Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|| n. 25594.
Il divieto del c.d. patto leonino ed estensibile a tutti i tipi sociali
Il divieto del c.d. patto leonino, posto dall’art. 2265 cod. civ. ed estensibile a tutti i tipi sociali, attenendo alle condizioni essenziali del contratto di società, presuppone una situazione statutaria, costitutiva dei diritti e degli obblighi di uno o più soci nei confronti della società ed integrativa della loro posizione nella compagine sociale, caratterizzata dall’esclusione totale e costante di uno o di alcuni soci dalla partecipazione al rischio di impresa e dagli utili, ovvero da entrambe: in quanto volto a preservare la purezza della “causa societatis”, tale divieto postula la conclusione di un patto diverso, che alteri la predetta causa e risulti con essa incompatibile, e non già il verificarsi di un evento estraneo al contratto sociale, che non incida sulla relativa causa; l’esclusione che esso determina deve essere inoltre assoluta, perché il dettato normativo parla di esclusione “da ogni” partecipazione agli utili o alle perdite, e costante, perché riflette la posizione, lo “status”, del socio nella compagine sociale, quale delineata nel contratto di società.
Ordinanza|| n. 25594. Il divieto del c.d. patto leonino ed estensibile a tutti i tipi sociali
Data udienza 24 maggio 2023
Integrale
Tag/parola chiave: Consorzio – Inadempimento del committente – Risoluzione del contratto – Risarcimento dei danni – Accertamento del credito – Configurabilità del vizio – Cass. Sez. I 14/02/2014 n. 3558 – Cass. Sez. III 9/05/2012 n. 7049 – Arbitrato
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente
Dott. MARULLI Marco – Consigliere
Dott. MERCOLINO Guido – rel. Consigliere
Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere
Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18280/2019 R.G. proposto da:
(OMISSIS) S.P.A., in persona dell’amministratore delegato p.t. (OMISSIS), e (OMISSIS) S.P.A., in persona dell’amministratore delegato p.t. (OMISSIS), rappresentate e difese dall’Avv. (OMISSIS), con domicilio eletto in (OMISSIS);
– ricorrenti –
contro
CONSORZIO (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) in liquidazione, in persona del liquidatore p.t. (OMISSIS), rappresentato e difeso dagli Avv. (OMISSIS) e (OMISSIS), con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Milano n. 5630/18, depositata il 14 dicembre 2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24 maggio 2023 dal Consigliere Guido Mercolino.
Il divieto del c.d. patto leonino ed estensibile a tutti i tipi sociali
FATTI DI CAUSA
1. Il Consorzio (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS), costituito tra la (OMISSIS) S.p.a. e l’Impresa (OMISSIS) e C. S.p.a. per la gestione della commissione relativa alla costruzione di una diga per conto del (OMISSIS) – (OMISSIS), stipulo’ con quest’ultimo un accordo, sottoscritto il (OMISSIS) e successivamente trasfuso nell'(OMISSIS), con cui accetto’ di proseguire la costruzione della diga, nonostante i problemi causati dagli inadempimenti del committente, contro il pagamento della somma di Euro 16.750.000,00.
Essendo insorti contrasti tra i consorziati relativamente alla convenienza della stipulazione dell’accordo rispetto alla proposizione di una domanda di risoluzione del contratto e risarcimento dei danni, il Consiglio direttivo, con delibera del 20 marzo 2009, approvo’ il bilancio al 31 dicembre 2008, ratifico’ l’accordo e pose a carico dei consorziati l’obbligo di versare l’importo di Euro 2.000.000,00 a titolo di finanziamento per la prosecuzione dei lavori.
Con successiva delibera del 7 maggio 2009, il Consiglio direttivo dispose la riduzione della quota di partecipazione della (OMISSIS), revoco’ i rappresentanti della stessa all’interno del Consiglio e del Comitato tecnico e revoco’ ogni altro potere loro conferito, in considerazione del mancato versamento della predetta somma.
Tali delibere, impugnate dalla (OMISSIS) dinanzi al Collegio arbitrale costituito ai sensi dell’articolo 8.5 dello statuto del Consorzio, furono annullate con lodo del 19 febbraio-23 giugno 2010, divenuto definitivo, il quale dichiaro’ inoltre inammissibile la domanda di condanna del Consorzio a manlevare l’attrice dagli effetti pregiudizievoli dell’accordo, in quanto ad essa non opponibile.
Nel frattempo, la (OMISSIS) non prese piu’ parte all’attivita’ del Consorzio e cedette alla (OMISSIS) S.p.a. il ramo d’azienda comprendente la propria quota di partecipazione.
2. In seguito, la stessa (OMISSIS) promosse un nuovo procedimento arbitrale, per sentir pronunciare l’annullamento delle delibere di approvazione dei bilanci adottate dal Consiglio direttivo successivamente a quelle impugnate, nonche’ per sentore accertare il credito da essa vantato nei confronti del Consorzio alla data di sottoscrizione dell'(OMISSIS), asseritamente ad essa non opponibile.
Si costitui’ il Consorzio, e resistette alla domanda, chiedendo in via riconvenzionale l’accertamento di un proprio credito nei confronti dell’attrice, a titolo di oneri e costi alla stessa spettanti.
Nel procedimento arbitrale, spiego’ intervento l’ (OMISSIS), in qualita’ di successore a titolo particolare della (OMISSIS).
2.1. Con lodo del 9 gennaio-13 febbraio 2017, il Collegio arbitrale ammise l’intervento della (OMISSIS), rigetto’ la domanda di estromissione della (OMISSIS), dichiaro’ inammissibile la domanda di annullamento delle delibere di approvazione dei bilanci, rigetto’ quella di accertamento del credito fatto valere dall’attrice e, in parziale accoglimento della domanda riconvenzionale, condanno’ l’ (OMISSIS) e la (OMISSIS) in solido al pagamento della somma di Euro 3.437.272,00, oltre interessi.
3. Le impugnazioni del lodo proposte da entrambe le parti sono state rigettate dalla Corte d’appello di Milano con sentenza del 14 dicembre 2018.
A fondamento della decisione, la Corte ha innanzitutto escluso che il rigetto della domanda di condanna della (OMISSIS) al pagamento delle perdite verificatesi successivamente alla sottoscrizione dell’accordo del 2 marzo 2009 e sino alla conclusione della commessa algerina si ponesse in contrasto con l’articolo 2265 c.c., osservando che tale statuizione non trovava giustificazione in un patto sociale, ma nel precedente lodo, passato in giudicato.
Ha ritenuto inoltre che, nel negare la soggezione dell’attrice alle conseguenze pregiudizievoli dell’accordo del 2 marzo 2009, il lodo impugnato non avesse erroneamente interpretato quello del 2010, rilevando che quest’ultimo non aveva rigettato la domanda di manleva proposta dalla (OMISSIS), ma l’aveva dichiarata inammissibile per difetto d’interesse, in virtu’ dell’annullamento delle delibere impugnate, ed aveva affermato che la responsabilita’ per le conseguenze pregiudizievoli derivanti dall'(OMISSIS) sarebbe dovuta ricadere sul presidente del Consorzio e, in definitiva, sulla (OMISSIS). Premesso che tali statuizioni rivestivano efficacia di giudicato, in quanto costituivano le premesse logico-giuridiche della decisione, ha affermato che la conformita’ alle stesse del lodo impugnato rendeva irrilevante la verifica del lamentato contrasto della relativa motivazione con quella del lodo precedente.
Ha dichiarato inammissibile, per difetto d’interesse, la censura mossa dal Consorzio al lodo impugnato, nella parte in cui aveva affermato che la (OMISSIS) era parte del procedimento arbitrale, osservando che la questione avrebbe potuto essere sollevata soltanto dalla societa’ consorziata, nel caso in cui il lodo fosse fatto valere contro di lei.
Ha negato che il lodo avesse omesso di pronunciare in ordine alle eccezioni sollevate dal Consorzio, secondo cui, indipendentemente dall’annullamento della delibera del 20 marzo 2009, l’accordo del 2 marzo 2009 era stato ratificato da altre successive delibere, osservando che la questione era rimasta assorbita dal collegamento dell’esonero della (OMISSIS) dalle conseguenze pregiudizievoli dell’accordo al giudicato formatosi in ordine al lodo del 2010.
Ha ritenuto non contraddittorio il lodo, nella parte in cui aveva, da un lato, considerato coperto da giudicato l’esonero della (OMISSIS) dalle conseguenze pregiudizievoli dell'(OMISSIS) e, dall’altro, affermato che tale accordo era opponibile all’attrice: premesso infatti che il vizio in questione presuppone un contrasto tra le diverse parti del dispositivo o tra dispositivo e motivazione o l’impossibilita’ assoluta di ricostruire il percorso logico-giuridico sottostante alla decisione, ha rilevato che nel giudizio arbitrale la (OMISSIS) non aveva chiesto di accertare l’entita’ del danno subito dal Consorzio a seguito degli inadempimenti del committente, ma si era limitata ad affermare che l’indennizzo da quest’ultimo corrisposto riguardava danni gia’ verificatisi, concludendo che la decisione del Collegio arbitrale, che aveva imputato al periodo anteriore al 1 marzo 2009 la sola quota di Euro 4.000.000,00, costituiva il risultato di una valutazione e dell’interpretazione della volonta’ delle parti.
Ha aggiunto che il Collegio aveva ampiamente illustrato le ragioni della predetta imputazione, escludendo pertanto il difetto di motivazione del lodo, per aver recepito acriticamente le conclusioni del c.t.u.
Ha negato che, nel determinare equitativamente l’indennizzo per il periodo anteriore al 1 marzo 2009, il Collegio arbitrale avesse pronunciato al di fuori dei limiti del compromesso, osservando che il ricorso alla disciplina di cui all’articolo 1226 c.c. non si traduceva in una pronuncia secondo equita’ ai sensi dell’articolo 114 c.p.c., dal momento che anche la predetta disposizione faceva parte delle regole di diritto cui il Collegio era tenuto ad attenersi, trattandosi di arbitrato rituale. Ha reputato invece inammissibile la censura riflettente l’erronea applicazione dell’articolo 1226 cit., in quanto configurabile come impugnazione per violazione delle regole di diritto attinenti al merito della controversia, non consentita dall’articolo 829, comma 3, primo periodo, c.p.c..
Per le stesse ragioni, ha dichiarato inammissibile la censura di violazione dell’articolo 2697 c.c., mossa al lodo impugnato, nella parte in cui, ai fini della valutazione dei costi generati dalla commessa algerina nel primo bimestre dell’anno 2009, avrebbe recepito la stima effettuata dal c.t.u. sulla base di una unilaterale rappresentazione dei fatti, senza tenere conto delle contestazioni sollevate dalla (OMISSIS) e dalla (OMISSIS).
4. Avverso la predetta sentenza hanno proposto ricorso per cassazione la (OMISSIS) e la (OMISSIS), per tre motivi, illustrati anche con memoria. Ha resistito con controricorso il Consorzio, proponendo ricorso incidentale, anch’esso articolato in tre motivi ed illustrato anche con memoria.
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RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo d’impugnazione, le ricorrenti denunciano la violazione e la falsa applicazione dell’articolo 829, comma 1, nn. 5 e 8 c.p.c., censurando la sentenza impugnata per aver escluso la contraddittorieta’ del lodo, nella parte in cui, dopo aver accertato l’esistenza di un precedente lodo passato in giudicato, dal quale si desumeva l’inopponibilita’ all’ (OMISSIS) dello accordo del 2 marzo 2009 e dell'(OMISSIS), aveva tenuto conto, nella valutazione dei relativi effetti, dell’indennizzo riconosciuto al Consorzio in virtu’ dell'(OMISSIS).
1.1. Il motivo e’ inammissibile, risolvendosi nella mera riproposizione delle censure sollevate attraverso l’impugnazione del lodo, non accompagnata dallo svolgimento di argomentazioni volte a confutare le ragioni addotte a fondamento della sentenza impugnata.
La comunanza di caratteri indubbiamente esistente tra il giudizio di cassazione e quello d’impugnazione del lodo arbitrale, quali rimedi a critica vincolata, aventi entrambi ad oggetto la verifica della legittimita’ della decisione, nell’ambito di censure da formularsi con riferimento ad ipotesi tipicamente previste dal codice di rito (cfr. Cass., Sez. I, 30/11/2020, n. 27321; 18/10/ 2013, n. 23675; 20/02/2004, n. 3383), non dispensa infatti la parte, che voglia proporre ricorso per cassazione avverso la decisione adottata dalla corte d’appello, dall’osservanza del principio di specificita’ dei motivi, sancito dall’articolo 366, comma 1, n. 4 c.p.c., il quale le impone, a pena d’inammissibilita’, non solo d’indicare puntualmente le norme di cui intende denunciare la violazione o la falsa applicazione, ma anche di svolgere specifiche argomentazioni, volte a dimostrare che determinate affermazioni in diritto, contenute nella sentenza gravata, risultano illogiche o immotivate, oppure contrastanti con le norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla dottrina e dalla prevalente giurisprudenza di legittimita’ (cfr. Cass., Sez. lav., 21/08/2020, n. 17570; Cass., Sez. VI, 15/ 01/2015, n. 635; Cass., Sez. III, 16/01/2007, n. 828). Il ricorrente non puo’ dunque limitarsi, come nella specie, ad insistere sui vizi del lodo arbitrale, cosi’ come prospettati nell’atto d’impugnazione dinanzi alla corte d’appello, ma deve prendere in esame le considerazioni svolte a sostegno della ritenuta insussistenza degli stessi, illustrando le ragioni per cui, a suo avviso, le conclusioni raggiunte dalla sentenza impugnata si discostano da quelle cui la stessa sarebbe dovuta pervenire sulla base di principi giuridici e regole logiche correttamente applicati (cfr. Cass., Sez. I, 24/09/2018, n. 22478).
2. E’ invece infondato il secondo motivo, con cui le ricorrenti deducono la violazione e la falsa applicazione dell’articolo 829, comma 1, n. 5 c.p.c., censurando la sentenza impugnata per aver escluso la contraddittorieta’ del lodo, nella parte in cui, pur avendo recepito le conclusioni del c.t.u., aveva ridotto l’indennizzo dovuto per l’anomalo andamento dell’appalto nel periodo anteriore al 1 marzo 2009, evidenziando la difficolta’ della prova del danno nel suo preciso ammontare.
2.1. Nell’escludere il difetto di motivazione del lodo, la sentenza impugnata si e’ attenuta al principio, costantemente ribadito dalla giurisprudenza di legittimita’ in tema di arbitrato, secondo cui, ai fini della configurabilita’ del vizio di cui all’articolo 829, comma 1, n. 5 c.p.c., e’ necessario che la motivazione del lodo risulti del tutto assente ovvero sia a tal punto carente da non consentire l’individuazione della ratio della decisione adottata o, in altre parole, da denotare un iter argomentativo assolutamente inaccettabile sul piano dialettico, si’ da risolversi nella mancanza del requisito di cui all’articolo 823, n. 5 c.p.c. (cfr. Cass., Sez. I, 18/05/2018, n. 12321; 1/04/2011, n. 7573; 22/03/2007, n. 6986). La Corte d’appello ha infatti spiegato le ragioni per cui ha ritenuto sufficientemente motivata la decisione degli arbitri di discostarsi, nell’imputazione dell’indennizzo derivante dall’anomalo andamento dell’appalto, dalla valutazione espressa dal c.t.u., avendo rilevato che gli stessi, dopo aver dato conto delle divergenti opinioni delle parti e delle conclusioni cui era pervenuto il consulente, avevano ampiamente ed articolatamente illustrato i motivi per cui avevano ritenuto di dover imputare al periodo anteriore al 1 marzo 2009 soltanto una parte della somma complessivamente riconosciuta al Consorzio. Tale affermazione si pone perfettamente in linea con l’orientamento della giurisprudenza di legittimita’, secondo cui le valutazioni espresse dal c.t.u. non hanno efficacia vincolante per il giudice, il quale puo’ legittimamente disattenderle attraverso una valutazione critica, purche’ la stessa sia ancorata alle risultanze processuali e risulti congruamente e logicamente motivata (cfr. Cass., Sez. I, 3/03/2011, n. 5148; Cass., Sez. lav., 19/07/2000, n. 9511; Cass., Sez. II, 26/02/1998, n. 2145). Nel ribadire la contraddittorieta’ del lodo, le ricorrenti non si curano d’altronde neppure di dimostrare l’effettiva esistenza del vizio lamentato, ma si limitano ad insistere sul contrasto tra la decisione adottata dagli arbitri e le conclusioni cui era pervenuto il c.t.u., riportando un breve passo del lodo, senza porlo a confronto con le risultanze della consulenza, con la conseguenza che il motivo risulta, sotto tale profilo, privo di specificita’.
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3. E’ altresi’ infondato il terzo motivo, con cui le ricorrenti lamentano la violazione e la falsa applicazione dell’articolo 829, comma 1, nn. 4 e 7 c.p.c., censurando la sentenza impugnata per aver ricondotto all’articolo 829, comma 3, c.p.c. il motivo d’impugnazione concernente la determinazione dell’indennizzo secondo equita’, con cui era stato invece fatto valere l’esercizio da parte degli arbitri di una facolta’ non riconosciuta loro dal compromesso.
3.1. Correttamente, infatti, la sentenza impugnata ha escluso la possibilita’ d’inquadrare nella fattispecie di cui all’articolo 829, comma 1, n. 4 c.p.c. il motivo d’impugnazione riguardante la determinazione della misura dell’indennizzo imputabile al periodo anteriore al 1 marzo 2009, in virtu’ della considerazione che, in quanto non riconducibile all’articolo 114 c.p.c., ma all’articolo 1226 c.c., il ricorso al criterio dell’equita’ non comportava l’esercizio da parte degli arbitri di un potere non previsto dal compromesso.
In proposito, e’ appena il caso di richiamare la distinzione, costantemente ribadita da questa Corte in tema di liquidazione del danno e fatta propria dalla stessa Corte territoriale, tra la decisione della causa secondo equita’, ai sensi dell’articolo 114 c.p.c., che consente al giudice di merito di prescindere dallo stretto diritto nella risoluzione della controversia, e la valutazione equi-tativa prevista dall’articolo 1226 c.c., che gli permette invece di sopperire, nella quantificazione del pregiudizio risarcibile, all’impossibilita’ o alla notevole difficolta’ di fornire la prova del suo preciso ammontare, integrando anche d’ufficio le risultanze processuali insufficienti al predetto scopo, mediante l’indicazione di congrue, anche se sommarie, ragioni del processo logico seguito (cfr. Cass., Sez. III, 29/11/2012, n. 21246; 9/08/2007, n. 17492; 11/11/ 2005, n. 22895). Tale distinzione viene in rilievo anche nell’ambito del procedimento arbitrale, ove le parti litiganti abbiano concordato sulla natura rituale dell’arbitrato e sull’applicazione allo stesso delle regole processuali civili vigenti, operando in tal caso i principi giurisprudenziali in tema di accertamento e liquidazione del danno, i quali consentono agli arbitri di provvedervi in via equitativa, senza che risulti necessaria l’espressa autorizzazione prescritta dall’articolo 822 c.p.c., con la conseguenza che resta esclusa, anche in mancanza della stessa, la configurabilita’ del vizio di cui all’articolo 829, comma 1, n. 4 c.p.c. (cfr. Cass., Sez. I, 14/02/2014, n. 3558; Cass., Sez. III, 9/05/2012, n. 7049; 11/12/2007, n. 25943).
4. Passando all’esame del ricorso incidentale, con il primo motivo il Consorzio deduce la violazione e la falsa applicazione dell’articolo 829, comma 1, n. 8 c.p.c., censurando la sentenza impugnata nella parte in cui ha escluso la nullita’ del lodo impugnato per contrarieta’ al precedente lodo del 2010, passato in giudicato, fornendo di quest’ultimo un’interpretazione che, oltre a porsi in contrasto con l’articolo 2265 c.c., introduce un’irrazionale distinzione tra la realta’ formale e quella sostanziale, e non trova alcun riscontro nel dato testuale. Sostiene infatti che il lodo del 2010 stabiliva innanzitutto il principio secondo cui, essendo le imprese consorziate titolari di quote paritetiche, per effetto dell’annullamento delle delibere che avevano accresciuto la partecipazione della (OMISSIS), il risultato economico finale doveva essere imputato a ciascuna di esse per il 50%; esso affermava inoltre che l’accordo del (OMISSIS) e l'(OMISSIS) erano impegnativi per il Consorzio, anche se la loro sottoscrizione da parte del presidente non era stata preceduta da una delibera autorizzativa, mentre la delibera di ratifica comportava unicamente la rinuncia dei consorziati a far valere la responsabilita’ del presidente per l’atto compiuto ultra vires; conseguentemente, l’annullamento della predetta delibera, in quanto adottata con voto prevalente del presidente, in evidente conflitto d’interessi, non rendeva l’accordo inopponibile alla (OMISSIS), ma le consentiva soltanto di far valere la responsabilita’ del presidente. La ragione del rigetto della domanda di manleva proposta dalla (OMISSIS) non risiedeva pertanto nell’inopponibilita’ alla stessa delle conseguenze pregiudizievoli dell'(OMISSIS), ad essa imputabili per effetto dell’annullamento della delibera di riduzione della sua partecipazione, determinandosi altrimenti un risultato contrario alla norma imperativa di cui all’articolo 2265 c.c.
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4.1. Il motivo e’ infondato.
E’ opportuno premettere che, anche in sede di impugnazione per nullita’ di un lodo arbitrale per contrarieta’ ad altro precedente lodo non piu’ impugnabile avente ad oggetto il medesimo rapporto contrattuale, trova applicazione il principio secondo cui l’accertamento in ordine al contenuto e ai limiti del giudicato esterno puo’ costituire oggetto di ricorso per cassazione esclusivamente sotto il profilo della violazione e falsa applicazione dell’articolo 2909 c.c. e dei principi in tema di elementi costitutivi della cosa giudicata, ovvero con riferimento a vizi attinenti alla motivazione, giacche’, essendo i poteri di questa Corte limitati al solo sindacato di legittimita’, l’indagine circa il contenuto e i limiti suddetti resta demandata, in via esclusiva, all’incensurabile apprezzamento del giudice di merito (cfr. Cass., Sez. I, 20/04/2007, n. 9450; 1/02/2007, n. 2216; Cass., Sez. III, 15/02/2005, n. 2976).
L’esclusione del vizio di cui all’articolo 829, comma 1, n. 8 c.p.c. e’ stata compiutamente motivata, nella specie, sulla base di una puntuale disamina del lodo precedentemente pronunciato tra le medesime parti, dalla quale la Corte d’appello ha desunto che la reintegrazione della (OMISSIS) nella sua posizione di membro del Consorzio, per effetto dell’annullamento delle delibere che avevano ridotto la sua quota di partecipazione, non aveva comportato affatto l’assoggettamento della stessa al risultato finale della commessa in misura proporzionale alla quota originaria, avendo gli arbitri escluso che su di essa potessero ricadere le conseguenze pregiudizievoli dell'(OMISSIS), le quali dovevano essere invece poste a carico dell’Impresa (OMISSIS): tale conclusione e’ stata coerentemente giustificata attraverso il richiamo ad alcuni passaggi del lodo in cui gli arbitri avevano qualificato il Consorzio come “consorzio integralmente passante”, ovverosia operante esclusivamente per conto delle imprese consorziate, evidenziando il rapporto esistente tra il presidente del Consorzio, che in sede di ratifica dell'(OMISSIS) aveva agito in conflitto d’interessi, e la (OMISSIS), che lo aveva designato come suo rappresentante in ambito consortile, ed affermando pertanto che le conseguenze degli atti compiuti dal primo dovevano necessariamente ricadere sulla seconda, indipendentemente dalla responsabilita’ del medesimo presidente nei confronti del Consorzio.
Il predetto ragionamento, perfettamente comprensibile e logicamente consequenziale, non risulta scalfito dalle critiche mosse dal controricorrente, il quale, nell’insistere sull’opponibilita’ dell'(OMISSIS) alla (OMISSIS), per effetto della reintegrazione nell’originaria quota di partecipazione, non tiene conto dell’intervenuto annullamento della delibera di ratifica da parte del lodo precedente, inidoneo ad escludere l’efficacia dell'(OMISSIS) nei rapporti con l’altro contraente, ai sensi dell’articolo 2384 c.c., ma rilevante nei rapporti interni al Consorzio; nel sostenere poi che l’annullamento della delibera di ratifica non avrebbe potuto giustificare una diversa ripartizione tra i soci del risultato economico della commessa, ma solo l’affermazione della responsabilita’ dello amministratore, il ricorrente non e’ in grado di spiegare le ragioni per cui, come puntualmente rilevato dalla sentenza impugnata, il precedente lodo non aveva rigettato la domanda di manleva proposta nei confronti di esso ricorrente, ma si era limitato a dichiararla inammissibile per difetto d’interesse, proprio in virtu’ dell’esonero della (OMISSIS) dalle conseguenze economiche dell'(OMISSIS).
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5. Con il secondo motivo, il controricorrente lamenta la violazione e la falsa applicazione degli articoli 1398, 1399, 2265 e 2384 c.c., censurando la sentenza impugnata nella parte in cui ha escluso la nullita’ del lodo per contrasto con il divieto del patto leonino. Sostiene che, nel ricollegare al precedente lodo, passato in giudicato, l’inopponibilita’ alla (OMISSIS) delle condizioni pregiudizievoli dell’accordo del (OMISSIS), la Corte d’appello non ha tenuto conto della natura della ratifica, non avente efficacia nei rapporti con i terzi, ma rilevante nei rapporti interni al Consorzio, in quanto non riconducibile all’articolo 1399 c.c., ma agli articoli 2384 e 2391 c.c., in quanto volta ad esonerare il presidente dalla responsabilita’ per l’atto compiuto ultra vires. Aggiunge che la ritenuta inopponibilita’ dell'(OMISSIS) alla (OMISSIS) ha comportato una vera e propria modificazione dello statuto consortile, escludendola dalle perdite e dagli utili prodotti dall’attivita’ svolta dopo il 1 marzo 2009, in contrasto con le clausole statutarie che prevedono la quota di partecipazione di ciascun consorziato ai benefici ed agli oneri dell’attivita’ del Consorzio.
5.1. Il motivo e’ infondato.
Correttamente, infatti, la sentenza impugnata ha ritenuto che l’esclusione della (OMISSIS) dalla partecipazione ai risultati economici della gestione del Consorzio successiva al 1 marzo 2009 non si ponesse in contrasto con il principio di ordine pubblico desumibile dall’articolo 2265 c.c., trattandosi di un effetto ricollegabile non gia’ ad un patto intervenuto tra le imprese consorziate, ma al giudicato formatosi in ordine al lodo precedentemente pronunciato tra le parti, il quale aveva a sua volta statuito sugli effetti di un accordo concluso con terzi da un organo del Consorzio, in contrasto con la volonta’ di una consorziata e da lei non ratificato.
Come ripetutamente affermato da questa Corte, il divieto del c.d. patto leonino, posto dall’articolo 2265 c.c. ed estensibile a tutti i tipi sociali, attenendo alle condizioni essenziali del contratto di societa’, presuppone una situazione statutaria, costitutiva dei diritti e degli obblighi di uno o piu’ soci nei confronti della societa’ ed integrativa della loro posizione nella compagine sociale, caratterizzata dall’esclusione totale e costante di uno o di alcuni soci dalla partecipazione al rischio di impresa e dagli utili, ovvero da entrambe: in quanto volto a preservare la purezza della causa societatis, tale divieto postula la conclusione di un patto diverso, che alteri la predetta causa e risulti con essa incompatibile, e non gia’ il verificarsi di un evento estraneo al contratto sociale, che non incida sulla relativa causa; l’esclusione che esso determina deve essere inoltre assoluta, perche’ il dettato normativo parla di esclusione “da ogni” partecipazione agli utili o alle perdite, e costante, perche’ riflette la posizione, lo status, del socio nella compagine sociale, quale delineata nel contratto di societa’ (cfr. Cass., Sez. I, 4/07/2018, nn. 17498 e 17500; Cass., Sez. II, 21/01/2000, n. 642; Cass., Sez. I, 29/10/1994, n. 8927).
Tali presupposti non sono ravvisabili nella fattispecie in esame, nella quale l’alterazione del criterio di ripartizione dei risultati economici della gestione fondato sulla misura della quota di partecipazione all’ente collettivo, oltre a riferirsi ad un periodo circoscritto dell’attivita’ del Consorzio, e a non escludere pertanto l’assoggettamento della (OMISSIS) agli effetti della gestione anteriore alla stipulazione dell'(OMISSIS) e successiva alla chiusura della commessa, non costituisce il frutto della volonta’ delle imprese consorziate, ma dalla decisione assunta dagli arbitri, volta a regolare gli effetti economici dello annullamento della delibera di riduzione della partecipazione sociale e della ratifica dell’accordo concluso dal presidente in contrasto con la volonta’ dell’istante, a seguito della reintegrazione di quest’ultima nella posizione originaria.
Il divieto del c.d. patto leonino ed estensibile a tutti i tipi sociali
6. Con il terzo motivo, il controricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione degli articoli 112 e 829, comma 1, n. 12 c.p.c., censurando la sentenza impugnata nella parte in cui ha escluso la configurabilita’ di un’omessa pronuncia in ordine agli effetti della ratifica dell’accordo del (OMISSIS) e dell'(OMISSIS), ritenendo la questione assorbita per effetto del richiamo al giudicato costituito dal precedente lodo. Premesso infatti che, nell’escludere l’opponibilita’ alla (OMISSIS) delle conseguenze pregiudizievoli dei predetti atti, il lodo impugnato aveva fatto ricorso a due rationes decidendi distinte ed autonome, costituite rispettivamente dagli effetti del lodo del 2010 e dagli effetti del mandato immanente al meccanismo consortile, osserva che la Corte d’appello ha completamente travisato il lodo impugnato, non avendo rilevato che gli arbitri avevano omesso di prendere in considerazione le eccezioni sollevate a quest’ultimo riguardo.
6.1. Il motivo e’ inammissibile.
La sentenza impugnata ha tenuto ben presente la duplicita’ delle questioni sollevate dalla ricorrente in sede d’impugnazione del lodo, concernenti rispettivamente la mancata formazione, a seguito della pronuncia del precedente lodo, di un giudicato in ordine all’esonero della (OMISSIS) dalla partecipazione al risultato economico della commessa, e l’omessa pronuncia in ordine all’impossibilita’ di porre tale risultato integralmente a carico della (OMISSIS), per effetto della ratifica tacita dell'(OMISSIS) da parte della (OMISSIS). La Corte territoriale ha tuttavia ritenuto che il riconoscimento dell’intervenuta formazione del giudicato in ordine al predetto esonero, precludendo l’ulteriore esame della questione riguardante la ripartizione del risultato economico della commessa, dispensasse gli arbitri dall’accertamento dell’avvenuta ratifica dell'(OMISSIS) da parte della (OMISSIS), divenuto ormai superfluo, con il conseguente assorbimento della relativa questione, che escludeva la configurabilita’ di un vizio di omessa pronuncia al riguardo.
Tale affermazione si pone perfettamente in linea con il principio, piu’ volte ribadito dalla giurisprudenza di legittimita’, secondo cui il vizio di omessa pronuncia, presupponendo la totale pretermissione del provvedimento indispensabile per la risoluzione del caso concreto, puo’ ritenersi sussistente soltanto nell’ipotesi in cui manchi una decisione in ordine a una domanda o un’eccezione che richieda una pronuncia di accoglimento o di rigetto, mentre dev’essere escluso ove ricorrano gli estremi di una reiezione implicita o di un assorbimento in altre statuizioni (cfr. Cass., Sez. III, 11/01/2006, n. 264; Cass., Sez. II, 8/03/2001, n. 3435; 23/11/1999, n. 12984). L’assorbimento e’ poi configurabile in senso proprio quando la decisione su una domanda diviene superflua, per sopravvenuto difetto di interesse della parte, la quale, con la pronuncia su un’altra domanda, ha conseguito la tutela richiesta nel modo piu’ pieno, mentre ricorre in senso improprio quando, come nella specie, la decisione assorbente esclude la necessita’ o la possibilita’ di provvedere sulle altre questioni, ovvero comporta un implicito rigetto di altre domande (cfr. Cass., Sez. lav., 22/06/2020, n. 12193; Cass., Sez. III, 19/12/2019, n. 33764; Cass., Sez. I, 12/11/2018, n. 28995).
7. Entrambi i ricorsi vanno pertanto rigettati, con la compensazione integrale delle spese processuali, avuto riguardo alla reciproca soccombenza.
P.Q.M.
rigetta il ricorso principale ed il ricorso incidentale. Compensa integralmente le spese processuali.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte delle ricorrenti e del controricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale ed il ricorso incidentale dal comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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