Consiglio di Stato, sezione quinta, Sentenza 2 ottobre 2018, n. 5646.
La massima estrapolata:
Gli indici rivelatori della presenza di un rapporto di pubblico impiego sono: a) un’attività svolta in modo continuativo per un apprezzabile lasso temporale; b) un compenso mensile e predeterminato; c) un servizio prestato in orario e giorni predeterminati; d) il riconoscimento implicito per le modalità di svolgimento del servizio che si tratti di lavoro subordinato: vincolo di subordinazione gerarchica, mansioni corrispondenti a quelle della qualifica rivendicata, evidenziate da ordini di servizio, inserimento stabile nell’organizzazione dell’ente; e) l’esclusività della prestazione lavorativa.
Sentenza 2 ottobre 2018, n. 5646
Data udienza 20 settembre 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quinta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2719 del 2008, proposto da
Se. Fr., rappresentata e difesa dall’avvocato Si. La., con domicilio eletto presso lo studio Placidi, in Roma, via (…);
contro
Comune di (omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Ni. St., con domicilio eletto presso l’avv. Fa. Fi. (studio Legale Co.), in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia -Lecce, Sezione II, n. 00789/2007, resa tra le parti, concernente il riconoscimento ai fini retributivi della sussistenza di un rapporto di pubblico impiego.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 20 settembre 2018 il Cons. Alessandro Maggio e udito per la parte l’avvocato Pe. per delega di La.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con sentenza 6 marzo 2007 n. 789 il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia – Lecce ha respinto il ricorso con cui la sig.ra Fr. Se. aveva chiesto l’accertamento, ai fini retributivi, previdenziali e assistenziali, della sussistenza di un rapporto di pubblico impiego col Comune di (omissis), in conseguenza dell’attività prestata, quale assistente sociale, in forza di reiterate convenzioni susseguitesi nel periodo 20 gennaio 1992 – 30 giugno 1998.
Avverso la sentenza ha proposto appello la sig.ra Se..
Per resistere al gravame si è costituito in giudizio il Comune di (omissis).
Con successive memorie le parti hanno meglio argomentato le rispettive tesi difensive.
Alla pubblica udienza del 20 settembre 2018 la causa è passata in decisione.
Con unico motivo si lamenta che l’adito Tribunale avrebbe erroneamente omesso di considerare tutti gli indici rivelatori di un rapporto di pubblico impiego addotti dall’odierna appellante.
Quest’ultima avrebbe, infatti, indicato, oltre agli elementi espressamente presi in considerazione dal giudice di prime cure, i seguenti ulteriori indici rivelatori:
a) la previsione contenuta nelle varie convenzioni intervenute concernente il rimborso delle spese sostenute per le missioni autorizzate e svolte, la corresponsione della relativa indennità e la facoltà di avvalersi del personale e dei mezzi comunali per l’espletamento del servizio;
b) la sussistenza di atti provenienti dall’autorità comunale idonei a comprovare lo stabile inserimento nella struttura comunale (nota sindacale 23 aprile 1992 con la quale la sig.ra Se. era stata invitata a esprimere parere su alcune richieste di sussidio economico; ordine di servizio in data 23 settembre 1994 col quale si stabiliva che la medesima accompagnasse gli anziani alle terme di (omissis) prefissando l’orario di partenza; nota 8 luglio 1992 col quale il Segretario Capo chiedeva all’odierna istante la compilazione delle schede relative ai carichi di funzionali di lavori in qualità di responsabile del servizio sociale e culturale; nota 21 settembre 1992 con cui il Sindaco aveva disposto che un autista fosse a disposizione della sig.ra Se. per l’accompagnamento degli anziani; nota del 14 luglio 1997 con la quale quest’ultima era stata invitata ad una riunione per concordare, assieme agli altri responsabili degli uffici, le modalità di utilizzo dei beni mobili del Comune);
c) l’esistenza di numerosi atti adottati direttamente dall’appellante o sulla base del parere di regolarità tecnica dalla medesima reso;
d) le determinazioni 23 novembre 1993 n. 345 e 29 ottobre 1998 n. 68, aventi ad oggetto la liquidazione delle tabelle di missione, nelle quali la sig.ra Se. figurava tra i dipendenti comunali;
e) la deliberazione consiliare 8 agosto 1991 n. 46, annullata dall’organo di controllo, con la quale il Comune aveva riconosciuto la sussistenza di un rapporto di pubblico impiego con la medesima sig.ra Se.;
f) le delibere 14 aprile 1992, n. 138/bis e 18 giugno 1992, n. 201 con le quali la Giunta municipale aveva sanato le prestazioni lavorative dalla medesima rese come assistente sociale in periodi non coperti da convenzione.
g) la vacanza del posto in pianta organica.
La doglianza così sinteticamente riassunta non merita accoglimento.
In base ad una consolidata giurisprudenza da cui la Sezione non intende discostarsi indici rivelatori della presenza di un rapporto di pubblico impiego sono: a) un’attività svolta in modo continuativo per un apprezzabile lasso temporale; b) un compenso mensile e predeterminato; c) un servizio prestato in orario e giorni predeterminati; d) il riconoscimento implicito per le modalità di svolgimento del servizio che si tratti di lavoro subordinato: vincolo di subordinazione gerarchica, mansioni corrispondenti a quelle della qualifica rivendicata, evidenziate da ordini di servizio, inserimento stabile nell’organizzazione dell’ente; e) l’esclusività della prestazione lavorativa (fra le tante, Cons. Stato, V, 5 aprile 2017 n. 1601 e 30 maggio 2016, n. 2275).
Nel caso di specie, non è stata fornita adeguata prova della sussistenza dei predetti indici sintomatici, non essendo sufficienti, a tal fine, gli ulteriori elementi non considerati dal giudice di prime cure a cui si è fatto riferimento nell’atto d’appello.
Questi ultimi, infatti, non risultano idonei a dimostrare l’esclusività della prestazione lavorativa, l’esistenza in concreto di un effettivo vincolo di subordinazione gerarchica, la corrispondenza delle mansioni svolte a quelle della qualifica di cui si rivendica il trattamento retributivo.
A quanto sopra è appena il caso di aggiungere che nessun elemento a sostegno della tesi dell’appellante può trarsi dalla deliberazione consiliare 8 agosto 1991 n. 46, con la quale il Comune aveva riconosciuto che l’attività da costei svolta avesse le caratteristiche di un rapporto di pubblico impiego, sia perché la configurabilità di un tale rapporto non dipende da come l’amministrazione l’abbia formalmente qualificato, ma dai suoi contenuti sostanziali, sia perché comunque l’atto è stato annullato dall’organo di controllo.
L’appello va, pertanto, respinto.
Restano assorbiti tutti gli argomenti di doglianza, motivi od eccezioni non espressamente esaminati che il Collegio ha ritenuto non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.
Sussistono eccezionali ragioni per disporre l’integrale compensazione di spese e onorari di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 20 settembre 2018 con l’intervento dei magistrati:
Giuseppe Severini – Presidente
Claudio Contessa – Consigliere
Paolo Giovanni Nicolò Lotti – Consigliere
Raffaele Prosperi – Consigliere
Alessandro Maggio – Consigliere, Estensore
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