Consiglio di Stato, Sezione seconda, Sentenza 25 maggio 2020, n. 3327.
La massima estrapolata:
Il contributo concessorio va determinato con riferimento alla disciplina, legislativa e regolamentare, vigente al momento del rilascio del titolo edilizio.
Sentenza 25 maggio 2020, n. 3327
Data udienza 12 maggio 2020
Tag – parola chiave: Interventi edilizi – Permesso di costruire – Contributo concessorio – Determinazione – Momento rilevante – Individuazione
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Seconda
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3535 del 2012, proposto dal Signor
Ma. Gu., rappresentato e difeso dall’avvocato Gi. Lu. De. Fo., con domicilio eletto presso lo studio Srl Pl. in Roma, via (…);
contro
Comune di Modena, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Ad. Gi., Vi. Vi., con domicilio eletto presso lo studio Adriano Giuffré in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia Romagna Sezione Seconda n. 00719/2011, resa tra le parti, concernente riscossione degli oneri concessori al fine della restituzione della somma già versata a titolo di concessione edilizia.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Modena;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l’art. 84 comma 5 del d.l. 17 marzo 2020 n. 18, conv. dalla legge 24 aprile 2020, n. 27
Relatore nell’udienza pubblica telematica del giorno 12 maggio 2020, tenuta ai sensi dell’art. 84 commi 5 e 6 del d.l. 17 marzo 2020 n. 18, conv. dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, il Cons. Oreste Mario Caputo;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.È appellata la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia Romagna, sez. II n. 00719/2011, di reiezione del ricorso proposto dal sig. Ma. Gu. per sentire dichiarare non dovuti il contributo di costruzione e gli oneri di urbanizzazione relativi all’intervento di ripristino tipologico, autorizzato dal comune di Modena con concessione del 5.12.1994, avente ad oggetto un compendio immobiliare già rurale non più connesso all’attività agricola, accatastato al N.C.U., sito in Modena via Nonantola 1319.
1.1 Cumulativamente, oltre, all’annullamento della sanzione per il ritardato versamento dei contributi, il ricorrente ha chiesto la condanna del Comune alla restituzione delle somme versate o, in subordine, della quota-parte eccedente l’effettiva trasformazione edilizia degli immobili.
In ragione della qualificazione dell’intervento come “ripristino tipologico su un fabbricato già rurale ma non più connesso all’attività agricola”, nell’atto introduttivo si contestava che le opere intraprese potessero essere ascritte alla “riqualificazione e ricomposizione tipologica” di cui all’art. 22.4 delle N.A. del P.R.G., ed assoggettate a concessione onerosa ai sensi del comma 7 dello stesso articolo.
2. Qualificato l’intervento di ristrutturazione, in considerazione altresì del raddoppio della superficie utile abitativa con conseguente aumento di carico urbanistico – non suscettibile di frazionamento – dell’intero compendio immobiliare, sì da giustificare ipso iure il pagamento degli oneri di urbanizzazione, il Tar ha respinto il gravame.
3. Appella la sentenza il sig. Ma. Gu.. Resiste il comune di Modena.
4. Alla pubblica udienza telematica del 12 maggio 2020 la causa, su richiesta delle parti, è stata trattenuta in decisione.
5. In limine vanno respinte le eccezioni d’improcedibilità e d’inammissibilità sollevate dal Comune resistente.
Il fatto che il ricorrente abbia alienato a terzi le unità immobiliari, oggetto d’intervento e che sia trascorso un lungo lasso di tempo dalla quantificazione e dal successivo versamento dell’importo comprensivo degli oneri oramai acquisiti dalle casse comunali, non fanno venir meno, rispettivamente, l’interesse a coltivare il gravame in appello né depone per l’inammissibilità dell’appello.
Per un verso, è dirimente osservare che legittimato attivo all’azione di ripetizione ex art. 2033 c.c. del contributo di concessione è colui il quale abbia versato il relativo importo, radicandosi la relativa controversia esclusivamente nel rapporto instauratosi con il Comune che, rilasciando il titolo edilizio, ha ricevuto il pagamento.
Per altro verso, la quantificazione degli oneri di concessione effettuata dal Comune non è espressione di alcun potere autoritativo, bensì si configura come esercizio vincolato, di attribuzioni da esercitarsi sulla base di tabelle parametriche: la quantificazione dell’importo dovuto è atto paritetico (cfr., da ultimo, Cons. Stato, ad. Plen n. 12 del 2020).
La controversia attinente alla spettanza e liquidazione del contributo per gli oneri di urbanizzazione, riservata alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo a norma dell’art. 16 l. 29 gennaio 1977, n. 10 [oggi, ex art. 133, lett. f), cod. proc. amm.], ha infatti ad oggetto l’accertamento di un rapporto di credito a prescindere dall’esistenza di atti della pubblica amministrazione e non è soggetta alle regole delle azioni impugnatorie-annullatorie degli atti amministrativi ed ai rispettivi termini di decadenza, con conseguente inconfigurabilità dell’istituto dell’acquiescenza rispetto alla liquidazione del contributo e alla sua corresponsione (pro quota o per intero) in funzione del rilascio del titolo edilizio (v., ex plurimis, Cons. St., sez. IV, 21 agosto 2013, n. 4208; Cons. St., sez. IV, 10 marzo 2011, n. 1565).
Sicché, in caso di controversia sul quantum debeatur, l’esercizio dell’azione di ripetizione, da esercitarsi nel termine decennale di prescrizione decorrente dal versamento, prescinde dall’impugnazione, entro il termine di decadenza, della concessione edilizia nella parte in cui quantifica l’importo del costo di costruzione e degli oneri urbanistici.
5.1 Mette conto altresì precisare che residua all’esame dell’appello la controversia sugli oneri e sulla sanzione per ritardato versamento, avendo l’appellante omesso d’impugnare con specifici motivi di gravame il capo di sentenza relativo all’obbligo del pagamento del contributo di costruzione.
6. Con i motivi d’appello, che in quanto strettamente connessi possono essere trattati congiuntamente, si lamentano gli errori di giudizio in cui sarebbero incorsi i giudici di prime cure nell’aver omesso d’accertare l’effettiva destinazione degli immobili oggetto d’intervento e la conseguente nulla o limitata incidenza sul carico urbanistico.
Sottolinea l’appellante che, al momento dell’acquisto da parte del sig. Guidetti, il compendio immobiliare era già composto da due unità aventi destinazione A/4 (abitazione civile); da altre due unità aventi destinazione C/6 (stalle, scuderie, rimesse ed autorimesse); ed infine da due unità aventi destinazione C/2 (magazzini e locali di deposito): sicché l’intervento edilizio avrebbe comportato la trasformazione in due unità abitative delle quattro unità classificate C2 e C6; ed il numero delle abitazioni è passato da due a quattro.
A conforto, l’appellante richiama il P.R.G. del comune di Modena che classificava l’immobile come B4 e, ai sensi dell’art. 34.3 delle NTA del P.R.G., “le zone elementari B4 individuano gli edifici situati a gruppi o isolatamente in territorio extraurbano, non connessi all’attività agricola”.
In definitiva, prima dell’intervento edilizio, il fabbricato non era più rurale.
Conseguentemente, prosegue l’appellante, diversamente da quanto ritenuto dai giudici di prime cure, l’intervento non avrebbe comportato alcun aumento di carico urbanistico con riferimento quantomeno alle due unità immobiliari che erano già destinate ad abitazione.
Pertanto gli oneri di urbanizzazione non dovevano essere calcolati sulla superficie di tali due unità che è pari alla metà della superficie complessiva, sulla quale il Comune di Modena ha invece quantificato gli oneri.
7. L’appello è infondato.
L’intervento ha avuto ad oggetto due case coloniche con 2 alloggi, vincolate all’esercizio dell’agricoltura, trasformate in un immobile residenziale, composto da quattro nuovi appartamenti destinati a civile abitazione, con raddoppio della capacità ricettiva, e in un fabbricato con le autorimesse di servizio alle abitazioni – ex fabbricati colonici.
Morfologicamente, con le opere, è stata realizzata una villa a “schiera” di quattro singoli appartamenti, con annessa area pertinenziale destinata a giardino.
La capacità ricettiva è passata da due unità a quattro unità abitative che, complessivamente considerate, hanno perso l’originaria destinazione agricola, sicché il carico urbanistico, va riferito ai quattro nuclei familiari che andranno (ipoteticamente) ad occupare le nuove abitazioni.
Il criterio per determinare l’an ed il quantum gli oneri di urbanizzazione è dato dal carico urbanistico riconducibile all’attività edilizia intrapresa.
Il cambio di destinazione d’uso, previa demolizione dell’immobile preesistente, da immobile connesso ad attività agricola ad edificio residenziale plurifamiliare, ha comportato il sostanziale incremento del carico urbanistico correlato alla natura dell’opera, costituente la causa giuridica della quota del contributo di costruzione commisurata agli oneri di urbanizzazione (cfr., Cons. Stato, sez. VI, 8 maggio 2012 n. 2644).
7.1 Nel caso in esame, il presupposto imponibile degli oneri di urbanizzazione va ravvisato nel fatto che la costruzione progettata è localizzata in una zona già urbanizzata a spese del Comune: il concessionario, titolare del permesso di costruire, corrispondendo gli oneri, partecipa alle utilità derivanti dalla presenza delle opere di urbanizzazione.
Le nuove unità immobiliari incidono sul carico urbanistico preesistente, senza che rilevi l’astratta asserita equiparazione degli immobili preesistenti, funzionali all’attività agricola, con quelli realizzati, ormai destinati ad uso esclusivamente residenziale.
7.2 Né il tipo d’intervento, consistente nella (sola) ristrutturazione di edifici preesistenti induce a diversa conclusione o a ridurre ipso facto gli oneri d’urbanizzazione.
Va a riguardo condiviso quanto ripetutamente affermato dalla giurisprudenza amministrativa: qualora il progetto riguardi la ristrutturazione di un edificio esistente, il suo impatto è destinato ad incidere su una zona già urbanizzata, per cui la sua incidenza sarà data dalla consistenza del nuovo intervento, detratto l’impatto di quanto già esistente, con conseguente sussistenza del correlativo onere contributivo in ragione del solo incremento del carico urbanistico (v. in tal senso ex plurimis, da ultimo, Cons. St., sez. V, 13 maggio 2014, n. 2437 e si veda anche, per l’affermazione di analoghi principi, la recente sentenza di questa Seconda Sezione n. 3153 del 18 maggio 2020).
Nel caso in esame, a prescindere dall’eventuale diverso accatastamento della singola unità, l’intero compendio immobiliare era funzionalmente destinato, prima dell’intervento edilizio, all’attività agricola, sì da essere esentato da versamento degli oneri di urbanizzazione, proprio in considerazione dell’assenza d’incisione sul carico urbanistico preesistente.
7.3 Né rileva la disciplina di natura fiscale entrata in vigore in epoca successiva il rilascio della concessione edilizia.
L’appellante richiama l’art. 26, comma 7, l.r. 31/2002 laddove prevede ” l’esenzione dal contributo di costruzione dei mutamenti d’uso delle residenze agricole che attraverso variazione catastale vengono classificate a residenza civile” ed “il cambio d’uso si produce automaticamente dal momento della richiesta di nuova iscrizione catastale”.
A tacer d’altro, ossia in disparte il riferimento testuale contenuto nella norma esclusivamente al costo di costruzione, il riferimento temporale della disciplina applicabile in materia di an e quantum del contributo concessorio, secondo consolidato orientamento di questo Consiglio di Stato (v., ex plurimis, Cons. St., Sez. IV, 7 giugno 2012, n. 3379; Cons. St., Sez. IV, 25 giugno 2010, n. 4109; Cons. St., Sez. V, 13 giugno 2003, n. 3332) qui condiviso, va determinato con riferimento alla disciplina, legislativa e regolamentare, vigente al momento del rilascio del titolo edilizio.
Ossia alla data del 5.12.1994, ben otto anni prima l’entrata in vigore della disciplina richiamata dall’appellante.
7.4 Venendo alla domanda subordinata di stralciare quota parte dell’intervento, gli oneri di urbanizzazione sono stati determinati in base alle tabelle parametriche desumibili dalle delibere n. 1353/1990, del Consiglio Comunale, e n. 3098/1990 del Consiglio Regionale, sul cui presunto tardivo deposito in prime cure s’appunta l’ulteriore censura formulata dal ricorrente-appellante.
Sennonché nella gerarchia delle fonti le deliberazioni in questione s’iscrivono fra gli atti regolamentari attuativi o esecutivi dell’art. 5, l. 10/1977; quindi, in quanto atti normativi (ricompresi nell’egida del sintagma iura novi curia) sono sottratti alle (eventuali) preclusioni processuali relative al rispetto dei termini di deposito.
Dette tabelle – va sottolineato – non impugnate, stabiliscono che in caso di restauro, risanamento o ristrutturazione dell’esistente, con aumento di carico urbanistico, vada conteggiata tutta la superficie utile risultante dall’intervento, escludendo che sia presa in considerazione ai fini della quantificazione degli oneri la sola superficie di servizio trasformata in abitativa (circa la metà ), anziché all’intera superficie utile (533 mq) delle nuove quattro abitazioni.
Significativamente lo stesso progettista dell’intervento in sede di autoliquidazione del contributo ha fatto per l’appunto riferimento a tutta la superficie utile risultante dall’intervento.
8. Conclusivamente l’appello deve essere respinto.
9. Le spese di lite del presente grado di giudizio, come liquidate dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna il sig. Ma. Gu. al pagamento delle spese del presente grado di giudizio in favore del comune di Modena che si liquidano in complessivi 3000,00 (tremila) euro, oltre diritti ed accessori di legge, se dovuti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso dalla Seconda Sezione del Consiglio di Stato con sede in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 maggio 2020 convocata con modalità da remoto e con la contemporanea e continuativa presenza dei magistrati:
Fabio Taormina – Presidente
Oreste Mario Caputo – Consigliere, Estensore
Giovanni Sabbato – Consigliere
Cecilia Altavista – Consigliere
Francesco Guarracino – Consigliere
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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