Corte di Cassazione, sezione terza penale, Sentenza 10 giugno 2019, n. 25556.

La massima estrapolata:

L’estinzione per prescrizione del reato di costruzione abusiva dichiarata dal giudice d’appello comporta la conseguente dichiarazione di revoca dell’ordine di demolizione impartito con la sentenza di primo grado, atteso che questo consegue alle sole sentenze di condanna per il reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, articolo 44, come disposto dal citato D.P.R., articolo 31, comma 9

Sentenza 10 giugno 2019, n. 25556

Data udienza 5 aprile 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IZZO Fausto – Presidente

Dott. CERRONI Claudio – Consigliere

Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere

Dott. CORBETTA Stefano – Consigliere

Dott. SCARCELLA Aless – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 19/03/2018 della CORTE APPELLO di LECCE;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la svolta dal Consigliere, Dott. ALESSIO SCARCELLA;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale, Dott.ssa BARBERINI ROBERTA MARIA, che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso;
udito il difensore presente, Avv. (OMISSIS), che ha chiesto l’accoglimento del ricorso e, in subordine ha insistito per la declaratoria di improcedibilita’ per essere i reati estinti per prescrizione.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza 19.03.2018, la Corte d’appello di Lecce confermava la sentenza del tribunale di Brindisi del 27.10.2015, appellata dal (OMISSIS), che lo aveva condannato alla pena condizionalmente sospesa di gg. 20 di arresto ed Euro 40.000,00 di ammenda, con il concorso di attenuanti generiche, per aver eseguito gli interventi edilizi meglio descritti nel capo sub a) della rubrica, in totale difformita’ rispetto al permesso di costruire rilasciatogli in data (OMISSIS), nonche’ (capo b) per aver omesso di denunciare detti lavori e per aver omesso di presentare il relativo progetto di costruzione in zona sismica, in relazione a fatti contestati come commessi in data antecedente e prossima al (OMISSIS), data in cui era intervenuto il sequestro.
2. Contro la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del difensore di fiducia, iscritto all’Albo speciale previsto dall’articolo 613 c.p.p., articolando cinque motivi di ricorso, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex articolo 173 disp. att. c.p.p..
2.1. Deduce, con il primo motivo, violazione di legge in relazione alla mancata applicazione dell’articolo 36 TU edilizia.
Premesso che la violazione contestata al ricorrente si riferisce a due porzioni della costruzione del tutto autonome e separate, trattandosi di un ampliamento del volume tecnico assentito mediante realizzazione di tre vani poi demoliti e di un vano di poco piu’ di 8 mq. nella parte posteriore, poi assentito ex articolo 36 TU edilizia, si rileva che in grado di appello il ricorrente aveva documentato non solo di aver provveduto alla demolizione dei tre vani oggetto dell’ordinanza di demolizione del Comune, ma di aver conseguito il titolo abilitativo del vano di dimensioni piu’ ridotte, cosi’ recuperando alla legalita’ urbanistico – edilizia i volumi tecnici realizzati al secondo piano della costruzione. In definitiva, dunque, in relazione al veno in questione, l’intervenuta sanatoria eseguita attraverso le opportune valutazioni demandate alla PA competente che ha provveduto all’applicazione della sanzione prevista dagli articoli 34/36 e 37 TU edilizia, come alternativa alla sanzione estrema della demolizione, avrebbero determinato il venir meno del concorrente potere del giudice penale di ordinare, in via sostitutiva, la demolizione delle opere abusive, una volta che la stessa PA abbia operato una valutazione legittimante l’opera in questione, rendendo quindi incompatibile il provvedimento ripristinatorio disposto dal giudice penale medesimo, avente identica natura formale di sanzione amministrativa e come oggetto lo stesso fatto sanzionabile. Si tratterebbe di interpretazione costituzionalmente orientata ex articolo 31 TU edilizia, la cui lettera, ove applicata alla lettera, si porrebbe in grave contrasto con il principio del ne bis in idem sostanziale di cui all’articolo 4 CEDU, protocollo n. 1 e dell’articolo 50 Carta dei diritti fondamentali UE, aventi valenza costituzionale ex articolo 117 Cost., comma 1, atteso che in base alla giurisprudenza sovranazionale, anche la sanzione formalmente amministrativa che per la sua afflittivita’ sia sostanzialmente penale deve considerarsi soggetta al divieto di duplicazione. Richiamata sul punto giurisprudenza di questa Corte circa l’idoneita’ della sanatoria ex articolo 36 TU edilizia priva della c.d. doppia conformita’ a rendere revocabile l’ordine di demolizione (il riferimento e’ alla sentenza n. 8540/2018 di questa Corte), si conclude pertanto chiedendo a questa Corte di annullare la sentenza impugnata revocando l’ordine demolitorio e la condizione apposta alla sospensione condizionale della pena.
In subordine, ove si ritenesse detta interpretazione non ammissibile, si deduce la incostituzionalita’ dell’articolo 31 TU edilizia per violazione dell’articolo 117 Cost., comma 1, in relazione all’articolo 4 CEDU, protocollo n. 1 e articolo 50 Carta dei diritti fondamentali UE, nonche’ per violazione dell’articolo 3 Cost. in quanto contrastante con i principi di ragionevolezza e proporzionalita’ del tutto disattesi dalla norma censurata nella parte in cui lo stesso dovesse ritenersi non prevedere l’esclusione dell’ordine demolitorio da parte dell’AG non solo nel caso in cui la demolizione non sia stata altrimenti eseguita, ma anche nel caso in cui la stessa non sia stata superata da un qualsivoglia provvedimento amministrativo incompatibile.
2.2. Deduce, con il secondo motivo, violazione di legge in relazione al combinato disposto di cui all’articolo 125 c.p.p., comma 3 e articolo 597 c.p.p. per violazione dell’obbligo di esaminare, decidere e motivare su tutti i capi ed i motivi del proposto appello dell’imputato, con riferimento all’omessa pronuncia su circostanza devolute alla Corte d’appello e specificamente rappresentate dell’atto di impugnazione e nei motivi aggiunti e riguardanti, da un lato, la richiesta revoca dell’ordine demolitorio e, dall’altro, la richiesta di esclusione della condizione apposta alla sospensione condizionale della pena.
In sintesi, si sostiene che, nonostante i predetti profili di doglianza avessero costituito oggetto di espressa richiesta nei motivi aggiunti in appello, la Corte territoriale avrebbe omesso di pronunciarsi, essendosi limitata la Corte d’appello, a fronte del silenzio sul primo di essi, ad affermare, sul secondo, che la condizione apposta dovesse ritenersi pienamente legittima avendo il relativo ordine la funzione di eliminare le conseguenze dannose del reato, motivazione ritenuta tuttavia apparente dal ricorrente potendo adattarsi a qualunque ipotesi in cui sia possibile un’attivita’ risarcitoria, ripristinatoria o restitutoria. Richiamata sul punto la giurisprudenza di questa Corte che, in relazione all’articolo 165 c.p., avrebbe dato origine ad un asserito contrasto giurisprudenziale, chiede conclusivamente il ricorrente che questa Corte voglia annullare la sentenza revocando la condizione apposta alla sospensione condizionale o disporre il rinvio ad altro giudice per l’esame della richiesta revoca.
2.3. Deduce, con il terzo motivo, vizio di motivazione, contraddittorieta’ e illogicita’ della stessa e travisamento probatorio in relazione all’omessa pronuncia su circostanze devolute alla Corte d’appello e specificamente rappresentate nell’atto di impugnazione e nei motivi aggiunti relative alla intervenuta demolizione di parte della costruzione e di intervenuto rilascio del permesso di costruire per altra parte della stessa.
Premesso che la Corte d’appello richiama nella motivazione un principio affermato dalla giurisprudenza di questa Corte che esclude l’applicazione dell’ordine demolitorio nei casi in cui la demolizione sia gia’ avvenuta o che l’abuso sia stato sanato da un punto di vista urbanistico, sembrerebbe tuttavia che la sentenza abbia fatto scorretta applicazione di tale principio, travisando il contenuto documentale prodotto che attestava sia l’intervenuta demolizione dei tre vani e la intervenuta sanatoria del vano di piu’ modeste dimensioni.
2.4. Deduce, con il quarto motivo, violazione di legge in relazione agli articoli 132 e 133 c.p. quanto alla necessita’ di motivare il congruo scostamento dalla pena base pecuniaria e correlato vizio di motivazione sotto il profilo dell’apparenza e comunque della contraddittorieta’ su tale profilo.
Premesso che la sentenza d’appello considera la pena inflitta congrua e mite in relazione all’entita’ della lesione inferta al bene protetto, sostiene il ricorrente che se, effettivamente, la pena e’ congrua quanto alla pena detentiva applicata, indicata in 1 mese di arresto, ridotta a gg. 20 per le attenuanti generiche, non altrettanto e’ a dirsi per la pena pecuniaria, determinata in 60 mila Euro, dunque in misura assai lontana dal minimo edittale di 10.328,00 Euro, dunque superiore anche alla media aritmetica dei due valori, considerato il massimo edittale di 103.290,00 Euro. In particolare non verrebbe minimamente dato conto ne’ risulta per quale ragione logica la pena pecuniaria sia stata determinata in macroscopica asimmetria rispetto a quella detentiva, ritenuta congrua in prossimita’ al minimo edittale.
2.5. Deduce, con il quinto motivo, violazione di legge per mancata assunzione di prova decisiva e in relazione all’articolo 603 c.p.p., commi 1 e 2 e articolo 495 c.p.p., comma 1, quanto all’omessa integrazione dell’istruttoria dibattimentale ritualmente richiesta dalla difesa nei motivi aggiunti e riguardanti l’assunzione del geom. (OMISSIS) quale tecnico e consulente dell’imputato sull’intervenuta demolizione delle parti dell’immobile non sanate.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso non puo’ ritenersi manifestamente infondato, donde la sentenza dev’essere annullata per essere i reati estinti per prescrizione.
4. Ed invero, la sentenza impugnata – pur correttamente qualificando gli interventi edilizi come eseguiti in totale difformita’ dal titolo abilitativo rilasciato all’imputato nonche’ altrettanto correttamente escludendo l’effetto estintivo dei reati contestati al rilascio del nominato permesso di costruire in sanatoria n. 147 del 10.08.2017, attesa la subordinazione del medesimo all’esecuzione di interventi di natura demolitoria, giusto il consolidato orientamento di questa Corte di cui e’ espressione la sentenza citata in motivazione (v. da ultimo, Sez. 3, n. 51013 del 05/11/2015 – dep. 29/12/2015, Carratu’ e altro, Rv. 266034) – ha tuttavia, da un lato, ritenuto legittimo l’ordine demolitorio previsto dall’articolo 31 TU edilizia, comma 9, richiamando tuttavia la giurisprudenza pacifica di questa Corte che ne esclude l’applicabilita’ proprio in presenza delle condizioni, di cui e’ stata fornita dimostrazione documentale nel giudizio di merito, costituite dalla gia’ intervenuta demolizione (e cio’ ha riguardato il volume tecnico destinato a lavanderia, suddiviso in tre vani con tramezzature interne, oggetto della “sanatoria” n. 147 del 10.08.2017) o dalla sanatoria dell’abuso sotto il profilo urbanistico (e cio’ ha riguardato il vano di mq. 8,48 sito nella parte posteriore, sempre richiamato nella predetta “sanatoria”). L’affermazione dell’obbligatorieta’ dell’ordine ripristinatorio, risulta, pertanto, erronea, avendo infatti questa Corte non solo affermato che l’ordine di demolizione delle opere abusive deve intendersi sempre emesso allo stato degli atti, sicche’ il giudice e’ comunque tenuto a valutarne la persistenza dei presupposti lungo tutta la durata del processo (Sez. 3, n. 32540 del 08/06/2010 – dep. 01/09/2010, Fricano, Rv. 248275; relativa a fattispecie nella quale il giudice d’appello, in luogo di valutare la compatibilita’ del disposto, in primo grado, ordine di demolizione con la successiva intervenuta pronuncia del giudice amministrativo di sospensione di detto ordine, aveva rinviato ogni accertamento sul punto al giudice dell’esecuzione), ma anche, e soprattutto, che in caso di condanna per costruzioni edilizie eseguite in difetto del preventivo rilascio del permesso di costruire, in totale difformita’ o con variazioni essenziali, il giudice deve sempre emettere l’ordine di demolizione di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, articolo 31, a meno che non risulti che la demolizione sia gia’ avvenuta, che l’abuso sia stato sanato sotto il profilo urbanistico, che il consiglio comunale abbia deliberato la conservazione delle opere in funzione di interessi pubblici ritenuti prevalenti sugli interessi urbanistici (Sez. 3, n. 43294 del 29/09/2005 – dep. 29/11/2005, Gambino ed altro, Rv. 232645).
5. Nel caso di specie, dunque, essendo stata fornita dimostrazione dell’intervenuta demolizione dei tre vani nonche’ dell’intervenuta “sanatoria impropria” del quarto vano, il giudice di appello avrebbe dovuto valutare l’intervenuto ripristino della conformita’ urbanistica del manufatto e, pertanto, non disporre l’ordine di demolizione; cio’ dunque comporterebbe, ex se, la possibilita’ per questa Corte di disporre la revoca dell’ordine demolitorio disposto, con conseguente elisione della condizione apposta al beneficio della sospensione condizionale della pena, essendo venute meno le ragioni di tale subordinazione, ex articolo 620 c.p.p., lettera l).
6. Tuttavia, osserva il Collegio, il ricorso si appalesa altresi’ fondato quanto al residuo profilo afferente al trattamento sanzionatorio, atteso che, del tutto immotivatamente, i giudici di appello hanno ritenuto congrua la pena inflitta al ricorrente, in particolare per quanto concerne quella pecuniaria, atteso che, come rileva correttamente il ricorrente, se quella detentiva appare effettivamente mite in quanto di poco superiore al minimo edittale, quella pecuniaria risulta determinata in misura notevolmente superiore al c.d. medio edittale (arresto fino a due anni e ammenda da 10328 a 103290 Euro).
Ora, se e’ ben vero che in tema di applicazione della diminuzione per le attenuanti generiche, non sussiste l’obbligo del giudice di merito, nel caso di reato punito con pena detentiva congiunta a pena pecuniaria, di seguire il medesimo criterio nella determinazione della pena base detentiva e di quella pecuniaria, con la conseguenza che la determinazione nel minimo della pena detentiva non comporta che anche la pena pecuniaria debba essere determinata nel minimo (Sez. 4, n. 20228 del 15/03/2012 – dep. 25/05/2012, Lucky, Rv. 252682), e’ tuttavia altrettanto indubbio che quanto piu’ la “forbice” tra le due specie di pena tende a divaricarsi, tanto maggiore dev’essere la giustificazione che il giudice e’ tenuto a fornire al fine di chiarire le ragioni per le quali ha ritenuto di dover “amplificare” il trattamento sanzionatorio quanto alla pena pecuniaria, ponendo in condizione il destinatario della stessa di seguire il procedimento logico – giuridico che giustifica una piu’ rigorosa reazione dell’ordinamento sotto il profilo sanzionatorio pecuniario, posto che e’ proprio in consimili ipotesi che la funzione special – preventiva dell’effetto sanzionatorio penale esplica i suoi massimi effetti, incidendo non solo sulla persona ma anche e soprattutto sul patrimonio dell’imputato.
Tale esegesi e’ del resto conforme al principio piu’ volte affermato da questa Corte secondo cui in tema di irrogazione del trattamento sanzionatorio, quando per la violazione ascritta all’imputato sia prevista alternativamente la pena dell’arresto e quella dell’ammenda, il giudice non e’ tenuto ad esporre diffusamente le ragioni in base alle quali ha applicato la misura massima della sanzione pecuniaria, perche’, avendo l’imputato beneficiato di un trattamento obiettivamente piu’ favorevole rispetto all’altra piu’ rigorosa indicazione della norma, e’ sufficiente che dalla motivazione sul punto risulti la considerazione conclusiva e determinante in base a cui e’ stata adottata la decisione, ben potendo esaurirsi tale motivazione nell’accenno alla equita’ quale criterio di sintesi adeguato e sufficiente (Sez. 3, n. 37867 del 18/06/2015 – dep. 18/09/2015, Di Santo, Rv. 264726).
7. Ne consegue, pertanto, che quando la pena prevista e’ congiunta, ed il giudice ritenga di doversi discostare in misura apprezzabile dal c.d. medio edittale, e’ tenuto ad esporre diffusamente le ragioni in base alle quali ha applicato in tale misura la sanzione pecuniaria a differenza di quella detentiva, contenuta in prossimita’ del minimo.
8. Cio’ comporterebbe, pertanto, l’obbligo di disporre l’annullamento con rinvio della sentenza per rideterminare il relativo trattamento sanzionatorio, ostandovi tuttavia l’intervenuto decorso del termine di prescrizione dei reati contravvenzionali oggetto di contestazione, maturato alla data del (OMISSIS).
9. Consegue, pertanto, l’annullamento senza rinvio dell’impugnata sentenza per essere i reati estinti per prescrizione, oltre che la revoca dell’ordine demolitorio, trovando applicazione il principio per cui l’estinzione per prescrizione del reato di costruzione abusiva dichiarata dal giudice d’appello comporta la conseguente dichiarazione di revoca dell’ordine di demolizione impartito con la sentenza di primo grado, atteso che questo consegue alle sole sentenze di condanna per il reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, articolo 44, come disposto dal citato D.P.R., articolo 31, comma 9 (tra le tante: Sez. 3, n. 8409 del 30/11/2006 – dep. 28/02/2007, Muggianu, Rv. 235952).

P.Q.M.

La Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata perche’ i reati sono estinti per prescrizione. Revoca l’ordine di demolizione.

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