Corte di Cassazione, penale, Sentenza|25 agosto 2021| n. 32086.
Furto in abitazione ed una violazione del principio del ne bis in idem.
In tema di furto in abitazione, non ricorre una violazione del principio del “ne bis in idem” nel caso in cui sia contestata l’aggravante del mezzo fraudolento, atteso che l’inganno non è elemento costitutivo del furto in abitazione, che si connota e distingue dal furto semplice per il luogo in cui avviene la sottrazione, mentre le modalità con cui avviene l’introduzione rilevano solo sotto il profilo circostanziale.
Sentenza|25 agosto 2021| n. 32086. Furto in abitazione ed una violazione del principio del ne bis in idem
Data udienza 12 maggio 2021
Integrale
Tag – parola: Rapina – Lesioni aggravate – Furto aggravato – Artt. 624 bis, comma 1 e 625 comma 1, n. 2, c.p. – Principio del ne bis in idem – Nesso teleologico – Aggravante – Art. 420 quater c.p.p. – Art. 419, comma 4, c.p.p. – Diritto di difesa
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GALLO Domenico – Presidente
Dott. VERGA Giovanna – Consigliere
Dott. AGOSTINACCHIO Luigi – Consigliere
Dott. PACILLI G. – rel. Consigliere
Dott. TUTINELLI Vincenzo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS)
avverso la sentenza n. 3769/2020, emessa il 7 ottobre 2020 dalla Corte d’appello di Torino;
Visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
Udita nell’udienza del 12 maggio 2021 la relazione fatta dal Consigliere Dr. Giuseppina Anna Rosaria Pacilli;
Letta la requisitoria scritta, presentata ai sensi del Decreto Legge n. 137 del 2020, articolo 23, comma 8, dal Sostituto Procuratore Generale in persona di Dr. Manuali Valentina, che ha chiesto di dichiarare l’inammissibilita’ del ricorso;
Letta la memoria presentata dal difensore del ricorrente, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 7 ottobre 2020 la Corte d’appello di Torino ha confermato la pronuncia emessa il 24 febbraio 2016 dal Tribunale della stessa citta’, con cui (OMISSIS) e’ stato condannato alla pena ritenuta di giustizia per i reati di rapina ai danni di (OMISSIS), di lesioni aggravate nei confronti di quest’ultima e del marito (OMISSIS) nonche’ di furto aggravato ai danni di (OMISSIS).
Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, che ha dedotto i seguenti motivi:
1) violazione di legge, non essendo stato rispettato il termine di 10 giorni tra la notifica dell’avviso ex articolo 420 quater c.p.p. e la data della prima udienza. Secondo il ricorrente un’interpretazione sistematica e costituzionalmente orientata, imporrebbe di ritenere applicabile il termine minimo a comparire di 10 giorni di cui all’articolo 419 c.p.p., comma 4, anche all’ulteriore avviso previsto dall’articolo 420 quater c.p.p., comma 1, per il caso in cui l’imputato non sia presente all’udienza. Cio’ al fine di garantire il diritto di difesa dell’imputato e non svuotare di contenuto la disposizione dell’articolo 420 quater c.p.p. Sarebbe illogico e contrario agli articoli 2 e 24 Cost. nonche’ all’articolo 6 CEDU prevedere la sanzione processuale della nullita’ per la tardivita’ di un avviso di celebrazione di udienza, indirizzato all’imputato ma sostanzialmente da lui non conosciuto, perche’ notificato a mani del difensore, e non prevedere la medesima guarentigia per l’atto di cui all’articolo 420 quater c.p.p., che ha la precipua funzione di porre effettivamente e sostanzialmente a conoscenza l’imputato della celebrazione del processo nei suoi confronti e, quindi, anche di disporre del tempo e delle facilitazioni necessarie a preparare la sua difesa. Qualora non dovesse ritenersi possibile interpretare gli articoli 419 e 420 quater c.p.p. nel senso suindicato, il ricorrente ha chiesto di sollevare questione di legittimita’ costituzionale dell’articolo 420 quater c.p.p. in relazione agli articoli 2, 24, 111 e 117 Cost., nella parte in cui non prevede che l’avviso di cui all’articolo 420 quater c.p.p. deve essere notificato personalmente all’imputato con il rispetto, a pena di nullita’, del termine minimo a comparire di 10 giorni, previsto dagli articoli 127 e 419 c.p.p.;
2) erronea applicazione dell’articolo 624 bis c.p.p., comma 1 e articolo 625 c.p., comma 1, n. 2, per violazione del principio del ne bis in idem sostanziale di cui all’articolo 649 c.p.p. e all’articolo 4 del Protocollo 7 Cedu, perche’, disattesa l’istanza di configurare nei fatti il furto semplice e ritenuto integrato il furto in abitazione per essersi l’imputato ivi introdotto con l’inganno, non si sarebbe potuto applicare anche l’aggravante del mezzo fraudolento, di cui all’articolo 625 c.p., commi 1, n. 2, in quanto l’inganno sarebbe stato gia’ valutato come elemento costitutivo del furto in abitazione;
3) erronea applicazione degli articoli 585 e 576 in relazione all’articolo 61 c.p., n. 2 per insussistenza dell’aggravante del nesso teleologico, contestata ai capi C) e D) dell’imputazione. Secondo la Corte d’appello vi sarebbe stata simultaneita’ tra le lesioni e la rapina mentre il nesso teleologico, necessario per la sussistenza dell’aggravante, esigerebbe che le azioni esecutive dei due diversi reati, che pone in relazione, siano distinte.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso deve essere rigettato.
1.1 Il primo motivo, con cui il ricorrente ha lamentato il mancato rispetto dei 10 giorni asseritamente previsti dall’articolo 420 quater c.p.p., e’ infondato.
La Corte territoriale, nel dare risposta alla medesima doglianza sollevata dall’appellante, ha affermato, al pari del Giudice dell’udienza preliminare, che il termine a comparire di 10 giorni liberi e la conseguente sanzione di nullita’ per la sua inosservanza sono previsti unicamente per la notificazione dell’originario avviso di fissazione dell’udienza, disciplinato dall’articolo 419 c.p.p., e non anche per quella di cui all’articolo 420 quater c.p.p..
In mancanza dei presupposti per procedere in assenza dell’imputato ex articolo 420 bis c.p.p. o di un legittimo impedimento di quest’ultimo ex articolo 420 ter c.p.p. e fuori delle ipotesi di nullita’ delle notificazioni, non e’ sufficiente, pur nel rispetto delle regole fissate dall’articolo 157 c.p.p. e ss., la notifica dell’avviso dell’udienza preliminare o del decreto che dispone il giudizio, in quanto il legislatore ha previsto, a pena di nullita’ ex articoli 178 e 179 c.p.p., un ulteriore tentativo di far conoscere l’atto introduttivo dell’udienza o del giudizio all’imputato.
L’articolo 420 quater c.p.p., a differenza dell’articolo 419 c.p.p., non prevede un termine perche’ comunque vi e’ una notifica formalmente valida e il legislatore vuole assicurarsi che l’imputato abbia conoscenza del procedimento e lo fa, in limine all’udienza, per il tramite della polizia giudiziaria, la cui scelta e’ ispirata all’esigenza di garantire una particolare efficacia nell’attivita’ di reperimento del destinatario, sulla base del presupposto per cui la polizia giudiziaria dispone di mezzi piu’ adeguati rispetto a quelli dell’ufficiale giudiziario.
In tale prospettiva appare conforme ai parametri costituzionali (cosi’ da non ravvisarsi l’esigenza di sollevare l’invocata questione di legittimita’ costituzionale) che non sia previsto alcun termine tra la (ulteriore) notifica, disposta ex articolo 420 quater c.p.p., e l’udienza, dovendosi solo assicurare che il termine di 10 giorni liberi abbia caratterizzato la prima notifica.
1.2 E’ infondato anche il secondo motivo, con cui il ricorrente ha dedotto la violazione del ne bis in idem sostanziale sul presupposto della duplicazione della rilevanza attribuita all’inganno, che sarebbe stato elemento sia della fattispecie incriminatrice del furto in abitazione che dell’aggravante di cui all’articolo 625 c.p., comma 1, n. 2.
Le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato il principio secondo cui, nel reato di furto, l’aggravante dell’uso del mezzo fraudolento delinea una condotta, posta in essere nel corso dell’azione delittuosa, dotata di marcata efficienza offensiva e caratterizzata da insidiosita’, astuzia, scaltrezza, idonea, quindi, a sorprendere la contraria volonta’ del detentore e a vanificare le misure che questi ha apprestato a difesa dei beni, di cui ha la disponibilita’ (Sez. U, n. 40354 del 18/07/2013, Sciuscio, Rv. 255974).
La giurisprudenza di legittimita’ e’ costante nel ribadire che, in tema di furto aggravato, per “mezzo fraudolento” deve intendersi qualunque azione insidiosa, improntata ad astuzia o scaltrezza, atta a soverchiare o sorprendere la contraria volonta’ del detentore della cosa, eludendo gli accorgimenti predisposti dal soggetto passivo a difesa della stessa, come avviene nel caso di introduzione nel luogo del furto per via diversa da quella ordinaria (Sez. 7, n. 8757 del 7/11/2014, dep. 2015, Bontempi, Rv. 262669, in una fattispecie in cui e’ stata ritenuta integrata l’aggravante in oggetto nella condotta dell’imputato che aveva scavalcato la recinzione di un negozio, per impadronirsi di alcune piante, consegnandole al complice, che si trovava all’esterno dell’esercizio commerciale; Sez. 5, n. 47592 del 28/10/2019, Rv. 277153, che ha ritenuto configurata l’aggravante de qua nel caso dell’agente che si era introdotto in un locale attraverso non il normale ingresso ma una finestra).
Nel caso in esame, l’imputato, sfruttando il legame che lo univa ad una coppia che abitava nello stesso palazzo della persona offesa, si e’ introdotto nell’abitazione di quest’ultima offesa con la scusa di andare in bagno e ha poi sottratto dei beni.
Tale condotta puo’ essere sussunta nella fattispecie di cui all’articolo 625 c.p., comma 1, n. 2, concretizzando un’attivita’ diretta a superare con espedienti ed accorgimenti la naturale custodia e protezione delle cose da parte della persona offesa, proprietaria dei beni.
Cio’ precisato, deve aggiungersi che non puo’ aderirsi alla prospettazione del ricorrente, secondo cui vi sarebbe stata una duplicazione della rilevanza attribuita alla frode, gia’ valorizzata al fine di ritenere integrato il furto in abitazione anziche’ quello semplice.
La tesi del ricorrente muove da un presupposto erroneo, ossia quello di ritenere che l’inganno sia elemento costitutivo del furto in abitazione, che, invece, si connota e distingue dal furto semplice per il luogo in cui avviene la sottrazione mentre le modalita’, con cui avviene l’introduzione nell’abitazione, rilevano solo sotto il profilo circostanziale.
Giova precisare che la massima riportata in sentenza e nel ricorso (Sez. 5, n. 16995 del 21/11/2019, Rv. 279110), che fa riferimento alla condotta di chi si impossessa di beni mobili, sottraendoli al legittimo detentore, dopo essersi introdotto nella dimora di questi con il suo consenso carpito mediante inganno, attiene comunque a un furto in abitazione aggravato dalla circostanza di cui all’articolo 625 c.p., comma 1, n. 2, cosi’ che non puo’ costituire espressione della tesi del ricorrente, secondo cui il furto in abitazione e’ integrato anche dall’inganno.
1.3 I terzo motivo, avente ad oggetto l’aggravante del nesso teleologico, e’ manifestamente infondato.
Questa Corte (Sez. 5, n. 34504 del 12/10/2020, Rv. 280122) ha gia’ avuto modo di affermare che la circostanza aggravante del nesso teleologico e’ configurabile anche in ipotesi di concorso formale di reati, non richiedendo una alterita’ di condotte quanto piuttosto la specifica finalizzazione dell’un reato alla realizzazione dell’altro.
La simultaneita’ delle condotte – su cui fa leva la tesi del ricorrente – non e’ ostativa all’applicazione dell’aggravante de qua, per la cui sussistenza e’ necessario accertare solo che l’un reato sia stato finalizzato a commettere un altro.
2. Il rigetto del ricorso comporta, ai sensi dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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