Consiglio di Stato, sezione terza, Sentenza 11 luglio 2019, n. 4881.
La massima estrapolata:
I farmaci biologici “di riferimento” rappresentano una categoria concettualmente e concretamente più ampia rispetto ai “biosimilari” e la disciplina relativa alle gare di acquisto risente di tale differenza.
Sentenza 11 luglio 2019, n. 4881
Data udienza 20 giugno 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2103 del 2019, proposto dalla Società In. S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocato Al. Ba., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’Avvocato Al. Pl. in Roma, via (…);
contro
AIFA – Agenzia Italiana del Farmaco, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliata ex lege in Roma, via (…);
Am. S.r.l., Asl Ba -Azienda Sanitaria Locale di Bari, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro-tempore, non costituite in giudizio;
Società Te. It. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dagli Avvocati So. Se., Ma. Pu. e Fa. Pa., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’Avvocato Fa. Pa. in Roma, viale (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Sezione Seconda n. 154 del 2019, resa tra le parti, concernente l’annullamento della lettera di invito e dell’aggiudicazione del lotto 444 – Appalto specifico 2 prodotti farmaceutici.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’AIFA – Agenzia Italiana del Farmaco – e di Te. It. S.r.l.;
Visti tutti gli atti della causa;
Visti gli artt. 74 e 120, co. 10, cod. proc. amm.;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 20 giugno 2019 il Consigliere Paola Alba Aurora Puliatti e uditi per le parti gli Avvocati Al. Ba. e Ma. Pu. e l’Avvocato dello Stato Da. De. Ga.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1.- Con ricorso n. r.g. 151 del 2018 proposto al TAR per la Puglia, Sezione di Bari, la società Te. It. s.r.l., appartenente al gruppo Te. Ph. B.V., leader mondiale della produzione di farmaci equivalenti e di farmaci biotecnologici e biosimilari, ha impugnato la lettera di invito del 14 dicembre 2017, relativa all’appalto specifico n. 2, suddiviso in 746 lotti, indetto da In. S.p.a. per l’acquisizione di farmaci destinati agli enti e alle aziende del SSR Puglia, nell’ambito del Sistema Dinamico di Acquisizione “Prodotti Farmaceutici”, istituito dall’avviso sulla GUUE n. 420594-2016-IT del 30/11/2016, nella parte di interesse, concernente il lotto n. 444.
La società esponeva di essere titolare di AIC per la distribuzione e commercializzazione del medicinale “Lo.”, farmaco di origine biotecnologica a base del principio attivo lipegfilgrastim, coperto da tutela brevettuale fino al 27 gennaio 2019, e appartenente alla categoria farmacoterapica degli immunostimolanti (G-CSF).
Rappresentava che alla stessa categoria farmacoterapica appartengono tre ulteriori diverse formulazioni di G-CSF (il filgrastim, il lenograstim e il pegfilgrastim), tutte riconducibili -compreso il lipegfilgrastim- al gruppo di proteine denominate “citochine” ma consistenti in molecole chimicamente e strutturalmente differenti tra loro (in buona sostanza, in distinti principi attivi).
La ricorrente società affermava che l’allegato 4 alla lettera di invito, pagina 2, che contempla il lotto 444, aveva illegittimamente posto in concorrenza diretta due dei suddetti principi attivi (il pegfilgrastim e il lipegfilgrastim), in violazione del divieto di cui all’art. 15, comma 11-quater del D.L. n. 95 del 6.7.2012, convertito in legge n. 135 del 2012, introdotto dall’art. 1, comma 407, della legge finanziaria n. 232 del dicembre 2016.
Con motivi aggiunti, la ricorrente impugnava anche l’aggiudicazione della gara in favore della controinteressata Am. S.r.l., intervenuta nelle more, ed il parere di equivalenza terapeutica reso dall’AIFA e trasmesso alla Regione il 23 marzo 2017, denunciandone varie illegittimità procedurali, nonché la manifesta incongruenza ed insufficienza dell’istruttoria.
2. – Con ordinanza n. 399 del 9.10.2018, il TAR accoglieva l’istanza cautelare sospendendo la lex di gara limitatamente alla parte impugnata e alla conseguente aggiudicazione del lotto 444.
3. – Con la sentenza in epigrafe, il TAR accoglieva il ricorso sul presupposto che lipegfilgrastim e pegfilgrastim, inseriti nello stesso lotto, sono principi attivi diversi, per i quali vige il divieto di accorpamento nel medesimo lotto di gara, sulla base dell’interpretazione letterale del comma 11-quater dell’art 15, del D.L. n. 95/2012, introdotto dall’art. 1, comma 407, della legge n. 232/2016, entrato in vigore il 1° gennaio 2017.
Quanto all’applicabilità ratione temporis del comma 11-quater citato, il TAR ha affermato che l’impugnazione si riferisce alla lex specialis di cui alla lettera di invito del 14 dicembre 2017, successiva all’entrata in vigore, avvenuta il 1° gennaio 2017, dell’art. 1, comma 407, della legge finanziaria n. 232 del 2016, che ha introdotto il comma 11-quater dell’art 15 del D.L. n. 95/2012.
Il TAR ha ritenuto fondato il primo motivo di ricorso, con assorbimento delle ulteriori censure (contenute nel secondo motivo del ricorso introduttivo e replicate nel secondo motivo dell’atto di motivi aggiunti), concernenti la validità del giudizio di equivalenza terapeutica rilasciato dall’AIFA in relazione ai principi attivi in discussione.
Il TAR ha affermato, in buona sostanza, che il divieto di accorpamento in unico lotto di cui al comma 11-quater trovi applicazione per tutti i farmaci biologici con differenti principi attivi, e non solo per i “biosimilari”; e ciò in forza del “chiaro dato testuale” della norma e per l’estremo rigore che deve presiedere a tutela della salute degli utenti nell’uso dei farmaci biologici, per i quali le evidenze scientifiche non consentono di stabilire rapporti di totale equivalenza, a differenza di quanto avviene per i farmaci di origine chimica, con prevalenza rispetto all’interesse pubblico al contenimento della spesa sanitaria.
Secondo il primo giudice “non può pertanto trovare spazio un approccio ermeneutico di tipo sistematico, teso a valorizzare le disposizioni contenute nel comma che precede l’11 quater in esame; tanto più che il comma 11 ter si limita a porre un principio generale di competenza in materia di equivalenze terapeutiche, non in discussione nel caso di specie, così disponendo: “Nell’adottare eventuali decisioni basate sull’equivalenza terapeutica fra medicinali contenenti differenti principi attivi, le regioni si attengono alle motivate e documentate valutazioni espresse dall’Agenzia italiana del farmaco” (comma 11ter, introdotto dall’art 13 bis, comma 1, del D.L.. 179/2012, convertito in legge n. 221/2012).
Si legge in sentenza che “il divieto di porre in concorrenza due principi attivi differenti, quand’anche con effetti terapeutici equivalenti, ha evidente carattere perentorio e appare dirimente ai nostri fini; considerata la chiarezza del dato testuale insuscettibile di interpretazione (in claris non fit interpretatio).”.
4. – Con l’appello in esame, In. S.p.A. lamenta l’erroneità e ingiustizia della sentenza deducendo i seguenti motivi:
-violazione ed erronea applicazione del comma 11-ter dell’art. 15 del D.L. n. 95 /2012 e del successivo comma 11-quater, introdotto dall’art. 1, comma 407, della l. n. 232 del 2016 – incongruenza del metodo logico-argomentativo ed erronea presupposizione di fatto e di diritto – contraddittorietà e illogicità della motivazione.
L’appellante afferma, innanzitutto, l’inapplicabilità alla fattispecie dell’art. 1, comma 407, della l. 232 del 2016 (che ha introdotto il divieto per cui è causa), entrata in vigore l’1.1.2017, perché il bando e il disciplinare sono stati pubblicati in GUUE prima dell’entrata in vigore della norma (il 30.11.2016).
La norma, inoltre, riguarderebbe i farmaci “biosimilari”, non i farmaci biologici originatori, come il pegfilgrastim e lipegfilgrastim, oggetto del lotto unico, tra cui non esiste rapporto di biosimilarità .
Il TAR non ha considerato adeguatamente che l’art. 15, comma 11-ter, D.L. 95/2015 (sulla base del quale sono state emanate dall’AIFA le determinazioni 204 del 6 marzo 2014 e n. 818 del 23 maggio 2018 – sui criteri da utilizzare per stabilire l’equivalenza terapeutica tra principi attivi diversi) è norma che, invece, impone la formulazione di un unico lotto per principi attivi diversi quando vi è il parere AIFA di equivalenza terapeutica.
Nessun danno per la salute pubblica è paventabile allorché vi sia il parere favorevole di AIFA che dichiari l’equivalenza terapeutica dei farmaci con diversi principi attivi e sia comunque garantita la libertà prescrittiva del singolo medico, che potrà individuare le aree di utilizzo specifico di ciascun principio attivo.
Viceversa, l’impossibilità per la Regione di acquisire i farmaci mediante accorpamento in unico lotto e creando la concorrenza tra le case farmaceutiche comporterebbe la perdita di un significativo strumento di risparmio sulla spesa sanitaria. Per tali ragioni il Consiglio di Stato, con ordinanze n. 205/2019 e n. 213/2019, ha sospeso l’esecuzione delle sentenze del TAR Piemonte n. 1173/2018 e 1176/2018 relative a procedure di gara analoghe.
5. – Resiste in giudizio la società Te. It. S.r.l. che chiede il rigetto dell’appello.
La società sostiene che i farmaci inseriti illegittimamente nel lotto unico 444 sono farmaci con differenti principi attivi; in tal caso, il divieto di “lotto unico” scaturisce dalla origine biologica della sostanza attiva e dunque vale per i medicinali biologici “originatori” non meno che per i “biosimilari”.
Peraltro, il giudizio di biosimilarità è diverso dal giudizio di equivalenza terapeutica, che viene reso al di fuori dei rigidi criteri scientifici e regolatori previsti dalla normativa europea per la valutazione di biosimilarità da parte del competente organo europeo (EMA).
In subordine, la Società resistente ripropone i motivi di impugnazione formulati in primo grado (e dichiarati assorbiti) avverso il giudizio di equivalenza terapeutica dei due farmaci espresso da AIFA.
Viene riproposto anche il motivo concernente la violazione dell’art. 7 e ss. della l. 241 del 1990 per violazione del diritto alla partecipazione procedimentale, non essendovi nemmeno la prova della intervenuta pubblicazione del parere preliminare da parte di AIFA. Difatti, non sarebbe nota la data del parere (che AIFA fa risalire alla seduta della CTS dell’ottobre 2016, di cui mancano però la data della seduta e il relativo verbale).
In ogni caso, il giudizio di equivalenza terapeutica sarebbe illegittimo per manifesta illogicità e macroscopico errore.
5.1 – Da ultimo, con memoria del 3 giugno 2019, la Società resistente segnala un fatto nuovo sopravvenuto da cui discenderebbe l’inammissibilità dell’appello per sopravvenuta carenza di interesse in capo all’appellante.
La Regione Puglia ha deliberato di procedere all’acquisto di medicinali a base di pegfilgrastim aderendo alla gara regionale indetta dalla Società di committenza regionale del Piemonte con deliberazione n. 73 del 2019, nell’ambito del Sistema Dinamico di Acquisizione già in essere (gara 06-2018). Inoltre, la SCR ha indetto una nuova procedura per il solo lotto relativo al pegfilgrastim (significativamente, i due farmaci in quella gara sono stati aggiudicati con lotti separati) a seguito dell’entrata in commercio di un biosimilare a base di pegfilgrastim.
Nessuna utilità, pertanto, potrebbe trarre la Regione dagli atti di gara per cui è causa, annullati dal primo giudice.
6. – Si è anche costituita in giudizio l’AIFA con memoria formale.
7. – Alla pubblica udienza del 20 giugno 2019, la causa è stata decisa.
DIRITTO
1.- L’appello merita accoglimento.
2.- Preliminarmente, va respinta l’eccezione di improcedibilità dell’appello per sopravvenuta carenza di interesse in capo all’appellante, sollevata dalla controparte Te. It. S.r.l. con memoria depositata il 3 giugno 2019.
Non è dimostrato, infatti, che la Regione non abbia più interesse alla decisione della controversia.
Per la natura dell’appalto, sostanzialmente diretto al convenzionamento con le case farmaceutiche aggiudicatarie, non viene meno l’interesse della stazione appaltante alla definizione del giudizio per la sola circostanza che la Regione abbia aderito ad altra procedura di convenzionamento indetta dalla Regione Piemonte: in difetto di atti di revoca e/o di atti di recesso, l’interesse all’attivazione della Convenzione-quadro deve presumersi ancora esistente.
La procedura di gara in esame è finalizzata all’acquisto di farmaci mediante convenzioni-quadro di durata biennale (prorogabili fino ad un massimo di quattro anni) da stipularsi con il soggetto aggregatore In. S.p.a., al minor prezzo, con predeterminazione di quantitativi massimi annuali di farmaci per singolo lotto, indicati in via presuntiva.
Nella lettera di invito è espressamente inserita la clausola secondo cui, poiché all’atto della attivazione della Convenzione-quadro potrebbero essere in corso di validità contratti già stipulati da Enti o aziende del SSR aventi ad oggetto gli stessi prodotti farmaceutici oggetto della procedura, questi dovranno recedere da tali contratti nel caso in cui, in esito alla gara, In. S.p.A. dovesse ottenere condizioni, prezzi o parametri migliorativi rispetto a quelli dei contratti già stipulati.
La clausola prevede, inoltre, che non si farà luogo a recesso ove i fornitori acconsentano alla rinegoziazione dei contratti in essere al fine di allinearlo alle condizioni ottenute a seguito dell’aggiudicazione del presente contratto.
Tale condizione deve ritenersi applicabile anche al caso in cui non siano già in essere altri contratti, ma sia in corso la relativa procedura di aggiudicazione.
Alla luce di tale clausola, non può escludersi, dunque, l’interesse agli atti di questa procedura fintantoché non sarà valutata dalla Regione la convenienza ad avvalersi dell’uno o dell’altro strumento di approvvigionamento.
3. – Sul profilo concernente l’applicabilità alla gara, ratione temporis, della norma di cui al comma 11-quater dell’art. 15 del del D.L. 95 del 2012, convertito in legge 7 agosto 2012 n. 135, come introdotto con l’art. 1, comma 407, della legge 11 dicembre 2016 n. 232, il Collegio condivide le considerazioni del primo giudice.
La gara per l’aggiudicazione dell’appalto specifico n. 2, all’interno del quale è inserito il lotto 444 per cui è controversia, è stata avviata con la lettera di invito del 14 dicembre 2017 impugnata e non con gli atti prodromici, rivolti all’istituzione del Sistema Dinamico di Acquisizione (SDA) ex artt. 55 e 61 D.Lgs. n. 50/2016 (bando risalente al novembre 2016).
A seguito della comunicazione prot. 261618/UORS del 14.11.2017 della Direzione Generale della ASL BA capofila, con cui sono stati inviati i documenti relativi ai farmaci da inserire nell’appalto specifico, In. S.p.A. ha proceduto, nell’ambito del SDA prodotti farmaceutici, con determina del C.d.A. del 15.11.2017, verbale N. 004, a bandire la gara – appalto specifico n. 2 – per l’acquisto dei suddetti farmaci.
La lettera di invito ha individuato i lotti e dettato le specifiche della gara (modalità di presentazione delle offerte, documentazione dei requisiti richiesta, requisiti dei prodotti, cauzione, criterio di aggiudicazione, regole della procedura di aggiudicazione, condizioni generali e particolari del contratto, etc.).
Pertanto, il bando e la lettera di invito dell’appalto specifico n. 2 sono stati adottati in epoca successiva all’entrata in vigore della norma della cui applicazione si tratta (art. 1, comma 407, della legge 11 dicembre 2016 n. 232 che ha introdotto il comma 11-quater dell’art. 15 del D.L. 95 del 2012, entrato in vigore il 1° gennaio 2017).
Per il principio secondo cui le procedure di gara devono essere espletate sulla base della normativa in vigore alla data di pubblicazione della legge di gara, deve concludersi che trova applicazione nel caso in esame la disciplina dell’art. 15, comma 11-quater citato.
4. – Per quanto concerne il merito della questione, ovvero se la fattispecie ricada sotto le previsioni del divieto di cui all’art. 15, comma 11-quater, è dirimente, innanzitutto, acclarare senza equivoci la natura dei farmaci oggetto del lotto 444 e, in particolare, se trattasi di “farmaci biologici originatori” con differenti principi attivi, oppure di farmaci “biosimilari” con differenti principi attivi.
Per un verso, sia il primo giudice che le parti concordano sulla circostanza che si tratti di differenti principi attivi.
Tuttavia, il giudice e parte appellata adombrano che i farmaci di cui si discute siano “biosimilari” con diversi principi attivi, o quantomeno “biologici” assimilabili nella disciplina ai “biosimilari.
Al contrario, l’appellante In. S.p.A. sostiene che lipegfilgastrim e pegfilgrastim sono due diversi principi attivi biologici “originatori” o “di riferimento”, non ricadenti nella previsione espressa della norma in questione, che riguarda solo i farmaci “biosimilari”.
Per altro verso, occorre chiarire il significato ermeneutico, letterale e teleologico, della norma di cui al citato comma 11-quater e l’ambito della sua applicazione.
In definitiva, il contrasto tra le parti concerne essenzialmente l’estensione del divieto di accorpamento in unico lotto di farmaci biologici con differenti i principi attivi: il divieto si applicherebbe a tutti i farmaci biologici, siano o meno “biosimilari”, secondo la tesi di Te. It. S.r.l., accolta dal TAR; mentre il divieto riguarderebbe solo la sottocategoria dei “biosimilari”, secondo la tesi dell’appellante In. S.p.A..
5. – Il Collegio, sulla scorta delle considerazioni che seguono, ritiene che vada innanzitutto affermato con chiarezza che Loquex (lipegfilagristim) e Neulasta (pegfilagstrim) sono farmaci “biologici originatori” o “di riferimento” con differenti principi attivi.
Così vengono definiti da AIFA nel parere del marzo 2017, reso sul quesito posto dalla Regione circa l’equivalenza terapeutica dei principi attivi ai fini della predisposizione degli atti di gara.
Pegfilgrastim è una forma di filgrastim a durata prolungata ottenuta legando una molecola di G-CSF umano ricombinante con una molecola di polietilenglicole (PEG).
Il principio attivo del Lipegfilgrastim è un coniugato covalente di filgrastim** e metossi polietilenglicole (PEG), legati mediante un linker carboidratico.
Si tratta di principi attivi appartenenti tutti alla medesima categoria farmacoterapeutica (immunostimolanti, fattori stimolanti le colonie), ma con diverso Codice ATC (L03AA14 lipegfilgrastim; L03AA13 lipegfilgrastim) e con meccanismo di azione in parte differente: per es., Lipegfilgrastim, pur legandosi al recettore umano del G-CSF, come filgrastim e pegfilgrastim, è una forma di filgrastim a durata prolungata, dovuta a una ridotta clearance renale.
5.1. – I farmaci biologici “di riferimento” rappresentano una categoria concettualmente e concretamente più ampia rispetto ai “biosimilari” e la disciplina relativa alle gare di acquisto risente di tale differenza (cfr. determina AIFA 818 del 2018).
Il principio attivo è il componente dei medicinali da cui dipende l’azione curativa, il medicinale vero e proprio, a differenza degli eccipienti che sono invece componenti inattivi, privi di azione farmacologica, con funzioni secondarie.
E’ noto che il principio attivo dei farmaci biologici è una sostanza prodotta o estratta da una sorgente biologica e che, a differenza dei farmaci tradizionali costituiti da piccole molecole prodotte tramite sintesi chimica, la maggior parte dei biofarmaci ottenuti tramite biotecnologie che operano su sistemi viventi, presentano numerosi aspetti di eterogeneità legati alla cellula ospite utilizzata, alle condizioni di crescita e fermentazione, alle differenti metodiche di purificazione.
Queste procedure presentano elementi di unicità non trasferibili da un laboratorio all’altro, contribuendo a determinare l’unicità del prodotto.
L’unicità del prodotto rileva anche sotto il profilo dell’immunogenecità (capacità di indurre una reazione immunitaria nell’organismo del paziente in dipendenza di vari fattori: la qualità del composto, il processo di produzione, la durata del trattamento, la sede di somministrazione…)
I farmaci biologici richiedono per la peculiarità dei principi attivi, un particolare controllo di qualità tra cui indicazioni sul processo di produzione, poiché il processo produttivo determina l’unicità del prodotto. Ne consegue che la stessa molecola ottenuta da aziende diverse o dalla stessa azienda in seguito a modifiche di processo può presentare modificazioni strutturali significative e quindi differenti caratteristiche di sicurezza e efficacia.
I farmaci biologici per la variabilità intrinseca delle molecole e per la complessità delle tecniche di produzione sono particolarmente difficili da caratterizzare e riprodurre.
Un “biosimilare” e il suo prodotto “originatore” essendo ottenuti mediante processi produttivi inevitabilmente differenti non sono uguali, ma altamente simili in termini di qualità, sicurezza ed efficacia.
La particolarità dei farmaci biologici ha fatto sì che, dal punto di vista regolatorio, viene riservata una maggiore attenzione, in fase di registrazione di un farmaco biotecnologico e anche di un biosimilare, alla caratterizzazione del principio attivo rispetto a quanto avviene per i farmaci di origine chimica. Per questi si richiedono gli stessi dati con l’aggiunta, per il biosimilare, del comparability exercise (strumento di confronto attraverso diverse tappe delle modifiche al processo di produzione operate dallo stesso produttore o da produttori diversi che comprendono la comparabilità fisico-chimica e biologica, la comparabilità di studi non clinici, studi clinici, studi di immunogenicità ).
Il concetto chiave della comparabilità è che il prodotto biosimilare non deve presentare alcuna differenza clinica significativa rispetto all’originatore.
La normativa sulla registrazione dei biosimilari è comunitaria. Il fondamento si trova nell’articolo 10(4) della direttiva 2001/83 (come modificata dalla direttiva 2004/27/CE che disciplina il tipo e la qualità dei dati supplementari da fornire, secondo le linee direttrici dettagliate dettate da EMA, per dimostrare la similarità del biologico al suo biologico di riferimento, a causa delle differenze attinenti alle materie prime e o alle differenze nei processi di produzione.
Per i “biosimilari”, dunque, l’equivalenza terapeutica rispetto all’originatore è valutata a monte, al momento in cui viene accertata da EMA la biosimilarità .
In tale caso, afferma l’AIFA, “l’identità del principio attivo, della forma farmaceutica e la prova della bioequivalenza, dimostrate in sede di rilascio dell’AIC, assorbono e rendono superflua ogni ulteriore valutazione in ordine all’equivalenza terapeutica del medicinale generico rispetto al farmaco di riferimento e così pure del biologico di riferimento e del biosimilare” (cfr. determina AIFA n. 818 del 2018).
Per tale categoria (farmaco biologico di riferimento e corrispondenti biosimilari con lo stesso principio attivo) non si pone il divieto di accorpamento in unico lotto, che anzi la norma di cui all’art. 15, comma 11-quater, pone come regola (lett. a, b, e), pur in presenza delle differenze inevitabili, dovute al processo di produzione, che caratterizza, come si è già detto, la “riproduzione” dei principi attivi biologici.
Invece, l’equivalenza terapeutica dei biologici “originatori” aventi differenti principi attivi (o dei biologici originatori e rispettivi biosimilari nei confronti di altri biologici originatori e rispettivi biosimilari, con differenti principi attivi), non essendo oggetto di valutazione a monte da parte dell’organo regolatore europeo (EMA), costituisce oggetto di specifica valutazione da parte dell’AIFA ai fini delle procedure di acquisto (art. 15, comma 11-ter, citato; Determina AIFA 808 del 2018, Allegato 1, pag. 1).
5.2 – Ulteriore corollario, per quanto sopra detto, è rappresentato dalla considerazione che la differenza esistente tra diversi principi attivi biologici “originatori” diviene ancora più consistente allorchè si confrontino tra loro “biosimilari” con principi attivi differenti.
In tale caso, le criticità dovute alla “biosimilarità “, di cui si è detto, rendono ragionevole la massima cautela in tema di equivalenza e, in definitiva, rendono ragionevole il divieto di accorpamento in unico lotto ai fini dell’acquisto in concorrenza.
La norma di cui al comma 11 – quater è frutto del contemperamento di contrapposti interessi pubblici: l’uno, alla rigorosa tutela della salute a fronte di innovazioni tecnologiche così recenti e ancora non del tutto ben decifrate; l’altro, al contenimento della spesa sanitaria che deriverebbe dall’incentivare l’uso dei “biosimilari” e dalla possibilità di acquisto in concorrenza.
La composizione di tali interessi ha dato luogo alla prevalenza dell’interesse alla salute pubblica.
Il dato testuale dell’art. 15, comma 11 quater, che pone il divieto di lotto unico, si riferisce ai farmaci “biosimilari” con differenti principi attivi, per i quali occorre una cautela ancora maggiore nel valutare l’equivalenza terapeutica nel confronto tra loro, vista l’impossibilità di una fedele riproduzione dei principi attivi generatori.
5.3 – Alla luce delle considerazioni che precedono non è condivisibile l’affermazione conclusiva del giudice di primo grado secondo cui “Il divieto di porre in concorrenza due principi attivi differenti, quand’anche con effetti terapeutici equivalenti, ha evidente carattere perentorio e appare dirimente ai nostri fini; considerata la chiarezza del dato testuale insuscettibile di interpretazione (in claris non fit interpretatio)”.
Il dato testuale, infatti, è rappresentato dai farmaci “biosimilari” con differenti principi attivi e non dai farmaci “biologici” in generale, con differenti principi attivi; né può ritenersi che il termine non sia stato usato dal Legisaltore in funzione propriamente tecnica.
In base ai canoni dell’interpretazione, ove il Legisaltore avesse voluto riferirsi a tutti i farmaci biologici e non solo a quelli “biosimilari”, lo avrebbe detto esplicitamente e in modo appropriato, usando l’espressione ” farmaci biologici”.
5.4. – L’art. 15, comma 11- quater, per quanto qui di interesse, così dispone:
“L’esistenza di un rapporto di biosimilarità tra un farmaco biosimilare e il suo biologico di riferimento sussiste solo ove accertato dalla European Medicine Agency (EMA) o dall’Agenzia italiana del farmaco, tenuto conto delle rispettive competenze.
Non è consentita la sostituibilità automatica tra farmaco biologico di riferimento e un suo biosimilare né tra biosimilari.
Nelle procedure pubbliche di acquisto per i farmaci biosimilari non possono essere posti in gara nel medesimo lotto princì pi attivi differenti, anche se aventi le stesse indicazioni terapeutiche. Al fine di razionalizzare la spesa per l’acquisto di farmaci biologici a brevetto scaduto e per i quali siano presenti sul mercato i relativi farmaci biosimilari, si applicano le seguenti disposizioni:
le procedure pubbliche di acquisto devono svolgersi mediante utilizzo di accordi-quadro con tutti gli operatori economici quando i medicinali sono più di tre a base del medesimo principio attivo. A tal fine le centrali regionali d’acquisto predispongono un lotto unico per la costituzione del quale si devono considerare lo specifico principio attivo (ATC di V livello), i medesimi dosaggio e via di somministrazione; (omissis)”
La ratio della norma è quella di incentivare la diffusione dei farmaci biosimilari, una volta decaduta la copertura brevettuale dell’originatore, al fine di realizzare risparmi di spesa grazie alla pratica concorrenziale e alla maggiore diffusione dei medicinali di nuova generazione.
Tuttavia, il dato testuale della norma vieta che con unico lotto possano essere messi in concorrenza tra loro farmaci “biosimilari” con differenti principi attivi.
Il divieto, per quanto già detto, è circoscritto solo a tale sottocategoria di farmaci biologici.
Invece, per i biologici originatori (aventi diversi principi attivi, ma la cui “originalità ” non pone le ulteriori criticità sul piano scientifico e clinico dovute alla “similarità ” a livello del processo produttivo) l’equivalenza terapeutica ai fini dell’acquisto mediante un unico lotto (che non potrebbe essere autonomamente decisa dalla stazione appaltante, per la particolare delicatezza del giudizio tecnico) è subordinata alla previa valutazione di equivalenza da parte dell’AIFA, ex art. 15, comma 11-ter.
Il comma 11- ter dispone, infatti, che “Nell’adottare eventuali decisioni basate sull’equivalenza terapeutica fra medicinali contenenti differenti princì pi attivi, le regioni si attengono alle motivate e documentate valutazioni espresse dall’Agenzia italiana del farmaco.”
5.5 – La giurisprudenza del Consiglio di Stato, in applicazione della disciplina qui richiamata, ha affermato che affinché un farmaco biosimilare possa concorrere alla integrazione del numero minimo che, ai sensi della norma citata, impone il ricorso alla procedura dell’accordo-quadro e quindi, a fortiori, alla composizione di un unico lotto, esso deve fondarsi sull’identico principio attivo sul quale si basa il farmaco “originator”. (C.d.S. III Sez. n. 871 del 5.2.2019)
Invece, non è esclusa la possibilità di mettere in gara con unico lotto farmaci biologici “originatori” con diversi principi attivi (secondo la regola dell’equivalenza); tuttavia, la valutazione di equivalenza non è rimessa alla valutazione della stazione appaltante, ma è subordinata al parere dell’AIFA, organo competente ex art. 15, comma 11 ter.
Il parere dell’AIFA deve precedere la gara e, in mancanza, diversi principi attivi non possono essere messi in competizione tra loro. La lacuna non potrebbe essere colmata da un riconoscimento ex post dell’AIFA, dovendo l’equipollenza precedere l’indizione della gara (cfr. CDS, Sez. III, n. 4459 del 28.6.2019; Consiglio di Stato sez. III, 11/05/2018, n. 2820; parere della I sezione del C.d.S. n. 3992/2006 del 20 giugno 2007; cfr. anche determine AIFA 204/2004 e 818 /2018).
5.6. – In linea con tale ricostruzione sistematica della normativa e con la giurisprudenza ormai consolidata della Sezione, ritiene il Collegio che nella fattispecie sia legittima la procedura di acquisto mediante lotto unico del pegfilgrastim (Neulasta) e del lipegfilgrastim (Lo.), sulla scorta dell’equivalenza terapeutica degli stessi accertata dalla Commissione Tecnico Scientifica di AIFA nella seduta dell’ottobre 2016, cui fa riferimento la nota del 23.3.2017, protocollata dalla Regione Puglia il 24.3.2017 (prot. N. 1607), in esito alla richiesta dell’Agenzia del servizio politiche del farmaco della stessa Regione del 13 febbraio 2017, richiesta che è stata formulata in vista dell’avvio delle procedure aggregate per l’acquisto dei farmaci in questione.
Nel parere reso dall’AIFA si legge testualmente: “L’indicazione terapeutica posta in equivalenza dalla Regione Puglia ” riduzione della durata della neutropenia e dell’incidenza di neutropenia febbrile in pazienti trattati con chemioterapia citotossica standard per affezioni maligne – con eccezione della LMC e delle sindromi mielodisplastiche” risulta coincidente con quelle riportate nel punto 4.1. del riassunto delle caratteristiche del prodotto delle specialità a base di pegfilgrastim e lipefilgrastim oggetto di valutazione ed è, pertanto, considerata congrua e sovrapponibile.”.
Ed ancora si legge: ” Le evidenze scientifiche dimostrano che non esistono differenze nel profilo di efficacia e sicurezza dei farmaci a base dei principi attivi pegfilgrastim e lipefilgrastim nella indicazione terapeutica ” riduzione della durata della neutropenia…” nella popolazione adulta.”.
6. – Quanto alla legittimità del parere reso dall’AIFA, le censure mosse dall’appellata non sono apprezzabili.
L’appellata censura il parere sotto il profilo metodologico, procedimentale e motivazionale.
Te. It. S.r.l. sostiene che il parere del CTS sia stato assunto in data imprecisata, in violazione delle regole partecipative e che la valutazione sia stata condotta in modo “confuso”.
6.1 -Va premesso che il parere dell’AIFA ex art. 15, comma 11-ter, ha natura di valutazione tecnico discrezionale e, in quanto tale, è censurabile nell’ambito della giurisdizione di legittimità solo per vizi macroscopici di illogicità e irragionevolezza, travisamento o errori di fatto, inadeguatezza dell’istruttoria e valutazioni abnormi che la rendono inattendibile (per ipotesi di valutazioni tecnico discrezionali, cfr. Consiglio di Stato sez. V, 01/03/2019, n. 1439; Sez. III, 17/12/2018, n. 7102).
Tali vizi non ricorrono nel caso in esame.
6.2. – La data precisa delle valutazioni svolte, in via generale e preliminare, dal Comitato tecnico scientifico dell’AIFA poco rileva ai fini della legittimità del parere reso il 23 marzo 2017, essendo necessario per la legittimità della gara che il detto parere positivo di AIFA sia acquisito dalla stazione appaltante anteriormente alla formulazione della lex di gara ed alla individuazione dei lotti.
Questa condizione è stata rispettata, poiché il parere di equivalenza terapeutica di cui al comma 11-ter è stato reso dall’AIFA in data 23 marzo 2017 e acquisito dalla Regione il successivo 24 marzo, anteriormente alla lettera di invito del 14 dicembre 2017.
6.3. – Quanto al profilo partecipativo, non trova applicazione la norma di cui all’art. 7 l. 241 del 1990, concernente l’obbligo di comunicazione dell’avvio del procedimento ai soggetti nei confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti ed a quelli che per legge debbono intervenirvi.
Il parere dell’AIFA viene reso ad istanza della Regione e non della parte privata e non è previsto dall’art. 15, comma 11-ter il diritto di partecipazione in favore delle case farmaceutiche produttrici dei farmaci oggetto della valutazione di equivalenza terapeutica richiesto ai fini delle gare di acquisto.
Inoltre, il privato non avrebbe potuto apportare alcun contributo al contenuto tecnico-discrezionale del parere.
Emerge dalle difese in giudizio dell’Amministrazione e dallo stesso tenore del parere che la partecipazione del soggetto interessato alla fase istruttoria non avrebbe potuto influire sul contenuto tecnico della valutazione; pertanto, ai sensi dell’art. 21 octies, comma 2, l. n. 241/1990, la violazione dell’art. 7 della l. 241, ove pure fosse ritenuto applicabile, non costituirebbe motivo di annullamento dell’atto.
6.4. – Infine, sotto il profilo della logicità, congruità e sufficienza dell’istruttoria e della motivazione, il parere è diffusamente e dettagliatamente motivato.
Il parere si basa sulla premessa dell’appartenenza dei principi attivi alla stessa categoria farmacologica ATC LO344 – fattori di crescita mieloide (G-CSF): il pegfilgrastim, forma peghilata del filgrastim; il lipegfilgastrim, forma glicopeghilata del filgastrim.
Il parere riporta, quindi, in dettaglio l’analisi comparativa dei G-CSF per ogni indicazione autorizzata e le caratteristiche regolatorie dei diversi prodotti (indicazioni terapeutiche) e l’analisi dei dati emergenti dalla letteratura scientifica, oltre che dalle maggiori Linee Guida, fermo restando che ciascun farmaco deve essere sempre utilizzato nel rispetto delle informazioni contenute nella scheda tecnica.
Non sussistono, dunque, macroscopica irragionevolezza o errore di fatto.
7. – In conclusione, l’appello va accolto.
8. – Le spese del giudizio possono compensarsi tra le parti, attesa la novità delle questioni trattate.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Terza, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, dichiara legittimi gli atti impugnati.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 20 giugno 2019 con l’intervento dei magistrati:
Franco Frattini – Presidente
Massimiliano Noccelli – Consigliere
Paola Alba Aurora Puliatti – Consigliere, Estensore
Stefania Santoleri – Consigliere
Giovanni Pescatore – Consigliere
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