Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|21 giugno 2022| n. 19932.
Grave inadempimento dell’obbligo di trasferimento della proprietà
I promittenti venditori non avevano provato di aver svolto le attività necessarie per la sdemanializzazione della grotta comunale annessa al locale garage, consistenti nel pagamento delle spese per la sdemanializzazione e di tutto quanto occorrente per l’accatastamento. Inoltre, i promittenti venditori non produssero la documentazione necessaria per il trasferimento, né provarono di aver svolto tempestivamente le attività necessarie per il completamento della procedura di vendita, nonostante fosse stato fissato il termine di due anni per la stipula del contratto definitivo. Pertanto, tale comportamento integrava un grave inadempimento dell’obbligo di trasferimento della proprietà del terzo sì da legittimare la risoluzione del contratto.
Ordinanza|21 giugno 2022| n. 19932. Grave inadempimento dell’obbligo di trasferimento della proprietà
Data udienza 15 dicembre 2021
Integrale
Tag/parola chiave: VENDITA – CONTRATTO PRELIMINARE
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente
Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere
Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere
Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere
Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 11038/2017 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS) o in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende;
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 1531/2016 della CORTE D’APPELLO di CATANIA, depositata il 21/10/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15/12/2021 dal Consigliere Dott. RC:)SSANA GIANNACCARI.
Grave inadempimento dell’obbligo di trasferimento della proprietà
FATTI DI CAUSA
Il giudizio trae origine dalla domanda proposta innanzi al Tribunale di Caltagirone da (OMISSIS), promissario acquirente di un locale ad uso garage con annessa grotta, nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS), con la quale chiese dichiararsi la risoluzione del contratto preliminare stipulato inter partes in data 30.10.1990 per inadempimento dei convenuti e la condanna al pagamento del doppio della caparra versata, l’acconto corrisposto e la penale, oltre al risarcimento dei danni.
L’attore espose che il contratto preliminare aveva ad oggetto un locale garage ed una grotta, che i promittenti venditori si erano impegnati a trasferire, previa sdemanializzazione della grotta, entro due anni dalla data di conclusione del preliminare, ovvero in data 31.8.1992.
Tre giorni prima della scadenza, in data 28.8.1992, l’attore convoco’ i promittenti venditori innanzi al notaio ma non fu possibile stipulare il contratto definitivo perche’ questi ultimi omisero di produrre la documentazione necessaria per il trasferimento.
(OMISSIS) e (OMISSIS) si costituirono in giudizio e, in via riconvenzionale, chiesero dichiararsi l’inadempimento dell’attore e la condanna al pagamento della penale.
Il Tribunale di Caltagirone dichiaro’ la risoluzione del contratto per inadempimento dei promittenti venditori.
La Corte d’appello di Catania, con sentenza del 21.10.2016, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ritenne che i promittenti venditori non erano tenuti al pagamento del doppio della caparra in quanto era gia’ prevista in contratto una penale in caso di inadempimento, avente la medesima funzione della caparra e con essa non cumulabile; confermo’, per il resto, le statuizioni del primo giudice.
La Corte distrettuale accerto’ che i promittenti venditori non avevano provato di aver effettuato una serie di attivita’, come il pagamento delle spese per la sdemanializzazione e l’accatastamento, necessarie per il trasferimento della proprieta’ al promissario acquirente, a nulla rilevando che i convenuti fossero stati invitati a presentarsi innanzi al notaio tre giorni prima della scadenza per la stipula del contratto definitive. La Corte osservo’ che, innanzi al notaio, i promittenti venditori nulla dissero in ordine allo stato della pratica ed alle attivita’ dai medesimi svolte mentre, incece, era pacifico che alla data di scadenza fissata nel preliminare essi non avessero adempiuto alle obbligazioni richieste per far acquistare la proprieta’ altrui.
Per la cassazione della sentenza d’appello hanno proposto ricorso (OMISSIS) e (OMISSIS) sulla base di quattro motivi ed hanno depositato memoria illustrativa in prossimita’ dell’udienza.
Ha resistito con controricorso (OMISSIS).
Grave inadempimento dell’obbligo di trasferimento della proprietà
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione degli articoli 1453, 1455 e 1464 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la Corte di merito dichiarato la risoluzione del contratto preliminare per inadempimento dei promittenti venditori nonostante essi fossero stati convocati innanzi al notaio, per la stipula del contatto definitive, tre giorni prima della scadenza prevista nel preliminare, quando avevano ancora la possibilita’ di adempiere. Inoltre, non sarebbe stata verificata la gravita’ dell’inadempimento in relazione alla situazione verificatasi alla scadenza del termine ed al permanere dell’interesse clella parte all’esatto tempestivo adempimento.
Con il secondo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione degli articoli 1256, 1258 e 1464 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto, dopo la proposizione della domanda di risoluzione per inadempimento, i promittenti acquirenti non avrebbero potuto adempiere alla propria obbligazione. Trattandosi di inadempimento parziale, che aveva ad oggetto la sola grotta della superficie di soli otto metri quadri, il promissario acquirente avrebbe potute chiedere la riduzione del prezzo.
Con il terzo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione degli articoli 1479 e 1480 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto il promissario acquirente non avrebbe potuto agire per la risoluzione del contratto prima della scadenza del termine per la conclusione del contratto definitivo ben potendo il promittente venditore, fino a tale momento, adempiere all’obbligazione di fargli acquistare la proprieta’. Trattandosi di cosa parzialmente altrui la corte avrebbe dovuto verificare se l’acquirente avrebbe acquistato il garage anche senza la grotta.
Con il quarto motivo di ricorso, si deduce l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3., perche’ la Corte avrebbe considerato, ai fini dell’inadempimento che la variazione catastale intervenne nel 1998, dopo sei anni dalla scadenza del termine, senza tener conto che dalla domanda di risoluzione per inadempimento, in data 18.9.1992, i promittenti venditori non potevano piu’ adempiere alla proprio obbligazione.
I motivi, che per la loro connessione vanno trattati congiuntamente, sono infondati.
La Corte distrettuale ha qualificato l’accordo intercorso tra le parti come preliminare di vendita di cosa parzialmente altrui in quanto solo una parte del bene, la grotta, era di proprieta’ del Comune di Mineo.
Al contratto preliminare di compravendita
di cosa parzialmente altrui si applica la disciplina prevista dagli articolo 1478 e 1480 c.c., con la conseguenza che il promittente venditore resta obbligato, oltre che alla stipula del contratto definitivo per la parte di bene di sua spettanza, a procurare il trasferimento al promissario acquirente anche della parte rimanente, o acquistandola e ritrasferendola al promissario acquirente, oppure facendo in modo che il comproprietario addivenga alla stipulazione definitiva (Cassazione civile sez. un., 18/05/2006, n. 11624; Cassazione civile sez. II, 29/12/2010, n. 26367).
E’ altresi’ pacifico che siffatto tipo di preliminare non e’ suscettibile di esecuzione in forma specifica almeno fino al momento in cui il promittente venditore non abbia egli stesso acquistato la proprieta’ della cosa che si e’ obbligato a trasferire poiche’ da quell momento viene meno il fatto (ossia l’altruita’ della “res”) ostativo alla sentenza traslativa con effetto immediate (Cassazione civile sez. II” 27/04/2016, n. 8417; Cassazione 5137/81; 51/96).
In ogni caso, il preliminare di vendita di cosa altrui rimane assoggettato all’ordinario regime risolutorio per il caso di inadempimento della obbligazione assunta dal promittente venditore di fare acquistare al promissario acquirente la proprieta’ del bene (Cassazione civile sez. IL 04/09/2017, n. 20701).
E’ coerente con tale ricostruzione sistematica l’affermazione del principio, affermato da costante giurisprudenza, secondo cui e’ precluso al promissario acquirente agire per la risoluzione prima della scadenza del termine per la stipula del definitivo, poiche’ fino a quel momento il promittente venditore potra’ adempiere l’obbligazione di far acquistare il bene, e cio’ indipendentemente dalla soluzione che si intenda dare al problema delle modalita’ con cui tale adempimento deve avvenire, ovvero acquistandola egli stesso dal terzo proprietario o inducendo quest’ultimo a trasferirgliela. (Cassazione civile sez. II, 02/03/2015, n. 4164; Cass. 21179/04; Cass.15035/01; Cass. 13330/00).
A tali principi si e’ uniformata la sentenza impugnata.
La Corte di merito ha accertato che i promittenti venditori non avevano provato di aver svolto le attivita’ necessarie per la sdemanializzazione della grotta annessa al locale garage, di proprieta’ del Comune di Mineo, consistenti nel pagamento delle spese per la sdemanializzazione e di tutto quanto occorrente per l’accatastamento, prescrizioni indicate nel provvedimento del Commissario Regionale, che disponeva la vendita della grotta.
Innanzi al notaio, i promittenti venditori non produssero la documentazione necessaria per il trasferimento, ne’ provarono di aver svolto tempestivamente le attivita’ necessarie per il completamento della procedura di vendita, nonostante fosse stato fissato il termine di due anni per la stipula del contratto definitivo.
Tale comportamento integrava, secondo l’apprezzamento della Corte di merito, un grave inadempimento dell’obbligo di trasferimento della proprieta’ del terzo si’ da legittimare la risoluzione del contratto.
A nulla rileva la circostanza che l’invito innanzi al notaio fosse avvenuto tre giorni prima della data prevista per la stipula del contratto definitivo in quanto, nell’occasione, i promittenti venditori non indicarono quale fosse lo stato della pratica e l’attivita’ da essi svolta svolta per fare acquistare all’attore la proprieta’, sicche’ il mancato trasferimento era dovuto a fatto a loro non imputabile..
La Corte di merito ha accertato- e l’affermazione non e’ attinta da censura – che, alla data di scadenza per la conclusione del contratto definitivo, i promittenti venditori non avevano ancora adempiuto alle obbligazioni assunte con il contratto preliminare.
Non sussiste, pertanto, la prospettata violazione dell’articolo 1453 c.c., in relazione all’impossibilita’ per i promittenti venditori di adempiere il contratto dopo che era stata esercitata l’azione di risoluzione.
Non solo non e’ stato dedotto dai convenuti l’adempimento tardivo, ma, secondo la giurisprudenza di questa Corte, e’ preclusa la possibilita’ di chiedere l’adempimento del contratto solo ove la sua risoluzione sia stata richiesta in via giudiziale e non anche ove la stessa sia stata domandata in via stragiudiziale (Cassazione civile sez. II, 07/02/1979, n. 837). Nel caso di specie, il promissario acquirente, dopo la scadenza del contratto, in data 8.9.1992, si era limitato a comunicare ai promittenti venditori la propria volonta’ di risolvere il contratto. Nell’apprezzare la gravita’ dell’inadempimento, rimessa al giudice di merito sulla base di tutte le circostanze, oggettive e soggettive, dalle quali sia possibile desumere l’alterazione dell’equilibrio contrattuale (ex multis Cassazione civile sez. VI, 24/03/2021, n. 8220), la Corte distrettuale ha tenuto conto della reiterata inerzia dei promittenti venditori rispetto all’obbligo di acquistare la proprieta’ del terzo, sfociata nell’inconsistente difesa, contenuta nell’atto di citazione circa l’appartenenza del suolo a privati e non al Comune, contraddetta dalla dichiarazione contenuta nell’atto d’appello da cui risultava che la data di delibera della sdemanializzazione era antecedente alla data di conclusione del contratto, circostanza che provava la proprieta’ comunale (pag.4-5 della sentenza d’appello).
Ai fini della violazione dell’obbligo di dare esecuzione al contratto e di comportarsi secondo buona fede, e’ stato attribuito rilievo alla circostanza che i promittenti venditori, pur avendo incassato oltre la meta’ del prezzo di vendita, non avessero posto in essere alcuna attivita’ propedeutica al trasferimento del bene, che donarono a terzi nel corso del giudizio.
L’azione di risoluzione costituiva, sussistendone i presupposti, la manifestazione di disinteresse del creditore ad una prestazione parziale.
Il ricorso va pertanto rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate in dispositivo.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis, se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 3500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis, se dovuto
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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