Corte di Cassazione, sezione sesta penale, Sentenza 8 maggio 2019, n. 19787.
La massima estrapolata:
In tema di custodia cautelare in carcere disposta per il reato di cui all’art. 416-bis cod. pen., la presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari prevista dall’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. non è superata per effetto del decorso di un tempo considerevole tra l’emissione della misura e i fatti contestati qualora risultino accertate la consolidata esistenza dell’associazione, la pregressa partecipazione alla stessa dell’indagato e la sua perdurante adesione ai valori del sodalizio (nel caso di specie ‘ndrangheta).
Sentenza 8 maggio 2019, n. 19787
Data udienza 26 marzo 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PAOLONI Giacomo – Presidente
Dott. COSTANZO Angelo – Consigliere
Dott. RICCIARELLI Massimo – rel. Consigliere
Dott. VIGNA Maria Sabina – Consigliere
Dott. SILVESTRI Pietro – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 15/11/2018 del Tribunale di Reggio Calabria;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. RICCIARELLI Massimo;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. ANGELILLIS Ciro, che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso;
udito il difensore, Avv. (OMISSIS), che ha insistito nel ricorso, chiedendone l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 15/11/2018 il Tribunale di Reggio Calabria ha confermato quella del G.I.P. del Tribunale di Reggio Calabria in data 15/10/2018, con cui e’ stata applicata, fra l’altro, a (OMISSIS) la misura cautelare della custodia in carcere in relazione al delitto di partecipazione ad associazione di âEuroËœndrangheta, riconducibile alla cosca (OMISSIS).
2. Ha proposto ricorso il (OMISSIS) tramite il suo difensore.
Deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al tema delle esigenze cautelari.
Il Tribunale aveva formulato una motivazione insufficiente, in quanto non aveva dato conto dell’esistenza del pericolo di inquinamento probatorio e, quanto al pericolo di reiterazione, pur a fronte della presunzione di cui all’articolo 275 c.p.p., comma 3, non aveva motivato in ordine alla rilevanza del consistente tempo (il c.d. tempo silente) trascorso dalle manifestazioni di partecipazione alla consorteria, risalenti al 2014, periodo che, anche a prescindere dalla prova della rescissione del vincolo, di per se’ costituisce elemento idoneo ad incidere sulla citata presunzione, non potendosi attribuire rilievo al carattere aperto della contestazione, dipendente da strategia operativa del P.M..
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ inammissibile.
2, Il Tribunale, con riguardo alle esigenze cautelari, ha dato rilievo alla presunzione di cui all’articolo 275 c.p.p., comma 3, sottolineando che non erano emersi elementi idonei a superarne la decisiva valenza e rilevando inoltre come non potesse a tal fine darsi rilievo al tempo trascorso dalle manifestazioni di concreta partecipazione al sodalizio (il c.d. tempo silente), a fronte della mancanza di una formale dissociazione.
Ma il Tribunale ha anche motivato in ordine alla concreta sussistenza del pericolo di reiterazione criminosa, dando rilievo alle modalita’ della partecipazione, al legame del ricorrente con esponenti di âEuroËœndrangheta, ai manifestati propositi delittuosi, alla disponibilita’ a vendicare anche col sangue la morte di un congiunto, all’adesione alle regole della âEuroËœndrangheta.
3. A fronte di cio’ il ricorrente ha sottolineato la mancanza di motivazione in ordine al pericolo di inquinamento probatorio e ha rilevato la concreta incidenza del tempo silente, quale elemento idoneo a superare la presunzione di cui all’articolo 275 c.p.p., comma 3, a fronte di evidenze probatorie risalenti al 2014.
4. A ben guardare gli argomenti sviluppati nel ricorso non si confrontano con la motivazione del provvedimento impugnato, che da un lato non ha specificamente motivato sul pericolo di inquinamento probatorio, ma dall’altro ha in generale dato totalizzante rilievo alla presunzione di cui all’articolo 275 c.p.p., comma 3, sottolineando che il ricorrente non aveva per contro fornito specifici elementi idonei a superarne la valenza.
Inoltre il ricorrente non si e’ misurato in alcun modo con gli elementi dai quali il Tribunale ha comunque tratto “in positivo” la conferma dell’effettiva sussistenza e attualita’ del pericolo di reiterazione, dando rilievo a quei profili personologici e al tipo di vincolo assunto dal ricorrente, incidente anche sul piano comportamentale e culturale, che attestavano il carattere tutt’altro che episodico della scelta di campo operata dal (OMISSIS) con l’adesione al sodalizio criminale.
5. In ogni caso deve rilevarsi come il riferimento al c.d. tempo silente non possa essere valorizzato in termini astratti, ma debba essere calato nella concreta verifica della fattispecie.
Deve invero condividersi l’assunto che il decorso di un lungo lasso di tempo dalle manifestazioni di partecipazione al sodalizio criminale possa assumere rilievo, al fine di superare la presunzione di cui all’articolo 275 c.p.p., comma 3, imponendo una puntuale analisi del caso di specie (sul punto, ex plurimis, Cass. Sez. 3, n. 6284 del 16/1/2019, Pianta, rv. 274861; Cass. Sez. 6, n. 16867 del 20/3/2018, Morabito, rv. 272919).
Si tratta di principio che, pur a fronte di affermazioni dissonanti, volte a dar rilievo prevalente alla prova della dissociazione (sul punto Cass. Sez. 5, n. 35848 del 11/06/2018, Trifiro’, rv. 273631; Cass. Sez. 4, n. 20987 del 27/1/2016, C., rv. 266962), e’ tuttavia in linea con quanto autorevolmente affermato in materia di misure di prevenzione, in ordine al tema della pericolosita’ qualificata (Cass. Sez. U., n. 111 del 30/11/2017, dep. nel 2018, Gattuso, rv. 271512).
Ma nel contempo deve rimarcarsi che non e’ sufficiente l’astratta e generica deduzione del tempo trascorso, perche’ possa dirsi formulata un’argomentata censura avverso la riconosciuta valenza della presunzione, in un caso di suffragata partecipazione a sodalizio mafioso, in assenza di qualsivoglia riferimento al tipo di sodalizio e alla qualita’ e alla durata della partecipazione.
Vuol dirsi cioe’ che la stessa dimensione temporale assume un significato diverso a seconda delle caratteristiche del sodalizio e del tipo di partecipazione assicurata dal soggetto, cosicche’ al fine di superare la presunzione si impone il confronto con quelle caratteristiche e quella partecipazione, onde poter prospettare la valenza di una protratta mancanza di ulteriori manifestazioni, quale dato sintomatico di un sostanziale allontanamento (unico dato di per se’ decisivo: sul punto si rinvia a Cass. Sez. 6, n. 15753 del 28/3/2018, Pisano, rv. 272887), non potendosi contrapporre un profilo astratto ad un dato generico.
6. Piu’ specificamente deve rimarcarsi che nel caso di specie e’ stato dato conto non solo della consolidata esistenza della cosca (OMISSIS), venuta in evidenza nel corso degli anni in plurimi processi e risultata capace di mantenersi in vita e di stringere alleanze e rapporti con altre realta’ criminali, ma anche del fatto che non risultava che la stessa fosse stata definitivamente disarticolata dall’indagine in corso e dai relativi arresti.
Inoltre e’ stato sottolineato come la partecipazione del (OMISSIS) fosse stata gia’ in passato accertata con sentenza di condanna divenuta irrevocabile e come nel caso di specie fosse venuta in evidenza una nuova manifestazione del medesimo tipo di partecipazione da parte del ricorrente a quel sodalizio, senza che la precedente condanna fosse valsa ad allontanarlo.
D’altro canto il Tribunale ha anche motivato in ordine alla profonda adesione del ricorrente alla logica âEuroËœndranghetistica, per sottolineare come la stessa ne avesse permeato non incidentalmente l’esistenza, alimentando scelte e comportamenti.
Ben si comprende dunque come secondo la valutazione del Tribunale non solo non fosse emersa una formale dissociazione da parte del ricorrente, ma dovesse ritenersi perdurante la sua concreta adesione al sodalizio, a prescindere dalla mancanza di elementi attestanti una sua recente attiva partecipazione.
E’ proprio in tale quadro che puo’ apprezzarsi anche il rilievo dato dal Tribunale al carattere aperto della contestazione, avente ad oggetto il reato permanente di partecipazione a sodalizio mafioso: non si e’ cioe’ voluto attribuire valore ad una scelta di tipo processuale dell’organo inquirente, ma ad un dato sostanziale, rappresentato dal fatto che l’accusa e’ stata formulata nel presupposto della perdurante operativita’ del sodalizio, quel sodalizio da decenni venuto in evidenza e al quale da epoca parimenti remota il ricorrente aveva partecipato e continuato a partecipare.
7. Sulla scorta di tali considerazioni la deduzione difensiva, incentrata sul rilievo attribuibile al tempo silente, e’ dunque totalmente aspecifica, in quanto non correlata alla reale dimensione temporale del sodalizio e soprattutto alla natura della consolidata partecipazione ad esso da parte del (OMISSIS): tali elementi infatti incidono direttamente anche sulla consistenza e rilevanza del tempo trascorso, che, corrispondentemente, a seconda dei casi, puo’ diversamente influire anche sulla presunzione di cui all’articolo 275 c.p.p., comma 3, nel senso che puo’ a tal fine considerarsi sufficiente un numero maggiore o minore di anni in rapporto alla verifica di quegli elementi, non potendosi invece validamente individuare in termini generali e astratti un lasso di tempo di per se’ idoneo a quello scopo, ferma restando la necessita’ che esso sia comunque notevole (cosi’ in tale prospettiva e’ stato dato rilievo in un caso ad un periodo di sette anni, a fronte di contestazione del reato associativo in forma chiusa: Cass. Sez. 6, n. 25517 del 11/05/2017, Fazio, rv. 270342).
8. Da cio’ discende che la motivazione del provvedimento impugnato, cosi’ come articolata in punto di esigenze cautelari, non e’ stata in alcun modo vulnerata dal motivo di ricorso, che ha formulato deduzioni astratte e aspecifiche.
Di qui l’inammissibilita’ del ricorso, cui consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in ragione dei profili di colpa sottesi alla causa dell’inammissibilita’, a quello della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’articolo 94 disp. att. c.p.p., comma 1/ter.
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