Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|11 ottobre 2022| n. 29632.
Il giudice che abbia disposto una consulenza tecnica cd. percipiente
Il giudice che abbia disposto una consulenza tecnica cd. percipiente può anche disattenderne le risultanze, ma solo ove motivi in ordine agli elementi di valutazione adottati e a quelli probatori utilizzati per addivenire alla decisione, specificando le ragioni per le quali ha ritenuto di discostarsi dalle conclusioni del Ctu.
Ordinanza|11 ottobre 2022| n. 29632. Il giudice che abbia disposto una consulenza tecnica cd. percipiente
Data udienza 13 settembre 2022
Integrale
Tag/parola chiave: Banca – Conto corrente – Indebito a titolo di interessi passivi e commissione di massimo scoperto – Censure inammissibili
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente
Dott. ZULIANI Andrea – Consigliere
Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere
Dott. CAMPESE Eduardo – rel. Consigliere
Dott. VALENTINO Daniela Consiglie –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 1159/2018 r.g. proposto da:
(OMISSIS) S.R.L., in liquidazione, con sede in (OMISSIS), in persona del liquidatore rag. (OMISSIS), rappresentata e difesa, giusta procura speciale allegata in calce al ricorso, dall’Avvocato (OMISSIS), presso il cui studio elettivamente domicilia in (OMISSIS).
– ricorrente e controricorrente incidentale –
contro
(OMISSIS) S.P.A., (incorporante, per fusione, la (OMISSIS) s.p.a.), con sede in (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, e, per lui, del suo procuratore speciale Avv. (OMISSIS), rappresentata e difesa, giusta procura speciale allegata in calce al controricorso, dall’Avvocato (OMISSIS), presso il cui studio elettivamente domicilia in (OMISSIS).
– controricorrente e ricorrente incidentale –
avverso la sentenza n. cron. 684/2017, della CORTE DI APPELLO DI CAGLIARI, depositata in data 19/07/2017;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del giorno 13/09/2022 dal Consigliere Dott. Eduardo Campese.
Il giudice che abbia disposto una consulenza tecnica cd. percipiente
FATTI DI CAUSA
1. Con atto notificato il 13 gennaio 2011, l’ (OMISSIS) s.r.l. cito’ la (OMISSIS) s.p.a. innanzi al Tribunale di Cagliari al fine di ottenerne, previa declaratoria di nullita’ delle corrispondenti clausole, la condanna alla restituzione di quanto indebitamente percepito a titolo di interessi passivi e commissione di massimo scoperto, illegittimamente capitalizzati trimestralmente, in relazione ai due rapporti di conto corrente ivi specificamente individuati, originariamente intrattenuti con la Banca Commerciale Italiana e con la (OMISSIS) e da queste poi ceduti alla (OMISSIS) s.p.a..
1.1. Costituitasi la convenuta, che contesto’ l’avversa pretesa, l’adito tribunale, all’esito di un’istruttoria solo documentale, respinse la domanda dell’attrice.
2. La Corte di appello di Cagliari, investita del gravame proposto da quest’ultima contro quella decisione, con sentenza del 18 maggio/19 luglio 2017, n. 684, ha cosi’ statuito: “…accoglie, per quanto di ragione, l’appello proposto dalla (OMISSIS) s.r.l. contro la sentenza n. 1573/2013 del Tribunale di Cagliari e, in parziale riforma della sentenza impugnata, accerta che la societa’ appellante vanta un credito nei confronti della (OMISSIS) s.p.a. pari ad Euro 29.889,53 in relazione al conto corrente n. (OMISSIS)”.
2.1. Per quanto qui di residuo interesse, ed in estrema sintesi, quella corte, ritenuta l’infondatezza dell’eccezione di prescrizione ivi ribadita dall’appellata, ha opinato che: i) in relazione al rapporto di c/c n. (OMISSIS), intrattenuto dall’appellante, originariamente, con la (OMISSIS) s.p.a., e successivamente ceduto alla banca convenuta, “mancano gli estratti conto e i rapporti scalari relativi a diversi mesi ed anni del rapporto, nonche’ per tutto l’anno 2000. In materia, la Suprema Corte di Cassazione, in un caso differente ma che puo’ essere qui riportato in quanto avente un oggetto analogo, ha stabilito che solo la produzione degli estratti conto a partire dall’apertura del conto corrente, attraverso un’integrale ricostruzione del dare e dell’avere, consente di determinare il credito; ed invero, la determinazione del saldo finale del conto, passivo o attivo, ove sia contestualmente stata chiesta la condanna alla ripetizione di poste passive non dovute, deve essere effettuata con riferimento alla intera durata del rapporto. Nel caso di specie, il consulente tecnico ha utilizzato per calcolare gli importi indebitamente trattenuti gli scalari bancari, in modo da limitare il vuoto documentale degli estratti conto. I rapporti scalari sono documenti riepilogativi del calcolo delle competenze che vengono contabilizzate sul conto corrente; essi riportano la sequenza dei saldi positivi e negativi, dai quali non e’ dato evincere l’importo capitale per il giorno esatto di valuta (desumibile dai soli estratti c/c completi del rapporto). Pertanto, l’espletamento di una C.Testo Unico fondata su tali dati non permette di ottenere risultati matematicamente corretti. (…). E’ evidente, quindi, considerato l’importante lasso temporale, – non si tratta di alcuni mesi, che avrebbero permesso, comunque, la ricostruzione del rapporto, ma di anni – che la mancata produzione degli estratti conto, non consente, se non attraverso l’utilizzo di criteri presuntivi od approssimativi, di pervenire alla esatta determinazione del credito vantato dalla societa’”; ii) “A differenti conclusioni deve giungersi con riferimento al c/c n. (OMISSIS) (ex (OMISSIS)), (…). Gli estratti conto mancanti, infatti, sono limitati ad un periodo mai superiore a 3 mesi, il che, a giudizio del collegio, consente comunque di verificare la poste attive e passive e, quindi, di accertare (sulla base dei conteggi predisposti dal CTU) la sussistenza di un credito vantato dalla appellante nella misura pari a Euro 29.889,53 (suddivisi in Euro 22.226,41 per interessi anatocistici maturati, ed Euro 7.663,12 per interessi legali dovuti sul predetto importo dalla data di chiusura del conto fino al (OMISSIS) data di invio della bozza di C.Testo Unico e relativi allegati ai consulenti di parte (…). Il periodo di tempo non coperto dai conti correnti e’, data la sua esiguita’, irrilevante e tale da non incidere in concreto, pur considerati i principi giurisprudenziali sopra richiamati, su una corretta ricostruzione di dare e avere tra le parti”.
2. Per la cassazione di questa sentenza ricorre la (OMISSIS) s.r.l., affidandosi a tre motivi. Resiste, con controricorso, la (OMISSIS) s.p.a., incorporante per fusione la (OMISSIS) s.p.a., proponendo anche ricorso incidentale, recante tre motivi, cui ha resistito la menzionata ricorrente principale. La sola (OMISSIS) s.p.a. ha depositato memoria ex articolo 380-bis.1 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. I formulati motivi del ricorso principale della (OMISSIS) s.r.l. denunciano, rispettivamente:
I) “Violazione dell’articolo 2697 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Erronea ripartizione dell’onere della prova effettuata dalla corte distrettuale con esclusivo riferimento alla formale posizione processuale delle parti”. Si contesta alla corte sarda di aver gravato l’attrice/appellante dell’onere di produrre tutti gli estratti conto sin dall’inizio del rapporto, cosi’ erroneamente ripartendo l’onere della prova sulla base della formale posizione processuale delle parti, omettendo di considerare che, ai sensi dell’articolo 2697 c.c., la dimostrazione dei fatti costitutivi del diritto spetta sempre a colui che si afferma titolare del diritto stesso ed intende farlo valere, ancorche’ sia convenuto in giudizio di accertamento negativo. In ragione dell’errata ripartizione dell’onere della prova con riferimento ad uno dei due rapporti correnti dedotti in causa, la corte d’appello ha rigettato la domanda ad esso corrispondente. Tuttavia, una corretta distribuzione dell’onus probandi, sancita anche dai piu’ recenti arresti giurisprudenziali sul tema, imponeva di individuare nella Banca il soggetto tenuto a depositare tali documenti;
II) “Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per essersi la corte d’appello, senza congrua motivazione, discostata dalle conclusioni rassegnate dal consulente tecnico di ufficio”. Si assume che la corte territoriale, pur avendo correttamente disposto la consulenza tecnica d’ufficio finalizzata a quantificare le somme illegittimamente addebitate dalla Banca, se ne e’ poi discostata, disconoscendo il credito vantato dall’odierna ricorrente con riferimento ad uno dei due rapporti di conto corrente. La sentenza impugnata, pertanto, doveva considerarsi illegittima, in tale parte, per l’omesso esame del fatto, decisivo per il giudizio ed oggetto di discussione tra le parti, costituito dalle risultanze della consulenza suddetta;
III) “Nullita’ della sentenza impugnata e del procedimento, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per violazione dell’articolo 116 c.p.c.”, per avere la corte distrettuale valutato secondo il proprio ascientifico apprezzamento una consulenza tecnica percipiente che assumeva, invece, il valore di una prova oggettiva.
2. Il primo di questi motivi si rivela insuscettibile di accoglimento alla stregua delle considerazioni tutte di cui appresso
2.1. E’ utile ricordare che: i) la controversia in esame e’ stata generata dalla domanda della societa’ odierna ricorrente volta ad ottenere la condanna del (OMISSIS) s.p.a. (poi incorporato, per fusione, da (OMISSIS) s.p.a., oggi controricorrente), previa declaratoria di nullita’ delle corrispondenti clausole, alla restituzione di quanto indebitamente percepito a titolo di interessi passivi e commissione di massimo scoperto, illegittimamente capitalizzati trimestralmente, in relazione ai due rapporti di conto corrente ivi specificamente individuati; in particolare, quanto al rapporto di c/c n. (OMISSIS), intrattenuto dall’appellante dal 1981 al 2000, originariamente, con la (OMISSIS) s.p.a., e successivamente ceduto al (OMISSIS), la corte distrettuale ha accertato che “mancano gli estratti conto e i rapporti scalari relativi a diversi mesi ed anni del rapporto, nonche’ per tutto l’anno 2000”. Piu’ specificamente, “Mancano, oltre agli estratti conto successivi all’anno 2000 (il conto e’ stato chiuso in data (OMISSIS)), quelli relativi ai seguenti periodi: dal (OMISSIS) (7 mesi e 19 giorni, corrispondenti a 231 giorni totali); dal (OMISSIS) (1 mese e 15 giorni, corrispondenti a 46 giorni totali); dal (OMISSIS) (6 mesi, corrispondenti a 184 giorni totali); dal (OMISSIS) (2 mesi e 24 giorni, corrispondenti a 86 giorni totali). Gli estratti conto prodotti, invece, sono i seguenti: – dal (OMISSIS) (5 anni 4 mesi e 27 giorni, corrispondenti a 1.977 giorni totali); – dal (OMISSIS) (10 anni 8 mesi e 11 giorni, corrispondenti a 3.907 giorni totali); – dal (OMISSIS) (15 giorni totali); – dal (OMISSIS) (9 mesi e 6 giorni, corrispondenti a 279 giorni totali); – dal (OMISSIS) (data della chiusura del c/c; 25 giorni totali)”.
2.1.1. C’e’ da dire, in linea generale, che, in tema di ripetizione di indebito, opera il normale principio dell’onere della prova a carico dell’attore il quale, quindi, e’ tenuto a dimostrare sia l’avvenuto pagamento sia la mancanza di una causa che lo giustifichi (cfr. Cass. n. 30713 del 2018 e con specifico riguardo alla ripetizione in materia di conto corrente bancario, Cass. n. 24948 del 2017, entrambe richiamate, in motivazione, dalla piu’ recente Cass. n. 33009 del 2019). Il principio trova applicazione anche ove si faccia questione dell’obbligazione restitutoria dipendente dalla (assenta) nullita’ di singole clausole contrattuali: infatti, chi allega di avere effettuato un pagamento dovuto solo in parte, e proponga nei confronti dell’accipiens l’azione di indebito oggettivo per la somma pagata in eccedenza, ha l’onere di provare l’inesistenza di una causa giustificativa del pagamento per la parte che si assume non dovuta (cfr. Cass. n. 7501 del 2012; Cass. n. 33009 del 2019).
2.2. Deve osservarsi, poi, che, nella prospettiva consegnata dall’articolo 2697 c.c., la mancata documentazione di una parte delle movimentazioni del conto non esclude una definizione del rapporto di dare e avere fondata sugli estratti conto prodotti da una certa data in poi. In particolare, costituisce principio ormai consolidato di questa Suprema Corte quello secondo cui il correntista che agisca giudizialmente per l’accertamento giudiziale del saldo e la ripetizione delle somme indebitamente riscosse dall’istituto di credito e’ gravato dell’onere di produrre l’intera serie degli estratti conto (cfr., ex multis, anche nelle rispettive motivazioni, Cass. n. 9201 del 2015; Cass. n. 20693 del 2016; Cass. n. 24948 del 2017; Cass. n. 30822 del 2018; Cass. n. 31187 del 2018; Cass. 2 maggio 2019, n. 11543 del 2019; Cass. n. 23852 del 2020; Cass. n. 22387 del 2021). In tale evenienza – si e’ detto – l’incompletezza documentale relativa agli estratti conto ridonda in danno del correntista, su cui grava l’onere di provare il fatto costituivo della propria domanda sicche’, in assenza di diverse evidenze, il conteggio del dare e avere deve essere effettuato partendo dal primo saldo a debito del cliente di cui si abbia evidenza (cfr. Cass. n. 11543 del 2019; cfr. pure Cass. n. 30822 del 2018, nella cui motivazione si rileva la necessita’ di far luogo al ricalcolo dei rapporti di dare e avere “partendo dal primo saldo a debito del cliente documentalmente riscontrato”).
2.2.1. Nella specie, dunque, la ripartizione dell’onere probatorio come effettuato dalla corte distrettuale e’ conforme alla descritta giurisprudenza di legittimita’, sicche’ non merita censura.
2.2.2. Ne’ appaiono condivisibili le deduzioni svolte dall’ (OMISSIS) s.r.l. quanto alla mancata applicazione, da parte della corte di merito, del criterio della cd. vicinanza della prova (cfr. pag. 13 del ricorso). E’, infatti, senz’altro vero che la ripartizione dell’onere della prova deve tenere conto, oltre che della distinzione tra fatti costitutivi e fatti estintivi od impeditivi del diritto, anche del principio, riconducibile all’articolo 24 Cost., ed al divieto di interpretare la legge in modo da rendere impossibile o troppo difficile l’esercizio dell’agire in giudizio, della riferibilita’ o vicinanza o disponibilita’ dei mezzi di prova (cfr. Cass., SU, n. 13533 del 2001, in motivazione; piu’ di recente, in massima, Cass. n. 6008 del 2012; Cass. n. 486 del 2016). Peraltro, come puntualizzato, in motivazione, da Cass. n. 33009 del 2019, tale criterio, per il limite concettuale che e’ ad esso immanente, non puo’ essere invocato, pero’, ove ciascuna delle parti acquisisca, o possa agevolmente procurarsi, la disponibilita’ della prova (documentale) di cui si dibatta (il che accade, almeno di regola, nei rapporti di conto corrente, mediante il periodico invio degli estratti conto al correntista e tenuto conto della possibilita’ di quest’ultimo di avvalersi dello strumento di cui all’articolo 119, comma 4, T.U.B., che la giurisprudenza di legittimita’ ritiene utilizzabile anche per la richiesta degli gli estratti conto. Cfr. Cass. n. 11733 del 1999; Cass. n. 12093 del 2001; Cass., n. 15669 del 2007; Cass. n. 24641 del 2021; Cass. n. 7874 del 2022); ne’ il principio in questione puo’ semplicisticamente esaurirsi nella valorizzazione della diversita’ di forza economica dei contendenti.
2.2.3. A tanto deve solo aggiungersi che la medesima corte: i) sul rilievo dell'”importante lasso temporale – non si tratta di alcuni mesi, che avrebbero permesso, comunque, la ricostruzione del rapporto, ma di anni” cui si riferiva la documentazione carente, ha concluso, affatto condivisibilmente, che “la mancata produzione degli estratti conto, non consente, se non attraverso l’utilizzo di criteri presuntivi od approssimativi, di pervenire alla esatta determinazione del credito vantato dalla societa’”, dovendosi, qui significativamente ricordare che, tra quelli non prodotti, c’erano pure gli estratti conto relativi a tutto l’anno 2000, riguardanti, cioe’, l’ultimo anno di rapporto (che la corte ha accertato essere stato chiuso il 23 gennaio 2001), cosi’ da rendere impossibile, di fatto, la determinazione anche di un “primo saldo utile” da cui muovere per il ricalcolo del saldo, depurato dalle poste illegittime, fino alla sua chiusura; ii) ha considerato inutilizzabile il criterio adottato dal consulente tecnico di ufficio, che si era avvalso dei cd. rapporti scalari, “per calcolare gli importi indebitamente trattenuti (…) in modo da limitare il vuoto documentale degli estratti conto”. Tanto alla stregua di un accertamento di natura evidentemente fattuale, adeguatamente motivato – “I rapporti scalari sono documenti riepilogativi del calcolo delle competenze che vengono contabilizzate sul conto corrente; essi riportano la sequenza dei saldi positivi e negativi, dai quali non e’ dato evincere l’importo capitale per il giorno esatto di valuta (desumibile dai soli estratti c/c completi del rapporto). Pertanto, l’espletamento di una C.Testo Unico fondata su tali dati non permette di ottenere risultati matematicamente corretti. (…).” – e, come tale, qui non ulteriormente sindacabile.
3. Il secondo ed il terzo motivo del ricorso principale della (OMISSIS) s.r.l., scrutinabili congiuntamente perche’ chiaramente connessi, si rivelano complessivamente inammissibili.
3.1. Innanzitutto, si oblitera completamente che l’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (formalmente invocato con il secondo motivo) – nel testo, qui applicabile ratione temporis (risultando impugnata una sentenza resa il 19 luglio 2017), modificato dal Decreto Legge n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 134 del 2012 – riguarda un vizio specifico denunciabile per cassazione relativo all’omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, da intendersi riferito ad un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico-naturalistico, come tale non ricomprendente questioni o argomentazioni, sicche’ sono inammissibili le censure che, come nella specie, irritualmente, estendano il paradigma normativo a quest’ultimo profilo (cfr., ex aliis, anche nelle rispettive motivazioni, Cass. n. 15237 del 2022; Cass. n. 5494 del 2022; Cass. n. 2195 del 2022; Cass. n. 595 del 2022; Cass. n. 4477 del 2021; Cass. n. 395 del 2021, Cass. n. 22397 del 2019; Cass. n. 26305 del 2018; Cass. n. 14802 del 2017). Peraltro, nemmeno risultano minimamente osservati i puntuali oneri di allegazione prescritti da Cass., SU, n. 8053 del 2014 in relazione alla deduzione del vizio predetto.
3.2. Neppure si considera, poi, che la giurisprudenza di legittimita’ (cfr. Cass. n. 12387 del 2020 e Cass. n. 18391 del 2017) ha chiarito che “il novellato articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, nel cui ambito non e’ inquadrabile la consulenza tecnica d’ufficio – atto processuale che svolge funzione di ausilio del giudice nella valutazione dei fatti e degli elementi acquisiti (consulenza cd. deducente) ovvero, in determinati casi (come in ambito di responsabilita’ sanitaria), fonte di prova per l’accertamento dei fatti (consulenza cd. percipiente) – in quanto essa costituisce mero elemento istruttorio da cui e’ possibile trarre il “fatto storico”, rilevato e/o accertato dal consulente”.
3.2.1. Nella specie, e’ indubbio che il “fatto storico” che si assume essere stato accertato dal consulente (pure a volere considerare tale l’avvenuta ricostruzione, ad opera di quest’ultimo, del saldo del rapporto di c/c n. (OMISSIS), utilizzando i cd. rapporti scalari, “per calcolare gli importi indebitamente trattenuti (…) in modo da limitare il vuoto documentale degli estratti conto”) e’ stato specificamente esaminato dalla corte distrettuale (non sussiste, dunque, il lamentato omesso esame), la quale, pero’, non ha condiviso il descritto modus procedendi utilizzato dal c.t.u. e ne ha spiegato, affatto esaustivamente (cfr. come si e’ riferito alla fine del precedente p. 2.2.1. di questa motivazione, da intendersi, per brevita’, qui riprodotto), le ragioni.
3.3. Per il resto, le doglianze in esame si risolvono, sostanzialmente, in una critica al complessivo accertamento fattuale operato dal giudice di merito in ordine alle modalita’ di avvenuta rideterminazione dei saldi dei rapporti di c/c de quibus, cui la ricorrente intenderebbe opporre, sotto la formale rubrica di vizio motivazionale o di violazione di norma processuale (articolo 116 c.p.c.), una diversa valutazione, totalmente obliterando, pero’, il granitico orientamento di questa Corte per cui il ricorso per cassazione non rappresenta uno strumento per accedere ad un terzo grado di giudizio nel quale far valere la supposta ingiustizia della sentenza impugnata, spettando esclusivamente al giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilita’ e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicita’ dei fatti ad essi sottesi, dando cosi’ liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (cfr., ex multis, Cass., SU, n. 34476 del 2019; Cass. n. 27686 del 2018; Cass., Sez. U., n. 7931 del 2013; Cass. n. 14233 del 2015; Cass. n. 26860 del 2014).
3.3.1. In altri termini, la (OMISSIS) s.r.l. incorre nell’equivoco di ritenere che la violazione o la falsa applicazione di norme di legge processuale dipendano o siano ad ogni modo dimostrate dall’erronea valutazione del materiale istruttorio, laddove, al contrario, un’autonoma questione di malgoverno dell’articolo 116 c.p.c., puo’ sussistere solo allorche’ il ricorrente alleghi che il giudice di merito abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova che invece siano soggetti a valutazione (cfr. Cass., SU, n. 20867 del 2020, che ha pur puntualizzato che, “ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura e’ ammissibile, ai sensi del novellato articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimita’ sui vizi di motivazione”; Cass. n. 27000 del 2016).
3.3.2. E’ indubbio che la consulenza tecnica di ufficio, sia essa deducente o percipiente, costituisce un mezzo istruttorio e non una prova vera e propria (cfr. Cass. n. 15711 del 2021) ne’, in ogni caso, una prova legale, posto che, come puntualizzato dalla giurisprudenza di legittimita’: i) “il principio “judex peritus peritorum” comporta non solo che il giudice di merito, per la soluzione di questioni di natura tecnica o scientifica, non abbia alcun obbligo di nominare un consulente d’ufficio, potendo ricorrere alle conoscenze specialistiche acquisite direttamente attraverso studi o ricerche personali, ma anche che egli, esaminando direttamente la documentazione su cui si basa la relazione del consulente tecnico, puo’ disattenderne le argomentazioni, in quanto sorrette da motivazioni contraddittorie, o sostituirle con proprie diverse, tratte da personali cognizioni tecniche” (cfr. Cass. n. 30733 del 2017); ii) “Il giudice che abbia disposto una consulenza tecnica cd. percipiente puo’ anche disattenderne le risultanze, ma solo ove motivi in ordine agli elementi di valutazione adottati e a quelli probatori utilizzati per addivenire alla decisione, specificando le ragioni per le quali ha ritenuto di discostarsi dalle conclusioni del CTU” (cfr. Cass. n. 36638 del 2021; Cass. n. 200 del 2021).
3.4. Va rimarcato, infine, e per mera completezza, che il preteso cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito nemmeno da’ luogo ad un vizio denunciabile ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, posto che quest’ultima disposizione – per il tramite dell’articolo 132 c.p.c., n. 4 – da’ rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, vizio nella specie non riscontrabile in presenza di una motivazione che da’ conto, in maniera chiara, seppure sintetica, delle ragioni che hanno indotto la corte distrettuale a non condividere il descritto modus procedendi utilizzato dal c.t.u. “per calcolare gli importi indebitamente trattenuti (…) in modo da limitare il vuoto documentale degli estratti conto”. Ne’ il giudizio di legittimita’ puo’ essere surrettiziamente trasformato in un nuovo, non consentito, ulteriore grado di merito, nel quale ridiscutere gli esiti istruttori espressi nella decisione impugnata, non condivisi e, per cio’ solo, censurati al fine di ottenerne la sostituzione con altri piu’ consoni alle proprie aspettative (cfr. Cass., SU, n. 34476 del 2019; Cass. n. 21381 del 2006, nonche’ le piu’ recenti Cass. n. 8758 del 2017; Cass. n. 32026 del 2021; Cass. n. 40495 del 2021; Cass. n. 1822 del 2022; Cass. n. 2195 del 2022; Cass. n. 5490 del 2022; Cass. n. 9352 del 2022; Cass. n. 15237 del 2022).
4. Passando all’esame del ricorso incidentale della (OMISSIS) s.p.a., va immediatamente disattesa l’eccezione pregiudiziale di sua tardivita’, come formulata dalla (OMISSIS) s.r.l. nel proprio “controricorso al ricorso incidentale” (cfr. pag. 7). Invero, la sentenza impugnata – che entrambe le parti hanno affermato non essere stata notificata – e’ stata depositata il 19 luglio 2017, sicche’ il ricorso incidentale suddetto, promosso dal menzionato istituto di credito contestualmente alla tempestiva (giusta gli articoli 370-371 cod. proc. civ.) proposizione del suo controricorso notificato il 12 febbraio 2018 e da intendersi come formulato ex articolo 333 c.p.c., deve considerarsi sicuramente tempestivo alla stregua del termine di cui all’articolo 327 c.p.c., maggiorato dal periodo di sospensione feriale (1-31 agosto 2017) di cui alla L. n. 742 del 1969, articolo 1, pacificamente non rientrando l’oggetto della odierna controversia tra quelli che la medesima disposizione sottrae a detta sospensione.
4.1. Ne’, in contrario, appare pertinente la pronuncia di legittimita’ (Cass. n. 6188 del 2014) invocata dalla ricorrente principale attesa la diversita’ e peculiarita’ della fattispecie ivi affrontata rispetto a quella oggi all’esame del Collegio.
4.1.1. Invero, si legge in detta sentenza (cfr. pag. 7-8) che “…nel caso di specie, risultando dall’esposizione del fatto che la sentenza impugnata aveva deciso sia sull’opposizione a precetto, sia sulla domanda di accertamento della persistente efficacia negoziale del lodo (che non era ricompresa nell’ambito del giudizio di opposizione al precetto, quale giudizio di accertamento dell’inesistenza del diritto di procedere all’esecuzione sulla base del lodo, che era titolo esecutivo “giudiziale” secondo il regime applicabile ratione temporis), la sentenza impugnata risulta pronunciata su una domanda, quella di opposizione al precetto, alla quale non era applicabile la sospensione, e su altra domanda, quella di accertamento dell’efficacia negoziale del lodo, cui la sospensione era applicabile. Sulla prima domanda la sentenza ha confermato l’accoglimento dell’opposizione all’esecuzione disposto dal Tribunale. Decidendo sulla seconda domanda, che risultava proposta dalla (OMISSIS) in via subordinata alla richiesta di rigetto dell’opposizione, l’ha rigettata, ancorche’ con pronuncia di rito che l’ha detta inammissibile perche’ proposta soltanto in appello. In tal modo la Corte palermitana ha sciolto il nesso di subordinazione con cui la (OMISSIS) l’aveva proposta in via riconvenzionale e, pertanto, diventa applicabile il principio di diritto secondo cui: “allorquando in sede di opposizione all’esecuzione la parte procedente all’esecuzione abbia chiesto la reiezione dell’opposizione e, per il caso in cui quest’ultima venga accolta, abbia svolto domanda riconvenzionale subordinata intesa ad ottenere un nuovo accertamento sulla situazione sostanziale consacrata nel titolo esecutivo al fine della eventuale costituzione, con la conseguente condanna, di un nuovo titolo esecutivo, la controversia diventa soggetta alla sospensione dei termini per il periodo feriale, in ipotesi applicabile alla domanda riconvenzionale, soltanto se la sentenza abbia accolto l’opposizione e, quindi, abbia deciso anche sulla riconvenzionale. Non vi resta soggetta se la decisione non abbia sciolto il nesso di subordinazione condizionante l’esame della riconvenzionale ed abbia deciso solo sull’opposizione rigettandola e, quindi, l’impugnazione riguardi solo l’opposizione, senza che rilievi che l’esito della impugnazione possa poi comportare il successivo ingresso dell’esame della riconvenzionale davanti al giudice d’appello o davanti al giudice di rinvio dalla cassazione” (cosi’ Cass. n. 3611 del 2011). Tanto e’ sufficiente a giustificare la valutazione di tempestivita’ del ricorso per cassazione, giacche’ l’esercizio del diritto di impugnazione contro la sentenza impugnata risultava soggetto alla sospensione”.
4.2. Nessun dubbio, poi, puo’ sussistere quanto al fatto che il ricorso incidentale de quo (da qualificarsi, come si e’ detto, come impugnazione incidentale autonoma, ex articolo 333 c.p.c., fondata, dunque, su di un autonomo interesse processuale della parte che la propone) potesse investire anche un capo della decisione diverso da quello oggetto dell’impugnazione principale.
5. Tanto premesso, gli articolati motivi del ricorso incidentale di (OMISSIS) s.p.a. denunciano, rispettivamente:
I) “Violazione degli articoli 2697 e 2727 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3”. Si contesta alla corte territoriale di aver ritenuto la documentazione contabile afferente il rapporto di c/c n. (OMISSIS) (originariamente intrattenuto dall’ (OMISSIS) s.r.l. con la (OMISSIS) e da questa poi ceduto alla (OMISSIS) s.p.a.), benche’ incompleta, comunque sufficiente a consentire la rideterminazione del suo saldo, diversamente da quanto opinato, invece, con riferimento al gia’ menzionato del rapporto di c/c n. (OMISSIS);
II e III) “Violazione degli articoli 115, 116 e 342 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, giudicato interno e violazione dell’articolo 2909 c.c. in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3” e “Violazione degli articoli 1322, 1346, 1842, 2935 e 2946 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Violazione dell’articolo 112 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4”. In sintesi, si assume che nel giudizio d’appello si era formato un giudicato interno sull’inesistenza di un’apertura di credito in favore di (OMISSIS) s.r.l., da cio’ facendosi discendere, da un lato, la necessita’ di qualificare come “pagamenti” tutte le rimesse effettuate dalla correntista sul conto corrente; dall’altro, che il termine della prescrizione eccepita dalla banca doveva farsi decorrere da ogni rimessa anziche’ dalla chiusura del conto corrente, salva comunque l’interruzione della prescrizione in forza delle intimazioni del 9 dicembre 2005 e del 12 gennaio 2010.
6. La prima di queste doglianze si rivela inammissibile.
6.1. Invero, richiamato quanto si e’ gia’ detto, respingendosi il primo motivo del ricorso principale, con riguardo all’avvenuta corretta applicazione, ad opera della corte d’appello, dei principi in tema di onere probatorio ex articolo 2697 c.c., in una controversia quale quella concretamente intrapresa dalla (OMISSIS) s.r.l., deve qui rimarcarsi che la medesima corte ha opinato, con riferimento al rapporto di c/c n. (OMISSIS) (ex (OMISSIS)) che “…la produzione del 94.93% degli estratti conto ha permesso la ricostruzione del credito vantato dalla societa’ correntista. I documenti mancanti, infatti, sono limitati ai seguenti periodi: dal (OMISSIS) (3 mesi, corrispondenti a 92 giorni totali); dal (OMISSIS) (3 mesi, corrispondenti a 92 giorni totali); dal (OMISSIS) (1 mese, corrispondente a 31 giorni totali); dal (OMISSIS) (1 mese, corrispondente a 31 giorni totali). Gli estratti conto prodotti, invece, sono i seguenti: dal (OMISSIS) (1 anno, corrispondente a 366 giorni totali); dal (OMISSIS) (2 anni e 9 mesi, corrispondenti a 1.003 giorni totali); dal (OMISSIS) (6 anni e 11 mesi, corrispondenti a 2.526 giorni totali); dal (OMISSIS) (1 anno e 11 mesi, corrispondenti a 700 giorni totali); dal (OMISSIS) (data della chiusura del c/c, 9 giorni totali). Alla luce di quanto suesposto, sulla base delle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio, deve ritenersi possibile la ricostruzione del rapporto contrattuale n. (OMISSIS). Gli estratti conto mancanti, infatti, sono limitati ad un periodo mai superiore 3 mesi, il che a giudizio del collegio consente, comunque, di verificare la poste attive e passive e, quindi, di accertare (sulla base dei conteggi predisposti dal CTU) la sussistenza di un credito vantato dalla appellante nella misura pari a Euro 29.889,53 (…). Il periodo di tempo non coperto dai conti correnti e’, data la sua esiguita’, irrilevante e tale da non incidere in concreto, pur considerati i principi giurisprudenziali sopra richiamati, su di una corretta ricostruzione di dare e avere tra le parti”.
6.2. Si e’ al cospetto, dunque, di un accertamento di natura evidentemente fattuale, adeguatamente motivato e, come tale, qui non ulteriormente sindacabile, a fronte del quale la doglianza in esame si risolve, sostanzialmente, in una critica all’operato dal giudice a quo in ordine, appunto, alle modalita’ di avvenuta rideterminazione dei saldi dei rapporti di c/c de quibus, cui la ricorrente incidentale intenderebbe opporre, sotto la formale rubrica di vizio di violazione di legge, una diversa valutazione, totalmente dimenticando, pero’, che: i) il vizio di cui all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, non puo’ essere mediato dalla riconsiderazione delle risultanze istruttorie (cfr. Cass. n. 17681 del 2022; Cass. n. 195 del 2016; Cass. n. 26110 del 2015; Cass. n. 8315 del 2013; Cass. n. 16698 del 2010; Cass. n. 7394 del 2010; Cass., SU. n. 10313 del 2006), ma deve essere dedotto, a pena di inammissibilita’ del motivo giusta la disposizione dell’articolo 366 c.p.c., n. 4, non solo con la indicazione delle norme assuntivamente violate, ma anche, e soprattutto, mediante specifiche argomentazioni intelligibili ed esaurienti intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimita’, diversamente impedendosi alla Corte regolatrice di adempiere al suo istituzionale compito di verificare il fondamento della lamentata violazione (cfr. tra le piu’ recenti, anche nelle rispettive motivazioni, Cass. n. 17681 del 2022; Cass. n. 28462 del 2021, Cass. n. 25343 del 2021 e Cass. n. 16700 del 2020. Si veda pure Cass., SU, n. 23745 del 2020, a tenore della quale, “in tema di ricorso per cassazione, l’onere di specificita’ dei motivi, sancito dall’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 4), impone al ricorrente che denunci il vizio di cui all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3), a pena d’inammissibilita’ della censura, di indicare le norme di legge di cui intende lamentare la violazione, di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, che e’ tenuto espressamente a richiamare, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo, non potendosi demandare alla Corte il compito di individuare – con una ricerca esplorativa ufficiosa, che trascende le sue funzioni – la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa”); ii) il giudizio di legittimita’ non puo’ essere surrettiziamente trasformato in un nuovo, non consentito, ulteriore grado di merito, nel quale ridiscutere gli esiti istruttori espressi nella decisione impugnata, non condivisi e, per cio’ solo, censurati al fine di ottenerne la sostituzione con altri piu’ consoni alle proprie aspettative (cfr. Cass., SU, n. 34476 del 2019; Cass. n. 21381 del 2006, nonche’ le piu’ recenti Cass. n. 8758 del 2017; Cass. n. 32026 del 2021; Cass. n. 40495 del 2021; Cass. n. 1822 del 2022; Cass. n. 2195 del 2022; Cass. n. 5490 del 2022; Cass. n. 9352 del 2022; Cass. n. 15237 del 2022; Cass. n. 18345 del 2022).
7. Il secondo ed il terzo motivo del ricorso incidentale, scrutinabili congiuntamente perche’ chiaramente connessi, si rivelano complessivamente inammissibili alla stregua delle dirimenti considerazioni di cui appresso.
7.1. Si legge nella sentenza impugnata che: i) con la proposta domanda, “La societa’ attrice sostenne di aver intrattenuto, con la (OMISSIS) s.p.a, il rapporto di c/c n. (OMISSIS) dal 1981 al 2000 e, con la (OMISSIS), il rapporto di c/c n. (OMISSIS) dal 1987 al 2001; tali rapporti erano stati ceduti, dalle summenzionate banche, alla convenuta ed erano stati addebitati, su di essi, interessi e commissioni di massimo scoperto, capitalizzati con cadenza trimestrale. (…) La (OMISSIS) contesto’ il fondamento delle avverse domande, chiedendone il rigetto. Eccepi’ la prescrizione dei diritti vantati dalla societa’ in quanto “le lettere di diffida allegate da controparte all’atto di citazione (…) non sono sottoscritte dalla parte e non contengono la puntuale specificazione delle ragioni e dei criteri di calcolo che giustificherebbero il credito invocato con dette comunicazioni. (…) Infine, l’attrice non aveva nemmeno provato l’avvenuta concessione di apertura del credito” (cfr. pag. 3); ii) “Con sentenza depositata il 10 maggio 2013, il Tribunale rigetto’ la domanda proposta da (OMISSIS). (…). L’azione proposta dalla societa’, affermo’ il giudice, doveva configurarsi come domanda accertamento negativo del diritto di credito della Banca; con la conseguenza che l’ (OMISSIS) avrebbe dovuto produrre i contratti di c/c oggetto di contestazione. In assenza di tali documenti non era possibile accertare la sussistenza o meno delle clausole di cui si assumeva la nullita’” (cfr. pag. 4); iii) “Deve, innanzi tutto rilevarsi la infondatezza della eccezione di prescrizione dei crediti vantati dalla societa’ appellante sollevata dall’istituto di credito; le missive inviate da due legali nell’interesse e per conto della societa’, nel 2005 e nel 2009, hanno indubbio effetto interruttivo. In particolare, considerato che i contratti furono chiusi rispettivamente nel 2000 e nel 2001, la prescrizione e’ stata interrotta, prima, con la missiva del 9 dicembre 2005 (…), e, successivamente, con la missiva, di analogo tenore, inviata il 12 gennaio 2010 (…)” (cfr. pag. 4-5).
7.2. Da tanto deriva, ad avviso del Collegio, che il profilo dell’eccezione di prescrizione sollevato dalla banca con riguardo all’asserita inesistenza di aperture di credito (con conseguente necessita’ di valutare la natura solutoria o ripristinatoria di quanto addebitato sui conti in questione onde stabilire la decorrenza, o meno, del termine prescrizionale da ciascun pagamento o dalla chiusura dei conti. Cfr. Cass., SU, n. 15895 del 2019; Cass. n. 7013 del 2020), sebbene formulata innanzi al tribunale, non era stata successivamente riproposta puntualmente dalla convenuta in grado d’appello ex articolo 346 c.p.c., avendo ivi quest’ultima specificamente insistito sulla ribadita eccezione di prescrizione deducendo unicamente che la stessa non poteva ritenersi interrotta per effetto delle intimazioni dei legali dell’ (OMISSIS) s.r.l. del 9 dicembre 2005 e del 12 gennaio 2010.
7.2.1. Nemmeno e’ configurabile, peraltro (diversamente da quanto preteso da (OMISSIS) s.p.a.), un giudicato interno sull’inesistenza dell’apertura di credito, consolidatosi in mancanza di uno specifico motivo di gravame di (OMISSIS) s.r.l. in sede di appello. Infatti, dalla decisione oggi impugnata non emerge una pronuncia, seppure implicita, con cui il Tribunale di Cagliari avesse escluso l’esistenza di una apertura di credito, sicche’ (OMISSIS) s.r.l. doveva considerarsi tenuta ad impugnare il solo (e precedentemente riportato) capo della sentenza del giudice di prime cure che aveva preso posizione esclusivamente sull’onere di produrre i contratti di c/c oggetti di contestazione.
7.2.2. Pertanto, i motivi di ricorso incidentale in esame devono considerarsi inammissibili, stante la intervenuta decadenza di (OMISSIS) s.p.a. ad invocare, in questa sede, quel profilo dell’eccezione di prescrizione di cui era stata omessa la riproposizione in appello. E cio’ non senza rimarcare che gli stessi mirano a sollecitare un diverso apprezzamento di merito – circa la natura solutoria, e non meramente ripristinatoria, dei pagamenti – inibito in sede di legittimita’.
8. In definitiva, quindi, il ricorso principale della (OMISSIS) s.r.l. deve essere respinto, mentre quello incidentale della (OMISSIS) s.p.a. (incorporante per fusione la (OMISSIS) s.p.a.) deve essere dichiarato inammissibile.
8.1. La reciproca soccombenza giustifica la integrale compensazione tra le parti delle spese di questo giudizio di legittimita’, altresi’ dandosi atto – in assenza di ogni discrezionalita’ al riguardo (cfr. Cass. n. 5955 del 2014; Cass., S.U., n. 24245 del 2015; Cass., S.U., n. 15279 del 2017) e giusta quanto recentemente precisato da Cass., SU, n. 4315 del 2020 – che, stante il tenore della pronuncia adottata, sussistono, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, i presupposti processuali per il versamento, da parte sia di (OMISSIS) s.r.l. che di (OMISSIS) s.p.a., di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto, rispettivamente per il ricorso principale della prima e quello incidentale della seconda, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto, mentre “spettera’ all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento”.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso della (OMISSIS) s.r.l. e dichiara inammissibile quello incidentale della (OMISSIS) s.p.a. (incorporante per fusione la (OMISSIS) s.p.a.).
Compensa interamente tra le parti le spese di questo giudizio di legittimita’.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte sia di (OMISSIS) s.r.l. che di (OMISSIS) s.p.a., dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto, rispettivamente, per il ricorso principale della prima e quello incidentale della seconda, giusta dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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