Consiglio di Stato, Sezione quinta, Sentenza 16 marzo 2020, n. 1867.
La massima estrapolata:
In materia di gare pubbliche e di tutti i procedimenti di evidenza pubblica, è onere dell’interessato procedere all’immediata impugnazione delle clausole del bando che prescrivano il possesso di requisiti di ammissione o di partecipazione alla gara la cui carenza determina immediatamente l’effetto escludente, configurandosi il successivo atto di esclusione come meramente dichiarativo e ricognitivo di una lesione già prodotta.
Sentenza 16 marzo 2020, n. 1867
Data udienza 3 ottobre 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quinta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 8663 del 2010, proposto da
Cooperativa Ar. di Ga. della Provincia di Foggia società cooperativa a r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Gi. Na., con domicilio fisico eletto presso lo studio dell’avvocato Er. Mo. in Roma, via (…);
contro
Regione Puglia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Lu. Al. Cl., con domicilio fisico eletto presso lo studio s.r.l. Pl. in Roma, via (…);
ed altri;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Sezione Terza, n. 00077/2010, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Puglia e del Ministero dell’Economia e delle Finanze;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 3 ottobre 2019 il Cons. Stefano Fantini e uditi per le parti gli avvocati Na. e Pa., su delega di Cl.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1.- La Cooperativa Ar. di Ga. della Provincia di Foggia soc. coop. a r.l., confidi ai sensi dell’art. 13 del d.l. 30 settembre 2003, n. 269 sin dal 1963, ha interposto appello nei confronti della sentenza 19 gennaio 2010, n. 77 del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sez. III, che ha dichiarato inammissibile il suo ricorso avverso le deliberazioni di G.R. della Puglia n. 250 in data 26 febbraio 2009 e n. 440 in data 24 marzo 2009, aventi ad oggetto, in attuazione del “PO 2007-2013. Asse VI. Linea di Intervento 6,1”, lo schema di avviso per la presentazione di domande per l’accesso ai contributi a favore di cooperative di garanzia e consorzi fidi per la dotazione di fondi rischi diretti alla concessione di garanzie a favore di operazioni di credito attivate da piccole e medie imprese, nonché avverso la determinazione dirigenziale 26 marzo 2009, n. 150 contenente la pubblicazione dell’avviso per la presentazione di domande per l’accesso ai predetti contributi.
Lo schema di avviso per le domande di accesso ai contributi prescriveva, al punto 4.1, che i confidi di cui all’art. 13 del d.l. 30 settembre 2003, n. 269, svolgenti attività di garanzia collettiva dei fidi attivati da piccole e medie imprese socie, per essere ammessi alle agevolazioni, avessero il possesso dei seguenti requisiti: a) più di 3000 soci ovvero in corso operazioni di garanzia superiori a 10 milioni di euro; b) la sede legale ed operativa in Puglia; c) il divieto statutario di distribuire utili, avanzi di gestione e riserve alle imprese consorziate e socie.
Con il ricorso in primo grado la Cooperativa Ar. di Ga. aveva impugnato l’avviso con riguardo al requisito sub a), cui veniva subordinata la presentazione della domanda, in quanto preclusivo della sua partecipazione alla concessione dei contributi e comunque sproporzionato.
2. – La sentenza appellata ha dichiarato inammissibile il ricorso nella considerazione che la cooperativa non aveva presentato domanda di partecipazione alla procedura selettiva contestata, essendo conseguenzialmente priva di interesse a censurare la clausola del bando.
3.- Con l’appello la Cooperativa Ar. di Ga. della Provincia di Foggia ha criticato la sentenza, allegando la non necessarietà della presentazione della domanda di partecipazione per radicare l’interesse al ricorso avverso il bando, in quanto, prescrivendo lo stesso requisiti non posseduti, si sarebbe tradotto in un adempimento inutile; ha dunque reiterato i sei motivi di primo grado assorbiti dalla pronuncia in rito.
4. – Si sono costituiti in resistenza il Ministero dell’Economia e delle Finanze, nonché la Regione Puglia chiedendo la reiezione dell’appello.
5. – All’udienza pubblica del 3 ottobre 2019 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1.- Con il primo motivo di gravame l’appellante censura la pronuncia di inammissibilità, nella considerazione che sussiste il suo interesse al ricorso avverso la lex specialis del procedimento anche senza avere presentato la domanda di partecipazione, che sarebbe stata adempimento inutile in mancanza dei requisiti prescritti, seppure in violazione della legge.
Il motivo è fondato.
Secondo il consolidato indirizzo giurisprudenziale, formatosi specialmente in materia di gare pubbliche, ma estensibile, per identità di ratio, a tutti i procedimenti di evidenza pubblica, è onere dell’interessato procedere all’immediata impugnazione della clausole del bando che prescrivano il possesso di requisiti di ammissione o di partecipazione alla gara la cui carenza determina immediatamente l’effetto escludente, configurandosi il successivo atto di esclusione come meramente dichiarativo e ricognitivo di una lesione già prodotta; solo il carattere ambiguo della clausola, che non rende immediatamente percepibile l’effetto preclusivo alla partecipazione per chi sia privo di un requisito soggettivo richiesto dal bando, ne esclude l’immediata lesività e ne consente l’impugnazione unitamente all’atto di esclusione, applicativo della clausola stessa suscettibile di diverse interpretazioni (Cons. Stato, V, 12 aprile 2019, n. 2387).
Detto in termini più generali, in tema di impugnazione di bandi di gara vige il principio per cui l’onere di immediata impugnazione del bando è circoscritto al caso di contestazione di clausole escludenti, cioè di clausole riguardanti requisiti di partecipazione, le quali siano ex se ostative alla partecipazione dell’interessato, mentre le clausole che non rivestono portata escludente devono essere impugnate unitamente al provvedimento lesivo e possono essere impugnate unicamente dall’operatore economico che abbia partecipato alla gara o comunque manifestato formalmente il proprio interesse alla procedura (Cons. Stato, Ad. plen., 26 aprile 2018, n. 4; VI, 25 febbraio 2019, n. 1266).
Nel caso di specie è indubbio che la contestata clausola contenuta nel punto 4.1 della deliberazione n. 250 del 26 febbraio 2009 (rubricata “soggetti beneficiari” e richiedente il possesso, da parte dei confidi, di più di 3.000 soci operativi con sede legale in Puglia, ovvero, in alternativa, che abbiano in corso operazioni di garanzia superiori a 10 milioni di euro relative a finanziamenti bancari concessi a PMI con sede legale e/o operativa in Puglia) abbia natura escludente, in quanto tale da precludere all’appellante, la quale non possedeva (circostanza incontestata) detti requisiti, la partecipazione al procedimento di evidenza pubblica, o comunque da giustificare una prognosi, avente carattere di ragionevole certezza, di esito infausto della sua eventuale partecipazione.
Tale opinamento sulla natura escludente della clausola non è destinato a mutare in considerazione del fatto che l’avviso pubblico consentiva di accedere ai benefici anche ai confidi che avessero in corso procedimenti di fusione (all’esito dei quali raggiungere o migliorare i requisiti prescritti) non foss’altro per l’assorbente considerazione che i procedimenti di fusione od aggregazione dovevano essere in corso al momento della scadenza del termine per la presentazione della domanda di contributo e dunque costituivano obiettivo non perseguibile con uno sforzo di normale od anche professionale diligenza.
2. – L’accoglimento del motivo scrutinato comporta, in riforma della sentenza appellata, che il ricorso di primo grado deve essere ritenuto ammissibile.
Ne consegue che occorre ora procedere alla disamina delle censure svolte in primo grado e riproposte in appello.
3. – Il primo motivo riproposto deduce l’illegittimità del requisito richiesto ai confidi per violazione dell’art. 13, commi 12-14, del d.l. n. 269 del 2003, prescrivente un capitale sociale non inferiore ad euro 100 mila ed un patrimonio netto non inferiore a 250 mila euro, nonché per eccesso di potere sotto molteplici profili sintomatici; evidenzia l’appellante che la materia è attribuita alla potestà legislativa esclusiva dello Stato ai sensi dell’art. 117, comma 2, lett. e), Cost., sia in quanto concerne aiuti di Stato interferenti con il mercato finanziario, sia perché incide sulla concorrenza, con la conseguenza che la Regione non può stabilire requisiti diversi.
Il motivo è fondato.
Va premesso che la richiamata disposizione dell’art. 13 del d.l. 30 settembre 2003, n. 269, convertito dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, prevede, al comma 12, che “il fondo consortile o il capitale sociale di un confidi non può essere inferiore a 100 mila euro, fermo restando per le società consortili l’ammontare minimo previsto dal codice civile per le società per azioni”; il successivo comma 14 dispone altresì che “il patrimonio netto dei confidi, comprensivo dei fondi rischi indisponibili, non può essere inferiore a 250 mila euro”.
Le contestate clausole dell’avviso pubblico non sono, all’evidenza, confliggenti in via diretta con le ora richiamate disposizioni di legge, ma dal loro contenuto è inferibile la non compatibilità, sotto il profilo della proporzionalità, con i generali requisiti previsti dalla legge per i confidi.
Non vi è infatti proporzione tra i requisiti richiesti dalla legge statale per l’esistenza dei confidi ed i requisiti richiesti dagli atti impugnati per consentire l’accesso dei confidi ai contributi pubblici previsti in loro favore.
Le clausole evidenziano dunque un vizio della funzione amministrativa nella determinazione di requisiti eccessivamente restrittivi per consentire ai confidi l’accesso ai finanziamenti pubblici, per meglio dire ad aiuti finalizzati alla ripatrimonializzazione dei fondi-rischi a garanzia delle operazioni di credito promosse dalle piccole e medie imprese (PMI) associate alle stesse cooperative di garanzia ed ai confidi.
Anche sul piano della ragionevolezza la enucleazione di requisiti così stringenti dei confidi beneficiari non risulta adeguatamente giustificata o comunque giustificabile, a fronte di un dato legislativo che caratterizza in certo modo questi organismi di garanzia collettiva mutualistica, con l’evoluzione del sistema finanziario e bancario (ed in particolare con gli accordi di Basilea 2, recepiti con provvedimento della Banca d’Italia e del M.E.F.) ovvero con le sproporzioni dimensionali dei confidi dell’Italia meridionale (caratterizzati da organismi frammentati) rispetto a quelli operanti nelle regioni del nord e del centro Italia.
Ciò specialmente ove si ponga mente all’obiettivo del finanziamento con fondi comunitari del PO FESR 2007/2013 della Puglia, che è proprio quello del rafforzamento patrimoniale ed organizzativo dei confidi per aiutarli nel percorso mirato alla loro evoluzione quali intermediari vigilati, iscritti nell’elenco di cui all’art. 107 del d.lgs. n. 385 del 1993 (t.u.b.), ma non già imponendo un siffatto “salto” di natura giuridica. Si intende dire che un conto è il rafforzamento patrimoniale, che può costituire legittimo obiettivo di un corretto uso della discrezionalità amministrativa ed insieme tecnica, altro conto è l’imposizione, senza gradualità per di più, di uno standard dimensionale e patrimoniale ben lontano dai requisiti legislativi previsti dalla legge per i confidi.
Occorre peraltro evidenziare, anticipando la trattazione del sesto motivo di gravame, che l’art. 107 t.u.b. non condiziona al possesso dei requisiti prescritti dall’avviso impugnato l’autorizzazione all’esercizio della propria attività di intermediario finanziario.
4. – L’accoglimento dello scrutinato motivo è assorbente ai fini del decidere, comportando l’annullamento dell’avviso pubblico per la presentazione delle domande di accesso ai contributi in favore di cooperative di garanzia e consorzi fidi per la dotazione di fondi rischi diretti alla concessione di garanzie a favore di operazioni di credito attivate da PMI.
5. – La portata assorbente dell’accoglimento del primo motivo risulta evidente con riguardo al secondo motivo con cui l’appellante deduce che gli aiuti in questione rientrano tra quelli de minimis, con la conseguenza che in tale materia la Regione Puglia ha dettato una propria disciplina con la l.r. 29 giugno 2004, n. 84. Si tratta di un profilo opinabile, ma, ove si assuma che tali interventi siano riconducibili a quelli “de minimis”, deve rilevarsi che dagli artt. 1-4 della predetta l.r. n. 84 del 2004 non sono inferibili i requisiti prescritti dagli atti impugnati e neppure dal regolamento regionale 21 novembre 2008, n. 24 (art. 2).
6. – Gli ulteriori motivi sono invece infondati.
In particolare, impropriamente invocato è il terzo mezzo con cui si deduce la violazione dell’art. 12 della legge n. 241 del 1990, norma che, in materia di provvedimenti attributivi di vantaggi economici, prevede la predeterminazione, da parte delle amministrazioni, dei criteri e delle modalità del finanziamento, ma non anche che tale predeterminazione avvenga necessariamente mediante la fonte regolamentare.
Analogamente infondati sono il quarto motivo, con cui si deduce la violazione degli artt. 5 e 6 del d.lgs. n. 123 del 1998, ed il quinto motivo con cui si deduce la violazione del regolamento CE 15 dicembre 2006, n. 1998/2006/CE, relativo all’applicazione degli articoli 87 e 88 del trattato sugli aiuti di importanza minore (“de minimis”), stante anche la genericità dei motivi, dai quali non è dato evincere quale sarebbe il profilo di violazione delle norme invocate.
7.- In conclusione, alla stregua di quanto esposto, l’appello deve essere accolto nei sensi di cui in motivazione e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, va accolto il ricorso di primo grado, con conseguente annullamento dei provvedimenti impugnati, nei limiti dell’interesse.
La complessità della controversia integra le ragioni che per legge consentono la compensazione tra le parti delle spese del doppio grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie, e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, accoglie il ricorso di primo grado nei sensi di cui in motivazione, con conseguente annullamento dei provvedimenti impugnati, nei limiti dell’interesse.
Compensa tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 3 ottobre 2019 con l’intervento dei magistrati:
Carlo Saltelli – Presidente
Fabio Franconiero – Consigliere
Valerio Perotti – Consigliere
Angela Rotondano – Consigliere
Stefano Fantini – Consigliere, Estensore
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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