Demolizione di un edificio la successiva ricostruzione e le distanze

Corte di Cassazione, civile, Sentenza|6 luglio 2022| n. 21441.

Demolizione di un edificio la successiva ricostruzione e le distanze

Qualora si proceda alla demolizione di un edificio ed alla successiva ricostruzione, comportante un aumento di volumetria, il manufatto è sottoposto alla disciplina in tema di distanze, vigente al tempo della sua edificazione, allorché lo strumento urbanistico prescriva espressamente che le maggiori distanze previste per le nuove costruzioni siano estese anche alle ricostruzioni; laddove, in mancanza di tale previsione, il manufatto va considerato come nuova costruzione solo nelle parti eccedenti le dimensioni dell’edificio originario e la demolizione va disposta non integralmente, ma esclusivamente per i volumi eccedenti, da accertare in concreto.

In tema di compravendita, qualora l’acquisto abbia riguardato un immobile per l’edificazione di un fabbricato, attuabile, sotto il profilo urbanistico, in virtù di progetto ceduto dal venditore, la sopravvenuta irrealizzabilità dell’edificio, conseguente ad azioni ripristinatorie proposte da terzi per violazione delle norme sulle distanze, non costituisce violazione dell’impegno traslativo del diritto di proprietà sulla cosa venduta, né dunque consente l’applicazione della disciplina sulla garanzia per l’evizione parziale (perché non si tratta di vendita di cosa parzialmente altrui ex art 1480 c.c.) , né quella sulla garanzia per vendita di cosa gravata da oneri o da diritti reali di godimento non apparenti di terzi (la quale riguarda la diversa ipotesi di cosa venduta come libera, ma che poi risulti gravata da taluno dei pesi anzidetti ex art. 1489 c.c.), ma può piuttosto integrare il difetto di qualità promesse o essenziali ai sensi dell’art. 1497 c.c., la cui domanda rientra nella disciplina degli adempimenti contrattuali.

Sentenza|6 luglio 2022| n. 21441. Demolizione di un edificio la successiva ricostruzione e le distanze

Data udienza 24 giugno 2022

Integrale

Tag/parola chiave: EDILIZIA ED URBANISTICA – DISTANZE LEGALI

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere

Dott. PAPA Patrizia – Consigliere

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere

Dott. CAPONI Remo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 16393/2017 proposto da:
(OMISSIS) S.R.L., elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS);
(OMISSIS) S.P.A., elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS);
– controricorrenti e ricorrenti incidentali –
avverso la sentenza n. 488/2017 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata il 30/03/2017;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 24/06/2022 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA;
viste le conclusioni motivate, ai sensi del Decreto Legge 28 ottobre 2020, n. 137, articolo 23, comma 8-bis, convertito con modificazioni dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176, formulate dal P.M., in persona della Sostituta Procuratore Generale Dott. D’OVIDIO Paola, la quale ha chiesto: il rigetto del ricorso principale; l’accoglimento del primo motivo del ricorso incidentale proposto da (OMISSIS) per quanto di ragione; la declaratoria di inammissibilita’ o, in subordine, il rigetto del secondo e per il rigetto del terzo motivo del medesimo ricorso incidentale, con assorbimento del ricorso incidentale condizionato; il rigetto del ricorso incidentale proposto dalla (OMISSIS) S.p.a..

 

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FATTI DI CAUSA

La (OMISSIS) s.r.l. ha proposto ricorso articolato in due motivi, avviato per la notifica il 20 giugno 2017, avverso la sentenza n. 488/2017 della Corte d’appello di Brescia, pubblicata il 30 marzo 2017.
La controricorrente (OMISSIS) ha proposto ricorso incidentale articolato in tre motivi.
L’altra controricorrente (OMISSIS) s.p.a. ha proposto a sua volta ricorso incidentale articolato in un motivo.
(OMISSIS) s.r.l. e (OMISSIS) hanno notificato controricorsi per resistere agli avversi ricorsi incidentali.
La Corte d’appello di Brescia, in parziale riforma della sentenza resa dal Tribunale di Brescia in data 13 aprile 2012, ha dichiarato inammissibile la domanda di condanna generica ed ha rigettato perche’ non provata la domanda di risarcimento dei danni proposte da (OMISSIS). La sentenza d’appello ha poi accolto il gravame circa la demolizione della porzione sporgente per circa 70 cm rispetto al fabbricato della (OMISSIS) e confermato per il resto la pronuncia di primo grado che, accogliendo le restanti domande spiegate dalla stessa (OMISSIS), aveva condannato la convenuta (OMISSIS) s.r.l., avente causa della chiamata (OMISSIS) s.p.a., a demolire o arretrare la costruzione, nella parte posta a confine con il fabbricato di proprieta’ (OMISSIS) in (OMISSIS).
(OMISSIS), con citazione del 19 gennaio 2007, premesso di essere proprietaria dell’unita’ immobiliare sita in (OMISSIS), individuata in catasto con il mappale N. (OMISSIS), confinante con i mappali (OMISSIS), di proprieta’ della (OMISSIS) s.r.l., aveva dedotto che quest’ultima stava edificando un complesso residenziale denominato “(OMISSIS)”, in base a concessione edilizia rilasciata dal Comune di (OMISSIS) in attuazione di “piano di recupero”.
Sul confine preesistevano un immobile di proprieta’ dell’attrice articolato su due piani fuori terra, alto m. 7,20, ricadente in zona A centro storico, ed in aderenza sul mappale 106 di proprieta’ (OMISSIS) s.r.l. un capannone avente altezza massima di metri 3,76. A seguito dell’intervento edilizio, il capannone era stato demolito ed era stato realizzato un edificio di tre piani, alto circa dieci metri, ricadendo lo stesso in zona c/3, ovvero “zona di riconfigurazione e ridisegno urbano”, con previsione di un’altezza massima di metri 9,5. (OMISSIS) aveva domandato la condanna della convenuta alla demolizione della nuova costruzione per violazione delle distanze legali dal confine e fra edifici, oltre che al risarcimento dei danni.

 

 

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(OMISSIS) s.r.l., oltre a contestare le domande avverse, chiamo’ in giudizio la propria dante causa (OMISSIS) s.p.a..
Il Tribunale condanno’ la societa’ convenuta (OMISSIS) s.r.l. a demolire e/o arretrare la propria costruzione, nella parte posta a confine con il fabbricato di proprieta’ (OMISSIS), che supera i metri 3,70 di altezza, sino ad assicurare il rispetto della distanza minima legale di metri cinque dal confine, nonche’ a demolire e/o arretrare per tutta la consistenza sino alla distanza di metri cinque dal confine, la porzione di edificio sporgente di cm. 73 dalla costruzione dell’attrice; condanno’ inoltre la convenuta al risarcimento del danno, da liquidare in separato giudizio e respinse le domande nei confronti della terza chiamata. La sentenza di primo grado affermo’ che l’intervento edilizio oggetto di causa era consistito nella completa demolizione del fabbricato preesistente, posto a confine con il sedime attoreo, e nella realizzazione, al suo posto, di un immobile diverso per volume, superfici, destinazione ed altezza, per cui si era in presenza di una nuova costruzione; di conseguenza non poteva trovare applicazione l’invocato disposto dell’articolo 40 delle NTA, che permette di conservare le preesistenti distanze dal confine, quanto piuttosto la generale previsione dell’articolo 22 delle norme tecniche, che per contro impone il rispetto della distanza di 5 m. In forza di cio’, doveva essere demolita la parte di fabbricato sopraelevato oltre l’originaria altezza del fabbricato preesistente (metri 3,70) sino ad assicurare il rispetto della distanza minima legale citata. Ancora, doveva essere demolita la sporgenza di cm 73 rispetto alla parete della costruzione della (OMISSIS), realizzata sul confine, parimenti in contrasto con l’articolo 22 delle norme di attuazione. Il Tribunale di Brescia rigetto’ poi le domande della (OMISSIS) s.r.l. nei confronti della (OMISSIS) s.p.a., non riscontrando i presupposti ne’ per la garanzia per evizione ne’ per la tutela ex articolo 1489 c.c..

 

 

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Decidendo sull’appello principale della (OMISSIS) s.r.l., la Corte di Brescia ribadi’ che l’intervento edilizio denunciato avesse dato luogo ad una nuova costruzione, in quanto “l’esame delle planimetrie e delle foto prodotte in atti, evidenzia che l’assetto dei luoghi e’ stato radicalmente mutato…; piu’ in particolare, nella parte direttamente a confine con l’immobile di proprieta’ della (OMISSIS), la precedente costruzione – un capannone artigianale -, che aveva un’altezza pari a metri 3,70, e’ stata interamente demolita e sostituita da un edificio a destinazione residenziale su tre piani fuori terra dell’altezza di metri 8,79, avente consistenza ed altezza del tutto diverse da quelle preesistenti… in particolare, con consistente sopraelevazione nella parte a confine con la proprieta’ (OMISSIS) e conseguente violazione delle norme in materia di distanze tra le costruzioni di cui all’articolo 22 delle NTA del PRG”. La sentenza di secondo grado nego’ poi che avessero rilievo, ai fini del rispetto della distanza di cinque metri dall’edificio confinante, il “piano di recupero e di riqualificazione” nel cui contesto era stato rilasciato il titolo abilitativo, come lo ius superveniens di cui all’articolo 20.2 del Piano, approvato con Delib. Consiliare 27 febbraio 2009, essendo la nuova normativa piu’ restrittiva. Veniva invece accolto il motivo di appello inerente alla disposta demolizione integrale della porzione sporgente per circa 70 cm rispetto al fabbricato della (OMISSIS), atteso che in relazione a tale porzione preesisteva il fabbricato a confine dell’altezza di metri 3,70, di talche’ la condanna alla demolizione doveva essere limitata alla porzione in sopraelevazione, “sussistendo, per il resto il diritto al ritenimento della distanza di quanto gia’ esisteva”. Trovavano conferma le statuizioni di primo grado circa l’evizione.
I ricorsi sono stati decisi in Camera di consiglio procedendo nelle forme di cui al Decreto Legge 28 ottobre 2020, n. 137, articolo 23, comma 8-bis, convertito con modificazioni dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176.
Hanno presentato memorie in relazione alla pubblica udienza del 24 giugno 2022 la (OMISSIS) s.r.l. ed (OMISSIS).

 

 

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MOTIVI DELLA DECISIONE

Per dirimere le contrapposte eccezioni che le parti hanno sollevato in ordine alle molteplici nuove allegazioni compiute nelle diverse memorie depositate, occorre in via di principio unicamente riaffermare che le memorie ex articolo 378 c.p.c., articolo 380 bis c.p.c., comma 2 e articolo 380 bis.1 c.p.c., non possono contenere “motivi aggiunti”, dovendosi limitare ad illustrare e chiarire le censure gia’ debitamente enunciate nel ricorso ed a confutare le tesi avversarie, ovvero a prospettare questioni comunque rilevabili di ufficio. Le memorie possono cosi’, ad esempio, eccepire l’esistenza di un giudicato esterno, anche allegando il documento che lo attesti, oppure dedurre l’esistenza di uno ius superveniens che abbia introdotto una nuova disciplina del rapporto controverso. Del pari, la produzione nel giudizio di cassazione di documenti non gia’ esibiti nei precedenti gradi di giudizio viene regolata dall’articolo 372 c.p.c., sicche’ non e’ consentito produrre alcun documento nuovo che tenda a dimostrare la fondatezza dei motivi di impugnazione e non concerna, piuttosto, la nullita’ della sentenza o l’ammissibilita’ del ricorso o del controricorso.
Cio’ premesso, in via pregiudiziale deve negarsi la rilevanza preclusiva del giudicato esterno che la difesa di (OMISSIS) ha eccepito nella memoria depositata per l’adunanza ex articolo 380 bis.1 c.p.c., tenuta il 19 ottobre 2021 (al cui esito, con ordinanza del 20 dicembre 2021, il ricorso e’ stato rimesso in pubblica udienza) e poi ancora nella memoria da ultimo presentata il 14 giugno 2022. Tale giudicato esterno sarebbe dato dalla sentenza della Corte d’appello di Brescia che si assume passata in giudicato il 22 ottobre 2016, intervenuta tra (OMISSIS), madre di (OMISSIS), e la (OMISSIS) s.r.l..
Ora, secondo consolidata interpretazione di questa Corte, avverso la sentenza d’appello che non abbia pronunciato sull’eccezione di giudicato esterno o comunque non abbia tenuto conto del giudicato formale intervenuto in separato giudizio prima del suo deposito (a differenza di quanto avviene nell’ipotesi di giudicato sopravvenuto rispetto a tale momento), deve essere proposta revocazione ex articolo 395 c.p.c., n. 5, potendosi dedurre l’esistenza del giudicato, con la produzione della sentenza munita di attestato di definitivita’, fino all’esaurimento della fase di merito, che si ha solo con la pubblicazione della decisione di secondo grado (pubblicazione qui avvenuta il 30 marzo 2017) (cfr. Cass. Sez. 5, 23/05/2019, n. 13987; Cass. Sez. 5, 04/11/2015, n. 22506; Cass. Sez. 2, 08/01/2014, n. 155; Cass. Sez. Unite, 20/10/2010, n. 21493).
E’ poi noto che per esservi giudicato esterno occorre che tra i due giudizi vi sia identita’ di parti, essendo l’efficacia soggettiva del giudicato circoscritta, ai sensi dell’articolo 2909 c.c., ai soggetti posti in condizione di intervenire nel processo e a coloro che ad essi subentrano per successione o per atto tra vivi.

 

 

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In via preliminare deve altresi’ valutarsi quanto dedotto dalla difesa della (OMISSIS) s.r.l. nella memoria depositata per l’adunanza ex articolo 380 bis.1 c.p.c., e poi ancora nella memoria da ultimo presentata il 17 giugno 2022, con riguardo alla ipotizzata applicabilita’ della sopravvenuta variante al P.G.T. del Comune di Provaglio d’Iseo, che consentirebbe di ritenere attualmente legittimo “quasi per l’intero” l’appartamento all’ultimo piano, permettendo la edificazione in aderenza con sopraelevazione di un piano rispetto all’edificio contiguo.
Effettivamente, la costante interpretazione giurisprudenziale in materia di distanze nelle costruzioni sostiene che, qualora subentri una disposizione derogatoria favorevole al costruttore, si consolida – salvi gli effetti di un eventuale giudicato sull’illegittimita’ della costruzione – il diritto di quest’ultimo a mantenere l’opera alla distanza inferiore, se, a quel tempo, la stessa sia gia’ ultimata, restando irrilevanti le vicende normative successive (tra le tante, da ultimo Cass. Sez. 2, 04/02/2021, n. 2640; Cass. Sez. 2, 26/07/2013, n. 18119). Il sopravvenire della disciplina normativa meno restrittiva comporta, invero, che l’edificio in contrasto con la regolamentazione in vigore al momento della sua ultimazione, ma conforme alla nuova, non puo’ piu’ essere ritenuto illegittimo, cosicche’ il confinante non puo’ pretendere l’abbattimento o, comunque, la riduzione alle dimensioni previste dalle norme vigenti al momento della sua costruzione. Tale effetto deriva dal fatto che, pur rimanendo sussistente l’illecito di chi abbia costruito in violazione di norme giuridiche allora vigenti e la sua responsabilita’ per i danni subiti dal confinante fino all’entrata in vigore della normativa meno restrittiva, viene pero’ meno l’illegittimita’ della situazione di fatto determinatasi con la costruzione, essendo questa conforme alla normativa successiva e, quindi, del tutto identica a quella delle costruzioni realizzate dopo la sua entrata in vigore (Cass. Sez. 2, 22/02/1996, n. 1368; Cass. Sez. 2, 15/06/2010, n. 14446; Cass. Sez. 2, 24/11/2020, n. 26713).
La variante al Piano di Governo del Territorio del Comune di Provaglio d’Iseo, per la conoscenza che questa Corte ha acquisito, e’ stata tuttavia approvata con deliberazione del Consiglio Comunale del 17 settembre 2016 ed e’ stata pubblicata sul BURL il 7 dicembre 2016, dunque in epoca antecedente alla notificazione del ricorso della (OMISSIS) s.r.l. (rilevando tale data ai fini dell’efficacia e dell’obbligatorieta’ dello strumento urbanistico, senza possibilita’ che diversamente venga in considerazione la notizia di fatto che la (OMISSIS) s.r.l. assume di aver conseguito soltanto “dopo la C.Testo Unico disposta dal Giudice dell’Esecuzione”). Vale quindi la regola secondo cui nel giudizio di legittimita’, lo “ius superveniens”, che introduca una nuova disciplina del rapporto controverso, puo’ trovare applicazione solo alla duplice condizione che: a) da un lato, la sopravvenienza sia posteriore alla proposizione del ricorso per cassazione, e cio’ perche’, in tale ipotesi, il ricorrente non ha potuto tener conto dei mutamenti operatisi successivamente nei presupposti legali che condizionano la disciplina dei singoli casi concreti; b) dall’altro lato, la normativa sopraggiunta sia pertinente rispetto alle questioni agitate nel ricorso, posto che i principi generali dell’ordinamento in materia di processo per cassazione – e soprattutto quello che impone che la funzione di legittimita’ sia esercitata attraverso l’individuazione delle censure espresse nei motivi di ricorso e sulla base di esse – impediscono di rilevare d’ufficio (o a seguito di segnalazione fatta dalla parte mediante memoria difensiva ai sensi dell’articolo 378 c.p.c.) regole di giudizio determinate dalla sopravvenienza di disposizioni, ancorche’ dotate di efficacia retroattiva, afferenti ad un profilo della norma applicata che non sia stato investito, neppure indirettamente, dai motivi di ricorso e che concernano quindi una questione non sottoposta al giudice di legittimita’ (tra le tante, Cass. Sez. 5, 08/05/2006, n. 10547).

 

 

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Oltretutto, la nuova disciplina, cui si riferisce la difesa della (OMISSIS) s.r.l., reca esplicite norme non in materia di distanze ma di ricostruzioni, consentendo una maggiore altezza, ne’ sono compatibili col giudizio di cassazione accertamenti di fatto per verificare la concreta configurabilita’ nel rapporto controverso di uno “ius superveniens” piu’ favorevole, tale da imporre la cassazione con rinvio della sentenza impugnata.
Sono infine superabili le eccezioni pregiudiziali svolte nel controricorso di (OMISSIS). E’ infondata quella inerente all’articolo 348 ter c.p.c., comma 5, che esclude che possa essere impugnata ex articolo 360 c.p.c., n. 5 la sentenza di appello “che conferma la decisione di primo grado”, in quanto tale disposizione non trova applicazione nel caso in esame, agli effetti del Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 54, comma 2, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, visto che il giudizio di appello era stato introdotto con citazione di cui era stata richiesta la notificazione prima dell’11 settembre 2012. E’ altresi’ infondata l’eccezione di inammissibilita’ avanzata con riguardo al requisito imposto dall’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 3), in quanto il ricorso della (OMISSIS) s.r.l. contiene una sufficiente esposizione dei fatti di causa, dalla quale risultano le posizioni processuali delle parti, nonche’ gli argomenti dei giudici dei singoli gradi. In ordine, poi, alle ulteriori eccezioni formulate nel controricorso di (OMISSIS), l’accertamento dell’osservanza di quanto prescritto dall’articolo 366 c.p.c., comma 1, nn. 4) e 6), deve necessariamente compiersi con riferimento a ciascun singolo motivo di impugnazione, verificandone in modo distinto specificita’, completezza e riferibilita’ alla decisione impugnata, nonche’ l’analitica indicazione dei documenti sui quali ognuno si fondi, il che esclude che il ricorso possa essere dichiarato per intero inammissibile, ove tale situazione sia propria solo di uno o di alcuno dei motivi proposti (cfr. Cass. Sez. Unite, 05/07/2013, n. 16887).
1. Il primo motivo del ricorso principale proposto dalla (OMISSIS) s.r.l. denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli articoli 19-22 e 40 della n.t.a. del P.R.G. del Comune di Provaglio d’Iseo, nonche’ della L. n. 457 del 1978, articoli 28-31, Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 3, articolo 12 disp. gen., e articoli 873 e 873 c.c.. Si assume che le richiamate n. t.a. prescrivessero la distanza minima di mt. 5,00 dal confine solo per le “nuove costruzioni”, e non per gli interventi di demolizione e ricostruzione o di recupero dell’esistente con sopraelevazione fino a tre piani, ammettendo per tali casi il mantenimento delle distanze gia’ in atto.
1.1. Il primo motivo del ricorso della (OMISSIS) s.r.l. va respinto. 1.2. La Corte d’appello di Brescia, uniformandosi sul punto a quanto affermato dal Tribunale, nell’ambito dell’apprezzamento di fatto spettante al giudice del merito e sindacabile in sede di legittimita’ soltanto nei limiti di cui all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ha affermato che l’intervento edilizio per cui e’ causa avesse dato luogo ad una nuova costruzione, in quanto “l’esame delle planimetrie e delle foto prodotte in atti, evidenzia che l’assetto dei luoghi e’ stato radicalmente mutato…; piu’ in particolare, nella parte direttamente a confine con l’immobile di proprieta’ della (OMISSIS), la precedente costruzione – un capannone artigianale -, che aveva un’altezza pari a metri 3,70, e’ stata interamente demolita e sostituita da un edificio a destinazione residenziale su tre piani fuori terra dell’altezza di metri 8,79, avente consistenza ed altezza del tutto diverse da quelle preesistenti… in particolare, con consistente sopraelevazione nella parte a confine con la proprieta’ (OMISSIS) e conseguente violazione delle norme in materia di distanze tra le costruzioni di cui all’articolo 22 delle NTA del PRG”, che impone per le nuove costruzioni il rispetto della distanza di 5 m. Tale intervento di ricostruzione, dunque, aveva dato luogo ad un aumento di volumetria, superficie, ingombro e nei limiti di tale ampliamento e’ stata percio’ ordinata la riduzione in pristino con arretramento dal confine.
1.3. Ora, innanzitutto, il primo motivo del ricorso della (OMISSIS) s.r.l. denota profili di inammissibilita’ per carenza di specificita’ della censura, in riferimento alla ratio decidendi della sentenza impugnata (articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 4).
1.4. Il ricorso per cassazione denuncia la violazione di legge in relazione ad una pluralita’ di norme, ma non esamina il contenuto precettivo di ciascuna di esse per raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo, demandando alla Corte il compito di individuare – la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa (Cass. Sez. Unite, 28/10/2020, n. 23745).

 

 

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E’ certo che le norme dei regolamenti comunali edilizi e i piani regolatori, come le relative norme tecniche di attuazione, giacche’ volte a disciplinare l’attivita’ della P.A. per un migliore assetto dell’agglomerato urbano ed i rapporti di vicinato tra privati in modo equo, sono, per effetto del richiamo contenuto negli articoli 872, 873 c.c., integrative delle norme del codice civile in materia di distanze tra costruzioni, sicche’ il giudice deve applicare le richiamate norme locali indipendentemente da ogni attivita’ assertiva o probatoria delle parti, acquisendone conoscenza anche attraverso la sua scienza personale, la collaborazione delle parti o la richiesta di informazioni ai comuni (ad esempio, Cass. Sez. 2, 23/07/2009, n. 17338, Cass. Sez. 2, 11/01/2006, n. 213; Cass. Sez. 2, 15/06/2010, n. 14446; Cass. Sez. 2, 05/02/2020, n. 2661). Cio’ non significa, tuttavia, che, ove, come nel caso in esame, la sentenza di merito abbia affermato la violazione delle norme sulle distanze legali, sul presupposto che nell’articolo 22 delle N.T.A. del P.R.G. del Comune di Provaglio d’Iseo siano prescritte distanze maggiori di quelle previste dall’articolo 873 c.c., il ricorrente per cassazione, che denunzi la violazione e falsa applicazione di norme di diritto, sia esonerato dalla puntuale indicazione delle norme asseritamente violate, nonche’ dal fornire specifiche argomentazioni intelligibili ed esaurienti, intese a motivatamente dimostrare in qual modo tale affermazione in diritto contenuta nella pronuncia gravata debba ritenersi in contrasto con le indicate disposizioni di legge regolatrici della fattispecie. Il primo motivo del ricorso principale auspica che la Corte di cassazione ritenga applicabile una diversa disciplina rispetto a quella individuata dai giudici del merito, procedendo in sede di legittimita’ alla verifica dei presupposti di fatto richiesti da essa.
1.5. La tesi di fondo su cui poggia il primo motivo del ricorso della (OMISSIS) s.r.l. appare comunque cosi’ sintetizzabile: le regole dettate dall’articolo 22 delle n. t.a. in tema di distanze sarebbero applicabili soltanto alle costruzioni sorte ex novo, e non in situazioni, quale quella oggetto di lite, in cui preesisteva un immobile, nel qual caso, operando la previsione dell’articolo 40 delle n.t.a., sarebbe stato possibile costruire mantenendo la distanza gia’ in atto.
1.5.1. Tale assunto collide con il consolidato orientamento di questa Corte, secondo cui, nell’ambito delle opere edilizie, la semplice “ristrutturazione” si verifica ove gli interventi, comportando modificazioni esclusivamente interne, abbiano interessato un edificio del quale sussistano e rimangano inalterate le componenti essenziali, quali i muri perimetrali, le strutture orizzontali, la copertura, mentre e’ ravvisabile la “ricostruzione” allorche’ dell’edificio preesistente siano venute meno, per evento naturale o per volontaria demolizione, dette componenti, e l’intervento si traduca nell’esatto ripristino delle stesse operato senza alcuna variazione rispetto alle originarie dimensioni dell’edificio, e, in particolare, senza aumenti della volumetria. In presenza di tali aumenti, si verte, invece, in ipotesi di “nuova costruzione”, come tale sottoposta alla disciplina in tema di distanze vigente al momento della realizzazione dell’opera ed alla relativa tutela ripristinatoria (Cass. Sez. 2, 11/06/2018, n. 15041; Cass. Sez. 2, 20/08/2015, n. 17043; Cass. Sez. Unite, 19/10/2011, n. 21578).
1.5.2. In particolare, la statuizione del Tribunale di Bergamo, confermata dalla Corte d’appello, ha condannato la (OMISSIS) s.r.l. a demolire e/o arretrare la propria costruzione, sino ad assicurare il rispetto della distanza minima legale di metri cinque rispetto al confine con la proprieta’ (OMISSIS), per la parte eccedente i metri 3,70 di altezza, pari alla misura del capannone preesistente sul mappale (OMISSIS). Questa statuizione si conforma con quanto di recente affermato in Cass. 14/04/2022, n. 12196, la quale, ribadendo quanto identicamente sostenuto in motivazione da Cass. Sez. Unite, 19/10/2011, n. 21578, ha precisato che, ove si proceda alla demolizione di un edificio ed alla successiva ricostruzione, comportante un aumento di volumetria, il manufatto e’ sottoposto alla disciplina in tema di distanze, vigente al tempo della sua edificazione, allorche’ lo strumento urbanistico prescriva espressamente che le maggiori distanze previste per le nuove costruzioni siano estese anche alle ricostruzioni; laddove, in mancanza di tale previsione, il manufatto va considerato come nuova costruzione solo nelle parti eccedenti le dimensioni dell’edificio originario e la demolizione va disposta non integralmente, ma esclusivamente per i volumi eccedenti, da accertare in concreto.
1.6. E’ comunque da considerare che, in tema di distanze legali, esiste, ai sensi dell’articolo 873 c.c., una nozione unica di costruzione, consistente in qualsiasi opera non completamente interrata avente i caratteri della solidita’, stabilita’ ed immobilizzazione al suolo, indipendentemente dalla tecnica costruttiva adoperata, anche se realizzata mediante appoggio o incorporazione o collegamento fisso ad un corpo di fabbrica contestualmente realizzato o preesistente, e cio’ indipendentemente dal livello di posa ed elevazione dell’opera stessa. I regolamenti comunali, pertanto, essendo norme secondarie, non possono modificare tale nozione codicistica, sia pure al limitato fine del computo delle distanze legali, poiche’ il rinvio contenuto nella seconda parte dell’articolo 873 c.c., ai regolamenti locali e’ circoscritto alla sola facolta’ di stabilire una distanza maggiore (Cass. Sez. 2, 02/10/2018, n. 23843; Cass. Sez. 2, 08/01/2016, n. 144; Cass. Sez. 2, 07/10/2005, n. 19530).

 

 

Demolizione di un edificio la successiva ricostruzione e le distanze

1.7. Per quanto accertato in fatto e per quanto allegato dalle parti, non appaiono assumere rilievo decisivo ne’ la riformulazione del Decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, articolo 3, comma 1, lettera d), come da ultimo modificato del Decreto Legge 16 luglio 2020, n. 76, articolo 10, comma 1, lettera b), n. 2), convertito, con modificazioni, dalla L. 11 settembre 2020, n. 120 e del Decreto Legge 1 marzo 2022, n. 17, articolo 28, comma 5-bis, lettera a), convertito con modificazioni dalla L. 27 aprile 2022, n. 34 (secondo il quale “…(N)ell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi altresi’ gli interventi di demolizione e ricostruzione di edifici esistenti con diversi sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche, con le innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica, per l’applicazione della normativa sull’accessibilita’, per l’istallazione di impianti tecnologici e per l’efficientamento energetico. L’intervento puo’ prevedere altresi’, nei soli casi espressamente previsti dalla legislazione vigente o dagli strumenti urbanistici comunali, incrementi di volumetria anche per promuovere interventi di rigenerazione urbana. Costituiscono inoltre ristrutturazione edilizia gli interventi volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purche’ sia possibile accertarne la preesistente consistenza…”); e nemmeno il sopravvenuto del Decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, articolo 2-bis, comma 1-ter (comma aggiunto del Decreto Legge 18 aprile 2019, n. 32, articolo 5, comma 1, lettera b), convertito con modificazioni dalla L. 14 giugno 2019, n. 55 e successivamente sostituito del Decreto Legge 16 luglio 2020, n. 76, articolo 10, comma 1, lettera a), convertito, con modificazioni, dalla L. 11 settembre 2020, n. 120), secondo il quale “(i)n ogni caso di intervento che preveda la demolizione e ricostruzione di edifici, anche qualora le dimensioni del lotto di pertinenza non consentano la modifica dell’area di sedime ai fini del rispetto delle distanze minime tra gli edifici e dai confini, la ricostruzione e’ comunque consentita nei limiti delle distanze legittimamente preesistenti. Gli incentivi volumetrici eventualmente riconosciuti per l’intervento possono essere realizzati anche con ampliamenti fuori sagoma e con il superamento dell’altezza massima dell’edificio demolito, sempre nei limiti delle distanze legittimamente preesistenti (…)”.
La disciplina sopravvenuta in materia di distanze non si connota univocamente come disposizione derogatoria favorevole al costruttore, stabilendo comunque che, in ogni caso di demolizione con ricostruzione – sia pure in presenza di un aumento di volumetria nei casi consentiti dall’articolo 3, lettera d) TUE -, rimane consentita la nuova costruzione nel rispetto delle distanze preesistenti solo ove non sia possibile il rispetto di quella vigente al momento della costruzione stessa mediante la modifica dell’area di sedime (e cioe’ qualora le dimensioni del lotto di pertinenza non consentano lo scivolamento dell’area di sedime ai fini del rispetto delle distanze minime tra gli edifici e dai confini stabiliti dal Decreto Ministeriale n. 1444 del 1968) e sempre che ricorrano tutte le altre condizioni di legge.
Mancano specifiche allegazioni in ordine alla sussistenza nel caso concreto delle indicate condizioni di legge, che consentano a questa Corte di ravvisare la sussistenza di uno “ius superveniens” piu’ favorevole alla costruttrice.
2. Il secondo motivo del ricorso della (OMISSIS) s.r.l. denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli articoli 1484, 1485 e 1489 c.c.. Si assume che l’acquisto degli edifici industriali dalla (OMISSIS) s.p.a. avvenne nel giugno 2005, dopo, quindi, l’approvazione del piano di recupero sottoscritto dell’alienante, richiamato nell’atto di compravendita, essendo, percio’, stato alienato il “diritto di ricostruire” secondo il progetto approvato con tale piano, sicche’ dall’accoglimento della domanda della (OMISSIS) discenderebbe una evizione parziale.
2.1. La Corte d’appello di Brescia ha escluso che sussistessero i presupposti per l’operativita’ della garanzia per evizione, in quanto il bene alienato non era rimasto intaccato nella sua “originaria consistenza e materialita’”, essendo stato, piuttosto, “sostanzialmente modificato in forza dell’attivita’ edilizia posta in essere dalla societa’ acquirente”, e cio’ aveva cagionato la pretesa del terzo confinante. Parimenti inapplicabile e’ stato ritenuto dai giudici del merito l’articolo 1489 c.c., non avendo la (OMISSIS) lamentato che il bene compravenduto non rispettasse le distanze legali, bensi’ che quanto realizzato al suo posto dalla societa’ (OMISSIS) integra la violazione delle distanze.
2.2. Il secondo motivo del ricorso della (OMISSIS) s.r.l. e’ infondato sulla base del seguente principio:
allorche’, come nella specie, il compratore, il quale abbia acquistato un immobile per costruirvi un edificio secondo un progetto cedutogli dal venditore come realizzabile sotto il profilo urbanistico, veda poi ostacolata tale realizzabilita’ da azioni ripristinatorie proposte da terzi per il mancato rispetto delle norme relative alle distanze tra costruzioni, non si riscontra alcuna violazione dell’impegno traslativo del diritto di proprieta’ sulla cosa venduta e non possono, dunque, trovare applicazione ne’ la disciplina sulla garanzia per l’evizione parziale (perche’ non si tratta di vendita di cosa parzialmente altrui ex articolo 1480 c.c.), ne’ quella sulla garanzia per vendita di cosa gravata da oneri o da diritti reali di godimento non apparenti di terzi (la quale riguarda la diversa ipotesi di cosa venduta come libera, ma che poi risulti gravata da taluno dei pesi anzidetti: articolo 1489 c.c.), potendo, eventualmente, ricorrere, piuttosto, l’ipotesi di un difetto di qualita’ promesse o essenziali ai sensi dell’articolo 1497 c.c. (arg. da Cass. Sez. 1, 25/02/1974, n. 552; Cass. Sez. 3, 14/04/1972, n. 1179). La domanda ex articolo 1497 c.c., e’ diversa da quella per evizione parziale o limitativa, rientrando essa nella disciplina degli inadempimenti contrattuali.
3. Il primo motivo del ricorso incidentale di (OMISSIS) e’ rubricato: “(I)mpugnazione del capo della sentenza della Corte d’appello di condanna della societa’ (OMISSIS) s.r.l. a demolire sino alla distanza di ml 5 dal confine la porzione di sopraelevazione dell’edificio sporgente di cm. 73 dal confine della (OMISSIS)”.
Il secondo motivo del ricorso incidentale di (OMISSIS) e’ rubricato: “(I)mpugnazione del capo della sentenza della Corte d’appello che ha dichiarato “inammissibile” la domanda di risarcimento del danno in forma “generica” prospettata da (OMISSIS) ed “ha rigettato” quella di condanna “in forma specifica” perche’ la danneggiata “non ha offerto alcuna prova” dell’esistenza e della quantificazione di detto danno”. Il terzo motivo del ricorso incidentale di (OMISSIS) e’ rubricato: ” (I)mpugnazione del capo della sentenza della Corte d’appello con il quale ha erroneamente quantificato le spese del grado di appello”.
3.1. Tutti i motivi del ricorso incidentale di (OMISSIS) sono inammissibili. Le censure non sono connotate, neppure in rubrica, dall’indicazione delle norme di diritto su cui si fondano e denotano carenza di formulazione avente funzione identificativa riferita ad alcuna delle fattispecie di vizio enucleate tassativamente dall’articolo 360 c.p.c., comma 1. I motivi non posseggono, percio’, i caratteri della tassativita’ e della specificita’ ex articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 4, risolvendosi in una critica generica della sentenza impugnata.
3.2. Il primo motivo del ricorso di (OMISSIS) e’ altresi’ inammissibile ai sensi dell’articolo 360 bis c.p.c., n. 1. La Corte d’appello ha riformato la sentenza di primo grado quanto alla disposta demolizione integrale della porzione sporgente per circa 70 cm rispetto al fabbricato della (OMISSIS), atteso che in relazione a tale porzione preesisteva il fabbricato a confine dell’altezza di metri 3,70, sicche’ la condanna alla demolizione e’ stata limitata alla porzione in sopraelevazione, “sussistendo, per il resto il diritto al ritenimento della distanza di quanto gia’ esisteva”. La Corte d’appello di Brescia ha in tal modo risolto la questione di diritto uniformandosi alla gia’ richiamata interpretazione di Cass. 14/04/2022, n. 12196 e prima ancora di Cass. Sez. Unite, 19/10/2011, n. 21578: ove si proceda alla demolizione di un edificio ed alla successiva ricostruzione, comportante un aumento di volumetria, il manufatto e’ sottoposto alla disciplina in tema di distanze, vigente al tempo della sua edificazione, allorche’ lo strumento urbanistico prescriva espressamente che le maggiori distanze previste per le nuove costruzioni siano estese anche alle ricostruzioni; laddove, in mancanza di tale previsione, il manufatto va considerato come nuova costruzione solo nelle parti eccedenti le dimensioni dell’edificio originario e la demolizione va disposta non integralmente, ma esclusivamente per i volumi eccedenti, da accertare in concreto.

 

 

Demolizione di un edificio la successiva ricostruzione e le distanze

3.3. Il secondo motivo del ricorso di (OMISSIS) e’ altresi’ inammissibile ai sensi dell’articolo 360 bis c.p.c., n. 1.
La Corte d’appello ha accolto il quinto motivo di gravame, rilevando che l’attrice aveva domandato in primo grado la liquidazione del danno in forma specifica (“nella somma che risultera’ da erigenda perizia”, per poi chiedere solo in sede di precisazione delle conclusioni, e quindi tardivamente, la liquidazione in separata sede, con opposizione della convenuta (OMISSIS) s.r.l.. La sentenza impugnata ha quindi ritenuto del tutto mancante la prova circa il danno da risarcire.
La prima statuizione e’ conforme alla consolidata giurisprudenza secondo cui se l’attore ha chiesto la condanna del convenuto al pagamento di una somma di denaro determinata o determinabile (c.d. condanna specifica), il giudice non puo’, in assenza dell’accordo delle parti, e vieppiu’ in caso di opposizione del convenuto alla relativa richiesta dell’attore, rinviare a separato giudizio la liquidazione della somma dovuta, limitandosi alla condanna all'”an debeatur” (c.d. condanna generica), ma deve decidere anche in ordine al “quantum debeatur” accogliendo la domanda, se provata, ovvero respingendola in caso contrario.
La seconda statuizione e’ conforme all’interpretazione secondo cui, se pur e’ vero che la violazione della prescrizione sulle distanze tra le costruzioni, attesa la natura del bene giuridico leso, determina potenzialmente un danno, per l’imposizione di una servitu’ di fatto che causa una perdita di valore del fondo gravato, non di meno spetta al proprietario dello stesso l’onere di darne prova, sia pure mediante ricorso a presunzioni semplici, indicando quindi gli elementi, le modalita’ e le circostanze della situazione, da cui, in presenza dei requisiti richiesti dagli articoli 2727 e 2729 c.c., possa desumersi l’esistenza e l’entita’ del concreto pregiudizio patrimoniale subito. Il secondo motivo del ricorso di (OMISSIS) non indica, come prescritto dall’articolo 366 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 6, quando e come l’attrice avesse allegato gli elementi inerenti all’esistenza e all’entita’ del danno patrimoniale subito e non e’ sindacabile in sede di legittimita’, se non nei limiti di cui all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la valutazione compiuta dai giudici di merito di carenza di prova di un danno risarcibile.
3.4. Il terzo motivo del ricorso di (OMISSIS) e’ altresi’ inammissibile ai sensi dell’articolo 360, comma 1, nn. 4 e 6, e dell’articolo 360 bis c.p.c., n. 1. Vi si assume, ai fini della liquidazione delle spese processuali, che la causa non fosse di valore indeterminabile, come affermato dalla Corte d’appello, ma doveva determinarsi ai sensi dell’articolo 15 c.p.c., e dunque moltiplicando per duecento la rendita catastale del fabbricato alla data della proposizione della domanda.
La censura innanzitutto non considera che le cause concernenti il mancato rispetto delle distanze legali tra immobili sono assimilabili a quelle relative alle servitu’, poiche’ l’azione esercitata consiste sostanzialmente in una negatoria, sicche’, semmai, norma dell’articolo 15 c.p.c., il loro valore va determinato moltiplicando per cinquanta il reddito dominicale del terreno o la rendita catastale del fabbricato in cui si assume essere avvenuta la violazione (ex multis, Cass. Sez. 6 – 2, 17/12/2019, n. 33457; Cass. Sez. 2, 08/05/1998, n. 4654).
Soprattutto, la ricorrente incidentale non specifica in quale atto processuale o documento allegato fosse stata indicata la rendita catastale del fondo, al fine di rendere ingiustificata la considerazione della lite come di valore indeterminabile (cfr. Cass. Sez. 2, 17/04/2019, n. 10755; Cass. Sez. 2, 04/11/1995, n. 11520).
3.5. E’ infine inammissibile il “ricorso incidentale condizionato” formulato nelle pagine 36 e 37 del controricorso di (OMISSIS), con riguardo ai motivi dell’appello “incidentale subordinato o condizionato” che la Corte di Brescia ha ritenuto assorbiti dal rigetto dei primi due motivi del gravame della (OMISSIS) s.r.l.. Si tratta, infatti di questioni non decise dalla sentenza impugnata, perche’, appunto, ritenute assorbite, sicche’ manca riguardo ad esse la soccombenza che possa giustificare la proposizione di un ricorso incidentale, anche se qualificato come condizionato, restando comunque salva la facolta’ per la parte di riproporre tali questioni al giudice del rinvio, in caso di annullamento della sentenza.
4. L’unico motivo del ricorso incidentale proposto dalla (OMISSIS) s.p.a. dichiara di aderire al primo motivo del ricorso principale della (OMISSIS) s.r.l., quanto alla violazione e/o falsa applicazione degli articoli 19-22 e 40 della n.t.a. del P.R.G. del Comune di Provaglio d’Iseo, nonche’ della L. n. 457 del 1978, articoli 28-31, Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 3, articolo 12 disp. gen., e degli articoli 873 e 873 c.c..
4.1. Il ricorso incidentale proposto dalla (OMISSIS) s.p.a. e’ inammissibile.
4.2. Decidendo in ordine al secondo motivo del ricorso della (OMISSIS) s.r.l., si e’ gia’ precisato che, avendo la (OMISSIS) s.r.l. acquistato dalla (OMISSIS) s.p.a. l’immobile per costruirvi un edificio secondo un progetto che sia assume compreso in un piano di recupero approvato in favore della venditrice, la pretesa avanzata da (OMISSIS) per il mancato rispetto delle norme relative alle distanze tra costruzioni non da’ luogo ne’ alla garanzia per evizione parziale ne’ alla garanzia ex articolo 1489 c.c.. Ed allora, deve affermarsi che il venditore di un immobile, chiamato in garanzia propria dal compratore destinatario della domanda di un terzo, ove, come avvenuto nella specie, sia stata rigettata la domanda di garanzia avanzata nei suoi confronti, non ha interesse, per difetto di propria soccombenza, ad impugnare la condanna subita dal compratore. D’altro canto, se pure si intendesse che la chiamata in causa della venditrice fosse stata operata quale denuntiatio litis ai sensi dall’articolo 1485 c.c., e dunque allo scopo di assoggettare la medesima alla decisione della controversia promossa dalla terza nei confronti della compratrice, alla venditrice dovrebbe pur sempre riconoscersi interesse ad impugnare la decisione sfavorevole alla medesima compratrice nei confronti della terza limitatamente alla parte in cui tale decisione possa estendere i suoi effetti sul rapporto di garanzia (arg. da Cass. Sez. 3, 03/09/1982, n. 4805; Cass. Sez. 2, 09/09/1998, n. 8908).
5. Devono, in definitiva, rigettarsi il ricorso principale proposto dalla (OMISSIS) s.r.l., e dichiararsi inammissibili i ricorsi incidentali propositi da (OMISSIS) e dalla (OMISSIS) s.p.a., compensandosi tra le parti le spese del giudizio di cassazione in ragione della reciproca soccombenza.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater – da parte della ricorrente principale e delle ricorrenti incidentali, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per le rispettive impugnazioni, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale, dichiara inammissibili i ricorsi incidentali e compensa tra le parti le spese sostenute nel giudizio di cassazione.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, della ricorrente principale e delle ricorrenti incidentali, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per i rispettivi ricorsi, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.

 

 

Demolizione di un edificio la successiva ricostruzione e le distanze

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