Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|| n. 19611.
Diffamazione a mezzo stampa e l’esistenza di un unico fatto dannoso
In tema di diffamazione a mezzo stampa, l’esistenza di un unico fatto dannoso alla cui produzione abbiano concorso con efficacia causale più condotte comporta – senza che rilevi la non coincidenza delle modalità di tempo e di luogo con le quali la notizia è stata diffusa – la responsabilità solidale ex art. 2055 c.c. degli autori dell’illecito, con la conseguente applicazione del correlato regime codicistico, quindi anche dell’art. 1306, comma 2, c.c., che consente di opporre al creditore, salvo che non sia fondata su ragioni personali al singolo condebitore, la sentenza favorevole pronunciata tra il creditore ed uno dei debitori in solido. (Nella specie, la S.C. ha affermato l’unicità dell’evento ancorché il contenuto di un articolo pubblicato su un blog fosse stato parzialmente ripreso in un libro, che sebbene edito dopo qualche mese, aveva contribuito a propalare la medesima notizia lesiva).
Ordinanza|| n. 19611. Diffamazione a mezzo stampa e l’esistenza di un unico fatto dannoso
Data udienza 17 aprile 2023
Integrale
Tag/parola chiave: Diffamazione – Risarcimento danni – Diritto di cristica – Art. 51 cp – Ricorso – Rigetto – Motivazioni
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente
Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere
Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – rel. Consigliere
Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere
Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 24602/2020 R.G. proposto da:
(OMISSIS), rappresentato e difeso, giusta procura in calce al ricorso, dagli avv.ti (OMISSIS) e (OMISSIS), elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. (OMISSIS), in (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), rappresentato e difeso, giusta procura speciale in calce al controricorso con ricorso incidentale, dall’avv. Ivano Iai unitamente all’avv. (OMISSIS), elettivamente domiciliato presso lo studio di (OMISSIS), in (OMISSIS);
– controricorrente e ricorrente incidentale –
e nei confronti di
(OMISSIS), rappresentato e difeso, per procura rilasciata in calce al controricorso, dagli avv.ti (OMISSIS) e (OMISSIS) ed elettivamente domiciliato presso lo studio del secondo, in (OMISSIS);
– controricorrente –
e nei confronti di
(OMISSIS), rappresentato e difeso, giusta procura in calce al controricorso, dall’avv. (OMISSIS) ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. (OMISSIS), in (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Milano n. 1496/2020, pubblicata in data 18 giugno 2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17 aprile 2023 dal Consigliere Dott.ssa Pasqualina A. P. Condello.
Diffamazione a mezzo stampa e l’esistenza di un unico fatto dannoso
Fatti di causa
1. (OMISSIS) ricorre, sulla base di un unico articolato motivo, per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Milano, n. 1496 del 2020, con la quale – a seguito della sentenza n. 8720/18, pronunciata dalla Corte di cassazione penale, che aveva annullato con rinvio ex articolo 622 c.p.p., ai soli effetti civili, la sentenza della Corte d’appello di Milano, sezione penale, n. 1234/16, che, ribaltando l’esito decisorio del giudizio di primo grado, aveva assolto gli imputati dal reato di diffamazione a mezzo stampa – ha rigettato, quanto alle statuizioni civili, gli appelli proposti dal ricorrente e da (OMISSIS) avverso la sentenza n. 6390/13 del Tribunale penale di Milano ed ha confermato la condanna di entrambi al risarcimento dei danni in favore delle costituite parti civili (OMISSIS) e (OMISSIS).
(OMISSIS) resiste con controricorso e propone ricorso incidentale, affidato a tre motivi.
(OMISSIS) resiste con autonomi controricorsi al ricorso principale ed al ricorso incidentale. (OMISSIS) resiste con controricorso.
2. La vicenda trae origine da un procedimento penale per diffamazione avviato nei confronti dei due ricorrenti su denunzia querela sporta, in data 8 febbraio 2010, da (OMISSIS), all’epoca dei fatti sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Roma e Segretario dell’Associazione Nazionale Magistrati, e su querela presentata da (OMISSIS), all’epoca dei fatti magistrato addetto all’ufficio G.I.P. presso il Tribunale di Roma.
2.1. Il Tribunale penale di Milano, con sentenza n. 6390/2016, dichiarava (OMISSIS) e (OMISSIS), quali coautori del libro , colpevoli del reato di diffamazione ai danni dei due predetti magistrati e li condannava al risarcimento dei danni in favore delle parti civili, liquidati in Euro 25.000,00 in favore di (OMISSIS) ed in Euro 15.000,00 in favore di (OMISSIS).
In particolare, il giudice di primo grado, ravvisando una concreta collaborazione, da parte del (OMISSIS), nella stesura del libro-intervista, osservava, quanto al passo del libro che riguardava il (OMISSIS), come la citazione della pubblicazione su internet di un articolo del giornalista (OMISSIS) costituisse un espediente per ledere l’onore del magistrato che veniva accusato di avere “attaccato” il pubblico ministero (OMISSIS), durante una trasmissione televisiva, per motivi personali, perche’ quest’ultimo aveva indagato sulla casa di cura denominata ” (OMISSIS)”, di proprieta’ di un parente del (OMISSIS) ed amministrata da (OMISSIS), indagato da (OMISSIS) per il reato di riciclaggio.
Rilevava, altresi’, che al (OMISSIS) si addebitava invece di avere avuto, quale G.I.P., contatti telefonici con (OMISSIS), indagato in altro procedimento “presupposto” istruito dal (OMISSIS), e di non essersi astenuto dal trattare il procedimento contro (OMISSIS), cosi’ insinuando il mancato rispetto dei criteri tabellari.
2.2. Proposto gravame dai due imputati, con sentenza n. 1234/16, la Corte d’appello di Milano li assolveva perche’ il fatto non costituiva reato ai sensi dell’articolo 51 c.p., avendo gli stessi esercitato il diritto di critica, e revocava le statuizioni civili.
Riteneva, in sintesi, non condivisibile la ricostruzione che entrambi gli imputati fossero coautori del libro, ponendo in rilievo che le modalita’ seguite nella sua stesura, per quanto espressive di una collaborazione, non erano rivelatrici di una scrittura a quattro mani; quanto alla posizione del (OMISSIS), affermava che gli elementi acquisiti non giustificavano il giudizio di falsita’, espresso dal Tribunale, posto che il legame di parentela tra il magistrato ed il proprietario della casa di cura (OMISSIS) non era stato negato dalla parte offesa, la quale si era limitata a dichiarare che non si trattava di un legame stretto, e, quanto al passo relativo al (OMISSIS), che un solo contatto telefonico tra il magistrato e l’indagato (OMISSIS) vi era stato e che la pluralita’ di contatti telefonici era stata prospettata non come certa.
2.3. La decisione d’appello veniva, separatamente, impugnata con ricorso dinanzi alla Corte di cassazione, ai soli effetti civili, sia da (OMISSIS) che da (OMISSIS).
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 8720/2018, accoglieva i ricorsi ed annullava la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al giudice civile competente per valore in grado di appello, ritenendo deficitarie le argomentazioni con le quali la Corte d’appello aveva valutato il materiale probatorio.
3. A seguito di riassunzione del giudizio, (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno chiesto la conferma delle statuizioni civili della sentenza penale di primo grado.
La Corte d’appello di Milano, quale giudice di rinvio, richiamando gli elementi valorizzati dal giudice di primo grado, ha ritenuto di confermare il ruolo di coautore dello scritto svolto dal (OMISSIS) e di considerare diffamatorie, perche’ non veritiere, le notizie, riferite al (OMISSIS), riguardanti il legame di parentela con il proprietario della casa di cura e il ruolo assunto da (OMISSIS) nell’ambito della casa di cura (OMISSIS); ha pure escluso la veridicita’ delle notizie inerenti la ipotizzata violazione, da parte del (OMISSIS), dei criteri tabellari, sottolineando altresi’ che le espressioni utilizzate nel libro per descrivere i rapporti tra il (OMISSIS) e lo (OMISSIS) , laddove si faceva riferimento ad almeno un contatto telefonico, comunicavano al lettore un dato falso, posto che era emerso che il contatto tra le utenze telefoniche era stato solo uno.
Ha, infine, confermato, sotto il profilo del quantum, gli importi gia’ liquidati in favore dei magistrati a titolo di risarcimento dei danni.
4. La trattazione e’ stata fissata in camera di consiglio ai sensi dell’articolo 380-bis.1. cod. proc civ.
Non sono state depositate conclusioni dal Pubblico Ministero. (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno depositato memorie illustrative.
Diffamazione a mezzo stampa e l’esistenza di un unico fatto dannoso
Ragioni della decisione
1. Con l’unico motivo del ricorso principale si denunzia articolo 360 c.p.c., n. 3 – violazione o falsa applicazione di norme di diritto, in relazione agli articoli 2043 c.c. – articolo 595 c.p. – esercizio del diritto di critica contemplato nell’articolo 51 c.p. – anche in relazione all’articolo 21 Cost; articolo 360 c.p.c., n. 5 – omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio .
1.1. Il ricorrente (OMISSIS), con riferimento alla posizione del (OMISSIS), lamenta che la Corte d’appello, discostandosi dal dato letterale del libro ed interpretando l’avverbio almeno , ha affermato erroneamente che sarebbe stato screditato il magistrato mediante l’attribuzione di piu’ contatti telefonici, invece che uno solo, con una persona indagata ( (OMISSIS) ) in un processo istruito dal (OMISSIS). Sostiene che la decisione gravata avrebbe valorizzato circostanze fattuali del tutto marginali, come la violazione dei criteri tabellari, senza affrontare le numerose questioni difensive illustrate con la comparsa di risposta del 28 settembre 2018, riprese nella memoria conclusionale ed indicate nell’atto di appello depositato avverso la sentenza n. 6390/13 del Tribunale di Milano.
Precisa il ricorrente che, dopo avere appreso dal (OMISSIS) del contatto telefonico tra il (OMISSIS) e lo (OMISSIS) e dopo essersene accertato tramite la lettura dei tabulati telefonici inviatigli dal (OMISSIS), aveva riportato nel libro una circostanza del tutto vera, confermata sia dalla moglie del (OMISSIS), la quale aveva riferito di aver parlato, tramite l’utenza intestata al marito, con un uomo perche’ interessata ad acquistare un appartamento in Firenze, sia dallo stesso (OMISSIS) che in dibattimento aveva dichiarato, del tutto in linea con quanto scritto nel libro ( …e ovviamente, certamente, anche lui si era dimenticato di quella telefonata (il Dott. (OMISSIS)), altrimenti si sarebbe astenuto ), che, se avesse saputo della telefonata, certamente si sarebbe astenuto; tuttavia, a seguito di questa emergenza processuale, il (OMISSIS) aveva cambiato strategia difensiva, iniziando a sostenere che l’avverbio almeno aveva ingenerato nel lettore la convinzione di piu’ contatti telefonici tra il magistrato e l’indagato.
La Corte d’appello, prosegue il ricorrente, aveva focalizzato l’attenzione su due elementi di contorno, il primo riguardante i criteri tabellari ed il secondo l’avverbio , non tenendo presente che lo stesso (OMISSIS) nel ricorso per cassazione avverso la sentenza n. 1234/16 aveva sottolineato che nel libro non si affermava che il procedimento condotto dai PM (OMISSIS) e (OMISSIS) fu assegnato al Dott. (OMISSIS) in violazione dei criteri tabellari in uso al Tribunale di Roma e che nella querela aveva scritto che gli estensori del libro riferiscono del tutto falsamente che avrei avuto un contatto telefonico con (OMISSIS) , in tal modo escludendo che nel libro si facesse riferimento ad una pluralita’ di contatti telefonici.
Si duole, quindi, della carenza motivazionale della sentenza impugnata su tutti i fatti decisivi sottoposti al vaglio dei giudici di merito.
1.2. Con riguardo alla posizione del (OMISSIS), il ricorrente sostiene che la Corte territoriale avrebbe omesso di considerare che: a) l’articolo del (OMISSIS), riportato nel libro, contenente critiche rivolte al magistrato a seguito della sua comparsa nella trasmissione televisiva Annozero costituiva esso stesso una notizia; b) il libro non riportava l’intero articolo apparso sul blog del (OMISSIS), ma anzi espungeva la parte piu’ aspra della critica mossa dal (OMISSIS) al (OMISSIS); c) utilizzando una formula dubitativa ( sia vero o meno ), l’autore del libro aveva preso le distanze dal (OMISSIS).
Precisa che nel libro Il caso (OMISSIS) era stata riportata la seguente frase: (OMISSIS) ((OMISSIS)) ce n’e’ una che si chiama appunto ” (OMISSIS)”. Nulla di che. Solo per memorizzare il dato, questa “Casa di cura (OMISSIS)” e’ di proprieta’ di un parente abbastanza stretto del magistrato e, cosa piu’ rilevante, tra i suoi amministratori ha avuto anche (OMISSIS) ; non era stata, invece, richiamata la parte piu’ aspra della critica rivolta dal (OMISSIS), che riguardava il riciclaggio di denaro tramite le case di cura convenzionate ; neppure nel libro si affermava che le indagini di (OMISSIS) riguardassero la Casa di cura (OMISSIS).
Peraltro, la presa di distanza dall’articolo del (OMISSIS), secondo il ricorrente, si evinceva dal commento, contenuto nel libro, del seguente tenore: …Ma sia vero o meno, le eventuali opinioni interessate di magistrati risultano davvero marginali perche’ si tratta, al peggio, solo di opinioni interessate , con cio’ volendo intendere come le considerazioni espresse dal (OMISSIS) fossero del tutto marginali.
Lamenta, inoltre, il ricorrente che la decisione in questa sede impugnata non si confronta con la sentenza n. 1234/16 emessa dalla Corte di appello di Milano, sezione penale, che aveva riconosciuto la veridicita’ dei dati fattuali riportati nell’articolo del (OMISSIS), considerato che: a) esisteva effettivamente un rapporto di parentela tra il (OMISSIS) ed i proprietari della Casa di Cura (OMISSIS), anche se il rapporto non era stretto, ed i proprietari della Casa di cura non erano stati accusati di fatti penalmente rilevanti; b) il (OMISSIS) aveva detto di avere attenzionato la Casa di cura (OMISSIS) perche’ (OMISSIS), che era il presidente del collegio sindacale della medesima Casa di cura, risultava uno dei principali indagati dell’indagine Poseidone per le ipotesi di riciclaggio di denaro attraverso le case di cura convenzionate; nel libro si era specificato che (OMISSIS) era indagato nell’ambito del procedimento condotto dal (OMISSIS); c) la circostanza di avere indicato lo (OMISSIS) quale amministratore della Casa di cura (OMISSIS) e non quale presidente del Collegio sindacale era del tutto irrilevante, poiche’ non aveva valenza diffamatoria.
1.3. Il ricorrente aggiunge che la sentenza impugnata avrebbe omesso di valutare che si verteva in tema di cd. giornalismo d’inchiesta e di prendere in esame le argomentazioni difensive svolte con riferimento alla quantificazione del danno, non essendo la decisione supportata dalla indicazione dei parametri e criteri concretamente utilizzati per la determinazione degli importi riconosciuti al (OMISSIS) ed al (OMISSIS).
2. Con il primo motivo del ricorso incidentale, si prospetta la Violazione dell’articolo 27, comma 1, Cost. e 110 c.p. Falsa applicazione dell’articolo 2043 c.c. .
Il (OMISSIS) lamenta che la Corte d’appello gli avrebbe attribuito una responsabilita’ penale per fatto altrui, in violazione del principio di personalita’ della responsabilita’ penale, non tenendo conto che aveva sempre negato di essere coautore del libro e che la collaborazione prestata mediante la correzione delle bozze attraverso un programma di corrispondenza informatica via mail ed un programma che consentiva di lavorare a distanza su file condivisi aveva riguardato le parti del libro riferite alle proprie dichiarazioni; peraltro, la sentenza impugnata neppure aveva tenuto conto che la sentenza n. 3786/2017, pronunciata dalla Corte di appello di Milano e passata in giudicato, aveva ritenuto che non vi fosse prova che avesse avuto un ruolo attivo nella stesura del libro.
3. Con il secondo motivo di ricorso incidentale, denunciando omesso esame circa fatti decisivi della controversia (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5), il ricorrente si duole che, sebbene il (OMISSIS) avesse lamentato un danno alla sua credibilita’ professionale, il suo percorso professionale dimostrava il contrario, dato che era stato anche eletto al Consiglio Superiore della Magistratura.
4. Con il terzo motivo di ricorso incidentale, rubricato: in via subordinata: violazione degli articoli 2043 e 2059, 2056, 1223, 1226, 2697, 2727 e 2729 c.c., in combinato disposto con l’articolo 185 c.p. in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – il ricorrente lamenta che la Corte d’appello ha riconosciuto al (OMISSIS) un cospicuo risarcimento senza che lo stesso avesse nemmeno allegato, ne’ tanto meno dimostrato, il pregiudizio derivante dall’opera editoriale, non potendo essere, a tal fine, valorizzati gli indici presuntivi posti alla base della liquidazione, che potevano essere considerati alla stregua di presunzioni semplici, ai sensi dell’articolo 2729 c.c., e, come tali, suscettibili di prova contraria, che era stata offerta con la documentazione prodotta, dalla quale emergeva che il (OMISSIS) non aveva ricevuto alcun danno dalla pubblicazione del libro.
5. Il ricorso principale, limitatamente alla posizione di (OMISSIS), e’ infondato.
5.1. Varra’, in primo luogo, premettere che, in tema di ricorso per cassazione, e’ inammissibile la mescolanza e la sovrapposizione di mezzi d’impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’articolo 360, comma 1, n. 3 e n. 5, c.p.c., non essendo consentita la prospettazione di una medesima questione sotto profili incompatibili, quali quello della violazione di norme di diritto, che suppone accertati gli elementi del fatto in relazione al quale si deve decidere della violazione o falsa applicazione della norma, e del vizio di motivazione, che quegli elementi di fatto intende precisamente rimettere in discussione; o quale l’omessa motivazione, che richiede l’assenza di motivazione su un punto decisivo della causa rilevabile d’ufficio, e l’insufficienza della motivazione, che richiede la puntuale e analitica indicazione della sede processuale nella quale il giudice d’appello sarebbe stato sollecitato a pronunciarsi, e la contraddittorieta’ della motivazione, che richiede la precisa identificazione delle affermazioni, contenute nella sentenza impugnata, che si porrebbero in contraddizione tra loro.
Infatti, l’esposizione diretta e cumulativa delle questioni concernenti l’apprezzamento delle risultanze acquisite al processo e il merito della causa mira a rimettere al giudice di legittimita’ il compito di isolare le singole censure teoricamente proponibili, onde ricondurle ad uno dei mezzi d’impugnazione enunciati dall’articolo 360 c.p.c., per poi ricercare quale o quali disposizioni sarebbero utilizzabili allo scopo, cosi’ attribuendo, inammissibilmente, al giudice di legittimita’ il compito di dare forma e contenuto giuridici alle lagnanze del ricorrente, al fine di decidere successivamente su di esse (Cass., sez. 1, 23/10/2018, n. 26874; Cass., sez. 3, 23/06/2017, n. 15651; Cass., sez. 5, 28/09/2016, n. 19133; Cass., sez. 1, 23/09/2011, n. 19443).
5.2. In ogni caso, pur volendo prescindere da tale rilievo, per procedere all’esame nel merito della censura cosi’ articolata, enucleandone il contenuto esaminabile in sede di legittimita’, sia pur soltanto in parte qua, la denuncia di violazione di legge non ricorre nella specie, dato che non verte sulla portata applicativa delle norme evocate in rubrica, bensi’ sull’apprezzamento delle risultanze probatorie, risolvendosi in una non consentita richiesta di revisione della valutazione delle questioni di fatto e delle prove, gia’ sottoposta al vaglio dei giudici di appello e da questi disattese.
A tale proposito occorre prendere le mosse dalla considerazione che, in tema di azione di risarcimento dei danni da diffamazione a mezzo della stampa, la valutazione del contenuto degli scritti e delle circostanze oggetto di provvedimenti giudiziali anche non costituenti cosa giudicata unitamente all’apprezzamento in concreto delle espressioni usate come lesive dell’altrui reputazione ed, infine, all’esclusione della esimente dell’esercizio del diritto di cronaca e di critica costituiscono oggetto di accertamenti in fatto, riservati al giudice di merito ed insindacabili in sede di legittimita’ se sorretti da argomentata motivazione (Cass., sez. 3, 14/03/2018, n. 6133; Cass., sez. 3, 15/04/2019, n. 10427; Cass., sez. 3, 30/05/2017, n. 13520; Cass., sez. 3, 27/07/2015, n. 15759; Cass., sez. 3, 10/01/2012, n. 80). Il controllo affidato al giudice di legittimita’ e’, quindi, limitato alla verifica dell’avvenuto esame da parte del giudice del merito della sussistenza dei requisiti della continenza, della veridicita’ dei fatti narrati e dell’interesse pubblico alla diffusione della notizia, nonche’ al sindacato della congruita’ e logicita’ della motivazione, secondo la previsione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, applicabile ratione temporis, restando del tutto estraneo al giudizio di legittimita’ l’accertamento relativo alla capacita’ diffamatoria delle espressioni in contestazione, non potendo la Corte di cassazione sostituire il proprio giudizio a quello del giudice di merito in ordine a detto accertamento (Cass., sez. 3, 14/03/2018, n. 6133, cit.; Cass., sez. 3, 28/02/2019, n. 5811; Cass., sez. 3, 09/06/2022, n. 18631).
Ebbene, la sentenza della Corte di appello di Milano, in sede di rinvio, con adeguata motivazione scevra da vizi logici, avendo presente la sentenza n. 6390 del 23 maggio 2013 del Tribunale penale di Milano – che aveva ritenuto (OMISSIS), quale autore del libro Il caso (OMISSIS) , responsabile del reato di diffamazione aggravata a mezzo stampa in danno di (OMISSIS), all’epoca dei fatti magistrato in servizio presso l’Ufficio Gip – Gup del Tribunale di Roma – e la sentenza della Corte di cassazione penale n. 8720/2017, ha ritenuto insussistente il requisito della veridicita’ dei fatti narrati.
Sul punto, il giudice d’appello ha specificamente motivato affermando che difettava anzitutto la veridicita’ delle notizie inerenti la ipotizzata violazione dei criteri tabellari, per l’assegnazione al g.i.p. (OMISSIS) della istanza di proroga delle indagini, nel procedimento nel quale era indagato (OMISSIS)… , non emersa all’esito dell’istruttoria espletata in primo grado, ed ha ribadito la portata diffamatoria della notizia, in quanto le espressioni utilizzate nel libro per descrivere i rapporti intercorsi tra il (OMISSIS) e l’indagato (OMISSIS) , la’ dove si faceva riferimento ad almeno un contatto telefonico, trasmettevano al lettore il dato falso di una probabile pluralita’ di contatti tra le utenze telefoniche, pur essendo incontestabilmente emerso dalle risultanze istruttorie che il contatto telefonico era stato uno solo, in tal modo screditando la reputazione del magistrato.
Le censure che il (OMISSIS) in questa sede rivolge alla ricostruzione operata dalla Corte di appello in sede di rinvio, rimandando alle deduzioni difensive svolte nel giudizio di merito, volte ad attribuire all’avverbio almeno , utilizzato nel libro, un diverso significato ed a sostenere che non era stata attribuita al magistrato una violazione dei criteri tabellari, sono in sostanza finalizzate a contrapporre una differente lettura del testo in esame, che non puo’ essere richiesta in sede di legittimita’, essendo precluso a questa Corte sindacare la specifica valutazione effettuata dai giudici di merito, che hanno escluso si potesse invocare, nel caso in esame, la scriminante del diritto di critica.
Sotto tale profilo e’ consolidata l’opinione secondo cui l’esercizio del diritto di critica nei confronti di un magistrato puo’ ritenersi lecito quando sia guidato dalla ragionevole convinzione soggettiva che i fatti corrispondano a verita’, mentre non e’ configurabile se supera il limite della continenza non essendo suffragato da fatti obiettivamente riscontrabili e controbilanciato dal requisito della verita’ putativa; sicche’, a questo fine, il giudizio di liceita’ sull’esplicazione del diritto di critica richiesto al giudice civile ai fini della decisione sulla domanda di risarcimento deve estendersi in concreto alla verifica del carattere non veritiero o meno, anche solo in termini di verita’ putativa, dei fatti attribuiti (Cass., sez. 3, 09/04/2019, n. 9799).
5.3. Neppure puo’ valere, a supporto della doglianza svolta con il mezzo in esame, il richiamo ad una valutazione attenuata del requisito della veridicita’ quanto al cd. giornalismo d’inchiesta .
E’ ben vero, come di recente chiarito da questa Corte (Cass., sez. 3, 16/02/2021, n. 4036), che nel giornalismo d’inchiesta occorre valutare non tanto l’attendibilita’ e la veridicita’ della notizia quanto piuttosto il rispetto dei doveri deontologici di lealta’ e buona fede, oltre che la maggiore accuratezza possibile posta dal giornalista nella ricerca delle fonti e della loro attendibilita’ (Cass., sez. 3, 09/07/2010, n. 16236), e cio’ a tutela del principio costituzionale del diritto alla libera manifestazione del pensiero in contesti in cui sussiste l’interesse pubblico all’oggetto dell’indagine giornalistica ed il diritto della collettivita’ ad essere informata non solo sulle notizie di cronaca ma anche sui temi sociali di particolare rilievo attinenti la liberta’, sicurezza salute e ad altri diritti di interesse generale. Con la conseguenza che, in questa prospettiva, e’ scriminato il giornalista che eserciti la propria attivita’ mediante la denuncia di sospetti di illeciti, allorquando tali sospetti, secondo un apprezzamento caso per caso riservato al giudice di merito, risultino espressi in modo motivato e argomentato sulla base di elementi obiettivi e rilevanti e mediante il ricorso, attraverso una ricerca attiva, a fonti di notizia attendibili.
Va, tuttavia, rilevato che, nel caso specifico, alla stregua dell’accertamento svolto dai giudici di merito, tali presupposti non ricorrono, sicche’, anche sotto tale profilo, la censura non merita accoglimento.
5.4. La denuncia di vizio motivazionale e’ inammissibile giacche’ non individua un preciso fatto storico, principale o secondario, decisivo per il giudizio ed oggetto di discussione tra le parti (Cass., sez. U, 07/04/2014, n. 8053) che il Tribunale avrebbe omesso di considerare, ma, nuovamente, pone in discussione la valutazione del corredo probatorio svolta dai giudici di appello.
Infatti il ricorrente non evidenzia l’omesso esame, da parte del giudice a quo, di uno specifico fatto decisivo, idoneo a superare, in termini determinanti, l’esito della decisione adottata o un vizio costituzionalmente rilevante, ma si limita a denunciare un preteso mancato esame, da parte della Corte di appello, delle argomentazioni difensive svolte nei precedenti scritti difensivi, in tal modo facendo valere una doglianza non riconducibile nel riformulato articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, applicabile ratione temporis.
E’ utile rammentare che l’omesso esame di elementi istruttori non integra di per se’ il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorche’ la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass., sez. 2, 29/10/2018, n. 27415; Cass., sez. U, 07/04/2014, n. 8053) e che costituisce un fatto , agli effetti del citato articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non una questione o un à punto , ma un vero e proprio fatto , in senso storico e normativo, un preciso accadimento o una circostanza naturalistica, un episodio fenomenico rilevante, mentre non costituiscono , il cui esame possa cagionare il vizio in esame le mere argomentazioni o le deduzioni difensive (Cass., sez. 2, 14/06/2017, n. 14802) o una moltitudine di fatti e circostanze, o comunque l’insieme dei materiali di causa (Cass., sez. L, 22/05/2020, n. 9483).
La motivazione in questa sede impugnata, seppure in modo sintetico, ha dato conto dell’esame delle diverse argomentazioni difensive esposte dall’odierno ricorrente ed ha proceduto ad una propria valutazione degli elementi di fatto emersi, cosicche’ la censura prospettata, sotto tale profilo, difetta del requisito di cui all’articolo 366, comma 1, n. 4, c.p.c., non essendo stati svolti puntuali argomenti a supporto della critica alla decisione gravata, essendosi il ricorrente limitato a reiterare integralmente le tesi difensive gia’ svolte nel giudizio di rinvio e ritenute non meritevoli di accoglimento dalla Corte d’appello.
Conclusivamente, il ricorso proposto dal (OMISSIS), limitatamente alla posizione del (OMISSIS), deve essere rigettato.
6. Il ricorso principale ed il ricorso incidentale, con riguardo alla posizione di (OMISSIS), devono, invece, essere accolti.
(OMISSIS) e (OMISSIS), con le memorie ex articolo 380-bis.1. c.p.c., hanno sollevato eccezione di giudicato derivante dalla sentenza della Cassazione penale n. 34016 del 14 maggio 2021, con la quale questa Corte, all’esito del processo al quale aveva partecipato il (OMISSIS) in qualita’ di parte civile, ha annullato senza rinvio la condanna del giornalista (OMISSIS), in relazione all’articolo, parzialmente ripreso dall’autore del libro Il Caso (OMISSIS) pubblicato sul sito (OMISSIS), dal titolo (OMISSIS) tra (OMISSIS) e (OMISSIS)/ , perche’ il fatto non costituisce reato.
In particolare, secondo la sentenza invocata dai ricorrenti, poiche’ l’articolo del (OMISSIS) concerneva la posizione assunta dal (OMISSIS) nell’ambito di una trasmissione televisiva dedicata allo scontro tra Procure , la questione andava comunque à inquadrata nell’ambito dell’esercizio di critica politicaà , cio’ anche considerando che l’articolo formulava una critica al (OMISSIS), non gia’ nell’espletamento delle
funzioni giurisdizionali istituzionalmente ricoperte, bensi’
nell’espletamento di un incarico associativo, di rilevanza nazionale, concernente l’attivita’ sindacale e rappresentativa della categoria dei magistrati ordinari iscritti all’ .
In particolare, dopo avere ripercorso la giurisprudenza di legittimita’ in tema di rapporto tra diritto di critica politica e verita’ del nucleo essenziale della circostanza oggetto di critica ed avere richiamato, a supporto del decisum, la giurisprudenza della Corte EDU sul ruolo della stampa di cane da guardia (watch-dog) della democrazia, la Corte ha affermato che le espressioni impiegate dal giornalista nell’articolo in contestazione, senz’altro integranti una offesa alla reputazione della parte civile, rientra(va)no tuttavia negli ampi limiti dell’esercizio del diritto di critica politica , rilevando come i profili di non veridicita’ individuati dalla sentenza dinanzi ad essa impugnata, ossia il legame di parentela che legava il (OMISSIS) ed il proprietario della Casa di cura (OMISSIS) ed il ruolo rivestito da (OMISSIS) all’interno della struttura sanitaria (componente del collegio sindacale e non amministratore unico) riguardavano inesattezze marginali, di per se’ non in grado di stravolgere il senso della critica.
Secondo la sentenza n. 34016/21, il nucleo dei fatti concerneva, infatti, l’esistenza di una casa di cura di proprieta’ di parenti del (OMISSIS), sita in (OMISSIS), l’inserimento di (OMISSIS) nella compagine societaria, con funzioni apicali, e l’esistenza di un procedimento denominato ¹Poseidone, assegnato al P.M. (OMISSIS), riguardante le case di cura calabresi, nel quale, tra gli indagati, risultava (OMISSIS), in qualita’ di Presidente di una delle societa’ coinvolte (la (OMISSIS) e non la Casa di cura (OMISSIS)).
Il nucleo essenziale dei fatti, secondo la Cassazione penale, non appariva, dunque, scalfito dalle inesattezze concernenti il grado di parentela, piu’ o meno stretto, o il ruolo fondamentale svolto nella Casa di Cura dallo (OMISSIS), in considerazione delle attivita’ attribuitegli nell’ambito dell’inchiesta “Poseidone”, ed oggetto del decreto di sequestro della Procura di (OMISSIS), sicche’ non era possibile affermare che la critica fosse stata rivolta in assenza di una sufficiente base fattuale, secondo la nozione elaborata dalla giurisprudenza Europea della Corte EDU.
Facendo leva su tale sentenza, il (OMISSIS) ed il (OMISSIS), assumono che dalla unicita’ del fatto dannoso, consistito, secondo la prospettazione del (OMISSIS), nelle affermazioni contenute nell’articolo del giornalista (OMISSIS), parzialmente riprese nel libro intervista Il caso (OMISSIS) e lesive della reputazione professionale del magistrato, deriva l’applicazione alla fattispecie in esame dell’articolo 2055 c.c., che prevede una responsabilita’ solidale nel caso in cui il fatto dannoso sia imputabile a piu’ persone, e, dunque la facolta’ di valersi, ai sensi dell’articolo 1306 c.c., del giudicato derivante dalla sentenza n. 34016/21.
L’eccezione e’ fondata.
Questa Corte, con giurisprudenza consolidata, ha affermato il principio per cui, ai fini dell’applicazione dell’articolo 2055 c.c. in tema di solidarieta’ tra piu’ responsabili del danno, e’ sufficiente l’esistenza di un unico fatto dannoso alla cui produzione abbiano concorso con efficacia causale piu’ condotte. Si e’, in particolare, evidenziato che l’unicita’ del fatto dannoso prevista dalla diposizione in esame deve essere riferita unicamente al danneggiato e non va intesa come identita’ delle azioni degli autori del danno e neppure delle norme giuridiche da essi violate. La norma, in sostanza, nell’affermare la responsabilita’ solidale degli autori del fatto illecito, pone come condizione l’unicita’ del fatto dannoso riguardando, a tal fine, la posizione di colui che subisce il danno, senza tenere conto se le condotte lesive siano o meno tra loro autonome, ne’ se siano o meno identici i titoli delle singole responsabilita’ (Cass., sez. 3, n. 5944/1997; Cass., sez. 6-1, 16/09/2022, n. 27267).
Nel caso in esame, la pubblicazione della notizia diffamatoria dapprima nell’articolo del (OMISSIS) e, successivamente, in parte, nel libro Il caso (OMISSIS), non esclude l’unicita’ del fatto dannoso, da intendere con riguardo al risultato finale in cui confluiscono le condotte dei diversi responsabili, stante l’identita’ del soggetto danneggiato ( (OMISSIS)) e dell’interesse leso (la reputazione del magistrato), a nulla valendo che non vi sia coincidenza delle modalita’ di tempo e di luogo con le quali la notizia e’ stata diffusa, per il fatto che l’articolo del (OMISSIS), oggetto del giudizio definito con la sentenza della Corte di cassazione penale n. 34016/21, e’ stato pubblicato sul blog (OMISSIS).it in data 26 dicembre 2008, mentre il libro Il Caso (OMISSIS)º, oggetto del presente giudizio, e’ stato pubblicato a distanza di qualche mese, nell’ottobre 2009, ne’ ancora che sia diverso il mezzo utilizzato per propalare la notizia che si assume diffamatoria.
Siffatte circostanze non escludono la sostanziale unicita’ dell’evento lesivo, se si considera che, sebbene l’articolo sul blog del (OMISSIS) sia stato pubblicato in anticipo, il libro del (OMISSIS), pur se pubblicato dopo qualche mese, ha pacificamente ripreso una parte di quell’articolo, senza alterarne il contenuto, contribuendo in tal modo, con efficacia causale, alla diffusione della medesima notizia ritenuta, dalla Corte d’appello con la sentenza qui impugnata, lesiva dell’onore e del prestigio del soggetto su differenti organi di informazione.
L’accertato concorso delle diverse condotte ascritte al (OMISSIS), al (OMISSIS) ed al (OMISSIS) alla determinazione, ex articolo 2055 c.c., dell’evento dannoso determina l’applicabilita’ della disciplina codicistica in tema di solidarieta’, tra cui l’articolo 1306, comma 2, c.c., che consente, salvo che non sia fondata su ragioni personali al singolo condebitore, di opporre al creditore la sentenza favorevole pronunciata tra il creditore ed uno dei debitori in solido.
La regola di cui al citato comma 2 dell’articolo 1306 c.c., diversamente da quanto sostenuto dal controricorrente (OMISSIS), trova applicazione proprio nel caso in cui la sentenza, di cui il debitore in solido intenda giovarsi, sia stata resa in un giudizio cui non abbiano partecipato i condebitori che intendano opporla (Cass., sez. 3, 30/09/2014, n. 20559; Cass., sez. 2, 29/01/2007, n. 1779).
Le condizioni richieste per l’operativita’ del richiamato articolo 1306 c.c. ricorrono nella fattispecie in esame, dovendosi considerare che la sentenza n. 13046/21 costituisce sentenza ormai definitiva, l’eccezione di giudicato e’ stata tempestivamente sollevata nella prima difesa utile, costituita dalla memoria illustrativa, ed il giudicato invocato non si e’ formato su ragioni personali del (OMISSIS), avendo anzi investito il valore oggettivo delle affermazioni del giornalista in relazione a determinati fatti, poi ripresi nella pubblicazione oggetto del presente giudizio.
7. In conclusione, il ricorso principale deve essere rigettato, quanto alla posizione di (OMISSIS); il ricorso principale e quello incidentale, limitatamente alla posizione del (OMISSIS), devono invece essere accolti, con conseguente cassazione senza rinvio, in parte qua, della sentenza impugnata.
Le spese del presente giudizio di legittimita’ devono essere integralmente compensate nel rapporto tra il ricorrente principale, il ricorrente incidentale ed il (OMISSIS), essendosi il giudicato formato in epoca successiva alla proposizione del ricorso; in applicazione del principio della soccombenza, le spese sostenute da (OMISSIS) devono essere poste a carico del ricorrente principale.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale limitatamente alla posizione di (OMISSIS); accoglie il ricorso principale ed il ricorso incidentale limitatamente alla posizione di (OMISSIS) e cassa, in parte qua, la sentenza impugnata senza rinvio.
Condanna il ricorrente principale al pagamento, in favore di (OMISSIS), delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 2.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Compensa integralmente le spese del giudizio di legittimita’ nel rapporto tra il ricorrente principale, il ricorrente incidentale e (OMISSIS).
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