Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|2 marzo 2023| n. 6312.
Giudice d’appello in riforma della statuizione di primo grado d’inammissibilità della testimonianza sulla simulazione
Qualora il giudice d’appello, in riforma della statuizione di primo grado d’inammissibilità della testimonianza ex art. 1417 c.c., abbia ammesso la prova testimoniale della simulazione, la parte appellata che, resistendo al gravame, ha insistito per la conferma della decisione è tenuta ad eccepire la nullità della pronuncia di ammissione, ai sensi dell’art. 157, comma 2, c.p.c., nella prima istanza o difesa successiva all’assunzione della prova. (In applicazione di tale principio in un processo soggetto al rito del lavoro, la S.C. ha affermato l’inammissibilità dell’eccezione – sollevata per la prima volta in sede di legittimità – di nullità della testimonianza, che la parte avrebbe dovuto proporre nel grado d’appello al momento della precisazione delle conclusioni all’udienza di discussione).
Ordinanza|2 marzo 2023| n. 6312. Giudice d’appello in riforma della statuizione di primo grado d’inammissibilità della testimonianza sulla simulazione
Data udienza 19 gennaio 2023
Integrale
Tag/parola chiave: Fondo rustico – Contratto di affitto – Conduttore non coltivatore diretto – Art. 3, comma 1, della l. n. 606 del 1996 – Requisito della forma scritta ad probationem – Lex specialis circa la forma del contratto – Prevalenza sulla disposizione del codice civile di cui all’art. 1350 n. 8
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FRASCA Raffaele – Presidente
Dott. SESTINI Danilo – Consigliere
Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – rel. Consigliere
Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere
Dott. ROSSELLO Carmelo Carlo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16895-2020 R.G. proposto da:
(OMISSIS), rappresentato e difeso, giusta delega in calce al ricorso, dall’avv. Michele Tamponi, elettivamente domiciliato presso il suo studio in Roma, via Attilio Friggeri, n. 106;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), rappresentato e difeso, giusta delega in calce al controricorso, dall’avv. Cesare Boschi e dall’avv. Graziella Meloni, elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. Cecilia Maria Vittoria Masala, in Roma, via Tavernerio, n. 14;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Cagliari Sezione Distaccata di Sassari – Sezione Specializzata Agraria – n. 565/2019, pubblicata in data 23 dicembre 2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19 gennaio 2023 dal Consigliere Dott.ssa Pasqualina A. P. Condello.
Giudice d’appello in riforma della statuizione di primo grado d’inammissibilità della testimonianza sulla simulazione
Fatti di causa
1. (OMISSIS) ricorre, con sei motivi, nei confronti di (OMISSIS), per la cassazione della sentenza n. 565-2019 pronunciata dalla Corte d’appello di Cagliari – Sezione Specializzata Agraria, con la quale, in totale riforma della sentenza di primo grado, e’ stata respinta la domanda di rilascio del fondo, dallo stesso proposta, ed e’ stata accertata la sussistenza di un contratto di affitto agrario concluso tra le parti in data (OMISSIS), con scadenza al (OMISSIS).
Riferisce il ricorrente che: con scrittura privata del (OMISSIS) aveva concesso in comodato gratuito a (OMISSIS) un appezzamento di terreno e che, alla scadenza, non avendo il (OMISSIS), benche’ sollecitato, restituito il fondo, lo aveva convenuto in giudizio dinanzi al Tribunale di Tempio Pausania al fine di ottenere il rilascio del terreno; il giudice di primo grado, a seguito di dichiarata competenza della Sezione specializzata agraria su eccezione in tal senso sollevata dal convenuto, aveva ritenuto fondata la domanda di parte attrice, escludendo che potesse essere provata per testi – come richiesto dal (OMISSIS) – l’esistenza di un accordo dissimulato avente ad oggetto la corresponsione di una controprestazione a fronte dell’utilizzazione del fondo, e aveva condannato il (OMISSIS) al rilascio.
2. I giudici d’appello, in sintesi, dopo avere rilevato che la controversia soggiaceva al rito speciale del lavoro e che, ai fini della prova della simulazione, l’articolo 421 c.p.c. consentiva al giudice di ammettere ogni mezzo di prova al di fuori dello specifico limite di cui all’articolo 1417 c.c., hanno osservato che, erroneamente, il Tribunale aveva disatteso le istanze istruttorie formulate volte a dimostrare la simulazione del contratto sottoscritto in data (OMISSIS), nonche’ l’effettiva natura dell’accordo, ed hanno ritenuto che i documenti prodotti e le testimonianze raccolte in grado di appello consentissero di affermare la sussistenza di un rapporto di affitto agrario tra le parti. Hanno, quindi, affermato: âEuro¹âEuro¹essendo il (OMISSIS) un imprenditore agricolo (come risulta dagli atti) ed essendo stato il contratto stipulato nella forma scritta, prevista dalla legge per la validita’ dei contratti agrari, deve ritenersi provata l’esistenza di un contratto agrario, non essendo infatti verosimile che i fondi fossero stati rimessi dal comodante nella detenzione del (OMISSIS), perche’ egli se ne servisse, gratuitamente, custodendolo e traendone frutti senza alcun versamento del canoneâEuroºâEuroº; concludendo che il rapporto contrattuale intercorso tra le parti non fosse da considerarsi precario, ma riconducibile all’ipotesi di affitto agrario sorto nel 2006 e proseguito ininterrottamente per quindici anni, con scadenza per legge nell’annata agraria 2021.
3. (OMISSIS) resiste con controricorso.
4. La trattazione e’ stata fissata in camera di consiglio ai sensi dell’articolo 380-bis.1. cod. proc civ..
Non sono state depositate conclusioni dal Pubblico Ministero.
Il ricorrente ha depositato memoria ex articolo 380-bis.1. cod. proc. civ..
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Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo, deducendo la âEuro¹âEuro¹violazione o falsa applicazione degli articoli 1350 e 1417 c.c., L. 3 maggio 1982, n. 203, 23 e 41, 409 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3âEuroºâEuroº, il ricorrente censura la decisione impugnata nella parte in cui la Corte d’appello ha ritenuto che potesse essere dimostrata a mezzo prova orale la simulazione del contratto sottoscritto in data (OMISSIS) e l’effettiva esistenza tra le parti di un contratto di affitto agrario.
Evidenzia, al riguardo, che: ricadono sotto la disciplina del rito del lavoro ex articolo 409 c.p.c. soltanto i rapporti di affitto a coltivatore diretto e che ne’ il (OMISSIS) ha provato di esserlo, ne’ la Corte d’appello gli ha attribuito tale qualificazione; la Corte non ha tenuto conto della distinzione fra affitto a coltivatore diretto e affitto a conduttore non coltivatore diretto ed ha omesso di considerare che, a tenore della L. n. 606/1966, articolo 3 – disposizione che non puo’ ritenersi derogata dall’articolo 421 c.p.c. – tale ultimo contratto âEuro¹âEuro¹deve essere provato per iscrittoâEuroºâEuroº. Sottolinea pure che la L. n. 203/82, articolo 23 chiarisce espressamente che al contratto di affitto a conduttore non coltivatore diretto âEuro¹âEuro¹si applicano le norme previste negli articoli 3, 5, 15, 16, 17, 18, 20, 21, 42, 43 e 45âEuroºâEuroº, con la conseguenza che non puo’ trovare ad esso applicazione l’articolo 41, norma di natura eccezionale diretta a riconoscere validita’ all’affitto agrario ultranovennale stipulato verbalmente solo e soltanto se concernente un coltivatore diretto. Il citato articolo 41, comportando una radicale deroga al principio generale di cui agli articoli 1350, nn. 8 e 9, e 2643 nn. 8 e 10 c.c., si atteggia come norma eccezionale, che, in quanto non richiamata dall’articolo 23, non puo’ trovare applicazione ai contratti di affitto a conduttore non coltivatore. Di conseguenza, secondo la prospettazione del ricorrente, âEuro¹âEuro¹i contratti d’affitto di fondo rustico a conduttore non coltivatore diretto, se infrannovennali, richiedono la forma scritta ad probationem tantum, come previsto dalla L. n. 606/1966, articolo 3, comma 1, e se quindicennali richiedono la forma scritta ad substantiam, ricadendo integralmente sotto il regime dell’articolo 1350 c.c., con l’ineludibile corollario che la prova della simulazione non puo’ essere fornita verbalmenteâEuroºâEuroº. A cio’ aggiunge che e’ la stessa Corte d’appello a precisare che il contratto e’ stato âEuro¹âEuro¹stipulato nella forma scritta, prevista dalla legge per la validita’ dei contratti agrariâEuroºâEuroº, con cio’ riconoscendo che si trattava di contratto d’affitto di imprenditore non coltivatore diretto, e che la necessita’ della forma scritta deve riguardare tutti gli elementi essenziali del contratto, e, quindi, anche la controprestazione.
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2. Con il secondo motivo, censurando la sentenza impugnata per âEuro¹âEuro¹violazione o falsa applicazione degli articoli 421, comma 2, c.p.c., nonche’ 1414 e 1417 c.c. in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3âEuroºâEuroº, il ricorrente contesta l’affermazione della Corte d’appello secondo la quale ai fini della prova della simulazione il giudice potesse ammettere ogni mezzo di prova anche al di fuori dei limiti di cui all’articolo 1417 c.c..
Assume che il contratto dissimulato puo’ avere effetto, ai sensi del comma 2 dell’articolo 1414 c.c., soltanto âEuro¹âEuro¹se sussistono i requisiti di sostanza e di formaâEuroºâEuroº, che, nel caso di specie, invece difettano, e che l’articolo 421 c.p.c., sebbene consenta il superamento dei generali limiti probatori imposti dal codice civile, non permette di superare quelli diversi ed ulteriori imposti dalle specifiche previsioni che fissano per determinati negozi la forma scritta ad substantiam o ad probationem.
3. Con il terzo motivo, denunciando la âEuro¹âEuro¹violazione o falsa applicazione degli articoli 2722 e 2725 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3âEuroºâEuroº, il ricorrente sostiene che la prova per testimoni ammessa dai giudici di appello si traduce in una evidente disapplicazione delle norme evocate, non essendovi spazio per prove testimoniali rivolte a contrastare le risultanze documentali.
4. Con il quarto motivo si deduce la âEuro¹âEuro¹violazione o falsa applicazione della L. 12 giugno 1962, n. 567, articoli 1571 c.c. e, nonche’ della L. 3 maggio 1982, n. 203, articoli 8 – 15, e 24, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3âEuroºâEuroº.
Premettendo che il contratto di affitto e’ sempre connotato dalla pattuizione di un canone in via corrispettiva, il ricorrente evidenzia che nella scrittura privata del (OMISSIS) si fa espresso riferimento al comodato gratuito e che il (OMISSIS), nel costituirsi in primo grado e anche in appello, non aveva indicato quale corrispettivo era stato pattuito; lamenta che la sentenza impugnata abbia totalmente ignorato tale questione, in tal modo violando le disposizioni che configurano il contratto di affitto quale contratto a prestazioni corrispettive.
5. Con il quinto motivo il ricorrente deduce la âEuro¹âEuro¹nullita’ della sentenza o del procedimento, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4âEuroºâEuroº, evidenziando che la misura del canone, mai precisata dal (OMISSIS), non poteva essere indicata da uno dei testi, con la conseguenza che la sentenza impugnata, nel porre a fondamento della decisione circostanze riferite da un testimone ( (OMISSIS), sorella del controricorrente), aveva violato il principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato.
6. Con il sesto motivo, deducendo la âEuro¹âEuro¹violazione o falsa applicazione della L. 3 maggio 1982, n. 203, articolo 27 e degli articoli 1803 e 1812 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3âEuroºâEuroº, il ricorrente lamenta che la sentenza impugnata ha ricondotto il comodato gratuito intercorso tra le parti al contratto d’affitto, pur non avendo in alcun modo accertato in capo al (OMISSIS) lo status di coltivatore diretto, avendo anzi inteso escludere, laddove a pag. 6 della motivazione discorre di âEuro¹âEuro¹imprenditore agricoloâEuroºâEuroº e di âEuro¹âEuro¹contratto stipulato nella forma scritta, prevista dalla legge per la validita’ dei contratti agrariâEuroºâEuroº, che ci si trovasse in presenza di un coltivatore diretto.
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7. Il primo, il secondo ed il terzo motivo, che possono essere congiuntamente esaminati perche’ strettamente connessi, sono inammissibili.
7.1. Occorre, in primo luogo, rilevare che, a fronte della dedotta inammissibilita’ della prova testimoniale assunta in secondo grado per contrasto con le disposizioni normative evocate nella rubrica dei mezzi in esame, fatta valere dal ricorrente, l’odierno controricorrente ha eccepito – a pag. 11 del controricorso – che tale eccezione e’ stata proposta per la prima volta, in modo del tutto irrituale, in sede di legittimita’ e che lo stesso (OMISSIS) non ha affermato ne’ di avere in precedenza contestato l’inammissibilita’ della prova, ne’ tanto meno la nullita’ di quella acquisita.
I mezzi in esame impongono, dunque, di stabilire se, nell’ipotesi in cui, come nella specie, il giudice di primo grado abbia ritenuto inammissibili le prove testimoniali ai sensi dell’articolo 1417 c.c. e la statuizione, come avvenuto nel caso in esame, sia stata oggetto di specifica censura da parte del deducente la prova ed il giudice d’appello abbia ammesso la prova, occorra che la parte appellata, che, resistendo al gravame, abbia insistito per la conferma della statuizione, eccepisca la nullita’ dell’ammissione ai sensi del comma 2 dell’articolo 157 c.p.c., nella prima difesa successiva, oppure cio’ non sia necessario, perche’ la parte appellata, resistendo all’appello sul punto, ha gia’ dedotto in prevenzione la nullita’.
La questione prospettata deve essere risolta nei termini che di seguito si espongono.
Costituisce indirizzo fermo di questa Corte (cfr. Cass., sez. 6-2, 17/07/2014, n. 16377; Cass., sez. 2, 21/05/2007, n. 11771; Cass., sez. U, 09/08/2000, n. 551), quello secondo cui le limitazioni poste all’ammissibilita’ della prova testimoniale non attengono a ragioni di ordine pubblico, ma sono dettate a tutela di interessi di natura privatistica; pertanto, la loro violazione non solo non puo’ essere rilevata d’ufficio dal giudice, ma neppure e’ rilevabile dalle parti ove non sia stata dedotta in sede di ammissione della prova, ovvero nella prima istanza o difesa successiva. Pertanto, ove la prova testimoniale sia stata ammessa nonostante l’eccezione d’inammissibilita’ della parte controinteressata, quest’ultima ha l’onere di eccepire, ai sensi dell’articolo 157, comma 2, c.p.c., subito dopo il compimento dell’atto, la nullita’ della prova cio’ non di meno assunta.
Tali principi valgono anche in caso di violazione dell’articolo 1417 c.c., che, al pari della violazione delle disposizioni di cui agli articolo 2721 e ss. c.c., da’ luogo ad una nullita’ relativa, soggetta al regime di cui all’articolo 157, comma 2, c.p.c. (Cass., sez. 3, 08/06/2017, n. 14274). E allo stesso modo, l’inammissibilita’ della prova testimoniale di un contratto che deve essere provato per iscritto, ai sensi dell’articolo 2725 c.c., attenendo alla tutela processuale di interessi privati, non puo’ essere rilevata d’ufficio, ma deve essere eccepita dalla parte interessata prima dell’ammissione del mezzo istruttorio; qualora, nonostante l’eccezione di inammissibilita’, la prova sia stata ugualmente assunta, e’ onere della parte interessata opporne la nullita’ secondo le modalita’ dettate dall’articolo 157, comma 2, c.p.c., rimanendo altrimenti la stessa ritualmente acquisita, senza che detta nullita’ possa piu’ essere fatta valere in sede di impugnazione (Cass., sez. U, 05/08/2020, n. 16723).
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Si e’, altresi’, spiegato che l’eccezione di inammissibilita’ non va confusa con l’altra, quella di nullita’, ne’ ad essa puo’ sovrapporsi, perche’ diversi sono gli interessi che vi sottostanno. La prima eccezione, infatti, opera ex ante per impedire un atto invalido; la seconda agisce, invece, ex post per evitare che gli effetti di esso si consolidino (Cass., sez. 2, 19/09/2013, n. 21443). E cio’ anche perche’ detti interessi possono essere apprezzati in modo differente dalla medesima parte, la quale, valutata la prova, puo’ ritenerne vantaggioso l’esito, che per il principio acquisitivo giova o nuoce indipendentemente da chi abbia dedotto il mezzo istruttorio (Cass., sez. 6-2, 23/05/2013, n. 12784, non massimata).
Quanto detto comporta che, una volta ammesse dal giudice di appello le prove dichiarate inammissibili in primo grado, il carattere devolutivo del giudizio esige che l’atteggiamento di contestazione dell’ammissibilita’, espresso con la richiesta di rigetto dell’appello sul punto, debba essere reiterato dopo l’assunzione della prova, perche’ l’ammissione da’ origine ad una nuova situazione processuale della quale la parte interessata deve dolersi.
Applicando siffatti principi al caso in esame, si ha che, contro l’ordinanza ammissiva delle prove, l’odierno ricorrente avrebbe avuto l’onere di eccepire la nullita’ e inoltre di confermare l’eccezione a seguito dell’assunzione della prova ed all’atto della precisazione delle conclusioni in sede di udienza di discussione secondo il rito del lavoro.
Poiche’ il ricorrente non riferisce di avere formulato siffatta eccezione, ne’ risulta dalla sentenza che cio’ sia stato fatto in sede di conclusioni, con le quali il (OMISSIS) si e’ genericamente opposto all’ammissione delle prove perche’ âEuro¹âEuro¹illegali, generiche e comunque ininfluenti ai fini della decisione della causaâEuroºâEuroº, e’ evidente che l’eccezione d’inammissibilita’ della prova testimoniale non puo’ essere introdotta per la prima volta in questa sede.
Ne segue che, poiche’ il giudizio era soggetto al rito del lavoro, essendosi svolto dinanzi al giudice specializzato agrario, correttamente il giudice d’appello ha evocato l’articolo 421 c.p.c..
7.2. Il ricorrente ha pure dedotto con i mezzi in esame che, nel caso in esame, si discute di un contratto di affitto a coltivatore non diretto, che doveva essere stipulato per iscritto, e che, essendo stato accertato che il contratto aveva durata quindicennale, la forma avrebbe dovuto essere scritta ad substantiam.
Nel prospettare tale tesi difensiva, anche per l’assoluta genericita’ dell’esposizione del fatto, il ricorrente non indica se e dove tale qualificazione del contratto sarebbe stata dedotta nel giudizio di merito e neppure dove sarebbe stata accertata in sentenza. Infatti, anche se si sostiene – a pag. 5 del ricorso – che essa emergerebbe dall’inciso âEuro¹âEuro¹stipulato nella forma scritta, prevista dalla legge per la validita’ dei contratti agrariâEuroºâEuroº, che si legge a pag. 6 della decisione impugnata, l’assunto e’ privo di fondamento sia perche’ l’espressione che si rinviene nella motivazione della sentenza non allude in alcun modo alla qualificazione del contratto, sia perche’ la Corte territoriale, nell’individuare la durata dell’affitto, ha fatto riferimento alla disciplina stabilita per il contratto di affitto a coltivatore diretto.
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Poiche’, dunque, la censura per come illustrata risulta carente e non evidenzia da quali elementi di fatto esposti emergerebbe la qualificazione del contratto come di affitto a coltivatore non diretto, la doglianza, anche sotto tale profilo, deve essere disattesa.
In ogni caso, anche a prescindere da tale assorbente rilievo, la tesi prospettata dal ricorrente non e’ condivisibile.
Invero, il gia’ citato articolo 41 della L. n. 203/82 non risulta inserito nell’elenco di cui alla L. n. 203 del 1982, articolo 23 delle norme applicabili in presenza di un affitto a conduttore non coltivatore diretto.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, deve escludersi che la L. 3 maggio 1982, n. 203, articolo 41 della, nel disporre che âEuro¹âEuro¹i contratti agrari ultranovennali, compresi quelli in corso, anche se verbali e non trascritti, sono validi ed hanno effetto anche riguardo ai terziâEuroºâEuroº, abbia abrogato – indiscriminatamente – tutte le disposizioni normative anteriori che, per particolari contratti agrari, richiedevano una particolare forma ad substantiam o ad probationem (Cass., sez. 3, 12/06/1997, n. 10651; Cass., sez. 3, 27/10/1992, n. 11689).
Il che implica, dovendo la la L. n. 606 del 1966, articolo 3, comma 1, che stabilisce che il contratto di affitto di fondi rustici a conduttore non coltivatore diretto âEuro¹âEuro¹deve essere provato per iscrittoâEuroºâEuroº, essere coordinato con la previsione della L. n. 203 del 1982, articolo 22, circa la durata del contratto di affitto a coltivatore non diretto in quindici anni, che la prima norma (L. n. 606/1966, articolo 3) sul requisito formale sia rimasta lex specialis rispetto alla previsione dell’articolo 1350, n. 8, c.c. e che debba ritenersi prevista, anche per la stipula dei contratti ultranovennali, solo la forma scritta ad probationem.
Il principio di diritto che viene in rilievo e’ il seguente:âEuro¹âEuro¹in tema di contratto di affitto di fondo rustico a conduttore non coltivatore diretto, la disposizione della l. n. 606 del 1996, articolo 3, comma 1, la’ dove stabiliva il requisito della forma scritta ad probationem per tale contratto, deve considerarsi norma che, stabilendo una lex specialis circa la forma del contratto, prevale sulla disposizione del codice civile di cui all’articolo 1350 n. 8 anche a seguito dell’entrata in vigore della norma della L. n. 203 del 1982, articolo 22, che ebbe a stabilire per detta tipologia di contratto agrario una durata di quindici anniâEuroºâEuroº.
8. Anche il quarto motivo non si sottrae alla declaratoria di inammissibilita’ per violazione dell’articolo 366, comma 1, n. 6, c.p.c., in quanto la censura si fonda sul contenuto dell’atto di costituzione del convenuto in primo grado e sul successivo atto di appello del (OMISSIS), di cui si omette la localizzazione in questo giudizio di legittimita’ (Cass., sez. 1, 01/03/2022, n. 6769). Ne’, come ammette Cass., sez. U, n. 22726 del 2011, parte ricorrente dichiara, agli effetti dell’articolo 366, comma 1, n. 6, c.p.c., di voler far riferimento alla loro presenza nel fascicolo d’ufficio del quale ha richiesto la trasmissione.
9. Neppure e’ ravvisabile la violazione dedotta con il quinto motivo, in quanto il vizio di ultrapetizione o extrapetizione ricorre quando il giudice del merito, interferendo nel potere dispositivo delle parti, alteri gli elementi obiettivi dell’azione (petitum e causa petendi) e, sostituendo i fatti costitutivi della pretesa, emetta un provvedimento diverso da quello richiesto (petitum immediato), ovvero attribuisca o neghi un bene della vita diverso da quello conteso (petitum mediato) (Cass., sez. 1, 11/04/2018, n. 9002; Cass., sez. 2, 21/03/2019, n. 8048).
Poiche’, dunque, il vizio di mancata corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, di cui all’articolo 112 c.p.c., riguarda soltanto l’ambito oggettivo della pronunzia e non anche le ragioni di diritto e di fatto assunte a sostegno della decisione (Cass., sez. 2, 21/04/1976, n. 1397), non ricorre la violazione di tale disposizione allorche’ si lamenti che il giudice del merito, chiamato a decidere se il rapporto intercorso tra le parti fosse inquadrabile nel contratto di comodato gratuito o piuttosto in quello di affitto di fondo rustico, non abbia fatto buon uso dei suoi poteri discrezionali di apprezzamento delle prove.
10. Il sesto motivo e’ inammissibile.
Il ricorrente afferma che âEuro¹âEuro¹la sentenza impugnata, per contro, ha attuato la conversione del comodato gratuito intercorso tra le parti in contratto d’affitto pur non avendo in alcun modo accertato (e neppure attestato) in capo al (OMISSIS) lo status di coltivatore direttoâEuroºâEuroº, ma non evidenzia se e quando nel giudizio di merito si sia discusso del problema della qualificazione dell’affitto nell’alternativa fra affitto a coltivatore diretto e affitto a coltivatore non diretto, ne’ tanto meno spiega in che termini la questione fosse stata dedotta, dato che l’esposizione del fatto, sul punto, e’ assolutamente insufficiente.
In ogni caso la prospettazione svolta con tale motivo perde rilevanza se si considera che essa e’ stata fatta valere sempre nel presupposto – errato per le ragioni esposte al § 7.2. – che un contratto di affitto a coltivatore non diretto sarebbe soggetto a forma scritta ad substantiam quando fosse stipulato con durata ultranovennale.
11. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Le spese del giudizio di legittimita’ seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
Non ricorrono i presupposti per l’applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 13, comma 1-quater, articolo 1, comma 17, trattandosi di processo esente dal pagamento del contributo unificato (Cass., sez. U, 20/02/2020, n. 4315).
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimita’ che liquida in Euro 4.100,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
Le sentenze sono di pubblico dominio.
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