Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|9 febbraio 2023| n. 4000.
La disposizione di cui all’art. 96 comma 3 c.p.c.
In tema di spese processuali, la disposizione di cui all’art. 96, comma 3 cod. proc. civ. prevede una sanzione di carattere pubblicistico, autonoma ed indipendente rispetto alle ipotesi di responsabilità aggravata previste dai commi 1 e 2 volta alla repressione dell’abuso dello strumento processuale; la sua applicazione, pertanto, richiede, quale elemento costitutivo della fattispecie, il riscontro non dell’elemento soggettivo del dolo o della colpa grave, bensì di una condotta oggettivamente valutabile alla stregua di “abuso del processo”, quale l’avere agito o resistito pretestuosamente (Nel caso di specie, nel rigettare il ricorso proposto dall’ente previdenziale privatizzato ricorrente contro la sentenza impugnata che aveva respinto l’appello avverso la decisione di prime cure di accoglimento della domanda del professionista controricorrente volta a sentire dichiarare l’illegittimità delle trattenute sulla pensione a titolo di contributo di solidarietà con restituzione delle somme indebitamente trattenute, la Suprema Corte ha disatteso la domanda di condanna per responsabilità aggravata formulata, ai sensi dell’art. 96, comma 3, cod. proc. civ. da quest’ultimo: nella circostanza, infatti, non ricorreva un’ipotesi assimilabile ad una di quelle esemplificativamente previste dalla giurisprudenza di legittimità, quali la proposizione di un ricorso per cassazione basato su motivi palesemente inammissibili, oppure incoerenti con il contenuto della sentenza impugnata, o completamente privi di autosufficienza, oppure contenenti la mera complessiva richiesta di rivalutazione nel merito della controversia, oppure, ancora, fondati sulla deduzione del vizio di cui all’art. 360, n. 5, cod. proc. civ., ove sia applicabile, “ratione temporis”, l’art. 348-ter, ultimo comma, cod. proc. civ.). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile III, ordinanza 4 agosto 2021, n. 22208; Cassazione, sezione civile L, sentenza 15 febbraio 2021, n. 3830; Cassazione, sezione civile VI, sentenza 24 settembre 2020, n. 20018).
Ordinanza|9 febbraio 2023| n. 4000. La disposizione di cui all’art. 96 comma 3 c.p.c.
Data udienza 1 ottobre 2022
Integrale
Tag/parola chiave: Lavoro – Previdenza – Enti previdenziali privatizzati – Cassa di previdenza dottori commercialisti – Trattenuta sulla pensione a titolo di contributo di solidarietà – Illegittimità – Incompatibilità con il principio del pro rata – Prelievo inquadrabile nel genus delle prestazioni patrimoniali – Potere normativo delle Casse previdenziali in materia – E’ escluso
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ESPOSITO Luca – Presidente
Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere
Dott. PONTERIO Carla – Consigliere
Dott. AMENDOLA Fabrizio – rel. Consigliere
Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 1499-2022 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 227/2021 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 05/07/2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 04/10/2022 dal Consigliere Relatore Dott. FABRIZIO AMENDOLA.
La disposizione di cui all’art. 96 comma 3 c.p.c.
RILEVATO
CHE:
1. la Corte d’Appello di Milano, con la sentenza impugnata, per quanto qui rileva, ha respinto l’appello principale proposto dalla Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza a favore dei dottori commercialisti avverso la decisione con cui il Tribunale aveva accolto la domanda di (OMISSIS), volta a sentire dichiarare l’illegittimita’ delle trattenute sulla pensione a titolo di contributo di solidarieta’ con restituzione delle somme indebitamente trattenute dal 2018 in poi;
2. per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso la Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza a favore dei Dottori Commercialisti, affidato a due motivi; ha resistito con controricorso l’intimato, instando anche per la condanna della controparte ai sensi dell’articolo 96 c.p.c., comma 3;
3. la proposta del relatore ex articolo 380 bis c.p.c., e’ stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale;
parte ricorrente ha comunicato memoria.
La disposizione di cui all’art. 96 comma 3 c.p.c.
CONSIDERATO
CHE:
1. i motivi di ricorso possono essere come di seguito sintetizzati, secondo le titolazioni proposte dalla stessa Cassa ricorrente:
“Violazione del Decreto Legislativo n. 509 del 1994, articolo 2, in combinato disposto con l’articolo 22 del “Regolamento di disciplina del regime previdenziale” della CNPADC e con la Delib. della CNPADC 27 giugno 2013; violazione della L. n. 335 del 1995, articolo 3, comma 12, della L. n. 296 del 2006, articolo 1, comma 763, (Legge Finanziaria per il 2007); violazione della L. 27 dicembre 2013, n. 147, articolo 1, comma 488, (Legge di stabilita’ 2014); violazione del Decreto Legge n. 201 del 2011, articolo 24, comma 24, convertito in L. n. 214 del 2011 (c.d. “Decreto Salva Italia”); violazione dell’articolo 3 Cost.; violazione articolo 23, Cost.; violazione dell’articolo 38 Cost., tutti in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3″ (primo motivo);
“Violazione articolo 1, L. 27 dicembre 2013, n. 147 (Legge di Stabilita’ 2014). Violazione L. n. 335 del 1995, articolo 3, comma 12; violazione L. n. 296 del 2006, articolo 1, comma 763, (Legge Finanziaria per il 2007); violazione Decreto Legislativo n. 509 del 1994, articolo 2, in combinato disposto con l’articolo 22 del “Regolamento di disciplina del regime previdenziale” della CNPADC e con la Delib. CNPADC 27 giugno 2013, tutti in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3,” (secondo motivo);
2. i motivi, congiuntamente esaminabili per connessione, risultano infondati secondo una consolidata giurisprudenza di questa Corte dalla quale il Collegio non ravvisa ragione per discostarsi (v., solo tra le recenti, Cass. n. 29535 del 2022; Cass. n. 29523 del 2022; Cass. n. 29382 del 2022; Cass. n. 18566 del 2022; Cass. n. 18565 del 2022; Cass. n. 18570 del 2022; Cass. n. 6897 del 2022; Cass. n. 6301 del 2022; alle cui motivazioni si rinvia anche ai sensi dell’articolo 118 disp. att. c.p.c., per ogni ulteriore aspetto qui non esaminato);
si e’ piu’ volte chiarito che gli enti previdenziali privatizzati (come, nella specie, la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza dei Dottori Commercialisti) non possono adottare, sia pure in funzione dell’obbiettivo di assicurare l’equilibrio di bilancio e la stabilita’ della gestione, atti o provvedimenti che, lungi dall’incidere sui criteri di determinazione del trattamento pensionistico, impongano una trattenuta (nella specie, un contributo di solidarieta’) su un trattamento che sia gia’ determinato in base ai criteri ad esso applicabili, dovendosi ritenere che tali atti siano incompatibili con il rispetto del principio del pro rata e diano luogo a un prelievo inquadrabile nel genus delle prestazioni patrimoniali ex articolo 23 Cost., la cui imposizione e’ riservata al legislatore (cosi’ Cass. nn. 27340, 28055, 28054 del 2020); la sentenza n. 603 del 2019 di questa Corte ha ulteriormente rilevato che appare utile, al fine di confermare l’estraneita’ del contributo di solidarieta’ ai criteri di determinazione del trattamento pensionistico e conseguentemente anche al principio del necessario rispetto del pro rata, richiamare, altresi’, la sentenza della Corte Costituzionale n. 173/2016 che, nel valutare l’analogo prelievo disposto dalla L. n. 147 del 2013, articolo 1, comma 486, ha affermato che si e’ in presenza di un “prelievo inquadrabile nel genus delle prestazioni patrimoniali imposte per legge, di cui all’articolo 23 Cost., avente la finalita’ di contribuire agli oneri finanziari del sistema previdenziale (sentenza n. 178 del 2000; ordinanza n. 22 del 2003)”;
sulla base delle considerazioni che precedono questa Corte ha concluso nel senso che esula dai poteri riconosciuti dalla normativa la possibilita’ per le Casse di emanare un contributo di solidarieta’ in quanto, come si e’ detto, esso, al di la’ del suo nome, non puo’ essere ricondotto ad un criterio di determinazione del trattamento pensionistico, ma costituisce un prelievo che puo’ essere introdotto solo dal legislatore;
le argomentazioni svolte in seno al ricorso e alla memoria depositata dalla Cassa in vista della presente adunanza non pongono elementi di valutazione effettivamente nuovi o non considerati in occasione delle molteplici volte in cui questa Corte si e’ pronunciata, per cui e’ sufficiente la “adesione alla soluzione interpretativa accolta dall’orientamento giurisprudenziale precedente” e rilevare che la sentenza impugnata e’ conforme alla richiamata giurisprudenza di Ric. 2022 n. 01499 sez. ML – ud. 04-10-2022 legittimita’ per esonerare questo Collegio da ogni ulteriore motivazione (cfr. Cass. SS.UU. n. 7155 del 2017);
3. pertanto, il ricorso deve essere respinto, con assorbimento di ogni ulteriore censura; le spese sono liquidate secondo soccombenza, con distrazione in favore degli Avvocati Ferrajoli e Petretti dichiaratisi antistatari;
non puo’ trovare accoglimento, invece, la richiesta di condanna per responsabilita’ aggravata ai sensi dell’articolo 96 c.p.c., comma 3, formulata dal controricorrente; come noto detta disposizione prevede una sanzione di carattere pubblicistico, autonoma ed indipendente rispetto alle ipotesi di responsabilita’ aggravata previste dai commi 1 e 2 dello stesso articolo, volta alla repressione dell’abuso dello strumento processuale; la sua applicazione, pertanto, richiede, quale elemento costitutivo della fattispecie, il riscontro non dell’elemento soggettivo del dolo o della colpa grave, bensi’ di una condotta oggettivamente valutabile alla stregua di “abuso del processo”, quale l’avere agito o resistito pretestuosamente (Cass. n. 20018 del 2020 e Cass. n. 3830 del 2021); reputa il Collegio che tale abuso non sia ravvisabile nella specie, non ricorrendo un’ipotesi assimilabile ad una di quelle esemplificativamente previste da questa Corte, quali la proposizione di un ricorso per cassazione basato su motivi palesemente inammissibili, oppure incoerenti con il contenuto della sentenza impugnata, o completamente privi di autosufficienza oppure contenenti la mera complessiva richiesta di rivalutazione nel merito della controversia, oppure fondati sulla deduzione del vizio di cui all’articolo 360 c.p.c., n. 5, ove sia applicabile, ratione temporis, l’articolo 348 ter u.c. c.p.c. (v. Cass. n. 22208 del 2021);
occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13 comma 1-bis (cfr. Cass. SS.UU. n. 4315 del 2020).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’ che liquida in Euro 3.500,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge, con distrazione.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex articolo 13, comma 1, se dovuto.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
Le sentenze sono di pubblico dominio.
La diffusione dei provvedimenti giurisdizionali “costituisce fonte preziosa per lo studio e l’accrescimento della cultura giuridica e strumento indispensabile di controllo da parte dei cittadini dell’esercizio del potere giurisdizionale”.
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