Corte di Cassazione, sezione sesta penale, Sentenza 25 settembre 2020, n. 26739.
I risultati delle intercettazioni disposte per agevolare le ricerche di latitanti possono essere utilizzati a fini probatori con i limiti derivanti dal divieto di utilizzazione in procedimenti diversi di cui all’art. 270 cod. proc. pen., il quale non opera, oltre che nei casi in cui l’attività captativa sia indispensabile per l’accertamento di delitti per i quali è obbligatorio l’arresto in flagranza, nei procedimenti per reati connessi ex art. 12 cod. proc. pen. a quelli in relazione ai quali tale attività era stata “ab origine” autorizzata, sempre che rientrino nei limiti di ammissibilità previsti dall’art. 266 cod. proc. pen..
Sentenza 25 settembre 2020, n. 26739
Data udienza 18 settembre 2020
Tag – parola chiave: Reato di falsa testimonianza – Testimone in processo penale – Intercettazioni – Ricerche di latitante – Intercettazioni disposte in altro procedimento – Utilizzabilità in procedimento diverso da quello per cui sono state autorizzate – Condizioni ex art. 270 co 1 c.p.p.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. COSTANZO Angelo – Presidente
Dott. DI STEFANO Pierluigi – Consigliere
Dott. VILLONI Orlando – Consigliere
Dott. CAPOZZI Angelo – Consigliere
Dott. APRILE Ercole – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nata a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 12/06/2019 della Corte di appello di Messina;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Ercole Aprile;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dall’Olio Marco, che ha concluso chiedendo l’annullamento della sentenza impugnata per prescrizione del reato.
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza sopra indicata la Corte di appello di Messina confermava la pronuncia di primo grado del 13 luglio 2018 con la quale il Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto aveva condannato (OMISSIS) in relazione al reato di cui all’articolo 372 c.p. per avere, sentita il 16 marzo 2010 quale testimone in un processo penale in corso di svolgimento dinanzi alla sezione distaccata di Milazzo di quel Tribunale, dichiarato di essersi recata nel febbraio del 2004 in Spagna, negando pero’ di avere avuto contatti telefonici e di avere incontrato il fratello (OMISSIS), che in quel periodo era latitante in Spagna.
2. Avverso tale sentenza ha presentato ricorso la (OMISSIS), con atto sottoscritto dal suo difensore, il quale, ha dedotto i seguenti tre motivi.
2.1. Violazione di legge, in relazione agli articoli 157 e 159 c.p., e vizio di motivazione, per avere la Corte distrettuale erroneamente escluso che alla data di svolgimento del giudizio di secondo grado il reato contestato si fosse gia’ prescritto, computando in maniera corretta i periodi di sospensione dovuti ai rinvii della trattazione del processo in primo grado.
2.2. Violazione di legge, in relazione all’articolo 372 c.p. e articolo 270 c.p.p., e vizio di motivazione, per avere la Corte territoriale ingiustificatamente valorizzato quali prove a carico il contenuto delle intercettazioni disposte ai fini della ricerca del latitante (OMISSIS), trattandosi di risultati non utilizzabili nel processo per falsa testimonianza a carico della prevenuta.
2.3. Violazione di legge, in relazione all’articolo 125 c.p.p. e articolo 61 bis c.p., per avere la Corte di merito omesso di rispondere alla sollecitazione difensiva contenuta nell’atto di appello con cui si era chiesto che alla (OMISSIS) venissero riconosciute le circostanze attenuanti generiche.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Ritiene la Corte che il ricorso vada accolto.
2. Il primo motivo del ricorso e’ fondato, in quanto il corretto calcolo dei periodi di sospensione della decorrenza del termine di prescrizione ai sensi dell’articolo 159 c.p. permette di rilevare che quei periodi ammontano ad un totale di 561 giorni: al calcolo di 511 giorni che era stato fatto dal giudice di primo grado (si veda, al riguardo, l’annotazione operata in calce alla intestazione della prima sentenza), bisogna aggiungere, a norma dell’articolo 159 c.p., comma 1, n. 3, ulteriori 60 giorni per il rinvio del processo dall’udienza del 24 novembre 2017 a quella del 9 febbraio 2018, giustificato dal concomitante impegno professionale del difensore dell’imputato: percio’, alla data del 12 giugno 2019 di emissione della sentenza di secondo grado, il reato contestato all’odierna ricorrente si era gia’ estinto per prescrizione.
Non vi sono le condizioni per prosciogliere l’imputata nel merito ai sensi dell’articolo 129 c.p.p., comma 2, per le ragioni si seguito precisate.
3. Anche il secondo motivo del ricorso appare fondato.
Nella giurisprudenza di questa Corte e’ oramai nettamente prevalente l’orientamento interpretativo secondo il quale il rinvio contenuto nell’articolo 295 c.p.p., comma 3, all’articolo 270 c.p.p., comma 1, imponga che per utilizzare in altro procedimento i risultati delle intercettazioni disposte per agevolare le ricerche di un latitante, occorra rispettare le condizioni previste dal secondo di tale articolo, per cui “I risultati delle intercettazioni non possono essere utilizzati in procedimenti diversi da quelli nei quali sono stati disposti, salvo che risultino indispensabili per l’accertamento di delitti per i quali e’ obbligatorio l’arresto in flagranza” (in questo senso Sez. 6, n. 9185 del 25/01/2012, Biondo, Rv. 252284).
Le Sezioni Unite della Cassazione, intervenute per risolvere il contrasto esegetico sorto in ordine alla esatta definizione dell’ambito di operativita’ della anzidetta disposizione, hanno chiarito che il divieto di cui all’articolo 270 c.p.p. di utilizzazione dei risultati di intercettazioni di conversazioni in procedimenti diversi da quelli per i quali le stesse siano state autorizzate – salvo che risultino indispensabili per l’accertamento di delitti per i quali e’ obbligatorio l’arresto in flagranza – non opera con riferimento ai risultati relativi a reati che risultano connessi ex articolo 12 c.p.p. a quelli in relazione ai quali l’autorizzazione era stata ab origine disposta, sempreche’ rientrino nei limiti di ammissibilita’ previsti dall’articolo 266 c.p.p. (Sez. U, n. 51 del 28/11/2019, dep. 2020, Cavallo, Rv. 277395).
Ora, in applicazione di tale principio di diritto bisogna prendere atto come per il reato per il quale si procede nel presente processo a carico della (OMISSIS) non e’ previsto l’arresto obbligatorio in flagranza, ma sarebbe stato ammissibile l’impiego del mezzo di ricerca della prova delle intercettazioni: sicche’, ai fini della verifica della utilizzabilita’ o meno dei risultati delle intercettazioni disposte in altro procedimento, sarebbe stato necessario appurare se il delitto di falsa testimonianza qui contestato risulti connesso ai sensi dell’articolo 12 c.p.p. con il reato o i reati per i quali si procedeva nei riguardi del fratello e con riferimento ai quali, in ragione dello stato di latitanza, erano state autorizzate quelle operazioni di captazione. Tale verifica comporterebbe una indagine di merito che non e’ possibile in questa sede e che andrebbe rimessa al giudice di rinvio.
L’impossibilita’ di verificare la fondatezza della questione di inutilizzabilita’ delle prove poste a carico della imputata, dunque la indisponibilita’ di elementi da cui poter desumere la sussistenza dei presupposti per un proscioglimento della imputata nel merito, determina – giusta la previsione dell’articolo 129 c.p.p., comma 2, – la prevalenza della formula riguardante la gia’ accertata prescrizione del reato (in questo senso Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009, Tettamanti, Rv. 244273).
4. Nell’accoglimento del primo motivo resta assorbito l’esame del terzo motivo del ricorso.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perche’ il reato e’ estinto per prescrizione.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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