Consiglio di Stato, Sezione sesta, Sentenza 5 marzo 2020, n. 1626.
La massima estrapolata:
Il parere negativo della Sovrintendenza, reso nell’ambito del procedimento di rilascio della concessione in sanatoria ai sensi degli art. 32 comma 1 e 33 comma 2 l. n. 47 del 1985 – che presuppone alla stregua di “condicio sine qua non” il parere favorevole dell’autorità deputata alla tutela del vincolo – costituisce atto immediatamente lesivo, in quanto certamente ostativo alla favorevole definizione della procedura.
Sentenza 5 marzo 2020, n. 1626
Data udienza 27 febbraio 2020
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3894 del 2019, proposto da
Soc. Do. Snc di Ri. An. e Fa., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Gi. Mi., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Rimini, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Ma. As. Fo., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
sul ricorso numero di registro generale 3899 del 2019, proposto da
An. Ri., rappresentato e difeso dall’avvocato Gi. Mi., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Rimini, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Ma. As. Fo., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma
quanto al ricorso n. 3894 del 2019:
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale Per L’emilia Romagna (sezione Seconda) n. 00337/2019, resa tra le parti, concernente ANNULLAMENTO
– del provvedimento assunto dal Dirigente dello Sportello Unico per l’Edilizia portante ad oggetto “Ordinanza Ingiunzione di demolizione e Rimessa in pristino di opere abusive ai sensi del Combinato disposto degli artt. 31 D.P.R. 380/01 e 13 L.R. 23/04 e 167 D. Lgs. 42/2004, relativamente all’edificio sito in Rimini Via (omissis);
– di ogni atto precedente e comunque connesso ed in particolare del provvedimento Prot. n. 188779 – Rep. 23041 – Diniego n. 26777 del 16/10/2013 – notificato in data 24/10/2013 con cui il Dirigente dell’Area Gestione del Territorio – Settore Gestione Urbanistica – Ufficio Condono ha negato il rilascio della concessione in sanatoria relativa all’istanza di condono presentata ai sensi dell’art. 31 L. 47/85 per opere abusive realizzate in (omissis) Via (omissis).
quanto al ricorso n. 3899 del 2019:
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale Per L’emilia Romagna (sezione Seconda) n. 00320/2019, resa tra le parti, concernente ANNULLAMENTO
– del provvedimento Prot. n. 188779 – Reg. 23041 – Diniego n. 26777 del 16.10.2013 – notificato il 24/10/2013 con cui il Dirigente dell’area Gestione del Territorio – Settore Gestione Urbanistica – Ufficio Condono con cui ha negato il rilascio della concessione in sanatoria relativa all’istanza di condono presentata ai sensi dell’art. 31 L. 47/85, per opere abusive realizzate in (omissis) Via (omissis);
– di ogni atto presupposto e comunque connesso.
Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Rimini e di Comune di Rimini;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 27 febbraio 2020 il Cons. Davide Ponte e uditi per le parti gli avvocati Gi. Mi. e Lu. Fe. Ba. in sostituzione dell’avv. Fo. Gi. Mi. e Lu. Fe. Ba. in sostituzione dell’avv. Fo.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con il primo appello di cui in epigrafe, recante rg. n. 3899\2019, l’odierno appellante impugnava la sentenza del Tar Bologna n. 320 del 2019 con cui era stato respinto il ricorso originario; quest’ultimo era stato proposto per l’annullamento del provvedimento – prot. n. 188779, notificato in data 24 ottobre 2013 – con il quale il Comune di Rimini ha negato il rilascio della concessione in sanatoria relativa all’istanza di condono presentata ai sensi dell’art. 31 della legge n. 47 del 1985, per le opere abusive realizzate sull’area sita in Rimini, Fraz. (omissis), Via (omissis) (distinta al N.C.E.U. del Comune di Rimini al foglio (omissis) mappali (omissis)), aventi ad oggetto un fabbricato ad un piano (piano terra) ad uso bar-ristorante, asseritamente realizzato nell’anno 1965.
Nel ricostruire in fatto e nei documenti la vicenda, parte appellante formulava, avverso la sentenza di rigetto, i seguenti motivi di appello:
– mancata applicazione dell’art. 142 cit., difetto di motivazione del parere della soprintendenza e vizio del procedimento per mancata nuova determinazione comunale, violazione dell’art. 151 d.lgs. 490 del 1999, contraddittorietà con gli atti presupposti.
La parte pubblica appellata si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto dell’appello.
Con l’altro appello di cui in epigrafe, la parte appellante impugnava la sentenza del Tar Bologna n. 337 del 2019 con cui era stato respinto il ricorso originario, proposto avverso l’ordinanza datata 30 ottobre 2014, avente ad oggetto ingiunzione di demolizione e rimessa in pristino delle predette opere abusive.
Venivano dedotti i seguenti motivi di appello: erroneità della sentenza in relazione alla pronuncia di inammissibilità, illegittimità derivata dell’atto presupposto, costituito dal diniego di condono, violazione dell’art. 142 d.lgs. 42 del 2004 nonché per diversi profili di eccesso di potere e violazione degli artt. 31 ss l. 47 cit..
Anche avverso tale appello si costituiva la parte appellata, chiedendo il rigetto del gravame.
Con ordinanza n. 3148 del 2019, disposta la riunione degli appelli, veniva accolta la domanda cautelare limitatamente agli effetti della contestata ordinanza di demolizione.
Alla pubblica udienza del 7 novembre 2019 la causa passava in decisione.
All’esito del passaggio in decisione, emergeva dagli atti un errore, derivante dal sistema informatico del processo telematico, in ordine alla indicata composizione del Collegio, così come indicato nel ruolo di udienza, contenente il riferimento a sei magistrati in luogo dei cinque previsti.
A fini di regolarizzazione del predetto errore veniva fissata una nuova udienza discussione per la decisione degli appelli riuniti.
All’udienza del 27 febbraio 2020 le cause passavano in decisione.
DIRITTO
1. Gli appelli, già riuniti, sono infondati.
2. L’atto presupposto, concernente il diniego del richiesto condono, trova il proprio vincolato fondamento nel parere negativo della soprintendenza, il cui valore provvedimentale dotato di lesività è stato correttamente valutato sia nel provvedimento impugnato in principalità, sia nelle difese di parte appellata.
Infatti, tale atto è divenuto definitivo a seguito del rigetto del ricorso straordinario a suo tempo proposto dalla stessa odierna parte appellante.
3. Premesso che in linea generale sussiste il noto principio a mente del quale, nell’ambito dei procedimenti di condono edilizio, il parere reso dalla Soprintendenza ha natura e funzioni identiche all’autorizzazione paesaggistica (cfr. ad es. Consiglio di Stato, sez. VI, 7 marzo 2019, n. 1581), nel caso di specie assume ulteriore rilievo la regola per cui il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica costituisce un rimedio giustiziale di carattere essenzialmente impugnatorio, volto ad accordare una tutela riparatoria contro atti amministrativi definitivi, alternativo alla ordinaria azione davanti al G.A. ed offre una tutela che si esplicita in una decisione costitutiva di annullamento del provvedimento di cui venga accertata la contrarietà all’ordine giuridico, in caso di accoglimento, e di definitivo consolidamento in caso di rigetto (cfr. ad es. Consiglio di Stato, sez. I, 24 marzo 2014, n. 11690).
4. Nel caso di specie l’analisi degli atti concernenti la decisione del ricorso straordinario (cfr. doc n. 8 del fascicolo di prime cure, d.P.R. 29 dicembre 2008 e parere 27 febbraio 2008) conferma il rigetto dei vizi dedotti, in termini analoghi agli attuali, avverso la statuizione di annullamento della Soprintendenza.
4.1 In particolare, il signor Al. Ri. risultava aver “proposto ricorso straordinario al Presidente della Repubblica avverso il decreto del 28 giugno 2005, con il quale il Ministero per i Beni e le Attività Culturali- Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il paesaggio di Ravenna – ha annullato il provvedimento n. 71458 del 3 maggio 2005 del Dirigente dell’Ufficio Condono del Comune di Rimini, con cui si rilasciava l’autorizzazione ai sensi dell’art. 159 del D.lgs. n. 42/2004, su istanza di condono ai sensi dell’art. 32 della legge n. 47/1985, per opere realizzate in località (omissis) Via (omissis) nel Comune medesimo”.
4.2 Il parere della sezione seconda di questo Consiglio, fatto proprio dal d.P.R. conseguente, ha ritenuto il ricorso non meritevole di accoglimento, sia in relazione ai vizi procedimentali, sia a quelli di carattere sostanziale.
4.3 Veniva in specie escluso il lamentato eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione. In proposito, il provvedimento impugnato fa espresso riferimento al vincolo apposto sull’area interessata dall’opera abusiva, area di notevole interesse pubblico ai sensi della norma di legge del codice del settore, nonché zona di riqualificazione della costa e dell’arenile (art. 24 P.T.C.P.), censurando la carente motivazione in quanto inadeguata e insufficiente nell’iter logico seguito nel comprovare l’effettiva compatibilità delle opere con gli specifici valori paesaggistici dei luoghi.
4.4 Il provvedimento della Soprintendenza va oltre, prevedendo esplicitamente, fra l’altro, che “dall’esame degli atti, come l’intervento abusivo sia collocato sulla spiaggia oltre l’asse viario di lungomare, isolato, all’interno delle molteplici visuali prospettiche che intercorrono fra il mare e l’entroterra edificato, in modo da emergere con particolare evidenza, come edificio posto separatamente rispetto al fronte edificato della città, sulla fascia sabbiosa del litorale. Esso è realizzato con pareti esterne in muratura laterizia ad una testa, e pareti di tamponamento, nella zona “ristorante” realizzati con infissi in alluminio e vetro. Il montaggio di tali elementi, fittizio e occasionale, esprimono l’assenza di caratteri architettonici tali da rendere l’intervento abusivo armonico con il contesto paesaggistico circostante, e pertanto altera sensibilmente lo stato dei luoghi, contro le ragioni della tutela paesaggistica come disposta ai sensi dell’art. 142 punto a) del D.lgs. 42/2004″, e “che pertanto il provvedimento approva la permanenza di opere abusive che non sono compatibili con le imprescindibili esigenze di tutela e conservazione dei valori paesistici di tutela e conservazione dei beni protetti ex lege, esigenze che rappresentano, come è noto la ragione costitutiva del vincolo stesso”.
4.5 Quanto al dedotto sconfinamento nel merito, secondo il parere “la rilevazione degli elementi di fatto e la loro correlazione con i valori vincolati, compie come nel caso di specie in sede di difesa del vincolo, non attiene alla opportunità dell’azione, ma alla ricognizione di elementi da porre a base della valutazione di legittimità . Detto altrimenti, è necessario distinguere l’inammissibile ingerenza nel merito con il necessario giudizio di compatibilità dell’autorizzazione con il vincolo, formulato nella vicenda amministrativa in contestazione dall’Amministrazione con l’indicazione degli elementi fattuali incidenti in senso sacrificativo sui beni vincolati. Il provvedimento impugnato risulta quindi congruamente motivato avendo fatto riferimento non a valutazioni tecnico-discrezionali o di merito nè tanto meno a lamentata formula di stile, bensì al vincolo opposto sull’area interessata, di notevole interesse pubblico”.
4.6 In definitiva, secondo il parere richiamato “non ha pregio la lamentela relativa alla vicinanza di altrui insediamenti, dato che dall’amministrazione a tutela del vincolo, ma anzi li impone, proprio per evitare che il degrado si accentui. Per la tipologia insediativa, il manufatto è stato ritenuto in contrasto con le caratteristiche ambientali, poste a base del vincolo imposto sull’area in considerazione. Dunque la motivazione esiste in concreto e non risulta neppure essere inficiata da elementi di irrazionalità evidente, censurabili in sede di sindacato di legittimità .
5. Sulla scorta delle argomentazioni richiamate, nel caso de quo diniego comunale impugnato costituisce atto vincolato dal presupposto parere negativo della soprintendenza, divenuto definitivo nella presente fattispecie a seguito del rigetto del ricorso straordinario proposto avverso il medesimo.
Non residuavano spazi di discrezionalità in capo alla p.a. comunale, come reso evidente dalla giurisprudenza a mente della quale il parere negativo della Sovrintendenza, reso nell’à mbito del procedimento di rilascio della concessione in sanatoria ai sensi degli art. 32 comma 1 e 33 comma 2 l. n. 47 del 1985 – che presuppone alla stregua di “condicio sine qua non” il parere favorevole dell’autorità deputata alla tutela del vincolo – costituisce atto immediatamente lesivo, in quanto certamente ostativo alla favorevole definizione della procedura (cfr. ad es. Consiglio di Stato, sez. VI, 7 luglio 2003, n. 4034).
6. Sussistono giusti motivi per compensare le spese di lite.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sugli appelli riuniti, come in epigrafe proposti, li respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 27 febbraio 2020 con l’intervento dei magistrati:
Sergio Santoro – Presidente
Andrea Pannone – Consigliere
Vincenzo Lopilato – Consigliere
Luigi Massimiliano Tarantino – Consigliere
Davide Ponte – Consigliere, Estensore
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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