserva il collegio che nella specie si verte in ipotesi di confisca obbligatoria del profitto del reato di truffa ex articolo 640 bis c.p. in ragione del non contestato incameramento da parte del ricorrente di contribuzione INPS a lui non spettante.
Orbene premesso che il profitto del reato si identifica con il vantaggio economico derivante in via diretta ed immediata dalla commissione dell’illecito. (Fattispecie in tema di truffa ex articolo 640 bis c.p. e confisca dell’importo corrispondente alla somma percepita a titolo di contributo dall’Unione Europea) (Sez. 2, n. 53650 del 05/10/2016 – dep. 16/12/2016, P.M. in proc. Maiorano, Rv. 26885401), non potendosi revocare in dubbio che nel caso in esame sussiste un profitto legato all’indebito incameramento delle somme in questione da parte di (OMISSIS), non coglie nel segno la contestazione secondo cui si tratterebbe, in realta’, di somme appartenenti a soggetti estranei al reato.
2.1. Occorre, quindi, rilevare che per rafforzare l’efficacia della misura, il legislatore ne ha stabilito l’obbligatoria imposizione secondo la testuale previsione dell’articolo 322 ter c.p., commi 1 e 2, per il quale la confisca “e’ sempre ordinata”, anche quando l’imputato definisca il procedimento mediante sentenza di applicazione della pena su richiesta e la sua statuizione non rientri nell’accordo delle parti (Cass. sez. 2, n. 20046 del 4/2/2011, Marone, non massimata): la pattuizione raggiunta ai sensi dell’articolo 444 c.p.p. riguarda unicamente il trattamento sanzionatorio in senso proprio e non include anche la confisca, la cui adozione e’ rimessa all’intervento decisorio del giudice che vi provvede, esercitando poteri cognitivi non diversi da quanto richiesto nel giudizio dibattimentale.
Appare in questa sede opportuno richiamare le principali linee interpretative sull’istituto in esame, ormai reiteratamente affermate dalla giurisprudenza di legittimita’.
Sviluppando concetti gia’ sanciti da Sez. U., n. 41936 del 25/10/2005, Muci, rv. 232164, in riferimento alla fattispecie di truffa aggravata, secondo la quale la confisca per equivalente costituisce “una forma di prelievo pubblico a compensazione di prelievi illeciti”, e’ stato affermato che la confisca di valore o per equivalente persegue la finalita’ di colpire il patrimonio del responsabile del reato quando non sia possibile sottoporre a confisca “diretta” il bene derivato dal reato stesso perche’ non piu’ nella sua disponibilita’; a fronte della commissione di determinate tipologie di illeciti penali ed alla “trasformazione, l’alienazione o (al)la dispersione di cio’ che rappresenti il prezzo o il profitto del reato” l’ordinamento reagisce con uno strumento che sottrae il vantaggio patrimoniale conseguitone, non piu’ materialmente rintracciabile, mediante la privazione del valore corrispondente (Sez. U., n. 31617 del 26/06/2015, Lucci, rv. 264437).
In ragione degli effetti prodotti e della “ratio” dell’istituto, orientato a prevenire la commissione degli illeciti ed a disincentivarne la vantaggiosita’ patrimoniale, le Sezioni unite hanno quindi aderito alla tesi della natura “punitiva” della confisca per equivalente, disciplinata dall’articolo 322 ter c.p., che assume cosi’ i tratti distintivi di una vera e propria sanzione, non parametrata ne’ sulla colpevolezza dell’autore del reato, ne’ sulla gravita’ della condotta (Cass. sez. 3, n. 18311 del 6/3/2014, Cialini, rv. 259103; sez. 3, n. 23649 del 27/2/2013, D’Addario, rv. 256164).
Stante l’obbligatorieta’ dell’imposizione ed in ragione della totale autonomia della misura de qua rispetto ai profili meramente risarcitori in favore della persona offesa (l’INPS) non colgono nel segno le ulteriori censure relative alla asserita “duplicazione” delle sanzioni e misure ablatorie di carattere patrimoniale conseguenti all’accertamento della responsabilita’ penale dell’imputato, duplicazione certamente non consentita alla luce dei principi sanciti dalla giurisprudenza della Corte EDU.
Non puo’ del resto sottacersi, per altro verso, che non risulta intervenuta, allo stato, alcuna restituzione integrale all’avente diritto delle somme in contestazione, stante la natura meramente “provvisoria” del disposto sequestro conservativo in sede civile.
2.2. Posto che in sede di patteggiamento non e’ consentito al giudice di modificare unilateralmente i termini dell’accordo intervenuto tra le parti, apponendo ad esso una condizione non prevista dalle stesse. (Fattispecie in cui il giudice aveva, di propria iniziativa ed al di fuori dell’accordo delle parti, subordinato la concessione della sospensione condizionale della pena al risarcimento del danno in favore della parte civile). (Sez. 4, n. 31441 del 09/07/2013 – dep. 22/07/2013, Sanzone, Rv. 25607301) non coglie nel segno la contestazione di parte ricorrente secondo cui il “giudicante in luogo di disporre la confisca ben avrebbe potuto prescrivere di procedere alla restituzione delle somme nette dei ratei di pensione INPS”.
3. Alla luce delle considerazioni che precedono il ricorso va, dunque, rigettato con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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