Consiglio di Stato, Sezione terza, Sentenza 14 maggio 2020, n. 3081.
La massima estrapolata:
Il c.d. principio di equivalenza presupporrebbe ai fini della sua applicazione l’identità sostanziale (e non formale) tra il bene offerto e quello richiesto dalla legge di gara; in mancanza di un simile presupposto, la regola dell’equivalenza finirebbe per produrre l’effetto “di distorcere completamente l’oggetto dell’appalto, al punto da permettere ai partecipanti di offrire un bene radicalmente differente (insomma, un vero e proprio aliud pro alio), finendo per rendere sostanzialmente indeterminato l’oggetto dell’appalto medesimo” (Tar Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 328 del 10 febbraio 2017) e, in ultima analisi, porsi in conflitto con la principale finalità della procedura di evidenza pubblica, vale a dire far sì che la stazione appaltante si assicuri il bene (prodotto o servizio) che tecnicamente soddisfi nel miglior modo possibile le esigenze della collettività che sono affidate alla sua cura
Sentenza 14 maggio 2020, n. 3081
Data udienza 30 aprile 2020
Tag – parola chiave: Appalti pubblici – Appalto di fornitura di medicinali e prodotti medicali – Principio di equivalenza – Art. 68 e allegato VIII del d.lgs. 50/2016 (codice dei contratti pubblici) – Bando di gara – Interpretazione – Necessità
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8510 del 2019, proposto da
In. Li. It. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difeso dagli avvocati Ma. Pi., Lu. Po., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Azienda Sanitaria Locale di Taranto, non costituita in giudizio;
Si. He. S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Gi. Mo., Ba. Br., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce Sezione Seconda n. 01428/2019, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Si. He. S.p.A.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza del giorno 30 aprile 2020, tenuta nelle forme di cui all’art. 84 del d.l. n. 18/2020, il Cons. Raffaello Sestini;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1 – L’impresa In. Li. It. S.r.l., che ha partecipato alla procedura telematica bandita dall’ASL di Taranto per la fornitura di prodotti medicali (sostituti dermici per la cura di lesioni anche profonde del derma) ottenendo l’aggiudicazione a seguito dell’esclusione dell’impresa concorrente Si. He. S.p.A., appella la sentenza del TAR per la Puglia, sede distaccata di Lecce, II Sezione, che ha accolto il ricorso proposto dalla stessa Si. He. S.p.A., contro la propria esclusione dalla gara.
1.1 – La gara prevedeva l’aggiudicazione secondo il criterio del miglior prezzo offerto per i prodotti, per i quali venivano indicate le caratteristiche tecniche richieste. La sopraindicata concorrente Siad formulava un quesito, chiedendo alla stazione appaltante il chiarimento se fossero ammessi prodotti equivalenti, posto che solo i prodotti dell’odierna appellante possedevano le specifiche richieste, ed avuto un diniego presentava comunque la propria offerta, che otteneva dalla Commissione il migliore punteggio economico (comportando un risparmio di circa 1/3 rispetto alla sopraindicata offerta di Integra, unica altra concorrente), ma che veniva poi ritenuta non equivalente dalla stazione appaltante mancando l’origine bovina anzichè suina del tessuto e la “condrotina 6 solfato”, stabilizzante naturale della matrice dermica non suscettibile di generare processi auto-immuni.
1.2 – L’ASL aggiudicava quindi ad Integra, e Siad proponeva ricorso al TAR, che dopo aver respinto la domanda cautelare disponeva una verificazione tecnica, conclusasi in favore dell’equivalenza e recepita dalla sentenza di accoglimento, che viene ora appellata con il ricorso indicato in epigrafe.
2 – L’intero contenzioso verte quindi, in primo così come in secondo grado, sull’unico punto controverso concernente, da un lato, la possibilità o meno di fare ricorso al criterio di equivalenza nella fattispecie considerata e, dall’altro, l’effettiva equivalenza o meno delle caratteristiche del prodotto oggetto dell’offerta economicamente più vantaggiosa alle specifiche tecniche richieste dalla lex specialis di gara.
2.1 – In particolare, In. Li. It. Srl deduce con il presente appello le censure di “erroneità e illogicità della sentenza; violazione degli artt. 24 e 97 cost.; violazione e falsa applicazione del principio di equivalenza di cui all’art. 68 e allegato VIII del d.lgs. 50/2016.
Ciò in quanto il c.d. principio di equivalenza presupporrebbe ai fini della sua applicazione l’identità sostanziale (e non formale) tra il bene offerto e quello richiesto dalla legge di gara; in mancanza di un simile presupposto, la regola dell’equivalenza finirebbe per produrre l’effetto “di distorcere completamente l’oggetto dell’appalto, al punto da permettere ai partecipanti di offrire un bene radicalmente differente (insomma, un vero e proprio aliud pro alio), finendo per rendere sostanzialmente indeterminato l’oggetto dell’appalto medesimo” (Tar Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 328 del 10 febbraio 2017) e, in ultima analisi, porsi in conflitto con la principale finalità della procedura di evidenza pubblica, vale a dire far sì che la stazione appaltante si assicuri il bene (prodotto o servizio) che tecnicamente soddisfi nel miglior modo possibile le esigenze della collettività che sono affidate alla sua cura (Consiglio di Stato, Sez. III, 2 settembre 2013, n. 3679).
Per verificare la ricorrenza del presupposto applicativo dell’equivalenza sarebbe quindi fondamentale interpretare la legge di gara allo scopo di comprendere quali esigenze la stazione appaltante abbia inteso soddisfare mediante la previsione di determinate specifiche tecniche. Dunque, nel caso in esame, in base a quanto espressamente stabilito dalla lex specialis, i concorrenti invitati alla procedura negoziata avrebbero dovuto offrire dispositivi medici rispondenti a caratteristiche non possedute dal prodotto offerto dalla ricorrente vittoriosa in primo grado ed odierna resistente, né sussisterebbero studi attendibili in grado di attestare una sostanziale equivalenza terapeutica, non potendo pertanto tale principio trovare applicazione alla fattispecie in esame e risultando, pertanto, pienamente legittima l’esclusione di quell’impresa originariamente disposta dalla stazione appaltante.
2.2 – L’appellante conclude quindi per l’annullamento della sentenza di primo grado, previa rinnovazione della verificazione tecnica disposta da quel giudice e rivelatasi del tutto errata, dovendosi disporre per l’effetto la reiezione del ricorso di primo grado con conseguente aggiudicazione in suo favore.
2,3 – La contro interessata, ricorrente vittoriosa in primo grado, difende viceversa l’esattezza della sentenza appellata, evidenziando che le specifiche tecniche prescritte dalla lettera d’invito in realtà
contenevano riferimenti inequivocabili alle caratteristiche tecniche proprie dei sostituti dermici commercializzati dalla sola società odierna appellante, e quindi precostituivano un’indebita posizione di vantaggio per l’offerta di quella società, imponendo di dare applicazione alla clausola, parimenti richiamata dalla lettera d’invito, di cui all’art. 68, comma 4, D.Lgs. n. 50/2016, disposizione che altrimenti sarebbe risultata irrimediabilmente lesa. Bene aveva dunque fatto il TAR a disporre la contestata verificazione, che al contrario di quanto dedotto dall’appellante si sarebbe svolta regolarmente ed in assoluta trasparenza, rispondendo in maniera precisa, argomentata ed esaustiva ai quesiti posti dal giudice di prime cure ed evidenziando il criterio di selezione delle fonti scientifiche e bibliografiche ritenute rilevanti ai fini della verificazione, e conclusasi con un giudizio, non irragionevole e quindi non sindacabile, di equivalenza fra i due prodotti nella loro finalità terapeutica, ovvero nella loro idoneità a generare neoderma limitando gli esiti cicatriziali, a prescindere dal diverso processo produttivo.
3 -Entrambe le parti in giudizio, con molteplici e ripetuti scambi di memorie e con citazioni e consulenze tecniche, peraltro non risolutive, hanno continuato a dibattere sul predetto punto controverso, ovvero se la lex specialis consentisse di considerare i casi di equivalenza e se i due prodotti fossero davvero equivalenti oppure se la origine bovina e la presenza della condrotina 6 facesse la differenza, consentendo guarigioni più rapide e cicatrici meno evidenti.
3.1 – Da ultimo la discussione ha coinvolto il “caso Friuli Venezia Giulia”, pur estraneo al giudizio, nel quale la stazione committente di altra e separata gara ha ritenuto non utile la relazione depositata dal verificatore prescelto dal TAR nel presente giudizio ed ha quindi negato l’equivalenza del prodotto dell’odierna resistente, con determinazione non impugnata dalla medesima impresa.
3.2 – Le parti controvertono circa l’ammissibilità e tempestività della memoria di introduzione in giudizio di una tale circostanza. Il Collegio ritiene peraltro non necessario pronunciarsi al riguardo, in considerazione della non rilevanza della medesima circostanza ai fini della decisione, sia per la sua estraneità al presente giudizio, sia per la specificità del giudizio di equivalenza in ogni diversa procedura di gara, dovendo tale giudizio essere reso in ragione della idoneità del prodotto rispetto alle specifiche tecniche previste dalla lex specialis di ogni gara e rispetto alle particolari
prestazioni oggetto del contratto, dovendo ad esempio essere considerata, nel valutare le migliori proprietà terapeutiche reclamate da uno dei prodotti in caso di ustioni gravissime, la presenza o meno nel territorio interessato di centri di assistenza medica per grandi ustionati. Ogni procedura di gara, con il proprio oggetto contrattuale e le conseguenti prescrizioni tecniche, costituisce quindi un caso a sé precludendo la possibilità di utilizzare giudizi di equivalenza o di non equivalenza maturati nell’ambito di una diversa gara.
3.3 – Ai fini della decisione di merito, ritiene viceversa il Collegio di dover fare riferimento alla oramai consolidata giurisprudenza amministrativa che, con particolare riferimento all’appalto per la fornitura di medicinali e dispositivi medici, condivide i principi espressi da questa Sezione (fra le altre, Cons. di Stato, sez. III, 18 settembre 2019 n. 6212) secondo i quali il principio di equivalenza permea l’intera disciplina dell’evidenza pubblica, rispondendo al principio del favor partecipationis (ampliamento della platea dei concorrenti) ai fini della massima concorrenzialità nel settore dei pubblici contratti e della conseguente individuazione della migliore offerta, secondo i principi di libera iniziativa economica e di imparzialità e buon andamento dell’amministrazione nel perseguimento delle propri funzioni d’interesse pubblico e nell’impiego delle risorse finanziarie pubbliche, sanciti dagli articoli 41 e 97 della Costituzione.
3.4 – Occorre, dunque, interpretare la lex specialis di gara alla luce del richiamo, contenuto nella Lettera d’Invito, all’art. 68 del d.lgs. n. 50/2016, che rendeva inequivoca la volontà dell’Asl di ammettere sostituti dermici equivalenti a quello (peraltro unico sul mercato) in possesso dei requisiti prescritti, fermo restando che in caso contrario sarebbe stato comunque necessario
etero-integrare la lex specialis con la clausola generale di legge concernente l’ammissibilità delle offerte equivalenti.
3.5 – Ciò premesso, considera il Collegio, quanto alla specifica fattispecie in esame, che la verificazione tecnica disposta dal TAR si è svolta correttamente e che non sono state allegati al giudizio studi, sperimentazioni ed evidenze scientifiche in grado di contraddirla. Le informazioni disponibili depongono, in particolare, per una migliore qualità terapeutica del prodotto di Integra nelle lesioni più gravi, ma non contraddicono il giudizio, reso dal verificatore e fatto proprio dal giudice di prime cure, circa la sostanziale equivalenza dei due prodotti ai fini delle prestazioni sanitarie che hanno motivato la fornitura in esame, fornitura che, con ogni evidenza, non esaurisce la possibilità ed anzi il dovere del servizio sanitario di munirsi di prodotti particolari o di ricorrere a strutture mediche particolari adeguati alle esigenze di tutela della salute di ogni singolo paziente per specifici casi di particolare gravità .
3.6 – L’eventuale limite della procedura di gara in esame è allora insito nella prescelta modalità di aggiudicazione al massimo ribasso, che impone la scelta del prodotto più economico fra quelli aventi le caratteristiche minime previste o equivalenti, come nel caso in esame, mentre una aggiudicazione alla migliore offerta o una ripartizione della commessa fra diverse classi di prodotto secondo i diversi usi terapeutici avrebbero potuto consentire una ulteriore ponderazione fra qualità e costo. Si tratta peraltro di considerazioni che restano estranee alla latitudine del presente giudizio e che, pertanto, non assumono alcun rilievo ai fini della sua decisione.
4 – Alla stregua delle pregresse considerazioni, la sentenza del giudice di primo grado deve essere confermata quanto alla equivalenza delle diverse offerte e, quindi, quanto alla illegittimità della esclusione dell’odierna resistente e dell’aggiudicazione alla odierna appellante, che non aveva presentato la migliore offerta.
4.1 – Peraltro, la descritta oggettiva incertezza ed indeterminatezza delle questioni esaminate vale ad escludere la configurabilità dell’elemento soggettivo necessario ai fini della individuazione di un danno ingiusto suscettibile di risarcimento, dovendosi pertanto riformare la sentenza del giudice di primo grado, in accoglimento del presente appello, limitatamente alla parte in cui ha parzialmente accolto la domanda di risarcimento del danno.
4.2 – La conseguente reciproca soccombenza, unitamente alla descritta complessità delle questioni, giustifica, infine, la compensazione delle spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Terza, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie in parte e in parte lo respinge e, per l’effetto, in parziale riforma dell’appellata sentenza del giudice di primo grado respinge la domanda di risarcimento del danno.
Compensa fra le parti le spese del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 30 aprile 2020 con l’intervento dei magistrati:
Franco Frattini – Presidente
Massimiliano Noccelli – Consigliere
Stefania Santoleri – Consigliere
Giulia Ferrari – Consigliere
Raffaello Sestini – Consigliere, Estensore
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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