Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|| n. 21434.
Il contratto d’opera concluso tra un pubblico ufficiale e un professionista in violazione delle specifiche regole previste dalla legge
Il contratto d’opera concluso tra un pubblico ufficiale e un professionista in violazione delle specifiche regole previste dalla legge per il conferimento di incarichi a soggetti esterni all’amministrazione che procuri intenzionalmente un ingiusto vantaggio patrimoniale, esprime una volontà negoziale “contra legem” ed è perciò nullo ai sensi dell’art. 1418 c.c. per contrasto con norma imperativa (art. 323 c.p.), in ragione delle esigenze di interesse collettivo sottese alla tutela penale.
Ordinanza|| n. 21434. Il contratto d’opera concluso tra un pubblico ufficiale e un professionista in violazione delle specifiche regole previste dalla legge
Data udienza 6 luglio 2023
Integrale
Tag/parola chiave: ARTI E PROFESSIONI INTELLETTUALI – AVVOCATO – ONORARIO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente
Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere
Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere
Dott. AMATO Cristina – Consigliere
Dott. CAPONI Remo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1685/2020 R.G. proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
AZIENDA SANITARIA LOCALE NAPOLI (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso l’ORDINANZA del TRIBUNALE di TORRE ANNUNZIATA R.G. n. 2092/2019 depositata il 17/10/2019;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 06/07/2023 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA.
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
1.L’avvocato (OMISSIS) ha proposto ricorso articolato in sei motivi avverso l’ordinanza R.G. n. 2092/2019 del Tribunale di Torre Annunziata, pubblicata il 17 ottobre 2019.
Resiste con controricorso l’Azienda Sanitaria Locale (A.S.L.) Napoli (OMISSIS).
2. La trattazione del ricorso e’ stata fissata in camera di consiglio, a norma degli articoli 375 c.p.c., comma 2, 2-quater, e articolo 380 bis.1 c.p.c., nel testo applicabile ratione temporis Decreto Legislativo n. 149 del 2022, ex articolo 35.
Le parti hanno depositato memorie.
3. Il Tribunale di Torre Annunziata ha rigettato la domanda dell’avvocato (OMISSIS), in controversia di cui alla L. n. 794 del 1942, articolo 28 soggetta al rito di cui al Decreto Legislativo n. 150 del 2011, articolo 14 nella formulazione ratione temporis applicabile, avente ad oggetto la pretesa condanna della Azienda Sanitaria Locale (A.S.L.) Napoli (OMISSIS) al pagamento delle spettanze, quantificate in complessivi Euro 34.527,82, per il patrocinio svolto in favore della convenuta amministrazione in una serie di procedimenti esecutivi dinnanzi al Tribunale di Roma. L’ASL Napoli (OMISSIS) aveva eccepito che gli incarichi professionali eseguiti dall’avvocato (OMISSIS) erano stati oggetto di un giudizio penale, all’esito del quale e’ stata emessa nei confronti di quest’ultimo sentenza di non doversi procedere per intervenuta prescrizione. Sulla base dei rilievi della convenuta, il Tribunale ha cosi’ rilevato d’ufficio la nullita’ dei contratti di patrocinio per violazione di norma imperativa, non ravvisando la necessita’ di sottoporre la questione alle parti proprio perche’ gia’ discussa nel contraddittorio delle stesse alla stregua delle difese della ASL Napoli. (OMISSIS). L’ordinanza impugnata evidenzia che il direttore generale dell’Asl e l’avvocato (OMISSIS) erano stati rinviati a giudizio e processati per il reato di cui all’articolo 323 c.p., in quanto il primo, quale pubblico ufficiale, ed il secondo, legale esterno designato dal primo con appositi provvedimenti, si erano appropriati di denaro pubblico stanziato per l’erogazione del servizio sanitario dell’azienda locale, in particolare consentendo l’erogazione di consistenti capitali per spese legali, interessi ed onorari negli anni dal (OMISSIS), mediante il conferimento al legale esterno di incarichi di difesa dell’ente in violazione della normativa pubblicistica in materia e in relazione ad un’attivita’ difensiva seriale ed inutile. Richiamando la motivazione della sentenza penale n. 2843/2017 del Tribunale di Torre Annunziata, l’ordinanza impugnata ha ravvisato la nullita’ dei contratti ai sensi dell’articolo 1418 c.c., in quanto posti in essere in attuazione di una condotta penalmente rilevante integrante gli estremi dell’abuso di ufficio. Il Tribunale ha richiamato i passaggi della sentenza penale volti a evidenziare la violazione dei criteri per la valutazione della legittimita’ degli incarichi (pag. 55-56 sentenza), l’ingiusto vantaggio patrimoniale conseguito dal legale, non sussistendo i presupposti per l’esternalizzazione del servizio, la sussistenza dell’elemento soggettivo (pag. 63-64 sentenza), l’esistenza, sempre a livello di gravita’ indiziaria, di un’intesa tra il ricorrente e l’allora direttore generale dell’ASL volta alla commissione del reato di abuso di ufficio, e cio’ in considerazione del numero esorbitante degli incarichi conferiti, della continuita’ degli stessi, del notevole arco temporale pari ad anni tre (dal (OMISSIS)), della ratifica di incarichi gia’ di fatto conferiti (cfr. pag. 64-65 sentenza). In particolare, la sentenza penale evidenziava come nelle delibere di conferimento di incarico esaminate in sede penale e relative al periodo dal (OMISSIS), si riscontrava l’ulteriore anomalia costituita dal fatto che erano stati formalizzati con atto deliberativo incarichi gia’ conferiti all’avvocato (OMISSIS) senza i necessari atti di sostegno, incarichi coincidenti con quelli azionati nel presente giudizio, nonostante l’assenza di convenzione e di accordi economici per l’onorario, l’insussistenza della necessita’ di ricorrere ad avvocato dotato di alta professionalita’ e competenza specifica in ambito sanitario per la tipologia degli incarichi in questione (riguardanti pignoramenti, atti di precetto, decreti ingiuntivi, in genere contenzioso seriale), tali da poter essere svolti dagli uffici interni dell’Azienda. L’ordinanza impugnata ha altresi’ affermato che il (OMISSIS) nulla di specifico aveva “inteso replicare a quanto allegato dalla resistente in ordine alla rilevanza penale della sua condotta in merito agli incarichi affidatigli nel periodo dal (OMISSIS) dall’allora direttore generale dell’Asl”.
4. Vanno dapprima disattese le eccezioni pregiudiziali sollevate dalla controricorrente, quanto alla intempestivita’ del ricorso per cassazione in relazione alla data della comunicazione dell’ordinanza impugnata e quanto all’ipotizzata litispendenza tra questo giudizio di cassazione e il giudizio di appello instaurato con citazione notificata il 20 dicembre 2019.
4.1. L’ordinanza del tribunale che abbia deciso una controversia di cui alla L. n. 794 del 1942, articolo 28 soggetta al rito di cui al Decreto Legislativo n. 150 del 2011, articolo 14 (nella formulazione antecedente alle modifiche introdotte dal Decreto Legislativo n. 149 del 2022), non essendo appellabile, e’ soggetta a ricorso per cassazione ai sensi dell’articolo 111 Cost., comma 7, il cui termine breve di proposizione decorre dalla notificazione dell’ordinanza, mentre, in assenza di tale notificazione, e’ applicabile il termine lungo d’impugnazione di cui all’articolo 327 c.p.c. (arg. da Cass. n. 5990 del 2020).
4.2. Non si versa in ipotesi di litispendenza nel caso in cui la medesima decisione, come nella specie, venga impugnata sia con l’appello, sia con il ricorso per cassazione, giacche’ il predetto istituto processuale tende ad impedire il simultaneo esercizio della funzione giurisdizionale sulla stessa controversia da parte di piu’ giudici che abbiano competenza a decidere, per evitare la possibilita’ di giudicati contrastanti, mentre un tale problema non si pone nel caso in cui siano stati proposti avverso lo stesso provvedimento due diversi mezzi di impugnazione, dei quali uno solo previsto dalla legge (nella specie, il ricorso per cassazione, Decreto Legislativo n. 150 del 2011, ex articolo 14, comma 4), perche’ in siffatta ipotesi – venendo in questione l’ammissibilita’ dell’impugnazione, sulla quale non spiega alcun effetto la contemporanea proposizione di altro diverso mezzo di gravame – e’ il giudice dinanzi al quale e’ stato proposto il gravame ammissibile a dover decidere sulla impugnazione, mentre l’altro deve dichiarare inammissibile il gravame dinanzi a lui proposto (Cass. n. 18312 del 2014; n. 25452 del 2007).
5. Il primo motivo del ricorso dell’avvocato (OMISSIS) denuncia la violazione dell’articolo 101 c.p.c., comma 2, e dell’articolo 111 Cost., error in procedendo, nullita’ dell’ordinanza e del procedimento, in quanto il Tribunale ha rilevato d’ufficio una nullita’ del contratto, senza concedere i termini di cui all’articolo 101 c.p.c.
Il secondo motivo di ricorso denuncia la violazione degli articoli 132 c.p.c. e articolo 118 disp. att. c.p.c., error in procedendo, nullita’ dell’ordinanza, motivazione apparente. Il Tribunale avrebbe reso una motivazione apparente, con il mero rinvio ad alcune pagine di una sentenza penale, dichiarativa della prescrizione del reato di abuso di ufficio nei confronti dell’odierno ricorrente, senza aver valutato autonomamente gli elementi emergenti da detta sentenza del giudice penale.
Il terzo motivo di ricorso denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli articoli 651 e 652 c.p.p., nonche’ dell’articolo 2909 c.c., error in iudicando. Il Tribunale di Torre Annunziata avrebbe erroneamente conferito valore di giudicato a una sentenza penale dichiarativa della prescrizione del reato.
Il quarto motivo di ricorso deduce la violazione e/o errata applicazione del Decreto Legislativo n. 165 del 2001, articolo 7 e del Decreto Legislativo n. 502 del 1992, articolo 15 septies error in indicando. Il Tribunale avrebbe erroneamente ritenuto applicabili le norme in epigrafe al conferimento di incarichi professionali a un avvocato per la difesa dell’ente sanitario in giudizio.
Il quinto motivo di ricorso allega la violazione dell’articolo 323 c.p. e dell’articolo 1418 c.c., error in iudicando. Il Tribunale avrebbe erroneamente ritenuto sussistente, nella vicenda per cui e’ causa, il reato di abuso d’ufficio, in assenza di violazioni di legge.
Il sesto motivo di ricorso denuncia la violazione degli articoli 132 c.p.c. e articolo 118 disp. att. c.p.c., error in procedendo, nullita’ dell’ordinanza, motivazione apparente. Il Tribunale avrebbe reso una motivazione apparente, statuendo che, nella vicenda de qua, sussistessero i presupposti del reato di abuso di ufficio.
6. I sei motivi di ricorso, che possono esaminarsi congiuntamente per la loro connessione, non sono fondati.
6.1. Quanto alle dedotte violazioni dell’articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e dell’articolo 118 disp. att. c.p.c., deve al contrario affermarsi che l’ordinanza impugnata contiene le argomentazioni rilevanti per individuare e comprendere le ragioni, in fatto e in diritto, della decisione, e non e’ percio’ affatto “apparente”, consentendo un “effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicita’ del ragionamento del giudice” (cfr. Cass. Sezioni Unite n. 8053 del 2014; n. 22232 del 2016; n. 2767 del 2023), come confermano le censure per violazione di norme di diritto contestualmente avanzate dal ricorrente, le quali presuppongono che il giudice del merito non sia incorso in un difetto di attivita’, ed abbia, piuttosto, preso in esame la questione oggetto di doglianza, risolvendola tuttavia in modo giuridicamente non corretto.
6.2. Quanto alla violazione dell’articolo 101 c.p.c., comma 2, la convenuta ASL Napoli (OMISSIS) aveva eccepito che gli incarichi professionali svolti dall’avvocato (OMISSIS) erano stati oggetto di un giudizio penale, all’esito del quale era stata emessa sentenza di non doversi procedere per intervenuta prescrizione. E’ stato proprio sulla base delle allegazioni della convenuta che il Tribunale ha rilevato in motivazione la nullita’ dei contratti di patrocinio.
Deve quindi ribadirsi che l’obbligo del giudice di stimolare il contraddittorio, ai sensi dell’articolo 101 c.p.c., comma 2, avendo lo scopo di evitare le decisioni c.d. “a sorpresa” o “della terza via”, vale solo per le questioni che il giudice rilevi effettivamente d’ufficio, per non essere state dedotte dalle parti, e non vale, invece, per le questioni che – pur rilevabili d’ufficio – siano state, come nella specie, introdotte dalle parti sotto forma di eccezione c.d. “in senso lato”, in quanto tali questioni fanno gia’ parte del “thema decidendum” (Cass. n. 29098 del 2017). Nel caso in esame, il Tribunale di Torre Annunziata ha pertanto legittimamente rilevato in motivazione la nullita’ dei contratti inter partes, senza fondare la propria decisione su circostanze modificative del quadro fattuale non valutate dalle parti, in quanto, appunto, investito da domanda attinente ad una controversia sul riconoscimento di una pretesa di adempimento che suppone la validita’ ed efficacia del rapporto contrattuale oggetto di allegazione, trattandosi comunque di questione afferente ai fatti costitutivi della domanda (Cass. Sez. Unite n. 7294 del 2017).
6.3. Va peraltro rimarcato che non risulta specificamente censurata la ratio decidendi contenuta nell’ordinanza impugnata, secondo cui l’avvocato (OMISSIS) nulla di specifico aveva “inteso replicare a quanto allegato dalla resistente in ordine alla rilevanza penale della sua condotta in merito agli incarichi affidatigli nel periodo dal (OMISSIS) dall’allora direttore generale dell’Asl”; tale considerazione rileva altresi’ al fine di valutare se il rilievo della nullita’ contrattuale operato dal Tribunale in sede di decisione abbia vulnerato la facolta’ del ricorrente di chiedere prove o, in ipotesi, di ottenere una eventuale rimessione in termini.
Escluso il vizio processuale dell’esame della nullita’ contrattuale contenuto nell’ordinanza impugnata, devono piuttosto verificarsi i denunciati errores iuris in iudicando che a tale rilievo sarebbero conseguiti.
6.4. L’illegittimita’ accertata dal Tribunale di Torre Annunziata (alla stregua delle emergenze del procedimento penale conclusa, peraltro, con sentenza dichiarativa della prescrizione del reato di abuso d’ufficio) era consistita nell’affidamento negli anni dal (OMISSIS) all’avvocato (OMISSIS) di una pluralita’ di incarichi di difesa dell’azienda sanitaria, in violazione dei presupposti stabiliti dal Decreto Legislativo n. 165 del 2001, articolo 7, comma 6, trattandosi di prestazioni che non richiedevano conoscenze ed esperienze eccedenti le normali competenze del personale dell’avvocatura interna dipendente dell’ente.
Esulano dai limiti del sindacato devoluto a questa Corte (che attiene alla configurabilita’ di una nullita’ contrattuale ex articolo 1418 c.c.) le questioni poste nel quarto motivo di ricorso (che peraltro non risultano gia’ dedotte dinanzi ai giudici del merito, per quanto specificamente dedotto in ricorso ai sensi dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 4 e n. 6) circa l’esatta consistenza del rapporto intercorso fra l’avvocato (OMISSIS) e l’ASL Napoli (OMISSIS), e cioe’ se si trattasse di singoli contratti di patrocinio o di incarichi legali esterni di consulenza ed assistenza a contenuto complesso inseriti in un piu’ articolato quadro di attivita’ professionali organizzate.
6.5. A fronte della sentenza penale di estinzione del reato di abuso d’ufficio per prescrizione, il Tribunale di Torre Annunziata ha tenuto conto degli elementi di prova acquisiti in quella sede (violazione dei criteri per la valutazione della legittimita’ degli incarichi di esternalizzazione del servizio, ingiusto vantaggio patrimoniale conseguito dal legale, sussistenza dell’elemento soggettivo, sussistenza di un accordo tra il (OMISSIS) e l’allora direttore generale dell’ASL, numero esorbitante delle pratiche, arco temporale pari ad anni tre, formalizzazione con delibera di incarichi gia’ conferiti senza i necessari atti di sostegno, assenza di convenzione e di accordi economici per l’onorario, insussistenza della necessita’ di ricorrere ad avvocato esterno in rapporto alla tipologia degli incarichi stessi), ed ha cosi’ provveduto a rivalutare interamente ed autonomamente i fatti materiali in contestazione, rilevandone la coincidenza con la fattispecie incriminatrice dell’abuso d’ufficio, perseguibile penalmente all’epoca dei contratti per cui e’ causa (cfr. Cass. n. 12973 del 2020; n. 17316 del 2018; n. 14570 del 2017; Sez. Unite n. 1768 del 2011).
6.6. A norma dell’articolo 1418 c.c., e’ nullo il contratto contrario a norme imperative, di modo che la sanzione di illiceita’ colpisce il negozio innanzitutto allorche’ l’atto di esercizio dell’autonomia privata collida cosi’ gravemente con interessi di indole generale da assurgere di per se’ alla qualificazione di reato. Cio’ vale, per la precisione, quanto ai cosiddetti reati – contratto, ovvero alle fattispecie in cui la legge penale descrive la condotta tipica in termini corrispondenti a quelli che per il diritto civile occorrono per il perfezionamento di un contratto. Un atto avente una finalita’ economico – sociale volta a realizzare il risultato vietato dalla legge penale, identificabile appunto nella mera stipulazione di quel negozio, e’ di per se’ in contrasto con una norma imperativa, e quindi nullo insanabilmente ex articolo 1418 c.c., comma 1.
La nullita’ del contratto puo’ poi discendere anche dall’illiceita’ dell’oggetto, allorche’ il contrasto con la norma penale sia riferibile alla natura del bene in considerazione, o, piu’ in particolare, alla prestazione dei soggetti, e quindi al contenuto dell’atto di autonomia; e puo’ discendere pure dall’illiceita’ della causa, allorche’ la funzione obiettiva, che entrambe le parti attribuiscono all’operazione, persegua una finalita’ comune vietata dall’ipotesi di reato; o dall’esclusivita’ e comunanza del bisogno illecito che le parti, al di la’ degli effetti tipici, intendano soddisfare, in base all’articolo 1345 c.c.; o, infine, dalla distorsione del mezzo negoziale, in se’ lecito, ma utilizzato dalle parti per ottenere comunque il risultato penalmente rilevante, secondo la formula dell’articolo 1344 c.c.
I nessi tra contratto e reato spaziano, percio’, dalla figura piu’ semplice ad emergere, nella quale la proibizione penale colpisce gia’ l’astratta conclusione del negozio, alle figure piu’ complesse, nelle quali viene in considerazione un singolo elemento strutturale o funzionale del contratto (la causa, l’oggetto, i motivi).
6.7. Deve considerarsi che l’illiceita’ di un contratto va riferita alle norme vigenti al momento della sua conclusione (Cass. n. 3926 del 2016).
E’ quindi alla formulazione dell’articolo 323 c.p. vigente all’epoca dei contratti oggetto di causa che occorre aver riguardo.
La configurabilita’ del reato del pubblico ufficiale che, nello svolgimento delle funzioni o del servizio, in violazione di specifiche regole di condotta espressamente previste dalla legge o da atti aventi forza di legge e dalle quali non residuino margini di discrezionalita’, intenzionalmente procura a se’ o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale, puo’ darsi non solo in riferimento ad atti tipici della funzione amministrativa, ma anche in relazione ad attivita’ o all’impiego di strumenti propri del diritto privato, quali quelli inerenti alla scelta del contraente cui conferire incarichi, allorche’, come nella specie, la stipula dei contratti sia stata proprio lo strumento volutamente scelto dal pubblico ufficiale al preciso fine di procurare a se’ o ad altri un vantaggio patrimoniale (cfr. Cass. pen. sez. 6, 12/12/1990 – 7/05/1991, n. 5086; Cass. pen. sez. 6, 11/02/1994 – 25/05/1994, n. 6100; Cass. pen. sez. 3, 13/12/2016 – 31/03/2017, n. 16449).
Ne consegue che il contratto concluso d’opera professionale concluso fra un pubblico ufficiale ed un professionista, in violazione delle specifiche regole previste dalla legge per il conferimento di incarichi a soggetti esterni all’amministrazione, che procuri intenzionalmente un ingiusto vantaggio patrimoniale, esprime una volonta’ negoziale “contra legem”, ed e’ percio’ nullo ai sensi dell’articolo 1418 c.c. per contrasto con norma imperativa (articolo 323 c.p.), in ragione delle esigenze di interesse collettivo sottese alla tutela penale (arg. da Cass. n. 2860 del 2008; n. 14234 del 2003; n. 7998 del 1990).
7. Il ricorso va percio’ rigettato, regolandosi secondo soccombenza in favore della controricorrente le spese del giudizio di cassazione nell’importo liquidato in dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater-, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rimborsare alla controricorrente le spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 4.500,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis se dovuto.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
Le sentenze sono di pubblico dominio.
La diffusione dei provvedimenti giurisdizionali “costituisce fonte preziosa per lo studio e l’accrescimento della cultura giuridica e strumento indispensabile di controllo da parte dei cittadini dell’esercizio del potere giurisdizionale”.
Benchè le linee guida in materia di trattamento di dati personali nella riproduzione di provvedimenti giurisdizionali per finalità di informazione giuridica non richiedano espressamente l’anonimizzazione sistematica di tutti i provvedimenti, e solo quando espressamente le sentenze lo prevedono, si possono segnalare anomalie, richiedere oscuramenti e rimozioni, suggerire nuove funzionalità tramite l’indirizzo e-mail info@studiodisa.it, e, si provvederà immediatamente alla rimozione dei dati sensibili se per mero errore non sono stati automaticamente oscurati.
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