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ToggleCorte di Cassazione, civile, Ordinanza|| n. 14178.
Eccezione di incapacità a testimoniare tempestivamente sollevata e riproposizione in sede di p.c.
Qualora il giudice abbia respinto con ordinanza l’eccezione di incapacità a testimoniare tempestivamente sollevata, essa deve essere nuovamente riproposta in sede di precisazione delle conclusioni, chiedendo la revoca del provvedimento emesso; in caso contrario, l’eccezione deve intendersi rinunciata, con conseguente sanatoria della nullità stessa per acquiescenza, rilevabile d’ufficio dal giudice in ogni stato e grado del processo.
Ordinanza|| n. 14178. Eccezione di incapacità a testimoniare tempestivamente sollevata e riproposizione in sede di p.c.
Data udienza 24 novembre 2022
Integrale
Tag/parola chiave: Indebito arricchimento – Ricorso per cassazione – Controllo e valutazione dell’attendibilità e della concludenza delle prove – Giudizio di merito – Inammissibilità
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Presidente
Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere
Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere
Dott. CONDELLO Pasqualina A. P. – Consigliere
Dott. ROSSI Raffaele – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20927/2019 R.G. proposto da:
(OMISSIS), domiciliata ex lege in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS), (CF: (OMISSIS));
– ricorrente –
contro
(OMISSIS);
– intimato –
avverso la SENTENZA di CORTE D’APPELLO BOLOGNA n. 1695/2018 depositata il 02/07/2018;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24/11/2022 dal Consigliere Dott. CARMELO CARLO ROSSELLO.
Eccezione di incapacità a testimoniare tempestivamente sollevata e riproposizione in sede di p.c.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. A seguito di un’ordinanza autorizzativa di sequestro conservativo ante causam in favore di (OMISSIS) (odierno intimato) quest’ultimo evoco’ in giudizio (OMISSIS) (odierna ricorrente) davanti al Tribunale di Parma al fine di sentirla condannare al pagamento della complessiva somma di Euro 28.284,06 per: (i) la restituzione di un mutuo acceso dall’attore per le necessita’ della fidanzata (OMISSIS) e del quale la convenuta si sarebbe accollata il pagamento senza provvedervi, sino alla concorrenza di Euro 18.284,06 e (ii) per la restituzione della somma ulteriore di Euro 10.000,00 che l’ (OMISSIS) avrebbe consegnato alla (OMISSIS) per l’acquisto di un’autorimessa non andata a buon fine. L’ (OMISSIS) chiese, inoltre, il risarcimento dei danni non patrimoniali, adducendo che l’accaduto avrebbe provocato incomprensioni con la fidanzata e sarebbe stato causa della rottura del loro rapporto sentimentale.
2. Costituendosi in giudizio, la (OMISSIS) eccepi’ l’infondatezza delle pretese attoree, disconobbe la propria firma e scrittura relativamente alle due dichiarazioni unilaterali prodotte dall’attore, l’una relativa al preteso accollo di mutuo, e l’altra significativa di una pretesa corresponsione della somma di Euro 10.000,00 a favore della Signora (OMISSIS) (fidanzata dell’ (OMISSIS) e avvocato in rapporti professionali con la (OMISSIS)).
3. Il Tribunale di Parma, istruita la causa con consulenza grafologica e, in esito a questa, con prove testimoniali, accolse la domanda attorea relativa al pagamento della somma di Euro 28.284,06. Rigetto’ la domanda di risarcimento dei danni non patrimoniali, in quanto non provata, e condanno’ la (OMISSIS) alle spese anche della fase cautelare. A sostegno della propria motivazione, il Tribunale dedusse di aver accertato l’infondatezza del disconoscimento della grafia e delle firme apposte dalla (OMISSIS) sui documenti prodotti dall’ (OMISSIS), riportandosi agli esiti di CTU e ai contenuti delle prove testimoniali e documentali.
4. Avverso detta sentenza la (OMISSIS) propose appello, sulla scorta di un unico e complesso motivo con il quale lamento’, sostanzialmente, il fatto che il Tribunale avrebbe fatto malgoverno delle norme sostanziali e procedurali che regolano la prova, l’interpretazione del contratto, la corrispondenza tra chiesto e pronunciato, omessa e contraddittoria motivazione.
5. Con sentenza n. 2403/2013, depositata in data 2/7/2018, oggetto di ricorso, dichiarata la contumacia dell’ (OMISSIS), la Corte di Appello di Bologna, ha rigettato il gravame e ha confermato integralmente la sentenza di prime cure. In particolare, la Corte territoriale ha ritenuto che, in base ai documenti prodotti ed esaminati, l’accollo del debito, l’obbligo di restituzione e la mancata restituzione delle somme ed il mutuo risultavano pienamente provati.
6. Avverso tale sentenza la (OMISSIS) propone ricorso per cassazione affidato a otto motivi.
7. L’intimato (OMISSIS) non ha svolto attivita’ difensiva.
8. La trattazione e’ stata fissata ai sensi dell’articolo 380-bis 1 c.p.c..
Eccezione di incapacità a testimoniare tempestivamente sollevata e riproposizione in sede di p.c.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullita’ della sentenza per violazione o falsa applicazione dell’articolo 112 c.p.c. per avere travisato la domanda nei suoi elementi oggettivi (in specie, causa petendi) ed avere pronunciato su domanda non proposta, o diversa da quella proposta. La ricorrente lamenta che la Corte territoriale avrebbe fondato la sua decisione sui fatti rappresentati dalla testimone, violando i limiti della domanda e sostituendo la causa petendi dedotta dall’attore con altra estranea alla domanda.
2. Con il secondo motivo denuncia, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5, la violazione delle regole in tema di capacita’ dei testimoni ex articolo 246 c.p.c.; la nullita’ o inefficacia della prova de relato partium; la violazione dell’articolo 189 c.p.c. in punto di ritenuta rinuncia all’eccezione di incapacita’ dei testi. Si duole che la corte territoriale abbia respinto il motivo di appello circa l’eccezione di incapacita’ a deporre della testimone Sig.ra (OMISSIS), benche’ questa avesse un interesse che la legittimava alla partecipazione al giudizio, ne’ abbia valutato l’inattendibilita’ della detta testimone, che ha deposto su fatti dei quali non aveva una conoscenza diretta, ma riferitile dall’ (OMISSIS).
3. Con il terzo motivo denuncia, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5, la violazione e falsa applicazione dell’articolo 2697 c.c. e degli articoli 115 e 116 c.p.c.; il travisamento delle prove orali; l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti. A detta della ricorrente la Corte territoriale non avrebbe analizzato in maniera corretta il quadro probatorio, nonostante palesi contraddizioni tra fatti dedotti e dimostrati e tra la testimonianza e la posizione dell’attore. La ricorrente lamenta inoltre che l’ (OMISSIS), per fondare la propria pretesa di rimborso, non avrebbe provato la causa della dazione di denaro a favore della medesima, cosi’ non assolvendo al suo onere probatorio ex articolo 2697 c.c.
4. Con il quarto motivo denuncia, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’articolo 2697 c.c. sul punto del quantum debeatur; la violazione e falsa applicazione dell’articolo 81 c.p.c. quanto all’importo di Euro 10.000,00. La ricorrente ribadisce quanto illustrato nel motivo precedente circa la prova del pagamento della somma di denaro da parte dell’ (OMISSIS) giustificatrice della pretesa restituzione. Denuncia, inoltre, la violazione dell’articolo 81 c.p.c., posto che si sarebbe consentito all’attore (OMISSIS) di far valere in nome proprio un ipotetico diritto altrui.
5. Con il quinto motivo denuncia, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5, la violazione e falsa applicazione degli articoli 1273 e 2721 c.c. in correlazione con l’articolo 1324 c.c. quanto alla prova testimoniale del presunto accollo; la nullita’ della sentenza per omessa pronuncia sull’eccezione di invalidita’/inefficacia dell’accollo di debito; l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti. La ricorrente sostiene che la “dichiarazione di accollo” e’ stata resa unilateralmente dall’ (OMISSIS), in assenza di un’accettazione che perfezionasse il contratto, prima della venuta ad esistenza del debito e priva di una qualsiasi volonta’ di obbligarsi da parte della medesima. Di talche’ risulterebbe violato l’articolo 1273 c.c., anche in ragione del fatto che l’accollo presuppone l’esistenza del debito e non puo’ riguardare un debito futuro. Inoltre, la “dichiarazione di accollo” sarebbe totalmente astratta, non palesando la causa sottostante, dal che conseguirebbe la sua nullita’ per mancanza di causa. Si denuncia, inoltre, la violazione dell’articolo 2721 c.c., in quanto, in assenza di una pattuizione contrattuale di accollo validamente perfezionata, la Corte territoriale avrebbe ammesso la prova per testi in relazione ad un atto unilaterale di contenuto patrimoniale di valore ben superiore al limite di cui all’articolo 2721 c.c., senza che venisse motivata tale decisione.
Eccezione di incapacità a testimoniare tempestivamente sollevata e riproposizione in sede di p.c.
6. Con il sesto motivo denuncia, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la violazione e falsa applicazione degli articoli 1362 c.c. e ss. e/o articoli 1813 c.c. e ss.; l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti. La Corte territoriale avrebbe travisato e mal interpretato la scrittura privata firmata dalla ricorrente.
7. Con il settimo motivo denuncia, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5, la violazione e falsa applicazione degli articoli 195-196 c.p.c. La ricorrente lamenta che la Corte territoriale avrebbe aderito acriticamente alla perizia grafologica della CTU espletata in primo grado, senza tener conto delle critiche mosse a tale CTU dal proprio consulente di parte.
8. Con l’ottavo motivo denuncia, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5, la violazione e falsa applicazione degli articoli 91 e 92 c.p.c., comma 2, lamentando che la Corte d’Appello non ha accolto il motivo relativo alle spese di giudizio. Illustra che il giudice di prime cure non ha applicato la L. n. 263 del 2005 relativa alle spese, e che l’abbia condannata alla rifusione di tutte le spese di primo grado, senza alcun temperamento e nonostante la parziale soccombenza dell’attore.
9. Il ricorso e’ inammissibile. Va anzitutto osservato che, in violazione del requisito prescritto a pena di inammissibilita’ dall’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6, la ricorrente omette di riportare nel ricorso il contenuto degli atti e dei documenti del giudizio di merito invocati a sostegno delle mosse censure, e cioe’ a dire: (i) la CTU; (ii) la prova testimoniale (e in particolare i capitoli 5, 6, 7, e 8 sui quali ha deposto la teste (OMISSIS)); (iii) il procedimento cautelare, l’atto di appello, il separato giudizio di merito, indicato a p. 15 del ricorso (“questa circostanza attiene ad un fatto irrilevante e diverso da quello posto dall’attore a fondamento della sua pretesa, di cui non fornisce dimostrazione, salvo dimostrare l’interagire fra parte e testimone; prova ne sia che la stessa circostanza e’ stata dedotta dalla (OMISSIS) nel separato giudizio di merito (…) che la contrappone all’odierna ricorrente”).
9.1 Con particolare riferimento al secondo motivo, va ulteriormente osservato che la ricorrente non da’ invero debitamente conto di aver tempestivamente censurato la deposizione testimoniale della (OMISSIS) a verbale immediatamente dopo la relativa assunzione o nel primo atto difensivo immediatamente successivo.
9.2 Infatti, qualora il giudice abbia respinto con ordinanza l’eccezione di incapacita’ a testimoniare tempestivamente sollevata, essa deve essere nuovamente riproposta in sede di precisazione delle conclusioni, chiedendosi la revoca del provvedimento emesso. In caso contrario, l’eccezione deve intendersi rinunciata con conseguente sanatoria della nullita’ stessa per acquiescenza, rilevabile d’ufficio dal giudice in ogni stato e grado del processo (Cass., Sez. III, sent. 10/04/2012, n. 5643; Cass., Sez. III, 30/10/2009, n. 23054; Cass., Sez. III, 25/9/2009, n. 20652; Cass., Sez. I, 3/4/2007, n. 8358; Cass., Sez. III, 29/3/2005, n. 655; Cass., Sez. II, 7/2/2003, n. 1840).
9.3 Neppure astrattamente ipotizzabile e’ altresi’ la denunciata violazione dell’articolo 115 c.p.c. – norma che sancisce il principio secondo cui il giudice decide “iuxta alligata et probata partium” – giacche’ essa “puo’ essere dedotta come vizio di legittimita’ solo denunciando che il giudice ha dichiarato espressamente di non dover osservare la regola contenuta nella norma, ovvero ha giudicato sulla base di prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli” (Cass., Sez. III, sent. 10/6/2016, n. 11892).
9.4 Esula, pertanto, dal vizio denunciato la censura con la quale si addebiti al giudice di merito di avere errato nella complessiva valutazione delle risultanze processuali, poiche’ in tal caso la norma che viene in rilievo e’ l’articolo 116 c.p.c.
9.5 In relazione all’articolo 116 c.p.c., secondo la consolidata giurisprudenza di legittimita’, per dedurre la violazione del paradigma dell’articolo 116 c.p.c., va considerato che “poiche’ l’articolo 116 c.p.c., prescrive come regola di valutazione delle prove quella secondo cui il giudice deve valutarle secondo prudente apprezzamento, a meno che la legge non disponga altrimenti, la sua violazione e, quindi, la deduzione in sede di ricorso per cassazione ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 4, e’ concepibile solo: a) se il giudice di merito valuta una determinata prova ed in genere una risultanza probatoria, per la quale l’ordinamento non prevede uno specifico criterio di valutazione diverso dal suo prudente apprezzamento, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore ovvero il valore che il legislatore attribuisce ad una diversa risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale); (b) se il giudice di merito dichiara di valutare secondo prudente apprezzamento una prova o risultanza soggetta ad altra regola, cosi’ falsamente applicando e, quindi, violando la norma in discorso (oltre che quelle che presiedono alla valutazione secondo diverso criterio della prova di cui trattasi)” (Cass., Sez. 6-3, ord. 4/07/2017, n. 16467; Cass., Sez. III, 10/6/2016, n. 11892; Cass., Sez. lav., 12/10/2018, n. 25543; Cass., n. 13960/2014; Cass., n. 20119/2009; Cass., n. 26965/2007; ma soprattutto Cass., Sez. Un., 27/12/2019, n. 34474).
L’intero ricorso, per come concretamente argomentato, si rivela essere, sostanzialmente, una critica al complessivo accertamento fattuale operato dal Giudice, cosi’ dimostrando di voler sollecitare, attraverso l’apparente deduzione di vizi di violazione di legge, una rivisitazione del suo giudizio non consentita a questa Corte (cfr., ex plurimis, Cass. n. 12568 del 2019, in motivazione; Cass. n. 13881 del 2015; Cass., n. 24679 del 2013; Cass. n. 27197 del 2011; Cass. n. 6694 del 2009).
10. Come e’ noto, spetta soltanto al giudice di merito di individuare le fonti del proprio convincimento, controllare l’attendibilita’ e la concludenza delle prove, scegliere tra le risultanze probatorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione dando liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova (Cass., Sez. 6-3, ord. 4/07/2017, n. 16467; Cass., Sez. I, sent. 23/05/2014, n. 11511; Cass., n. 25608/2013; Cass., n. 6288/2011; Cass., n. 6694/2009; Cass., n. 15489/2007; Cass., n. 4766/2006).
11. Con particolare riferimento al terzo, al quinto e sesto motivo, va ulteriormente osservato che la ricorrente nemmeno argomenta in ordine a criteri legali di interpretazione ex articoli 1362 c.c. e ss., nella specie asseritamente violati dalla Corte di merito, laddove, atteso che l’accertamento della volonta’ delle parti in relazione al contenuto del negozio si traduce in effetti in una indagine di fatto, affidata al giudice di merito e censurabile in sede di legittimita’ solo nell’ipotesi di violazione dei canoni legali d’interpretazione contrattuale di cui agli articoli 1362 c.c. e ss., il ricorrente per cassazione deve non solo fare esplicito riferimento alle regole legali d’interpretazione, mediante specifica indicazione delle norme asseritamene violate e ai principi in esse contenuti, ma e’ tenuto anche a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai richiamati canoni legali (di recente, Cass., Sez. II, 4/05/2022, n. 25370; Cass., 14/05/2017, n. 27136).
12. Senza sottacersi che giusta principio consolidato della giurisprudenza di legittimita’ secondo il quale “per sottrarsi al sindacato di legittimita’, l’interpretazione data dal giudice di merito ad un contratto non deve essere l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, ma una delle possibili, e plausibili, interpretazioni; sicche’, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o piu’ interpretazioni, non e’ consentito, alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito, dolersi in sede di legittimita’ del fatto che fosse stata privilegiata l’altra, Cass. sez. I, sent. 17.3.2014, n. 6125, Cass. sez. III, sent. 20.11.2009, n. 24539” (cosi’ Cass. 14/05/2017, n. 27136).
13. Per quanto specificamente attiene alla denunciata violazione degli articoli 91 e 92 c.p.c., il motivo e’ inammissibile in quanto censura la liquidazione delle spese da parte del giudice di primo grado, mentre la corte territoriale, con riferimento alle spese del grado di appello, ha statuito “nulla sulle spese stante la contumacia dell’appellato”. Qualora avesse inteso contestare la liquidazione delle spese da parte del primo giudice, il ricorrente avrebbe dovuto proporre sul punto appello incidentale, cosa che non ha fatto.
15. Nulla sulle spese, non avendo l’intimato svolto alcuna attivita’ difensiva nel presente giudizio di legittimita’.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis se dovuto.
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