Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|25 maggio 2022| n. 16916.
Figli nati fuori del matrimonio ed il diritto al rimborso delle spese.
In materia di figli nati fuori del matrimonio, il diritto al rimborso delle spese in favore del genitore che ha provveduto al mantenimento del figlio fin dalla nascita, ancorché trovi titolo nell’obbligazione legale di mantenimento imputabile anche all’altro genitore, la cui paternità (o maternità) sia stata successivamente dichiarata, ha natura in senso lato indennitaria, essendo diretto a ristorare colui che ha effettuato il riconoscimento dagli esborsi sostenuti, sicché il giudice di merito, ove l’importo non sia altrimenti quantificabile nel suo preciso ammontare, può utilizzare il criterio equitativo, tenendo conto delle molteplici e variabili esigenze del figlio (soddisfatte o da soddisfare), legate allo sviluppo e alla formazione di studio e professionale, restando comunque indiscutibili le spese di sostentamento, sin dalla nascita, in base ad elementari canoni di comune esperienza.
Ordinanza|25 maggio 2022| n. 16916. Figli nati fuori del matrimonio ed il diritto al rimborso delle spese
Data udienza 19 maggio 2022
Integrale
Tag/parola chiave: Filiazione – Diritto al rimborso delle spese sostenute per il figlio sin dalla nascita da parte di un genitore in favore dell’altro – Natura indennitaria – Ammissibile il criterio equitativo in assenza di una corretta quantificazione – Procedimento sommario di cognizione – Preclusioni processuali – Esclusione sino alla eventuale conversione in rito ordinario con la fissazione della prima udienza di comparizione – Appello – Ammissione di nuove prove indispensabili nel testo previgente – Applicazione solo per i documenti formatosi dopo i termini di preclusione di cui all’art. 183 cpc
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GENOVESE F. Antonio – Presidente
Dott. DI MARZIO Fabrizio – Consigliere
Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere
Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere
Dott. D’ORAZIO Luigi – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. r.g. 7785/2019 proposto da:
(OMISSIS), rappresentato e difeso, giusta procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’Avvocato (OMISSIS), con cui elettivamente domicilia in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), rappresentata e difesa, giusta procura speciale apposta su foglio separato in data 20 aprile 2022, dall’Avv. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in Roma, presso la Cancelleria della Corte di cassazione.
– Controricorrente – ricorrente incidentale –
avverso la sentenza della Corte di Appello di Catania, depositata in data 7 agosto 2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19/5/2022 dal Consigliere Dott. Luigi D’Orazio.
Figli nati fuori del matrimonio ed il diritto al rimborso delle spese.
RILEVATO
CHE:
1. Il Tribunale di Ragusa, con ordinanza ex articolo 702-bis c.p.c., emessa il 25 gennaio 2017, per quel che ancora qui rileva, ha accolto parzialmente la domanda proposta da (OMISSIS) nei confronti di (OMISSIS), la cui paternita’ naturale era stata accertata con la dichiarazione giudiziale del tribunale di Ragusa del (OMISSIS), confermata dalla Corte d’appello di Catania con sentenza del 5 aprile 2011, passata in giudicato, a seguito del rigetto del ricorso per cassazione, con sentenza di questa Corte n. 1575 del 2013, tesa al rimborso pro quota del 50% delle spese da lei sostenute per il mantenimento del figlio (OMISSIS), nato il (OMISSIS) dalla sua relazione con il convenuto, a decorrere dalla nascita sino alla fine del (OMISSIS), epoca in cui era stato depositato il ricorso volto alla richiesta del mantenimento del figlio, poi posto a carico del padre nella misura di Euro 420,00 mensili con provvedimento del (OMISSIS); il Tribunale, quindi, ha rigettato la domanda di rimborso delle spese sostenute per il periodo dalla nascita sino all’anno 1994, in quanto la madre aveva allegato di essere stata disoccupata in tale periodo e di avere beneficiato dell’ospitalita’ dei propri genitori, sia per lei che per il piccolo (OMISSIS). Pertanto, ha condannato (OMISSIS) al pagamento in favore dell’attrice della somma di Euro 35.303,00, cosi’ determinata, detraendo dal credito di regresso equitativamente determinato nella somma complessiva di Euro 91.600,00, per il totale degli esborsi, la somma nel frattempo corrisposta dal padre a titolo di mantenimento del figlio nel corso degli anni pari ad Euro 56.497,00.
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2. La madre (OMISSIS) ha proposto appello principale avverso tale decisione, deducendo l’erroneita’ dell’esclusione del rimborso spese per il periodo dalla nascita del figlio, avvenuta nel (OMISSIS), sino al (OMISSIS), oltre alla erroneita’ della ritenuta compensazione della somma di Euro 56.497,00, per il periodo tra il (OMISSIS) e il (OMISSIS).
3. Ha proposto appello incidentale (OMISSIS) deducendo l’erroneita’ dell’accoglimento dell’azione di regresso esperita dalla (OMISSIS) per mancanza di prova degli esborsi effettuati a titolo di mantenimento del figlio, oltre alla erroneita’ della quantificazione del credito di regresso vantato dalla (OMISSIS), non essendosi tenuto conto delle spese effettivamente sostenute per il figlio e della differenza reddituale esistente tra le parti.
4. La Corte d’appello di Catania ha accolto solo parzialmente l’appello principale della madre, mentre ha rigettato l’appello incidentale proposto dal (OMISSIS). Il giudice del gravame ha evidenziato che sussisteva la prova del credito di regresso fatto valere dall’ (OMISSIS), in quanto il tribunale di prime cure aveva fatto espresso riferimento alla valutazione equitativa, tenendo conto delle esigenze del figlio e delle capacita’ reddituale dei genitori. Si e’ sottolineato che il tribunale aveva proceduto alla quantificazione del credito di regresso vantato dalla madre, sia tenendo conto degli esborsi documentati sia, soprattutto, in via equitativa. La quantificazione dell’assegno di mantenimento del figlio dall’8 anno di eta’ sino al (OMISSIS) (21 anno di eta’) e’ stata indicata in Euro 700,0 mensili, tenuto conto sia delle esigenze abitative pro quota sia delle altre esigenze del figlio che, in quel periodo, aveva anche frequentato il liceo classico diplomandosi; il mantenimento e’ stato poi determinato per il periodo dal (OMISSIS) al (OMISSIS) nella somma di Euro 1000,00 mensili avendo il figlio frequentato la scuola mosaicisti in Friuli; infine, il mantenimento e’ stato determinato, dal (OMISSIS) al (OMISSIS), in Euro 800,00 mensili, nell’epoca in cui il ragazzo diplomatosi non era riuscito a trovare lavoro. La Corte d’appello ha anche tenuto conto dei redditi dei due genitori, pari ad Euro da 35.000,00 a 38.500,00 lordi della madre e ad Euro 40.000,00 annui lordi del padre, mantenutisi simili dal (OMISSIS) in poi. La Corte d’appello ha anche evidenziato che il tribunale aveva tenuto conto “del fatto che il (OMISSIS) era coniugato e obbligato al mantenimento di altri due figli”.
4.1.Con riferimento all’appello principale della (OMISSIS) la Corte d’appello ha rilevato la stessa ricorrente aveva dedotto che “dalla nascita del figlio e fino al (OMISSIS)….era disoccupata e conviveva con il figlio in casa dei propri genitori”. Da tale circostanza il tribunale aveva rilevato che nessun credito di regresso poteva essere vantato dalla madre per tale periodo, in quanto dalla stessa sua affermazione non era in condizione di mantenere figlio ed entrambi erano, invece, mantenuti dai genitori dell’ (OMISSIS) con cui convivevano. Non vi era dunque alcuna prova, neppure presuntiva, sull’esistenza di un diritto di regresso pro quota per tale periodo, mentre tale diritto al regresso, poteva, al piu’, spettare ai nonni materni, con conseguente carenza di legittimazione attiva dell’appellante. Solo in sede di appello, modificando integralmente la sua prospettazione difensiva, deducendo di aver lavorato e di aver provveduto direttamente al mantenimento del figlio anche in tale periodo, l’appellante aveva mutato la propria linea difensiva, in modo ritenuto pero’ inammissibile, in quanto vi era la prospettazione di fatti nuovi, del resto del tutto sforniti di prova. Era, invece, fondato il secondo motivo di appello principale dell’ (OMISSIS), in quanto il tribunale aveva valutato in modo eccessivo le spese effettivamente sostenute dal padre nel corso degli anni. Dalla prova per testi assunta nel corso dell’istruttoria era emerso che era stata confermata l’esistenza di alcuni versamenti effettuati nel tempo dal (OMISSIS) per il mantenimento del figlio, anche se i testi non erano stati in grado di riferire su cifre esattamente terminate. Pertanto, seppure non poteva ritenersi provato il versamento della somma di Euro 56.497,00 da parte del padre, tuttavia, in base alla prova testimoniale, e tenendo conto del comportamento processuale dell’appellante che aveva agito in giudizio soltanto quando il (OMISSIS) aveva sospeso ogni contribuzione, emergeva un aumento del credito vantato dall’ (OMISSIS), in quanto dall’ammontare del credito di regresso determinato in Euro 91.600,00, doveva detrarsi la minore somma di Euro 36.497,00, come emergeva della prova testimoniale, con la conseguente condanna della (OMISSIS) al pagamento della maggiore somma di Euro 55.103,00.
5. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso principale per cassazione (OMISSIS).
6. Ha resistito con controricorso (OMISSIS), proponendo anche ricorso incidentale.
7.E’ stata prodotta comparsa di costituzione di nuovo procuratore per la controricorrente in data 20 aprile 2022.
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CONSIDERATO
CHE:
1.Con il primo motivo di ricorso principale il ricorrente deduce la “violazione dell’articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e articolo 111 Cost., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4”. La sentenza della Corte d’appello avrebbe confermato quella di prime cure con una mera adesione acritica, reputando le valutazioni del tribunale corrette e condivisibili, senza alcun vaglio critico. La quantificazione degli esborsi da restituire alla (OMISSIS) sarebbe stata desunta esclusivamente dalla circostanza che il tribunale aveva valutato che il (OMISSIS) aveva da mantenere la moglie ed altri due figli. Ha affermato che la motivazione addotta dal giudice di prime cure “appar(iva) congrua” e quindi “si sottrae(va) alle critiche prospettate dall’appellante in via incidentale”, risultando “correttamente ispirata al principio di proporzionalita’ tra i redditi dei genitori e l’esigenza del figlio naturale”. Si tratterebbe, dunque, del vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza, non avendo illustrato la Corte d’appello le ragioni per cui aveva inteso disattendere tutti i motivi di gravame.
1.1. Anzitutto, si rileva che i motivi di ricorso per cassazione sono autosufficienti, in quanto il ricorrente (OMISSIS) ha descritto analiticamente e compiutamente i fatti di causa, consentendo a questa Corte di comprendere appieno il contenuto delle sue doglianze.
1.2. Il primo motivo e’ infondato.
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2. Invero, la motivazione della decisione e’ sussistente, non solo nella sua forma grafica, ma anche nella indicazione precisa delle argomentazioni logico-giuridiche che hanno condotto la Corte d’appello ad adottare la decisione impugnata.
2.1. Infatti, per questa Corte la sentenza dichiarativa della filiazione naturale produce gli effetti del riconoscimento, ai sensi dell’articolo 277 c.c., e, quindi, giusta l’articolo 261 c.c., implica per il genitore tutti i doveri propri della procreazione legittima, incluso quello del mantenimento ex articolo 148 c.c.. La relativa obbligazione si collega allo “status” genitoriale ed assume, di conseguenza, pari decorrenza, dalla nascita del figlio, con il corollario che l’altro genitore, il quale nel frattempo abbia assunto l’onere del mantenimento anche per la porzione di pertinenza del genitore giudizialmente dichiarato (secondo i criteri di ripartizione di cui al citato articolo 148 c.c.), ha diritto di regresso per la corrispondente quota, sulla scorta delle regole dettate dall’articolo 1299 c.c. nei rapporti fra condebitori solidali (Cass., sez. 1, 28 marzo 2017, n. 7960; Cass., sez. 1, 10 aprile 2012, n. 5652); la condanna al rimborso di tale quota per il periodo precedente la proposizione dell’azione non puo’ prescindere da una espressa domanda della parte, attenendo tale pronuncia alla definizione dei rapporti pregressi tra debitori solidali, ossia a diritti disponibili, e, quindi, non incidendo sull’interesse superiore del minore, che soltanto legittima l’esercizio dei poteri ufficiosi attribuiti al giudice dall’articolo 277 c.c., comma 2.
2.2.Si e’ aggiunto che il “quantum” dovuto in restituzione nel periodo di mantenimento esclusivo non puo’ essere determinato sulla base dell’importo stabilito per il futuro nella pronuncia relativa al riconoscimento del figlio naturale, via via devalutato, in quanto l’ammontare dovuto trova limite negli esborsi presumibilmente sostenuti in concreto dal genitore che ha per intero sostenuto la spesa senza pero’ prescindere ne’ dalla considerazione del complesso delle specifiche e molteplici esigenze effettivamente soddisfatte o notoriamente da soddisfare nel periodo in considerazione ne’ dalla valorizzazione delle sostanze e dei redditi di ciascun genitore quali all’epoca goduti ed evidenziati, eventualmente in via presuntiva, dalle risultanze processuali, ne’ infine dalla correlazione con il tenore di vita di cui il figlio ha diritto di fruire, da rapportare a quello dei suoi genitori (Cass., sez. 1, 4 novembre (OMISSIS), n. 22506; Cass., 14 luglio 2016, n. 14417).
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3. Nella specie, la Corte d’appello non si e’ limitata ad aderire pedissequamente alle valutazioni del tribunale, ma ha svolto una personale e critica valutazione degli elementi istruttori. In particolare, il giudice d’appello ha tenuto conto dei rispettivi redditi delle parti, indicando il reddito annuo lordo della (OMISSIS) nella somma da Euro 35.000,00 ad Euro 38.500,00, e accertando il reddito lordo del (OMISSIS) nella somma di Euro 40.000,00; redditi che si sono “mantenuti simili dalla (OMISSIS) in poi. Il giudice del gravame ha anche considerato la circostanza che “il (OMISSIS) era coniugato e obbligato a mantenimento di altri due figli”, come peraltro gia’ evidenziato dal tribunale.
Inoltre, la Corte d’appello ha condiviso la quantificazione degli esborsi effettuati dalla (OMISSIS), ad esclusione del periodo che va tra la nascita del piccolo (OMISSIS), avvenuta nel (OMISSIS), sino al (OMISSIS), ossia negli anni in cui la madre ha vissuto unitamente al figlio con i nonni, non svolgendo alcuna attivita’ lavorativa. In relazione al periodo successivo il giudice d’appello ha condiviso la quantificazione delle spese per il mantenimento del figlio dall’8 anno di eta’ sino al (OMISSIS) (210 anno d’eta’) in Euro 700,00 mensili, dovendosi tenere conto sia delle esigenze abitative pro quota sia delle altre esigenze del figlio che, in tale periodo, aveva anche frequentato il liceo classico diplomandosi; ha poi provveduto alla quantificazione del mantenimento per il periodo dal (OMISSIS) al (OMISSIS), quando il figlio frequento’ la scuola mosaicisti in Friuli, indicandolo nella somma di Euro 1000,00 mensili; ed ha quantificato in mantenimento del figlio da (OMISSIS) a (OMISSIS), epoca in cui il ragazzo, diplomatosi, non era riuscito a trovare lavoro, con indicazione di Euro 800,00 mensili.
Pertanto, e’ evidente che non v’e’ stato un mero appiattimento della motivazione del giudice d’appello su quella di prime cure, ma v’e’ stato un analitico ed effettivo vaglio critico, che ha condotto ad una decisione autonoma e completa, che sfugge sicuramente alla censura di motivazione apparente, essendo indicati in modo chiaro tutti gli elementi che hanno condotto alla decisione del giudice d’appello.
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4. Con il secondo motivo di impugnazione principale il ricorrente deduce la “nullita’ della sentenza per violazione dell’articolo 115 c.p.c., in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, risultando basata la sentenza impugnata su circostanze in realta’ inesistenti”. Per il ricorrente principale, dunque, la Corte d’appello ha motivato la propria decisione affermando che gia’ aveva tenuto conto, nella determinazione delle somme spettanti alla (OMISSIS), della circostanza che il (OMISSIS) fosse coniugato ed avesse due figli da mantenere. In realta’, per il ricorrente il primo giudice “non ha affatto tenuto in considerazione la circostanza che il (OMISSIS) avesse gia’ una moglie legittima ed altri due figli”. Del resto, il giudice di prime cure aveva distribuito l’onere del mantenimento in particolare tra padre e madre, senza quindi prendere in considerazione le esigenze della moglie e degli altri figli a carico del (OMISSIS).
4.1. Il motivo e’ inammissibile.
4.2. Invero, per questa Corte, ove con il ricorso per cassazione si ascriva al giudice di merito di non avere tenuto conto di una circostanza di fatto che si assume essere stata “pacifica” tra le parti, il principio di autosufficienza del ricorso impone al ricorrente di indicare in quale atto sia stata allegata la suddetta circostanza, ed in quale sede e modo essa sia stata provata o ritenuta pacifica (Cass., sez. 6-1, 12 ottobre 2017, n. 24062).
Nella specie, il ricorrente si e’ limitato ad affermare la violazione dell’articolo 115 c.p.c., in quanto la Corte avrebbe erroneamente ritenuto che il tribunale aveva tenuto conto, nella determinazione del quantum della circostanza che il (OMISSIS) aveva gia’ una moglie ed altri due figli. Al contrario, secondo l’assunto del ricorrente il tribunale non avrebbe svolto tale indagine e non avrebbe, quindi, tenuto conto nella determinazione dell’importo degli esborsi.
Tuttavia, il ricorrente principale non riporta, neppure per stralcio, il contenuto della motivazione della sentenza del tribunale, non consentendo in alcun modo a questa Corte di comprendere la portata e la fondatezza della doglianza.
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4.3. Tra l’altro, la controricorrente (OMISSIS) ha indicato con precisione il passaggio della motivazione del tribunale, con cui si e’ tenuto conto, nella determinazione del quantum degli esborsi da rimborsare alla stessa, della circostanza che il (OMISSIS) era coniugato ed aveva due figli (cfr. pag. 12 del controricorso “di contro l’odierno ricorrente, essendosi limitato solamente a contestare quanto ex adverso dedotto, omettendo quindi di fornire indicazione circa gli esborsi che lo stesso avrebbe sostenuto per il mantenimento della propria famiglia, ha legittimamente indotto gia’ il giudice di prime cure a ritenere la situazione patrimoniale delle parti assolutamente analoga pur riconoscendo l’esistenza e due figli legittimi – si veda pag. 3, let. e) ordinanza I grado”).
Il motivo e’ anche infondato, in quanto la Corte d’appello, con un nuovo e distinto giudizio sul merito, ha confermato l’entita’ degli importi da rimborsare alla (OMISSIS), per le spese relative alla crescita del figlio, valutando anche la circostanza che il (OMISSIS) era coniugato ed obbligato a mantenimento di altri due figli.
3. Con il terzo motivo di ricorso principale si deduce la “nullita’ della sentenza per violazione dell’articolo 112 c.p.c., in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, e per omesso esame di un fatto decisivo della controversia in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5”. La Corte d’appello di Catania, pervenendo alla decisione impugnata, avrebbe omesso di pronunciarsi “sui motivi di appello incidentale illustrati ai punti VI, VII e VII e sopra trascritti.
Su tali motivi sarebbe completamente mancata qualsiasi disamina e/o decisione da parte della Corte. Tale omissione rileverebbe, comunque, anche in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, trattandosi di “fatti storici posti a fondamento dei motivi di gravame (…) da ritenersi decisivi ai fini del decidere”.
3.1. Il motivo e’ inammissibile.
3.2. Invero, per questa Corte il vizio di omessa pronuncia che determina la nullita’ della sentenza per violazione dell’articolo 112 c.p.c., rilevante ai fini di cui all’articolo 360, comma 1, n. 4 cit. codice, si configura esclusivamente con riferimento a domande attinenti al merito e non anche in relazione ad istanze istruttorie per le quali l’omissione e’ denunciabile soltanto sotto il profilo del vizio di motivazione (Cass., sez. 6-1, 5 luglio 2016, n. 13716).
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Infatti, il ricorrente ha censurato la motivazione della sentenza del giudice d’appello per non aver esaminato le circostanze da lui esposte nei paragrafi VI, VII e VIII del ricorso, che attengono pero’ esclusivamente a circostanze di fatto ed elementi istruttori, relativi alla quantificazione delle entita’ dei rimborsi spettanti alla (OMISSIS).
In particolare, nel paragrafo VI il ricorrente si duole che il tribunale abbia erroneamente computato un preteso canone mensile di Euro 650,00 dedotto dall’ (OMISSIS) per la locazione di un immobile a (OMISSIS), senza considerare che la stessa era proprietaria in Scicli di una unita’ abitativa che poi aveva deciso di vendere; nel paragrafo VII il ricorrente fa riferimento al cumulo nella determinazione degli esborsi tra l’affitto dell’abitazione di (OMISSIS) e quanto pagato per la frequentazione del corso di mosaicista in Friuli da parte del figlio; nel paragrafo VIII il ricorrente l’eccessivita’ del computo del rimborso per il periodo tra l’8 e il 21 anno di vita del figlio, indicato in Euro 700,00 mensili.
E’ evidente, che non si tratta di apposite domande giudiziali su cui la Corte d’appello avrebbe omesso di pronunciare, ma esclusivamente di elementi istruttori ed argomentativi, che attengono alla motivazione della decisione.
4. Il motivo e’ anche inammissibile, in quanto si e’ in presenza di un “doppia decisione conforme” nel merito, almeno per quanto attiene all’entita’ totale dei rimborsi sostenuti dall’ (OMISSIS), determinata, in entrambi i gradi di giudizio nella complessiva somma di Euro 91.800,00; le due decisioni di merito si sono poi discostate esclusivamente in relazione all’importo degli esborsi gia’ effettuati dal (OMISSIS) nel corso degli anni, prima dell’instaurazione del giudizio dinanzi al tribunale da parte della (OMISSIS).
Pertanto, l’articolo 348-ter c.p.c. si applica alle impugnazioni notificate o depositate successivamente all’11 settembre 2012, come nella specie. Peraltro, sia il giudice di prime cure che il giudice d’appello hanno fondato la loro decisione sulla base dei medesimi elementi fattuali.
5. Con il quarto motivo di impugnazione principale il ricorrente deduce la “violazione dell’articolo 1299 c.c., in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 L’azione proposta dalla (OMISSIS) va qualificata come mera azione di regresso tendente ad ottenere pro quota il rimborso delle anticipazioni asseritamente sostenute per il figlio. Pertanto, non trattasi della determinazione a posteriori dell’assegno di mantenimento ma, esclusivamente, del riconoscimento dell’entita’ delle anticipazioni effettuate. E’ vero, dunque, che il tribunale puo’ provvedere in via equitativa alla determinazione delle spese sostenute dall’ (OMISSIS), tuttavia il ragionamento presuntivo avrebbe dovuto essere riferito non alla presunzione delle spese ipotizzate per il mantenimento, ma, al piu’, alla determinazione dell’entita’ di quelle spese per cui l’attrice aveva fornito la prova. Il Tribunale e la Corte d’appello, invece, hanno fondato il loro convincimento sulle allegazioni di spese ritenute provate, ma hanno anche individuato “una vera e propria presunzione di assegno di mantenimento per ulteriori spese che non solo non sono state mai provate dall’attrice ma che, nemmeno, sono state mai dedotte a fondamento della pretesa creditoria”. Mancherebbe, insomma, una precisa definizione delle voci di spesa richieste.
6. Con il quinto motivo di impugnazione principale il ricorrente si duole della “violazione degli articoli 277, 269, 147 e 148 c.c., in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3”. I giudici di merito, nel quantificare l’entita’ del rimborso per la parte eccedente le spese dedotte documentate, si sarebbero illegittimamente limitati a quantificare retroattivamente l’assegno non offrendo alcuna giustificazione della sua determinazione “se non inammissibili presunzioni”.
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7. I motivi quarto e quinto, che vanno esaminati congiuntamente per strette ragioni di connessione, sono infondati.
7.1. Invero, per questa Corte e’ consentito pienamente in questa materia l’utilizzo del criterio equitativo.
7.2.Infatti, si e’ affermato che, in materia di dichiarazione giudiziale di paternita’ e maternita’ naturale, il rimborso delle spese spettanti al genitore che ha provveduto al mantenimento del figlio fin dalla nascita, ancorche’ trovi titolo nell’obbligazione legale di mantenimento imputabile anche all’altro genitore, ha natura in senso lato indennitaria, essendo diretta ad indennizzare il genitore, che ha riconosciuto il figlio, a causa degli esborsi sostenuti da solo per il mantenimento della prole; poiche’ e’ principio generale (desumibile da varie norme, quali ad esempio l’articolo 379 c.p.c., comma 2, articoli 2054, 2047 c.c.) che l’equita’ costituisca criterio di valutazione del pregiudizio non solo in ipotesi di responsabilita’ extracontrattuale ma anche quando la legge si riferisca in genere ad indennizzi o indennita’, il giudice di merito puo’ utilizzare il criterio equitativo per determinare le somme dovute a titolo di rimborso (Cass., sez. 1, 1 ottobre 1999, n. 10861; Cass., sez. 1, 22 luglio 2014, n. 16657). Si e’ anche chiarito che e’ indiscutibile la sussistenza di spese sostenute dalla madre per il mantenimento del minore fin dalla nascita, in quanto cio’ si desume da elementari canoni di comune esperienza (Cass., sez. 1, 1 ottobre 1999, n. 10861, in motivazione).
7.3.Si e’ anche ritenuto che il giudice del merito puo’ fare ricorso al criterio equitativo per determinare l’importo delle spese sostenute dalla madre, non altrimenti quantificabili nel loro preciso ammontare, ma che la determinazione di tale importo costituisce oggetto di un apprezzamento discrezionale del giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimita’ se, come nella specie, congruamente motivato, con riguardo agli esborsi presumibilmente sostenuti in concreto, alle specifiche molteplici esigenze dei figli soddisfatte o da soddisfare nel periodo in considerazione, alle sostanze e ai redditi di ciascun genitore quali risultanti, anche in via presuntiva, dalle risultanze processuali (Cass., sez. 1, 22 luglio 2014, n. 16657, in motivazione; Cass., sez,. 6-1, 14 luglio 2016, n. 14417; Cass., sez. 1, 4 novembre 2010, n. 22506, in motivazione).
7.4. Nella specie, tra l’altro, il giudice di merito ha valutato in concreto la capacita’ reddituale di entrambi i coniugi, valutando con attenzione le spese sostenute dalla madre per il minore nei vari periodi di vita e di crescita di quest’ultimo, con particolare riguardo alle spese affrontate per garantire al proprio figlio una adeguata preparazione culturale e professionale, con la frequentazione del liceo e, successivamente, del corso da mosaicisti in Friuli.
8. Con il primo motivo di ricorso incidentale la (OMISSIS) deduce la “violazione dell’articolo 115 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4”. La Corte d’appello ha erroneamente ritenuto che la ricorrente, con l’atto introduttivo del giudizio di prime cure, avesse ammesso di essere disoccupata nei primi 8 anni di vita di (OMISSIS). In realta’, pur avendo affermato di essere disoccupata e di convivere con il figlio in casa con i propri genitori, tuttavia il riferimento al proprio stato di disoccupazione ed alla convivenza con i genitori era volto esclusivamente a richiamare l’attenzione del giudice sul riconoscimento nella misura del 100%, del chiesto rimborso, ma mai a sostenere che mantenimento del figlio fosse stato assicurato dai nonni. Il giudice di prime cure e la Corte d’appello, poi, hanno erroneamente ritenuto di dichiarare d’ufficio il difetto di legittimazione attiva in capo all’ (OMISSIS) per il periodo dalla nascita al (OMISSIS), sulla base dell’errato convincimento che la stessa relativamente a quegli anni, fosse disoccupata e che avesse, addirittura affermato che al mantenimento del figlio avessero provveduto i nonni. La Corte d’appello, e’ incorsa nella violazione dell’articolo 115 c.p.c., avendo omesso di considerare le prove prodotte dalla stessa nel corso del giudizio d’appello. Infatti, in sede di gravame la (OMISSIS) ha prodotto documentazione da cui emergeva che aveva svolto attivita’ lavorativa in quel periodo, come risultava dagli estratti conto previdenziali dell’Inps, oltre che dalla compravendita del (OMISSIS).
Figli nati fuori del matrimonio ed il diritto al rimborso delle spese.
9. Con il secondo motivo di ricorso incidentale si deduce la “nullita’ della sentenza per violazione o falsa applicazione di norme di diritto e in particolare dell’articolo 345 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3”. La Corte d’appello ha erroneamente ritenuto che l’appellante avesse modificato integralmente la sua prospettazione difensiva, deducendo di aver lavorato e di aver provveduto direttamente al mantenimento del figlio anche nei primi 8 anni di vita del bambino. In realta’, la Corte d’appello ha adottato una interpretazione eccessivamente restrittiva dell’articolo 345 c.p.c., avendo infatti la (OMISSIS) provveduto da sola al mantenimento del figlio, sin dalla sua nascita, senza soluzione di continuita’; la sua affermazione di essere stata sostanzialmente disoccupata nel periodo dal (OMISSIS) al (OMISSIS) non e’ affatto smentita da quella, avvenuta in secondo grado per cui, non avendo la disponibilita’ economica per prendere in locazione un immobile aveva preferito accettare l’ospitalita’ dei genitori e utilizzare quanto da lei racimolato negli anni precedenti per accudire il figlio.
10. Con il terzo motivo di ricorso incidentale la ricorrente lamenta la “nullita’ della sentenza per violazione dell’articolo 115 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4”, in quanto la Corte d’appello ha errato nell’individuare quale indizio sulla esistenza dei dedotti versamenti da parte del (OMISSIS) all’ (OMISSIS), la circostanza che la stessa avesse agito in giudizio solo quando il (OMISSIS) aveva sospeso, come da ammissione dell’ (OMISSIS), ogni contribuzione. Se la Corte d’appello avesse fondato la sua decisione sulle risultanze processuali, avrebbe ritenuto non provata la dazione di somme, che il (OMISSIS) ha riferito di avere corrisposto fino al (OMISSIS).
11. Il primo ed il secondo motivo di ricorso incidentale, che vanno trattati congiuntamente per strette ragioni di connessione, sono infondati.
11.1. Invero, la Corte d’appello correttamente ha ritenuto che la (OMISSIS), con il ricorso introduttivo del giudizio di prime cure, aveva ammesso di non svolgere alcuna attivita’ lavorativa tra l’anno (OMISSIS), anno di nascita di (OMISSIS), per il (OMISSIS), essendo ospite, tra l’altro, dei propri genitori.
Figli nati fuori del matrimonio ed il diritto al rimborso delle spese.
11.2. Tale circostanza e’ stata poi confermata dalla stessa controricorrente a pagina 15 del controricorso laddove si legge che nel giudizio di primo grado aveva affermato che “era disoccupata e conviveva con il figlio in casa con i propri genitori. Tale situazione comporta che per gli anni in questione il Sig. (OMISSIS) avrebbe dovuto provvedere al mantenimento del figlio in via esclusiva”.
11.3. A prescindere dalle ragioni per le quali la (OMISSIS) ha ammesso, con il ricorso di prime cure, di essere disoccupata, in quanto la stessa ritiene di avere allegato tale circostanza al limitato ed esclusivo fine di ottenere il rimborso nella percentuale del 100% delle spese sostenute, mentre per il periodo successivo, avendo la stessa trovato lavoro ed adeguata remunerazione, la percentuale richiesta era solo quella del 50%, resta il fatto che la circostanza e’ stata specificamente allegata dalla ricorrente nell’atto introduttivo.
11.4. Solo nel giudizio di appello, proponendo il gravame in via incidentale, la (OMISSIS) ha dedotto che anche negli anni (OMISSIS)-(OMISSIS) aveva svolto, sia pure in via sporadica, delle prestazioni lavorative, quale insegnante di sostegno, come risultava dai modelli Inps prodotti, per la prima volta, sodo in appello.
11.5. Pertanto, correttamente il giudice d’appello, facendo corretta applicazione dell’articolo 345 c.p.c., ha ritenuto tardivo il deposito dei documenti effettuato per la prima volta solo in sede di gravame, e nuova la deduzione, per la prima volta affermata in sede di appello incidentale, in ordine allo svolgimento di attivita’ lavorativa anche nel periodo dal (OMISSIS) al (OMISSIS). La Corte d’appello ha riportato, infatti, una porzione del ricorso introduttivo del giudizio nella quale il difensore della (OMISSIS) ha dedotto ” dalla nascita del figlio e fino al (OMISSIS) la (OMISSIS) era disoccupata e conviveva con il figlio in casa dei propri genitori”. Pertanto, in base alla stessa affermazione dell’attrice, il giudice d’appello ha ritenuto che “ella non era in condizione di mantenere il figlio ed entrambi erano mantenuti dai genitori dell’ (OMISSIS) con cui convivevano”; con l’ulteriore deduzione che “non vi e’ alcuna prova neppure presuntiva sull’esistenza di un diritto di regresso pro quota per tale periodo e, dall’altro, che il diritto al regresso pro quota poteva al piu’ spettare ai nonni materni, con conseguente carenza di legittimazione attiva dell’appellante”. Aggiunge, poi, il giudice del gravame che “in realta’ soltanto in questo grado del giudizio l’appellante ha modificato integralmente la sua prospettazione difensiva, deducendo di aver lavorato e di aver provveduto direttamente al mantenimento del figlio anche in tale periodo”. Precisa, inoltre, il giudice d’appello la novita’ dei documenti prodotti solo in sede di gravame (“tale diversa prospettazione deve ritenersi manifestamente inammissibile in quanto del tutto nuova rispetto a quanto dedotto in primo grado ed e’, comunque, del tutto sfornita di prova”).
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11.6. Per questa Corte, infatti, la valutazione della condotta processuale del convenuto, agli effetti della non contestazione dei fatti allegati dalla controparte, deve essere correlata al regime delle preclusioni, che la disciplina del giudizio ordinario di cognizione connette all’esaurimento della fase processuale entro la quale e’ consentito ancora alle parti di precisare e modificare, sia allegando nuovi fatti – diversi da quelli indicati negli atti introduttivi – sia revocando espressamente la non contestazione dei fatti gia’ allegati, sia ancora deducendo una narrazione dei fatti alternativa e incompatibile con quella posta a base delle difese precedentemente svolte; in particolare, la mancata tempestiva contestazione, sin dalle prime difese, dei fatti allegati dall’attore e’ comunque retrattabile nei termini previsti per il compimento delle attivita’ processuali consentite dall’articolo 183 c.p.c., risultando preclusa, all’esito della fase di trattazione, ogni ulteriore modifica determinata dall’esercizio della facolta’ deduttiva (Cass., sez. 6-2, 2 dicembre 2019, n. 31402).
Si e’ anche chiarito che la valutazione della condotta processuale del convenuto, agli effetti della non contestazione dei fatti allegati dalla controparte, deve essere correlata al regime delle preclusioni che la disciplina processuale connette all’esaurimento della fase entro la quale e’ consentito ancora alle parti di precisare e modificare, sia allegando nuovi fatti – diversi da quelli indicati negli atti introduttivi – sia revocando espressamente la non contestazione dei fatti gia’ allegati, sia ancora deducendo una narrazione dei fatti alternativa e incompatibile con quella posta a base delle difese precedentemente svolte; ne deriva che nel procedimento sommario di cognizione, fino alla sua eventuale conversione in rito ordinario con la fissazione dell’udienza di trattazione di cui all’articolo 183 c.p.c., non puo’ rinvenirsi ne’ letteralmente, ne’ sistematicamente, alcuna non prevista preclusione (Cass., sez. 3, 9 settembre 2021, n. 24415).
La ricorrente, invece, dopo aver affermato espressamente il proprio stato di disoccupazione negli anni dal (OMISSIS) al (OMISSIS), con la conseguente convivenza a carico dei propri genitori, unitamente al figlio, non ha provveduto a revocare la precedente non contestazione dei fatti gia’ allegati entro i termini di cui all’articolo 183 c.p.c., ma lo ha fatto soltanto in sede d’appello, e quindi tardivamente, quando ormai erano maturate le preclusioni di rito.
12. Allo stesso modo, tardive sono state le produzioni documentali effettuate per la prima volta solo in sede di appello.
12.1.Dopo le modifiche apportate dal Decreto Legge n. 83 del 2012, applicabile alle sentenze pubblicate a decorrere dall’11 settembre 2012, dispone, al comma 3, che “non sono ammessi nuovi mezzi di prova e non possono essere prodotti nuovi documenti, salvo che la parte dimostri di non aver potuto proporli o produrli nel giudizio di primo grado per causa ad essa non imputabile”.
Invero, per questa Corte la nuova formulazione dell’articolo 345 c.p.c., comma 3, introdotta dal Decreto Legge n. 83 del 2012, conv. con modif. dalla L. n. 134 del 2012, che prevede il divieto di ammissione, in appello, di nuovi mezzi di prova e documenti, salvo che la parte dimostri di non avere potuto proporli o produrre per causa non imputabile, trova applicazione, in difetto di un’espressa disciplina transitoria ed in base al generale principio processuale “tempus regit actum”, quando la sentenza conclusiva del giudizio di primo grado sia stata pubblicata dopo l’11 settembre 2012 (Cass., sez. 2, 28 luglio 2021, n. 21606).
E’ stato eliminato, quindi, ogni riferimento alla indispensabilita’ dei documenti.
Peraltro, per questa Corte nel giudizio di appello, il potere del giudice di ammettere una prova nuova indispensabile, ai sensi dell’articolo 345 c.p.c., comma 3, nel testo previgente rispetto alla novella di cui al Decreto Legge n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, non puo’ essere esercitato rispetto a prove gia’ in prime cure dichiarate inammissibili, perche’ dedotte in modo difforme dalla legge, o a prove dalla cui assunzione il richiedente sia decaduto o per la cui deduzione siano maturate preclusioni, le quali non possono essere qualificate prove “nuove” (Cass., sez. 3, 5 maggio 2021, n. 11804). Solo i documenti formatosi dopo i termini di preclusione di cui all’articolo 183 c.p.c., possono essere prodotti in sede di appello (Cass., sez. 2, 11 marzo 2022, n. 7977).
Pertanto, correttamente la Corte d’appello ha ritenuto tardivi documenti prodotti per la prima volta solo in sede di gravame.
13.E’ infondato anche il terzo motivo di ricorso incidentale.
13.1. Invero, la Corte d’appello e’ giunta riconoscere l’effettivo pagamento di somme da parte del (OMISSIS) prima dell’instaurazione del giudizio per il riconoscimento dell’assegno di mantenimento per il futuro e per la restituzione degli esborsi effettuati per la crescita del minore, non solo sulla scorta del comportamento preprocessuale della (OMISSIS), ma anche tenendo conto dell’istruttoria testimoniale espletata (“in tale situazione, ad avviso della Corte, seppur non puo’ ritenersi provato il versamento della somma di Euro 56.497,00 da parte del (OMISSIS) alla (OMISSIS), come ritenuto dal tribunale, tuttavia, alla luce della prova testimoniale e valutato il comportamento preprocessuale tenuto dall’appellante, la quale ha agito in giudizio soltanto quando il (OMISSIS) ha sospeso – per sua ammissione – ogni contribuzione, emerge un principio di prova sull’esistenza dei dotti versamenti, che concreta una vera e propria semipiena probatio, tale da giustificare il ricorso alla prova presuntiva e la conseguente riduzione del credito vantato dall’ (OMISSIS), seppure in misura inferiore rispetto a quanto determinato dal primo giudice”). Di qui, la conclusione per cui dall’ammontare del credito di regresso determinato dal tribunale in Euro 91.300,00, si dovessero detrarre Euro 36.497,00, in luogo della somma di Euro 56.497,00 che il tribunale aveva indicato a titolo di detrazione dalla somma complessiva dovuta dal (OMISSIS).
Sulla circostanza che ci fossero stati dei versamenti precedenti da parte del (OMISSIS), sono concordi sia il giudice di prime cure che quello d’appello, le cui valutazioni divergono solo in relazione alla quantificazione di tali versamenti.
14. Deve, dunque, essere enunciato il seguente principio di diritto: “In materia di filiazione naturale, il diritto al rimborso delle spese a favore del genitore che ha provveduto al mantenimento del figlio fin dalla nascita, ancorche’ trovi titolo nell’obbligazione legale di mantenimento imputabile anche all’altro genitore, ha natura in senso lato indennitaria, in quanto diretto ad indennizzare il genitore che ha riconosciuto il figlio, degli esborsi sostenuti da solo per il mantenimento della prole, sicche’ il giudice di merito, ove l’importo non sia altrimenti quantificabile nel suo preciso ammontare, puo’ utilizzare il criterio equitativo. Deve, comunque, tenersi conto delle molteplici e variabili esigenze dei figli soddisfatte o da soddisfare, in relazione allo sviluppo ed alla formazione di studio e professionale degli stessi, restando comunque indiscutibile la sussistenza di spese sostenute dalla madre per il mantenimento del minore fin dalla nascita, in base ad elementari canoni di comune esperienza”.
15. Le spese del giudizio di legittimita’, in ragione della reciproca soccombenza, vanno compensate interamente tra le parti.
P.Q.M.
rigetta il ricorso principale; rigetta il ricorso incidentale;
compensa interamente tra le parti le spese del giudizio di legittimita’.
Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalita’ e gli altri dati identificativi delle parti e degli altri soggetti in esso menzionati.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale e della ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis se dovuto.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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