Il divieto di detenzione di armi munizioni ed esplosivi

Consiglio di Stato, Sentenza|13 aprile 2022| n. 2759.

Il divieto di detenzione di armi, munizioni ed esplosivi non implica un concreto ed accertato abuso nella tenuta delle armi, risultando sufficiente che il soggetto non dia affidamento di non abusarne, sulla base del prudente apprezzamento di tutte le circostanze di fatto rilevanti nella concreta fattispecie da parte dell’Autorità amministrativa competente.

Sentenza|13 aprile 2022| n. 2759. Il divieto di detenzione di armi munizioni ed esplosivi

Data udienza 24 marzo 2022

Integrale

Tag- parola chiave Detenzione di armi – Licenza di porto – Divieto – Presupposti legittimanti – Individuazione

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4387 del 2021, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’Avvocato Al. Zo., con domicilio digitale come da PEC indicata in atti;
contro
Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via (…);
Questura Treviso e Ufficio Territoriale del Governo Treviso, non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto Sezione Prima n. -OMISSIS-, resa tra le parti, concernente la domanda di annullamento: – del provvedimento del Prefetto di Treviso, -OMISSIS-, con cui era respinta la richiesta di riesame del decreto prefettizio del -OMISSIS-
– del provvedimento del Questore di Treviso,categ -OMISSIS-datato -OMISSIS-, con cui era stata respinta la domanda di rinnovo della licenza di porto di fucile per uso di caccia”;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 24 marzo 2022 il Cons. Solveig Cogliani e viste le conclusioni delle parti come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

I – Con il ricorso in appello indicato in epigrafe, l’istante censura la sentenza di primo grado per difetto di motivazione e mancato esame delle censure proposte, in quanto, a suo dire, non sarebbe stato valutato in sede di nuovo esame della domanda di parte, il decorso del tempo e la condotta tenuta successivamente all’episodio che aveva determinato il deferimento all’autorità giudiziaria, con l’istaurazione di un procedimento poi conclusosi con l’archiviazione.
Deduce i seguenti motivi di appello:
1 – violazione dell’art. 105 c.p.a. chiedendo la remissione al primo grado, perché la sentenza si sarebbe limitata a richiamare i principi in tema di discrezionalità amministrativa, senza esaminare i dati sopravvenuti, copiando la relazione della Prefettura;
2- illegittimità, erroneità e illogicità della sentenza impugnata, mancato rilievo delle censure del 1° motivo del ricorso introduttivo, relativamente agli atti impugnati per eccesso di potere, erronea valutazione dei presupposti e dei fatti, illogicità, difetto di istruttoria e di motivazione (dedotta altresì come violazione dell’art. 3 l. n. 241/1990), ingiustizia manifesta, sviamento, eccesso di discrezionalità nella valutazione dell’informativa dei Carabinieri/omessa valutazione delle circostanze sopravvenute, mancato rilievo delle censure del secondo motivo per violazione di legge con riguardo agli artt.11, 39 e 43, comma 1, r.d. 18 giugno 1931 n. 773; in particolare non si sarebbe fatto cenno del tempo trascorso; la nuova istruttoria non avrebbe evidenziato condotte ostative e gli stessi risalenti episodi sarebbero di lieve entità e riferiti ad un diverbio col vicino a causa del fastidio dovuto all’esplosione dei fuochi d’artificio a capodanno; il richiedente, infatti, sarebbe stato controllato nella propria abitazione nella notte di capodanno, sicché sarebbe ininfluente l’essere stato trovato in stato di ebbrezza; né la contestazione di omessa custodia del fucile da caccia sarebbe sfociata in un procedimento penale.
L’appellante ha reiterato le proprie difese con memoria, nota d’udienza e memoria ex art 73 c.p.a..
L’amministrazione si è costituita in rito per resistere.
All’udienza del 24 marzo la causa è stata trattenuta in decisione.
II – Osserva il Collegio che nella specie che occupa, il primo giudice ha fatto ricorso ai condivisibili e consolidati principi elaborati dalla giurisprudenza in ordine alla discrezionalità dell’Amministrazione nella materia di causa. Emerge, dagli atti di causa, tuttavia, che ogni riferimento dell’istruttoria svolta riguarda episodi risalenti.
Il provvedimento del Prefetto si è limitato, infatti, ad affermare la mancanza di condizioni per il rilascio del titolo, mentre il provvedimento del Questore evidenziava che a fronte della comunicazione preventiva di rigetto, l’istante non aveva fornito osservazioni.
Orbene, con riguardo al procedimento difronte al Prefetto, tuttavia l’istante presentava deduzioni difensive in data 14 febbraio 2019, con le quali richiamava l’intervenuta archiviazione posta a base dei provvedimenti di divieto di detenzione di armi del 2012.
Sicché risulta che il rigetto del 2018 si fonda sull’operatività del risalente divieto di detenzione.
III – La Sezione condivide l’orientamento richiamato dal primo giudice, secondo il quale in materia di detenzione e porto di armi, l’Autorità di P.S. gode di ampia discrezionalità nel valutare la sussistenza dei requisiti di affidabilità del soggetto nell’uso e nella custodia delle armi, a tutela della pubblica incolumità ; l’ampiezza di tale discrezionalità deriva, sotto un primo profilo, dall’assenza, nel nostro ordinamento, di posizioni di diritto soggettivo con riguardo alla detenzione e al porto d’armi, costituendo tali situazioni delle eccezioni al generale divieto di cui all’art. 699 c.p. e all’art. 4 comma 1, l. 18 aprile 1975 n. 110; sotto altro profilo, dalla circostanza che, ai sensi degli artt. 11, 39 e 43, T.U.L.P.S., il compito dell’Autorità di P.S., da esercitare con ampia discrezionalità, non è sanzionatorio o punitivo, ma è quello di natura cautelare consistente nel prevenire abusi nell’uso delle armi a tutela della privata e pubblica incolumità, sicché ai fini della revoca dell’autorizzazione e del divieto di detenzione di armi e munizioni, non è necessario un obiettivo ed accertato abuso delle armi, bensì è sufficiente la sussistenza di circostanze che dimostrino come il soggetto non sia del tutto affidabile al loro uso.
Si è detto, infatti, che il divieto di detenzione di armi, munizioni ed esplosivi non implica un concreto ed accertato abuso nella tenuta delle armi, risultando sufficiente che il soggetto non dia affidamento di non abusarne, sulla base del prudente apprezzamento di tutte le circostanze di fatto rilevanti nella concreta fattispecie da parte dell’Autorità amministrativa competente (ex multis, Consiglio di Stato sez. III, 5 ottobre 2018, n. 4899).
Tuttavia, con riguardo al caso di specie, a differenza di quanto affermato dal giudice di primo grado, non risulta che l’Amministrazione abbia svolto una valutazione completa del comportamento e della situazione dell’istante al fine di formulare il giudizio prognostico necessario per l’emissione del provvedimento. Né – pur a fronte dell’assenza di un diritto alla detenzione delle armi, come sopra già affermato – il divieto di detenzione può essere ritenuto sine die.
Gli elementi offerti dall’appellante risultano meritevoli di essere valutati nell’ambito di una compiuta istruttoria da parte dell’Amministrazione.
IV – Ne discende che l’appello deve esser accolto ai fini dell’esercizio del riesame da parte dell’Amministrazione.
V – Non è necessario rimettere la causa al primo grado, giacché l’effetto devolutivo del giudizio d’appello consente a questo Consiglio di provvedere sulle domande, eventualmente anche integrando la motivazione mancante.
VI – La particolarità della fattispecie giustifica la compensazione delle spese del doppio grado di giudizio. Il pagamento del contributo unificato è posto a carico dell’Amministrazione soccombente.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Terza, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie, nei limiti indicati in motivazione e, per l’effetto, in riforma della sentenza n. -OMISSIS-, annulla i provvedimenti gravati in primo grado, fatti salvi gli ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione.
Spese del doppio grado compensate, con rimborso del contributo unificato.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la parte appellante.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 24 marzo 2022 con l’intervento dei magistrati:
Giulio Veltri – Presidente FF
Giulia Ferrari – Consigliere
Solveig Cogliani – Consigliere, Estensore
Ezio Fedullo – Consigliere
Antonio Massimo Marra – Consigliere

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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