Corte di Cassazione, civile, Sentenza|10 marzo 2022| n. 7794.
Distanze tra le costruzioni e destinazione dello spazio intermedio.
Le norme sulle distanze tra le costruzioni, integrative di quelle contenute nel codice civile, devono essere applicate indipendentemente dalla destinazione dello spazio intermedio che ne risulti e prescindendo dall’appartenenza di tale spazio a terzi.
Sentenza|10 marzo 2022| n. 7794. Distanze tra le costruzioni e destinazione dello spazio intermedio
Data udienza 26 gennaio 2022
Integrale
Tag/parola chiave: Regolamento di confini – Applicazione delle norme sulle distanze tra costruzioni indipendentemente dalla destinazione dello spazio intermedio che ne risulti e a prescindere dall’appartenenza di tale spazio a terzi – CTU – Accertamento della violazione – Doglianze di merito – Rigetto
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente
Dott. CARRATO Aldo – Consigliere
Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere
Dott. VARRONE Luca – Consigliere
Dott. OLIVA Stefano – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 21920/2017 proposto da:
(OMISSIS) SPA, IN PERSONA DELL’AMM.RE UNICO, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) SPA, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– controricorrenti e ricorrenti incidentali –
avverso la sentenza n. 4705/2016 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 25/07/2016;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 26/01/2022 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE GRASSO;
udito l’Avvocato (OMISSIS), che si riporta agli scritti depositati;
udito l’Avvocato (OMISSIS), che si riporta agli scritti depositati;
sentito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa CERONI Francesca, che ha concluso per l’inammissibilita’, in subordine il rigetto del ricorso.
FATTI DI CAUSA
La vicenda al vaglio, per quel che qui rileva, puo’ sintetizzarsi nei termini seguenti:
– il Tribunale, accogliendo in parte la domanda proposta da (OMISSIS) e (OMISSIS), proprietari di due unita’ immobiliari, nei confronti della s.p.a. (OMISSIS), che aveva edificato un fabbricato adiacente, condanno’ la convenuta ad arretrare la parte del proprio edificio posta a distanza inferiore a cinque metri dal confine e a risarcire il danno, quantificato nella misura di Euro 30.000,00 per ciascuno degli attori;
– la Corte d’appello di Roma, chiamata a giudicare sull’appello principale degli attori e su quello incidentale della convenuta, disattesa l’impugnazione incidentale e accolta in parte quella principale, ferma nel resto la statuizione di primo grado, condanno’ la convenuta ad arretrare il muro di confine.
La s.p.a. (OMISSIS) ricorre avverso la sentenza d’appello sulla base di otto motivi.
(OMISSIS) e (OMISSIS) resistono con controricorso, in seno al quale propongono ricorso incidentale condizionato sulla base di un solo motivo. La ricorrente principale ha depositato controricorso avverso il ricorso incidentale condizionato. Entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo il (OMISSIS) denuncia violazione e/o falsa applicazione degli articoli 871, 872, 873 e 948 c.c., articoli 115 e 116 c.p.c., nonche’ “omessa motivazione in ordine a punti decisivi della controversia ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5”.
Assume la societa’ ricorrente che la sentenza impugnata aveva errato nell’affermare che i due fabbricati fossero confinanti, stante che una particella, secondo la prospettazione, si apparteneva a terzi. La controparte non aveva assolto all’onere su di essa gravante di dare la prova del legittimo acquisto anche di quella particella, ex articolo 948 c.c. e di conseguenza era priva di legittimazione attiva; difetto, questo, che il giudice era tenuto a rilevare anche d’ufficio.
Distanze tra le costruzioni e destinazione dello spazio intermedio
1.1. Senza necessita’ d’indugiare oltre nell’esplorare lo sviluppo censuratorio la doglianza risulta, all’evidenza, infondata, sulla base del consolidato orientamento di questa Corte.
Si e’, infatti, reiteratamente chiarito che le norme sulle distanze tra le costruzioni, integrative di quelle contenute nel codice civile, devono essere applicate indipendentemente dalla destinazione dello spazio intermedio che ne risulti e prescindendo dall’appartenenza di tale spazio a terzi (Sez. 2, n. 25890, 31/10/2017, Rv. 645803; ma gia’, Sez. 6-2, n. 22081, 25/10/2011, Rv. 619954; Sez. 2, n. 6088, 18/6/1998, Rv. 516577; Sez. 2, n. 7511, 25/8/1994, Rv. 487769; Sez. 2, n. 3414, 23/3/1993, Rv. 481510).
2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia violazione e/o falsa applicazione degli articoli 871, 872, 873 c.c., articoli 115 e 116 c.p.c., nonche’ “omessa motivazione in ordine a punti decisivi della controversia ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5”.
Con la censura qui al vaglio la ricorrente contesta che sia rimasto accertato il pur lieve sconfinamento del muro, addebitando alla Corte di Roma di non avere tenuto conto delle valutazioni del c.t.u., il quale aveva precisato, prosegue la ricorrente, “che la linea di confine non e’ perfettamente coincidente per effetto della tolleranza dovuta al rilievo e alla scala grafica utilizzata e quindi al metodo di indagine applicato”. Il complessivo scostamento, quantificato in 1,75 mq, a parere del tecnico, appariva “del tutto irrilevante se considerat(o) nell’ambito degli scostamenti consentiti dal rilievo”.
2.1. La doglianza e’ inammissibile.
La sentenza riporta sul punto la relazione tecnica, la quale aveva evidenziato che per la sua gran parte il muro era stato edificato dalla societa’ all’interno dell’area di sua proprieta’, non mancando, tuttavia, di spiegare che per un tratto della lunghezza di 7 m., per la larghezza media di circa 25 cm, il manufatto si spingeva all’interno della proprieta’ avversa, cosi’ invadendo una superficie di circa 1,75 mq. Conclude il Giudice d’appello: “Orbene, anche se il CTU stesso evidenzia come l’invasione sia stata di leggera entita’ e non significativa, tuttavia uno sconfinamento sia pur modesto e’ stato accertato e cio’ impone l’accoglimento della domanda degli appellanti nella parte in questione. Ne’ detto sconfinamento potrebbe “compensarsi” con quella parte del terreno della societa’ (descritta dal CTU) che e’ rimasta appesa al lotto degli attori”.
I ricorrenti mirano a un improprio riesame di merito in questa sede non consentito, sostenendo, in definitiva, che lo scostamento non era rimasto provato, in quanto effetto della tolleranza, in relazione al riporto delle misure catastali ai rilievi in loco. Propongono, in conclusione, un’alternativa lettura istruttoria, diretta a smentire le risultanze di causa.
In definitiva, attraverso la denunzia di violazione di legge la ricorrente sollecita – non determinando essa, nel giudizio di legittimita’ lo scrutinio della questione astrattamente evidenziata sul presupposto che l’accertamento fattuale operato dal giudice di merito giustifichi il rivendicato inquadramento normativo, essendo, all’evidenza, occorrente che l’accertamento fattuale, derivante dal vaglio probatorio, sia tale da doversene inferire la sussunzione nel senso auspicato dal ricorrente – un improprio riesame di merito (da ultimo, S.U. n. 25573, 12/11/2020, Rv. 659459). Sotto l’usbergo dell’asserita violazione di legge la ricorrente insta per un inammissibile riesame di merito, peraltro al di la’ delle ipotesi contemplate dal vigente articolo 360 c.p.c., n. 5.
Quanto poi alla dedotta violazione degli articoli 115 e 116 c.p.c., deve ribadirsi che la censura investe inammissibilmente l’apprezzamento delle prove effettuato dal giudice del merito, in questa sede non sindacabile, neppure attraverso l’escamotage dell’evocazione dell’articolo 116 c.p.c., in quanto, come noto, una questione di violazione o di falsa applicazione degli articoli 115 e 116 c.p.c., non puo’ porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito (cfr., da ultimo, S.U. n. 20867/2020 e successivamente, Sez. 5, n. 16016/2021; ma gia’, ex multis, Sez. 6, n. 27000/2016).
3. Con il terzo motivo la ricorrente denuncia violazione e/o falsa applicazione degli articoli 1221, 1223, 1226, 1227, 2043 e 2056 c.c., articoli 115, 116, 183 e 184 c.p.c., nonche’ “omessa motivazione in ordine a punti decisivi della controversia ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5”.
Deduce la ricorrente che la sentenza aveva errato anche per avere riconosciuto il danno da lesa veduta, la cui domanda era stata tardivamente avanzata dagli attori solo in comparsa conclusionale, nei termini seguenti: “condanna della convenuta al risarcimento per equivalente per il deprezzamento subito dagli immobili per la lesione del diritto di veduta”. Inoltre la domanda in parola era stata posta in via subordinata, nel caso in cui non fosse stata pronunciata condanna di risarcimento in forma specifica. Il Tribunale aveva rigettato la richiesta subordinata di condanna per equivalente per il deprezzamento e dichiarato inammissibile per novita’ la domanda predetta. Aveva, poi, tuttavia, riconosciuto il diritto al risarcimento, nella misura di Euro 30.000,00, “per tutto il tempo sino al ripristino”. Poiche’ nessuna domanda era stata proposta in relazione alla violazione delle distanze e, come si e’ detto, quella per equivalente posta a compensare il deprezzamento, oltre che nuova, era stata subordinata al mancato accoglimento della condanna al ripristino, la Corte di Roma aveva errato a confermare la condanna al risarcimento nella misura anzidetta, “per l’asserita compromissione della veduta, luminosita’, aerazione e soleggiamento”. Inoltre, concludono i ricorrenti, nel merito la decisione era da reputarsi ingiusta per le ragioni esplicitate alle pagg. 19 e 20 del ricorso.
3.1. La doglianza e’ infondata.
Occorre partire dalla motivazione della sentenza d’appello.
I Giudici di secondo grado hanno censurato la motivazione della sentenza del Tribunale per avere ancorato il diritto al risarcimento all’ipotesi di danno “in re ipsa”, avuto riguardo al procurato “asservimento di fatto del fondo del vicino”, tuttavia riconoscendo (cosi’ correggendo la motivazione di primo grado) la provata sussistenza del danno, nella stessa misura, per la procurata “compromissione della veduta, luminosita’, areazione e soleggiamento”. Quanto alla tempestivita’ della relativa domanda i predetti Giudici chiariscono che essa era stata formulata gia’ in citazione, tanto e’ vero che sul punto uno specifico quesito era stato sottoposto al c.t.u. Confermavano, invece, il rigetto della domanda risarcitoria per deprezzamento dei beni, per non essere stato questo dimostrato con l’allegazione di proposte di acquisto o locazione per un corrispettivo “ridotto e inadeguato”. Espressamente, infine, la decisione rigetta la censura d’ultrapetizione esposta dalla societa’ appellante incidentale, avendo accertato tempestivita’ della domanda di ripristino, oltre che di risarcimento del danno per la perpetrata violazione delle distanze.
Alla luce di quanto sopra riportato, non specificamente smentito dalla doglianza, deve escludersi che la domanda risarcitoria per equivalente per il tempo in cui gli immobili risultino afflitti dall’ingiusta limitazione, sia stata tardivamente posta.
Quanto, infine, alla dedotta subordinazione della richiesta di condanna per equivalente, la critica, prima che infondata, per quel che prima si e’ detto, e’ inammissibile, per essere stata posta per la prima volta in questa sede.
Nel resto debbono richiamarsi le osservazioni spese a riguardo del secondo motivo.
4. Con il quarto motivo la ricorrente denuncia violazione e/o falsa applicazione degli articoli 112, 115 e 116 c.p.c., nonche’ “omessa motivazione in ordine a punti decisivi della controversia ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5”.
Secondo l’assunto la sentenza era incorsa in vizio di ultrapetizione per avere disposto l’arretramento dell’edificio, pur non avendo la controparte mai dedotto violazione delle distanze.
4.1. La doglianza non supera lo scrutinio d’ammissibilita’ a cagione della sua intrinseca contraddittorieta’ e inconcludenza.
La sentenza impugnata, non specificamente smentita, disattende la medesima doglianza evidenziando che “Al contrario (dell’asserto) a pag. 12 della citazione viene espressamente evidenziata anche una violazione delle distanze legali e parimenti nelle conclusionali (pag. 16 sub 2) viene ribadita la violazione delle norme sulle distanze e si chiede il ripristino dello “status quo ante” (oltre il risarcimento del danno)”.
5. Con il quinto motivo la ricorrente denuncia violazione e/o falsa applicazione degli articoli 871, 872, 873, 297 c.c., articoli 115 e 116 c.p.c., nonche’ “omessa motivazione in ordine a punti decisivi della controversia ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5”.
Secondo la ricorrente la Corte d’appello non aveva tenuto conto della circostanza che “il fabbricato non era ultimato e che si sarebbero potute eseguire opere di reinterro, si’ da non rendere applicabile la normativa sulle distanze”.
5.1. Il motivo ignora che la sentenza ha compiutamente chiarito che il manufatto era completo (mancavano sole rifiniture) e non interrato e che, in ogni caso, l’interramento, come aveva spiegato il ctu, non era realizzabile (pag. 9).
Solo per amore di completezza va soggiunto che la denuncia di violazione di legge sostanziale e processuale, come si e’ chiarito esaminando gli altri motivi, e’ mal posta, presupponendo essa un’alternativa ricostruzione fattuale.
6. Il sesto motivo, con il quale la ricorrente, in relazione a quello che precede, denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 345 c.p.c., “nonche’ omessa motivazione in ordine a punti decisivi della controversia ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5”, per avere la decisione immotivatamente negato accesso alla nuova produzione documentale, applicandosi, secondo l’assunto, il testo della norma evocata nella formulazione precedente alle modifiche di cui alla L. n. 69 del 2009, e’ inammissibile per non essersi la ricorrente rapportata con la motivazione: a pag. 9 (in fine), come si e’ visto, la Corte di Roma ha compiutamente spiegato le ragioni che facevano escludere l’interrabilita’ dell’opera ormai completa (senza contare che, in ogni caso, allo stato, interramento non vi era) e, di conseguenza, la relazione tecnica redatta da professionista di fiducia dell’appellante risultava, alla luce degli accertamenti svolti dal c.t.u., ininfluente; inoltre, a pag. 3, vien chiarito che la relazione in discorso risultava provenire da professionista che non rivestiva il ruolo di consulente di parte.
7. Il settimo motivo, con il quale la ricorrente denuncia violazione e/o falsa applicazione degli articoli 871, 872, 873, 2697 c.c. e articoli 115, 116 c.p.c., nonche’ “omessa motivazione in ordine a punti decisivi della controversia ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5”, per non essere stata accolta istanza di rinnovazione della c.t.u., risulta palesemente inammissibile, essendo diretto a un improprio riesame della decisione istruttoria di merito, peraltro ampiamente motivata (cfr. pag. 10). Inoltre, questa Corte ha avuto modo di spiegare che in tema di consulenza tecnica d’ufficio, il giudice di merito non e’ tenuto, anche a fronte di una esplicita richiesta di parte, a disporre una nuova ctu, atteso che il rinnovo dell’indagine tecnica rientra tra i poteri discrezionali del giudice di merito, sicche’ non e’ neppure necessaria una espressa pronunzia sul punto (Sez. 3, n. 22799, 29/09/2017, Rv. 64550; conf., Cass. n. 17693/2013).
8. l’ottavo e ultimo motivo, con il quale la ricorrente denuncia violazione e/o falsa applicazione degli articoli 871, 872, 873, 2697 c.c., articoli 116 e 117 c.p.c., nonche’, ancora una volta, “omessa motivazione in ordine a punti decisivi della controversia ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5”, non avendo la Corte d’appello accolto la censura mossa dall’appellante incidentale, per avere il Tribunale rigettato la domanda riconvenzionale di condanna al risarcimento dei danni derivanti dalla costruzione dell’avverso immobile, difforme dal progetto, e’ inammissibile poiche’ la censura non si confronta con la motivazione. Invero, la sentenza impugnata spiega che il motivo oltre ad essere generico e a non attingere in alcun modo gli argomenti della sentenza di primo grado, risulta destituito di giuridico fondamento: l’eventuale difformita’ rispetto al progetto non puo’ assumere rilievo privatistico, al di la’ della violazione sulle distanze, riguardando essa esclusivamente il rapporto con la p.a.; in ogni caso il c.t.u. aveva negato che la predetta costruzione violasse le distanze.
9. Il complessivo rigetto dell’impugnazione principale, e, in particolare del terzo motivo, all’accoglimento del quale i ricorrenti incidentali hanno subordinato il vaglio del loro ricorso incidentale, ne preclude l’esame.
10. Il regolamento delle spese segue la soccombenza e le stesse vanno liquidate, tenuto conto del valore e della qualita’ della causa, nonche’ delle svolte attivita’, siccome in dispositivo.
11. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater (inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17) applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), si da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso principale e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’ in favore dei controricorrenti, che liquida in Euro 6.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater (inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17), si da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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